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Autore: NiNieL82    18/09/2006    14 recensioni
POSTATO IL FINALE
“Non me ne frega niente di questo Orlando Bloom, non so se hai capito, Laura. Di pure al boss che questa me la paga. Non me lo sarei mai immaginato che avrebbe fatto una cosa simile!” esclamò Edith dirigendosi verso l’entrata del privè, dove avrebbe tenuto l’intervista.
“Ma miss Norton, Orlando Bloom e un attore di fama mondiale, il capo ha affidato a lei questa intervista proprio per questo motivo” rispose una terrorizzata Laura, segretaria personale di Edith, dall’altro capo del telefono.
[Dal primo capitolo].
“Sono lieta di conoscerla, mister Law.”
Jude sorrise e replicò:
“Ti prego, non mi far sentire più vecchio di quello che sono dandomi del lei. Chiamami Jude e tagliamo la testa al toro. Che ne dici?”
Edith sentì le gambe cederle. Certo, se lo avesse raccontato anche a Rachel sarebbe stramazzata al suolo per la sorpresa. Dare del tu a Jude Law mica è cosa di tutti i giorni.
Sorrise, un po' nervosa e disse:
“Ok, Jude!”
Gli occhi azzurri dell'attore ebbero come un lampo. Edith sentì una strana molla allo stomaco.
[Dal capitolo 22].
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' I was born to love you.'
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Salve a tutti

Salve a tutti. Prima di tutto mi vorrei scusare per la mia lunghissima latitanza, dovuta ai numerosi impegni che ho avuto in questi ultimi mesi e al fatto che ho avuto problemi con il collegamento internet e con il pc.
Ma sono tornata. E spero di farlo alla grande con una storia che vi possa affascinare.
Prima di tutto vorrei dirvi che questa storia è nata grazie all’aiuto di tre persone. Due le nominerò, una terza non la potrò nominare, per motivi che non vi posso spiegare.
Allora. Ringrazio Egle, una mia grandissima amica che, quando ho cominciato a scrivere questa storia, ha dato vita a Edith, la protagonista di questa fan fiction, regalandole questo bellissimo nome. A Nina, che ha dato vita a uno dei personaggi che io più adoro. Posh. Scoprirete più avanti di chi parlo.
E naturalmente alla persona che mi ha chiesto di far nascere Edith. Spero che possa leggere la storia e che le piaccia come è venuta su.
Naturalmente ringrazio chiunque leggerà la mia storia e lascerà una recensione. Spero di non deludere nessuno.
Bene.
Se avete letto la trama nel commento sotto il titolo, credo che capirete a grandi linee di cosa si parla. Quindi…
Si parte con il solito monotono, ma doveroso commento.


IMPORTANTE: la storia che vi apprestate a leggere è solo il frutto della mia fantasia (piuttosto malata). Qualunque cosa che riguardi i personaggi che citerò è puramente inventata. Non conosco Orlando Bloom e tanto meno so se ha mai vissuto la situazione, abbastanza banale (ma ormai le situazioni da descrivere sono state usate tutte) che gli faccio vivere nella storia. Inoltre, la protagonista della storia è inventata, Edith è una mia invenzione, così come i nomi della della sua famiglia e di tutti i suoi amici.
Questa è la mia storia. Che, spero con tutto il cuore non offenda nessuno. Orlando Bloom per primo.


Che dirvi allora. Pronte? Io si.
Come tutte le altre volte spero di intrattenervi e di darvi un sorriso.
Buona lettura…
Niniel.




ALMOST FAMOUS (il successo ti cambia la vita).



