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Autore: Beatriz Aldaya    08/02/2012    2 recensioni
«Noi siamo quelli del Cirque. Veniamo di notte, quando nessuno ci nota: Annis la ballerina, danza nel buio.» ad un suo gesto, un'esile figura di fumo danza sulle punte fino a scomparire nel cielo.
«Byron, il contorsionista: si infila in ogni fessura.» da una crepa del terreno, sale un uomo alto e secco come un palo, sciolto come un nastro, che si dissolve immediatamente.
«Julianna, la trapezista cieca; per lei il mondo è sempre buio. Joe, il lanciatore di coltelli, avanzo di galera: non ha visto la luce per almeno dieci anni, chiuso sotto terra. Meg, l'equilibrista; cammina sulla linea del giorno e della notte, dei sogni e della realtà.»
Hector Bowen si è infervorato, ai suoi gesti nascono figure fumose di lame lanciate, voli acrobatici e passeggiate appese a un filo.
Infine, il suo tono muta di nuovo, si fa più tranquillo.
«Poi ci sono io, Prospero l'Incantatore. Manipolo i sogni, li rendo visibili ai ciechi umani.»
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“We are such stuff as dreams are made on”
William Shakespeare,
The Tempest

“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”
William Shakespeare,
La Tempesta




    -LA TEMPESTA-

Londra, gennaio 1867
Gli alti cancelli di ferro spariscono sfumando nella nebbia, mentre ai loro piedi una piccola folla batte i piedi e sbuffa piccole nuvolette di alito caldo, che vanno ad aggiungersi alla densa foschia.
La maggior parte delle persone radunate davanti al misterioso circo sono mendicanti morti di freddo, che sperano di potersi accoccolare vicino al tendone per passare la notte al riparo del vento gelido dell'inverno; vi sono poi alcuni giovanotti che ridono con una bottiglia in mano e qualche donna tremante di freddo che lancia sorrisi e sguardi provocanti intorno, cercando di catturare l'attenzione di qualcuno ed assicurarsi un pasto per il giorno dopo.
Alcuni mocciosi di strada si avvicinano furtivi e premono la faccia contro le sbarre, si attaccano alle sottane delle donne, chiedeno l'elemosina: i mendicanti li cacciano gridando e sputacchiando dalla bocca sdentata, preoccupati che possano rubar loro il posto.
Un odore dolciastro si spande nell'aria, profumo misterioso che esce dalle case dei ricchi la domenica mattina, facendo brontolare di fame la pancia dei presenti, che allungano il collo inutilmente verso l'inferriata.

Ad un tratto, una ragazza bionda e dalla pella candida si aggiunge al gruppo, avvolta in un pesante mantello maschile che lascia intravedere una leggera tunica celeste e un paio di calde pantofole: il suo arrivo è accompagnato da fischi e commenti osceni da parte degli ubriachi e si guadagna le occhiatacce delle donne, ma lei si stringe solamente nel mantello e finge di non vedere o sentire nulla.

Finalmente, arriva un piccolo segno di vita, da oltre la cancellata.
Una luce tenue e minuscola illumina la nebbia, seguita da un'altra, un'altra ancora e poi altre mille.
Tutti rimangono incantanti a fissare i piccoli fuocherelli che galleggiano a mezz'aria, e gridano quando sentono degli scoppiettii allarmanti porprio sopra le proprie teste.
Piano piano, i fuochi si accendono rischiarando la nebbia e mostrando la fine dell'inferriata: sono rinchiusi dentro strane bolle ed emettono una luce intensissima che lascia tutti a bocca aperta. Persino gli ubriachi lasciano cadere la bottiglia e li fissano trasognati; uno di loro, ritrovando un po' di lucidità, comincia a compitare con grande sforzo la scritta apparsa.
«L-e C-i-r-o no... q-u-e» si blocca un attimo, inumidendosi le labbra. «D-e R...?» il giovane aggrotta la fronte, non sapendo continuare.
«Le Cirque de Rêves» borbotta l'ultima venuta, con forte accento inglese.
Poi, i cancelli si aprono.

