«Ashley! Non correre! Siamo in anticipo di più di due ore, perché devi correre così!»
Mamma mi urla dietro, rincorrendomi attraverso l’atrio del Logan Airport. Papà deve essere rimasto indietro con Peter, loro sono la calma fatta persone, figuriamoci se possono capire quanto sia eccitata di andare dalla mia zia preferita che abita in Italia! E poi è il mio primo viaggio da sola, davvero non possono capire quanto io sia entusiasta. Ci sarà lo scalo a Londra e poi via fino a Milano. Non vedo l’ora! La zia mi ha promesso un giro di negozi appena sarò da lei e, anche se so già che non troverò niente che mi vada bene – sono troppo piatta e ho i fianchi troppo larghi perché possa andarmi bene una qualsiasi cosa – sono felicissima. Un giro per le boutique di Milano lo sognano tutte le mie amiche e io finalmente potrò vantarmi di averlo fatto!
«Ashley, quando sarai a Milano ricordati di non correre così, non vorrei che tua zia pensasse che ti abbiamo allevata come una selvaggia!» mamma e le apparenze sono da sempre un’accoppiata vincente. Specie perché la zia è la sorella di papà.
«Farfallina,» odio quando mi chiama così, non ho più tre anni! «Non dare retta a tua madre, tua zia avrà bisogno di un po’ di filo da torcere. Perciò datti da fare!»
La sorella che ha mollato la famiglia a diciotto anni per cercare fortuna nel campo della moda. E l’ha avuta, ovviamente. Adoro la zia Sam – che ho visto solo due volte in vita mia – e sono stata felicissima di ricevere il suo invito a passare le vacanze estive da lei. Un mese di Italia, lontana da questi due che non mi fanno mai fare niente. E soprattutto lontana da quel rompiscatole di Peter, che anche adesso sta tirando la manica di papà perché per tirarlo fuori di casa gli ha promesso di portarlo in quel negozio di videogiochi che gli piace tanto.
Mi accompagnano al check in, da qui in poi proseguirò da sola.
«Stai attenta, farfallina» mi sussurra papà, mentre mi abbraccia. Mamma piange – cioè, piange, neanche partissi per la guerra – e Peter mi molla un bacio sulla guancia subito prima di dire «Beh, adesso che lei attraversa il check in possiamo anche andarcene, no?»
Mamma gli lancia un’occhiataccia e io gli faccio una linguaccia. Già mi manca quel rompi di mio fratello.
* * *
Quasi
sette ore di volo, e sono SOLO a Londra. Menomale che
ne mancano solo due, ovviamente se la coincidenza si degnasse di
partire in
orario. Cosa che non farà, almeno a quanto hanno detto agli
altoparlanti.
Londra la odio. Odio questo accento inglese, i ragazzi sembrano tutti
degli
snob precisini, seduti composti nelle loro seggioline. Rivoglio il caos
della
mia America. O trovare quello italiano. Questa tappa di mezzo non ci
voleva
proprio. Chissà poi perché zia Sam non ha
prenotato un volo diretto. Ce ne
sono, e pure parecchi.
«Amo i voli per l’Italia. Per quanto ti impegni
saranno
sempre più in ritardo di te!» mi volto verso
l’autore della battuta e mi rendo
conto che è un ragazzo castano con gli occhi chiari che
sembra sia stato
buttato giù dal letto proprio ora e che si sta rivolgendo al
suo amico, un
biondino tutto spettinato che sta prendendo la chitarra dalla custodia.
«Cos’hai da guardare?» mi chiede un tizio
con i capelli neri
e gli occhi arrabbiati. Sembra un teppista e mi spaventa anche un
po’.
«N-niente» rispondo, titubante, e abbasso gli occhi
sul
pavimento. Spero che se ne vada, ma quando alzo lo sguardo dopo cinque
minuti
lo trovo ancora lì a tenermi d’occhio.