Capitolo 1: Insopportabilmente belli, insopportabilmente famosi


Entrò ticchettando sulle scarpe decolté color bordeaux, dal tacco vertiginosamente alto, parlando con qualcuno al cellulare –o meglio urlandogli contro- e ancheggiando tra i tavoli dell’Hard Rock, uno dei locali più trendy di tutta Londra.
Nessuno, va detto, al suo passaggio rimase indifferente.
Il corpo magro, ma non troppo, fasciato in un elegantissimo completo pantalone nero, trasudava sensualità da ogni poro. E anche nei movimenti c’era una certa grazia, una certa natura felina che traspariva e lasciava ogni uomo completamente incantato dalla sua figura.
Il viso, con occhi obliqui, azzurro verde, alle volte tendenti ad una tonalità di grigio, erano resi ancora più belli da pagliuzze dorate che rendevano lo sguardo della ragazza ancora più bello.
I capelli, erano di biondo non troppo chiaro, ondeggiavano lisci e luminosi sulle sue spalle, attorniando un viso regolare, munito di zigomi alti, un naso piccolo e labbra carnose, laccate da un lucidalabbra chiaro –ultimo tocco di un make-up perfetto- ma non esageratamente grandi, sopra le quali spiccava un piccolo neo nella parte destra.
Questa era Edith Norton, di anni venticinque, londinese, giornalista di successo del rotocalco femminile Vanity Fair: Alcuni la consideravano una delle giornaliste più promettenti del panorama inglese e tanti altri ammettevano che cominciava ad essere abbastanza famosa, vista la sua notevole capacità nello svolgere il suo lavoro. Edith era una stacanovista, perfezionista appasionata del suo lavoro. E come amavno ricordare i suoi colleghi, altrettanto stronza.
Sotto le grinfie della giornalista erano passati tutti i pezzi grossi del governo Blair e perfino il principino William, unico a seconda della giornalista a saper trattare con una donna e con la stampa, specialmente se queste erano unite in unica persona.
Le interviste di Edith, spesso e volentieri, fruttavano un gran numero di tirature in più nella ristampa del mensile. Infatti, non trattando argomenti propriamente leggeri nelle sue interviste o inchieste, Edith aveva raggiunto l’obbiettivo di far leggere ad un pubblico sempre più ampio la rivista.
E ci riuscì benissimo. Tanto da godere della stima del suo capo, che le affidava importantissime interviste, sapendo di non rimanere deluso.
Ed Edith accettava tutto, senza fiatare.
Le piaceva essere messa alla prova e poter scrivere pezzi che la potessero stimolare nel campo lavorativo.
Questo fino a quella sera.