La ragazza cammina nella nebbia, cercando di allontanarsi dagli ubriachi e mendicanti.
Essere scappata di casa per dispetto e visitare il circo non le sembra più una buona idea, ora che cammina sola nella notte.
Di colpo, vede una figura muoversi nell'ombra, si blocca, paralizzata dalla paura che uno di quegli ubriachi possa metterle le mani addosso.
«Chi sei?» chiede arretrando, inciampando nelle pantofole.
La voce che le risponde è profonda e lievemente minacciosa.
«Chi sei tu, che non hai seguito gli altri alla scoperta del Cirque? Questa è la mia porzione di notte.»
La ragazza sente il cuore schizzarle dalla paura, inciampa nel tentativo di scappare: ma non cade a terra, sente il buio addensarsi e divenire della consistenza della melassa, ci sprofonda dentro, rimanendovi invischiata.
Terrorizzata, sente uno schiocco di dita, e una luce tremolante illumina il volto di un uomo, che si avvicina scrutandola.
Sente il suo alito sul viso e scorge a pochi centimetri dai suoi due occhi nerissimi, tanto che l'iride sembra essere scomparsa per lasciar posto ad un'immensa pupilla.
L'uomo la scruta, allunga una mano per toccare un morbido riccio nero.
«La bambina sarà bellissima, con i tuoi capelli e i miei occhi.»
Sentendo queste parole, la ragazza cerca di divincolarsi, inutilmente: terrorizzata, strizza gli occhi e trattiene il fiato, per non sentire l'odore dell'uomo.
La sua voce profonda torna a farsi sentire, questa volta più gentile, quasi stupita.
«Hai paura?»
Di colpo, il buio ridiventa liquido e la ragazza scivola giù per terra, ma si ritrova in piedi.
Confusa, barcolla un poco, ma si ritrae quando l'uomo le porge una mano per sostenerla.
Lui ritira il braccio e mette la mano in tasca, allontanandosi di qualche passo.
Invece di mettere in moto le gambe e scappare via, dalla bocca della ragazza escono due parole tremanti: «Chi sei?»
Lui la guarda con quegli occhi da demonio, lei si pente di aver aperto bocca.
«Mi chiamo Hector Bowen, o Prospero l'Incantatore.»
La ragazza annuisce e si copre col mantello i capelli scuri e ricci, che Hector Bowen continua a fissare senza mostrare nessun rispetto.
«E tu non ti presenti, Lady Agnes?» aggiunge poi l'uomo, cominciando ad intrecciare nell'aria fili invisibili.
Prima che Agnes possa fare una qualunque cosa, lui le è addosso e le afferra gentilmente una mano, circondandole il polso con un bracciale intrecciato di fili luminosi, che sembrano scendere dalle stelle.
Hector Bowen le fa il baciamano, poi scompare nel buio.
«Il Cirque sarà a Londra per quattro notti. A domani sera, Lady Agnes.»
La ragazza scappa via spaventata, le gambe molli e il cuore tremante, giurando che non metterà più piede fuori di casa, una volta che l'avrà raggiunta.

La sera dopo, Lady Agnes è di nuovo fra i tendoni, il braccialetto legato al polso che non ha mai smesso di brillare per tutta la giornata.
Spera che Hector Bowen non la trovi, o forse sì.
«Perché hai messo quel fazzoletto in testa?»
Prima che Agnes possa girarsi, il cotone scivola via dai suoi capelli e vola in cielo, lasciando i ricci scuri illuminati dalla luna.
Hector Bowen siede su un alto muro, accovacciato come un gatto dagli occhi indagatori.
«E perché sei tornata, se ieri sera scappando hai giurato che non l'avresti fatto?»
Lady Agnes apre la bocca, la voce non esce al primo colpo da quanto è spaventata.
«Come avete fatto a fare quel braccialetto di seta di stelle?»
Hector Bowen comincia ad emettere degli squittii, come se qualcosa lo stesse soffocando.
Quando Agnes capisce che l'uomo sta ridendo, si lascia andare ad un sorriso, ma immediatamente le arriva un rimbrotto.
«Non sorridere, Lady Agnes, gli umani sono talmente ciechi!»
«Cosa dite?»
Lui non risponde, ma si alza in piedi con un salto, sovrastandola dal muro.
Hector comincia a muovere le mani: intorno ad Agnes compaiono mazzi di fiori, libri polverosi, timidi cerbiatti che bevono da laghetti limpidi, frutti maturi, giovani donne che allattano amorevoli i loro bambini.
«Vedi, Agnes? Non riuscite a vedere nulla: né il bene...»
Con uno scatto iroso delle mani, Hector urla: «Né il male!»
D'improvviso, i mazzi di fiori appassiscono, i libri si corrodono, spuntano dal nulla dei lupi dagli occhi inniettati di sangue che sbranano ferocemente i cerbiatti, insozzando del loro sangue le acque dei laghi; i frutti marciscono, dei dèmoni appaiono e strappano via dai seni cadenti di vecchie rugose i bambini, che piangono a pieni polmoni.
Le urla di Agnes non smettono fino a quando Hector non si lascia dolcemente cadere al suolo, planando in mezzo ai lupi che stringono, fra le fauci insanguinate, brandelli di carne.
Non appena i suoi piedi toccano per terra, tutto si dissolve nel buio.
Di nuovo, Hector Bowen le chiede dolcemente, avvicinandosi e toccandole una guancia: «Hai paura?»
Lei, mettendo da parte l'orgoglio, annuisce.
«È per questo che ci siamo noi.»
«Noi chi?»
«Quelli del Cirque
«Chi siete?»
«Torna domani sera, Lady Agnes.»
Prima che Hector Bowen scompaia nel buio, Agnes riesce a sussurrare: «Cos'erano?»
«Sogni.» è la risposta, anche questa nulla più d'un bisbiglio che si confonde nella notte.