«Zayn! Piantala. Non vedi che la stai spaventando?»
alzo lo
sguardo per vedere chi sia il mio cavaliere e ringraziarlo e mi trovo
di fronte
il sorriso più dolce che abbia mai visto. Ha due bicchieroni
di Starbucks in
mano e me ne porge uno. «Caffè latte,
vuoi?»
Ci metto un po’ a capire che si sta rivolgendo proprio a me
– e deve pure pensare che sia un po’ scema, dato
che non c’è nessuno, a parte
noi e i suoi amici – poi scuoto la testa. Non ho fame, no.
Anche se il mio
stomaco brontola contrariato. «Sei proprio sicura?»
Sorrido e accetto il bicchiere.
«Ehi! Era il mio!» protesta il tizio con lo sguardo
cattivo.
Quello che ha chiamato Zayn.
«Potevi pensarci prima di spaventare questa ragazza. A
proposito, come ti chiami?» mi chiede.
«A-Ashley.»
«A-Ashley. È un nome molto curioso, tuo padre
è un rapper,
forse?» ride un ragazzo con il naso
all’insù e degli occhi azzurri bellissimi.
«No. Ashley, e basta. Balbetto un po’ quando sono
in
imbarazzo e quando parlo con gente che non conosco»
chissà perché sto dicendo
tutte queste cose. Con molta probabilità non ci vedremo
più per il resto della
nostra vita, dopo essere scesi dall’aereo che ancora non
abbiamo preso.
«Beh, all’imbarazzo non posso rimediare. Ma alla
conoscenza
sì. Io sono Liam e loro sono Zayn, Louis, Harry e
Niall» mi dice, indicando se
stesso, il tizio con lo sguardo da duro, naso
all’insù, occhi verdi e il
biondino spettinato.
Adesso che li guardo meglio sono tutti e cinque dei
bellissimi ragazzi.
«Come mai andate in Italia?» chiedo, incuriosita.
«Lavoro» mi rispondono in coro e mi stupisco per il
modo in
cui le loro voci si armonizzano. Poi mi stupisco anche
perché non penso che
abbiano più di diciott’anni. E già
lavorano.
«E tu invece come mai stai andando a Milano?» mi
chiede
Liam. Si siede vicino a me, mentre gli altri ritornano alle loro
occupazioni.
Niall accorda la chitarra, Zayn si allontana – probabilmente
per andare a
ricomprare il cappuccino che Liam ha offerto a me – Louis si
infila gli
auricolari e fa finta di suonare la batteria. Harry… Harry
dorme. Con la testa
sulla custodia della chitarra.
Scoppio a ridere e Liam si guarda intorno. Poi ride anche
lui. «Ormai non mi fanno più effetto, sono come la
mia famiglia, ma ammetto che
dall’esterno devono essere una scena piuttosto
buffa.»
«Comunque sto andando a trovare mia zia. Ha
un’agenzia di
non-so-che-cosa-anche-se-credo-si-tratti-di-moda a Milano e -»
«Fammi indovinare. Ti vuole come modella. Faresti una figura
splendida su una passerella!»
Lo sapevo che prima o poi la pacchia sarebbe finita. Non
poteva essere vera tutta quella gentilezza. I ragazzi come lui non sono
gentili con le ragazze come me. Mi alzo in piedi.
«Guarda che gli specchi a casa mia ci sono» getto
il
bicchiere di carta, ormai vuoto, nel cestino e cambio posto.
Ma ovviamente Liam non molla. Certo, ormai che ho capito il
suo gioco deve farmi pensare di essere sincero.
«Guarda che dicevo sul serio, Ashley.»
«Anche io, Liam»
calco la voce sul suo nome, come ha fatto
lui con il mio.
Ci guardiamo per un po’. Poi sbuffa e si lascia cadere sulla
sedia di fianco alla mia.
«Nessuno ti ha detto che potevi.»
«Neanche il contrario, però!»
«Sei uno che non molla, eh?»