“Non me ne frega niente di questo Orlando Bloom, non so se hai capito, Laura. Di pure al boss che questa me la paga. Non me lo sarei mai immaginato che avrebbe fatto una cosa simile!” esclamò Edith dirigendosi verso l’entrata del privè, dove avrebbe tenuto l’intervista.
Come detto prima era impossibile non rimanere folgorati dalla bellezza di Edith. Ma nonostante moltissimi uomini si fossero girati al suo passaggio, altrettanti, specialmente lo staff del locale, si spaventarono alquanto davanti a tutto quello strepitare.
“Ma miss Norton, Orlando Bloom e un attore di fama mondiale, il capo ha affidato a lei questa intervista proprio per questo motivo” rispose una terrorizzata Laura, segretaria personale di Edith, dall’altro capo del telefono.
Edith sbuffò forte a quella giustificazione. Non ce l’aveva contro la povera Laura. Non quella volta, almeno. E alzando ancora di più la voce disse:
“Di al capo che farò questa intervista, ma che non si aspetti che mi muova la prossima volta che farà una cosa simile. Lo volete capire in quella cavolo di redazione che sono una giornalista seria io, mica la prima arrivata. Le faccia lui le grandi interviste alle star del cinema adolescenziali. E lasci in pace me, che nemmeno sapevo esistesse questo Orlando Bloom” e senza aspettare una risposta da parte di Laura, Edith chiuse la chiamata, riponendo il cellulare nella borsetta bordeaux.
Questo era il carattere di Edith. Una stacanovista, alle volte, seria nel suo lavoro, incapace di mancare o ritardare la consegna di un articolo. Ma anche capace di essere eccessivamente autoritaria e aggressiva. Persino irosa se le cose non venivano fatte come desiderava.
Si avvicinò ad un tavolino vuoto e si abbandonò in una sedia, poggiando sul tavolo la borsetta e sistemando la camicia di seta nera, aperta fino a far intravedere la linea del seno tonico e generoso.
Diede una rapida occhiata all’orologio Bulgari che aveva al polso e sospirò leggermente infastidita. Erano le 18:30 spaccate e la ‘star’ non si vedeva.
Prese quindi le fotocopie che aveva stampato qualche sera prima e si mise a leggerle.
Si vergognava di ammetterlo, ma aveva passato un’intera serata a cercare notizie sull’attore di cui non conosceva l’esistenza fino a una settimana prima e di cui, sicuramente, avrebbe fatto a meno di farla.
Passarono cinque minuti prima che il cellulare di Edith la distraesse dalla sua lettura per segnalare l’arrivo di un nuovo messaggio.
La giornalista prese il telefono e lesse la missiva elettronica.
“CIAO AMORE! SONO BRIAN. HO PRENOTATO DUE POSTI SULL’ULTIMO AEREO PER PARIGI DELLA GIORNATA. ALLE OTTO PASSO A PRENDERTI. FATTI TROVARE PRONTA. TI ASPETTANO SEI GIORNI MEMORABILI AL RITZ.”
Era Brian. Ragazzo di Edith da ormai due anni.
Ricco da fare schifo persino ad uno sceicco e a Bill Gates, Brian Stephenson, alla morte del padre, Edward, magnate nel campo finanziario e industriale inglese ed europeo, avrebbe intascato una delle più grandi eredità della storia moderna, comprendente uno svariato numero di azioni (tra cui una buona fetta di quelle del giornale Vanity Fair), una grandissimo numero di ville e appartamenti sparse non solo per Londra e un po’ tutta l’Inghilterra, ma in moltissime parti dell’Europa e in alcune delle più grandi città statunitensi. Per non parlare dei tre centri commerciali costruiti a Londra, Manchester e Liverpool, delle due fabbriche di famiglia e del titolo che Edward aveva comprato dieci anni prima, diventando nobile a tutti gli effetti.
Edith dal canto suo non era per niente sconvolta dalla ricchezza del compagno. Certo! Edith era conscia del fatto che se fosse convolata a giuste nozze con Brian sarebbe diventata ricchissima, ma era poi così tanto sicura che alla luce di molti fatti –di cui parlerò più avanti- questa possibilità potesse essere attuata. Per questo preferiva pensare da sola al suo futuro nella sfortunata ipotesi in cui la sua storia con Brian potesse finire.
Ma questo non significava che non le piacesse il fatto che, quando meno se lo aspettava, Brian prenotasse due posti su di un aereo di linea e la portasse in qualche capitale europea o in qualche grande città americana o, meglio ancora, in qualche lussureggiante spiaggia tropicale.
Brian Stephensons, nonostante questo, era la causa di molti problemi di Edith, dal momento ch spesso e volentieri era bersaglio delle malelingue della redazione. Certo che Edith, dentro di sé,sapeva di non poter biasimare i suoi colleghi: bella, stronza e in futuro prossimo ricchissima, solo perché, a detta dei loro, aveva saputo chi portarsi a letto.
In realtà niente era più falso. Nonostante la sua storia con Brian fosse cominciata due anni prima, l’amicizia tra i due risaliva a molto prima l’inizio del loro idillio amoroso. Tra l’altro fu proprio un’intervista a Vanity Fair, una delle prime di Edith per il giornale, fatta appunto al giovane imprenditore Brian Stephenson a farli incontrare.
Tutto sapevano, alla redazione come erano andate le cose, ma l'invidia rendeva ai più sopportabile pensare che Edith avesse giocato bene le sue carte e che, grazie alla sua furbizia e non alla sua bravura, fosse arrivata tanto in alto.
L’invito di Brian inatteso ma non troppo migliorò un po' l’umore nero di Edith che sorridendo dolce rispose al messaggio. Ma bastò una rapida occhiata al display luminoso del cellulare per vedere l’ora e riportarla al suo malumore.
Era in quel locale da più di dieci minuti e quel damerino non si era ancora fatto vedere.
-Ma stavolta il boss me la pagherà. E come se ma la pagherà!- pensò Edith cupa prendendo la Mont Blanch e cominciando a scrivere veloce su un foglietto immacolato di un vecchio taccuino.

Orlando entrò nell’Hard Rock Cafè tranquillamente. O meglio, apparve all’interno del locale anche se non gli poteva essere possibile.
Forse nemmeno si era reso conto del fatto che era arrivato non in ritardo, ma molto, molto lontano da poter definire in quel modo la sua venuta.
Entrò appunto nel locale, spargendo sorrisi e a destra e a manca, a tutte le donne e -perché no- anche agli uomini presenti nel locale, ignorando il fatto che fosse in ritardo. Si fermò a firmare autografi a ragazze sognanti che poco ci voleva accogliessero il suo passaggio con lanci di petali di rose e fece anche qualche foto, non pensando al fatto che pochi metri più avanti la tensione per via del suo incalcolabile ritardo si potesse tagliare col coltello.
E dopo aver dato l’ultima pacca sulle spalle ad un ragazzo che gli aveva chiesto una foto per mandarla alla sua ragazza, Orlando si avviò al privè.