La sera dopo, piove a dirotto.
Quando Agnes si intrufola fra i tendoni e trova Hector che la aspetta seduto per terra e senza un capello fuori posto, è bagnata fradicia e tremante: lui le fa segno di sedersi sull'erba, poi traccia un arco in aria e la pioggia smette di caderle addosso.
«Come stai, Lady Agnes? È la terza sera che vieni a trovarmi.»
«Non mi piace la pioggia.»
«Nessun problema, tra poco si trasformerà in una tempesta coi fiocchi. Ti piace di più?»
Non appena Hector ha pronunciato queste parole, i tendoni del circo cominciano ad ondeggiare per il forte vento fischiante, e un lampo illumina il cielo per un momento, permettendo ad Agnes di vedere gli occhi scurissimi di Hector piantati dritti nei propri.
La luce abbagliante scompare immediatamente, lasciando spazio al brontolio del tuono.
«No, Sir Bowen. Per nulla.»
«Le tempeste portano un po' di scompiglio nel mondo addormentato... questa è anche troppo debole.»
Di nuovo, la tempesta si rinforza, come ubbidendo alle sue parole.
«Chi siete, Sir Bowen?»
«Noi siamo quelli del Cirque. Veniamo di notte, quando nessuno ci nota: Annis la ballerina, danza nel buio.» ad un suo gesto, un'esile figura di fumo danza sulle punte fino a scomparire nel cielo.
«Byron, il contorsionista: si infila in ogni fessura.» da una crepa del terreno, sale un uomo alto e secco come un palo, sciolto come un nastro, che si dissolve immediatamente.
«Julianna, la trapezista cieca; per lei il mondo è sempre buio. Joe, il lanciatore di coltelli, avanzo di galera: non ha visto la luce per almeno dieci anni, chiuso sotto terra. Meg, l'equilibrista; cammina sulla linea del giorno e della notte, dei sogni e della realtà.»
Hector Bowen si è infervorato, ai suoi gesti nascono figure fumose di lame lanciate, voli acrobatici e passeggiate appese a un filo.
Infine, il suo tono muta di nuovo, si fa più tranquillo.
«Poi ci sono io, Prospero l'Incantatore. Manipolo i sogni, li rendo visibili ai ciechi umani.»
«Non siete umano, voi?»
La risposta non arriva mai, e il buio sembra tornare di melassa come la prima sera, questa volta per le parole non dette che galleggiano nell'aria, rendendola pesante.
«Come fate, allora, a manipolare i sogni?»
«Io posso, Lady Agnes, perché noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni.»
«Cosa significa?»
Ma Hector Bower è scomparso nel buio.

La quarta sera, Agnes arriva timidamente, in punta di piedi.
Quando scorge Hector steso sull'erba a rimirare le stelle, abbassa gli occhi, sistema con una mano i ricci scuri.
«Ultima sera, Lady Agnes.»
Agnes si siede accanto a lui, i minuti passano.
«Niente sogni, stasera, per me?»
Hector la fissa con quegli occhi impossibili, la scruta: senza staccarle gli occhi di dosso, afferra qualcosa in aria, glielo lascia nella mano.
Quando Agnes schiude il palmo, vi vede una minuscola scatolina. La apre incuriosita, ed esce il fazzoletto che Hector aveva fatto sparire la seconda sera.
«Grazie.»
«Dimmi che la chiamerai Miranda.»
«Chi?»
«Non ti preoccupare, tu dimmi che la chiamerai Miranda.»
«Perché?»
«Perché io mi chiamo Prospero, e in qualche modo sono un mago.»
«Quindi?»
«Quindi devi leggere Shakespeare, e poi capirai.»
«Chi è Miranda?»
Ma Hector non risponde, le tira un riccio, ci gioca intracciandolo fra le dita.
«Tornerò per vederla, prima o poi, Agnes.»
«Miranda?»
Lui annuisce, poi si alza sui gomiti e la bacia.
Mentre Agnes chiude gli occhi, si dimentica dei suoi, neri come quelli del demonio.
   
 
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