«Mai» la sua voce è così
carica, quando pronuncia
quest’unica sillaba. Distolgo lo sguardo, sentendomi
arrossire.
“I
passeggeri del volo
BA0566 con destinazione Milano Malpensa sono pregati di avvicinarsi al
Gate 27”
«Oh. Finalmente» sospiro, con sollievo.
«Che c’è, non vedi l’ora di
liberarti di noi?»
«N-No. N-non vedo l’ora di abbracciare la
zia» rispondo e il
sorrisetto di Liam mi fa arrossire.
«Sei in imbarazzo?» mi chiede, sempre con lo stesso
sorrisetto, prima di sollevarmi il mento con due dita.
«Liam, dai muoviti che se no non possiamo metterci
vicini!»
lo rimprovera… Harry.
«Ma se abbiamo i posti prenotati!» gli risponde,
poi si gira
verso di me «Tu in che posto stai?»
«Non lo so. I biglietti li ha prenotati la zia, non ho
guardato più di tanto» rispondo, alzando le spalle.
«Fammi vedere.»
«Ecco qui» gli porgo il mio biglietto e lui scoppia
a
ridere.
«Ma guarda tu le coincidenze! Ragazzi! Non ci crederete mai!
Abbiamo conosciuto la persona che siederà vicino ad Hazza
per tutto il
viaggio!»
Lancio uno sguardo ad Harry. Se non avesse quest’aria fin
troppo furba e l’aspetto da bello addormentato appena
risvegliato forse un
pensierino ce lo farei pure, in fondo è un bel ragazzo, ma
il fatto che i
ragazzi siano scoppiati a ridere mi fa preoccupare un po’.
«Perché ridete?»
«Spero che tu abbia scorte di schifezze per un reggimento
dentro quella borsa. Harry sa fare solo due cose. Parlare e mangiare. E
spesso
le fa insieme» mi dice il biondino con gli occhi azzurri.
Niall. Ha un accento
strano, non sembra neanche inglese. «Sono irlandese, Ash.
Posso chiamarti Ash,
vero?»
Annuisco. Irlandese. Questo spiega il suo strano accento, ma
non come abbia fatto a capire che stessi pensando proprio a quello.
«Oh, grazie, Niall, per la bella presentazione.»
«Non era una presentazione. Era un avvertimento»
dice serio
Zayn, con l’espressione corrucciata e le braccia incrociate.
Mi alzo in piedi e raccolgo le mie cose. Un trolley, il
maglioncino che avevo sulle spalle e che mi è scivolato, gli
occhiali da sole e
l’iPod.
«Ehi, se vuoi mi siedo io vicino a te. A Harry non
dispiacerà» mi dice Liam, caricando il suo borsone
sulla spalla.
Ma l’espressione di Harry lascia intendere il contrario.
«No, tranquillo» rispondo, poi mi avvio verso il
gate. Prima
di mettermi in fila, mi volto di nuovo verso Liam. «E, per
rispondere alla tua
domanda di prima, no, non ho fretta di mollarvi. Anzi, sono contenta di
avervi
trovati qui all’aeroporto. Mi sarei annoiata a morte, senza
di voi!»
Liam sorride e socchiude gli occhi – è bellissimo,
quando fa
così – poi mi circonda le spalle con un braccio e
ci avviamo insieme verso
l’imbarco. «Grazie» mi sussurra.
***
Dunque, questa è la mia prima storia nel fandom (anche se non è la prima storia in assoluto)... comunque, vi prego di perdonarmi se non sarò troppo fedele con i caratteri dei ragazzi. La mia passione per i 1D è nata da poco... guardavo i trending topics su Twitter e un giorno ne avevano addirittura tre, così mi sono incuriosita ed ho ascoltato le loro canzoni e *puff* colpo di fulmine. Dei ragazzi so veramente poco, perciò se qualcuna vuole darmi anche una mano con le informazioni mi farebbe un immenso piacere.
Ah, il titolo è preso in prestito da Everything about you
Per il momento vi saluto. Kisses.