Capelli neri e arruffati. RayBan scuri calati sugli occhi, bandana nera e gialla legata al polso. Jeans Diesel nuovi ma abbastanza sdruciti da sembrare vecchi di un paio di anni. Golf dolce vita nero e aderente e un sorriso beota stampato sulla faccia.
Questo era Orlando. O meglio quello che apparve agli occhi di Edith, con ben ventisette minuti di ritardo.
Ma Edith non sapeva che quello che aveva di fronte era lo stesso che doveva intervistare. O meglio. Non lo riconobbe.
Cercando le notizie aveva tralasciato tutte le foto. E così quando Orlando entrò nel privè guardandola sorridente, ricevette da Edith un’occhiata glaciale, atta a sbirciare tutta la figura e accertarsi chi si trovasse di fronte. E dopo averlo studiato per bene, chinò la testa e disse qualche cosa che avrebbe cambiato l’andamento di tutte l’intervista e non solo.

“Scusi? Potrei avere un espresso e una mezza minerale naturale, per favore!”

Quelle parole ebbero lo stesso effetto di una bomba nella testa di Orlando, che seguì, con gli occhi sbarrati perfino il dito indice della giornalista che dopo l’ordinazione che gli era stata fatta, tornò a poggiarsi sul tavolo.
Il labbro dell’attore cominciò a tremare. Una leggera sudorazione imperlò la fronte coronata di riccioli mori del giovane, accompagnata da un incredibile senso di smarrimento.
Per la prima volta in tre anni di carriera, una DONNA e quindi un individuo di sesso FEMMINILE, non lo aveva riconosciuto. E questo per Orlando era come se per un cristiano rinnegasse l’esistenza di Gesù.
Certo. Non si sentiva un messia. Ma in quegli ultimi anni, tra giornali scandalistici, pubblicità, foto, siti internet e film, credeva di aver acquisito una certa notorietà.
Ed essendo più che conscio del fatto che la maggior parte delle persone che usufruivano di questi mezzi di comunicazione erano donne rimaste affascinate dal suo bel visino, non riusciva a capacitarsi del fatto che proprio un esponente del gentili sesso non l’avesse riconosciuto.
Su! Lui era Orlando Bloom. Veramente cool, veramente trendy. Beh! Ci siamo capiti.
Quindi, quando Edith sollevò di nuovo la testa e disse:
“Su ragazzo. Ti potresti dare una mossa e portarmi l’espresso e la mezza minerale che ti ho chiesto, per favore?” ad Orlando cominciò a girare la testa. E non solo.
Era tutto davvero troppo strano, troppo impossibile affinché potesse sembrare vero. E grattandosi la testa, guardandosi intorno quasi cercasse una telecamera di candid-camera pronta ad uscire da dietro qualche tenda da un momento all’altro annunciando uno dei suoi ennesimi scherzi idioti, sorrise imbarazzato e disse:
“Questo è uno scherzo, vero?”
A quelle parole Edith sollevò la testa e replicò cercando di tenere un tono serio, nonostante la riposta sarcastica:
“No caro. Sto aspettando che tu muova il tuo culetto rinsecchito e mi porti da bere. Ora! Perché aspetto da mezz’ora l’arrivo di una stella del cinema che crede che la puntualità sia una dote necessaria solo per comuni esseri mortali e non per star di Hollywood, e mi sto davvero stufando. E visto che non ho altro da fare, ti chiedo di portarmi una cavolo di mezza minerale e un espresso, così potrò così potrò in qualche modo occupare il mio tempo, visto che mi sto annoiando a morte come, per quanto spero tu possa aver capito, sto facendo da un po’"”
Era rimasta calma. Non si era arrabbiata. E questo aveva avvalorato la tesi dello scherzo di Orlando che, irritandosi un po’, rispose cercando di sorridere:
“Se questo è uno scherzo solo perché sono arrivato in ritardo, bene, sappiate che è lo scherzo più idiota che qualcuno possa avermi fatto in tutta la mia vita”
Edith sollevò la testa e disse:
“Senti.. Io sto davvero perdendo la pazienza. Ti ho spiegato che sono stanca e sono veramente irritata. Se vuoi che me la prenda anche con te, solo perché hai voglia di fare il cretino, fai pure. Ma prima mi arrabbio e poi, dopo che mi sono calmata, vado dal tuo capo a fare rapporto sul tuo disdicevole comportamento. Vediamo se ti sembra uno scherzo, ora!”
Lo disse con un tono aspro e seccato. E questo bastò per far capire all’attore che quello era tutto meno che uno scherzo. E prendendo una sedia –scatenando tra l’altro un grido di disapprovazione di Edith - cercando di mantenere una certa calma, ribatté:
“Tu non sei normale, vero? No! Non ti arrabbiare. Ora ti spiego perché. Primo: hai mai visto un cameriere vestito come me in uno qualsiasi dei locale in cui sei stata? Non credo. Secondo: l’attore che stai aspettando... ‘MIO DIO!!’ sono io” e sorridendo, prendendo in giro la giornalista, continuò: “E ora se vuoi vai dal direttore del locale. E ti giuro. A meno che non venga a sculacciarmi per il mio imperdonabile ritardo, vizio, che per quanto mi risulta, si coprono anche moltissimi comuni mortali, non credo che possa farmi molto…”
Edith aprì e chiuse la bocca per due volte, cercando di articolare una frase ma senza riuscirci. Solo quando riuscì a riacquistare l’uso della parola, sbottò:
“Quindi tu sei…?”
“Orlando Bloom? Ma brava! Per aver risposto correttamente non hai vinto nulla se non l’opportunità di intervistarmi. So che è poco, ma potresti accontentarti. Non trovi?”domandò Orlando sorridendo falsamente.
A quelle parole, Edith, reagì come una furia e disse:
“La vuole sapere una cosa, grande star di Hollywood? In meno di dieci minuti che parlo con lei mi sono reso conto che è una delle persone più maleducate e antipatiche che abbia mai conosciuto in tutta la mia carriera. E giuro, caro attoruncolo da strapazzo, per una che ha intervistato tutto il Parlamento inglese, è davvero un primato!”
“Stai forse dicendo che è colpa mia?” chiese Orlando sorpreso.
“Sono arrivata io in ritardo? Scusi se glielo dico, ma non mi sembra proprio” rispose Edith sprezzante e dura allo stesso tempo.
“Si. Io sarò arrivato in ritardo, ma questo non significa che tu, una volta entrato nel locale, abbia il diritto di aggredirmi e darmi del cameriere idiota!”esclamò Orlando contrariato.
“Bastava che lei mi dicesse subito di essere Orlando Bloom. Ci saremmo risparmiati un bel po’ di fatica” sbottò a sua volta Edith.
“Scusate?”intervenne una terza persona.
“CHE C’È?” chiesero in coro Orlando ed Edith girandosi assieme.
Un ragazzo mingherlino, stringendo un blocco note tra le mani tremanti, replicò spaventato:
“Sono qui per le ordinazioni”
“Quindi sei un vero cameriere?” chiese Edith guardandolo.
Il ragazzo annuì più volte e disse:
“Si”
La voce flebile del cameriere arrivò comunque all’orecchio di Edith che sarcastica, prendendogli il braccio e trascinandolo vicino al tavolo, inscenando una divertente scenetta, esclamò:
“Sei un vero cameriere, quindi! Ma che gioia incommensurabile! Ti prego vieni qui, accanto a me e deliziaci con la tua presenza.”
Orlando sollevò un sopraciglio e guardò Edith ribadire la sua ordinazione scandendo le parole:
“Caf-fè es-pres-so e una mez-za mi-ne-ra-le na-tu-ra-le”e si trattenne a stento dal ridere forte.
E dopo aver ordinato un caffè lungo macchiato e una minerale naturale, si mise a sedere di fronte alla giornalista aspettando l’inizio dell’intervista.

Ma affinchè la conversazione cominciasse, Orlando dovette aspettare oltre l’arrivo delle ordinazioni. In questo modo -e di certo di questo non si lamentò- poté studiare affondo la giovane donna che nel frattempo guardava gli appunti e sollevava appena la testa sporadicamente, tanto per sbirciare meglio i movimenti dell’attore.
Edith ci mise poco per rendersi conto delle continue occhiate che lui le rivolgeva.
E fu appunto mentre Orlando sorseggiava il suo caffè lungo che Edith, augurandogli che le andasse di traverso, dopo aver dato una rapida occhiata alle mani pieni di anelli, ebbe un lampo di genio e disse:
“Scusa... Posso infilarmelo?”
Inutile dire che Orlando non era rimasto indifferente alle curve di Edith lasciate, senza che la padrona se ne rendesse conto, in bella mostra dall’apertura della camicetta. E dire quindi che non avesse fatto un solo pensiero concupiscente, sarebbe stata una grossissima bugia.
Si può quindi dire che, a quella frase, Orlando reagì come un qualsiasi ‘comune mortale’, dato che una piccola parte di quello che aveva appena bevuto gli andò di traverso e tossendo dissereplicò con voce rauca:
“Come? Scusa?”
Edith sorrise e indicando la mano rispose:
“L’anello. Puoi prestarmelo?”
In realtà quella frase l’aveva studiata. E vedere quella reazione, ripagò Edith del ritardo dell’attore, dando inizio alla vera a propria intervista dopo che, la vera che la giornalista aveva indicato, –la stessa che tutti gli attori della trilogia tolkieniana avevano ricevuto in dono dal regista- finì in un dito lungo e affusolato della ragazza sorridente, che mise un registratore sul tavolo e lo fece partire, schiacciando un piccolo pulsante al lato.

L’intervista si mostrò ben diversa di quello che gli esordi avevano suggerito. Parlarono di tutto. Dall’ultimo film di Orlando, ai progetti suoi futuri, per passare dalla guerra ed arrivare alla pace, aggiungendo in coda qualche considerazione sulla religione professata dall'attore: il buddismo.
Scoprirono che parlare di cose come la meditazione, la ricerca della forza interiore, potevano rendere la loro chiacchierata meno dolorosa per entrambi.
E infatti lo fu davvero.
Della tensione iniziale non rimase nulla, almeno finché continuò l'intervista. Poi, quando il tasto dello stop risuonò nel silenzio della sala con un suono metallico, premuto da Edith, l’incanto si spezzò e tornò la freddezza iniziale.
“Allora” disse Edith prendendo la sua roba e guardando Orlando con indifferenza: “La rivista con la sua intervista, arriverà tra un mese, una settimana prima della pubblicazione ufficiale. Sarà un omaggio della redazione.”
“Allora è finita?” chiese Orlando sorridendo.
“Direi di si” rispose Edith sorridente quasi si sentisse liberata.
Orlando percepì il messaggio e disse:
“Sembri felice?”
“Tu no?” chiese Edith mettendo il registratore nella borsa passando per la prima volta al semplice 'tu' con l'attore.
“Te lo hanno mai detto che sei la persona più insopportabile che esista sulla faccia della terra?” chiese Orlando serio.
Edith sorrise e rispose:
“Tranquillo. I miei colleghi dicono molto peggio…” e mettendo la borsa tracolla disse: “Visto come è andata…” tese la mano e continuò: “Vorrei poter dire è stato un piacere, ma non lo farò. Sarei bugiarda e non è il mio stile…” e sorridente, dopo aver stretto energicamente la mano dell’attore si allontanò, lasciando Orlando interdetto.

L’uscita dal locale di Orlando fu completamente diversa dal suo ingresso trionfale.
Indispettito dal comportamento della giornalista, l’attore camminò tra i tavoli evitando i fan che si accalcavano, tenendo a mente il comportamento della donna.
Era stata una giornalista impeccabile. Non aveva fatto domande stupide ma serie e non le solite stupidaggini trite e ritrite. Poi era ritornata la stessa vipera di quando l'aveva incontrata meno di un'ora prima.
Era sconvolto. Arrabbiato. O meglio… Incazzato nero.
Dentro di se sapeva di non poter ammettere che tutto quel risentimento cominciò a serpeggiare quando Edith non lo riconobbe.
L’aveva vista bella ed elegante e, per quanto fosse fidanzatissimo, sapere che una donna del genere lo aveva riconosciuto lo avrebbe riempito di orgoglio.
Ma non lo poteva ammettere. A se stesso per primo. Il suo orgoglio ne avrebbe risentito davvero troppo. E per uno vanitoso ed egocentrico come lui, sarebbe stata una mazzata non indifferente.
Stava pensando a questo quando, mentre usciva dal locale si rese conto di una cosa.
Quella donna si era tenuta il suo anello. E calciando forte un bidone dell’immondizia, gridò avvilito e guardò la strada, cercando Edith.
Fu inutile.
Lei se era andata. E l’anello con lei.
E questo non era un bene.
Sapeva che quello sarebbe stato il loro unico incontro. E aveva la certezza che l’anello regalatogli da Peter, dopo quella sera, non lo avrebbe mai più rivisto.
E a testa china si allontanò sotto la pioggerellina, voltandosi ogni tanto per vedere se qualche taxi si avvicinava.

Qualche metro più in la, una mano lunga e affusolata, toglieva da una delle dita dell’altra mano un anello che calzava un po’ grande.
Edith sorrise e ripose l’anello nella taschina interna della borsa.
Sì! Ora lo poteva dire. A quel pallone gonfiato aveva dato una bellissima lezione.

   
 
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