Cento Giorni
La
sua bocca morbida appoggiata al tuo orecchio, i capelli sottili che
ti solleticano la guancia: trattenere le lacrime è una
violenza che ti fai, una violenza acuta e insopportabile, ma tu non
sei mai stato debole e non vuoi iniziare ad esserlo proprio ora.
E' quasi
l'alba. Le lenzuola coprono a malapena il suo corpo perfetto, un
corpo ormai adulto, lasciando scoperte zone di pelle nuda e pallida,
nascondendo non troppo sapientemente un fisico asciutto ed allenato.
E le sue dita ti sfiorano, sì, ti sfiorano e sanno sempre dove
toccarti: lui ti sa suonare, sa comporre musica con i tuoi tremiti, e
non ha mai paura di farlo.
- Mi tocchi ogni volta che lo
desideri, vero? - gli domandi. E lui ti sorride, quel suo sorriso
disarmante.
- No. Ti tocco solo una delle mille volte in cui
vorrei toccarti. -
Tu lo lasci fare, ma lui non va oltre al
necessario. I suoi polpastrelli sembrano sfogliarti come pagine di
libri, e ti baciano le spalle, il collo, la schiena: non gli serve
fare nulla di più concreto, per avere la consapevolezza di
averti suo, senza alcuna remora né pudore. Sei solo uno
strumento, uno strumento nelle sue mani.
E' un piacere perverso
quello che provi, a questa consapevolezza, unito ad un vago senso di
vertigine; perchè lo sai che nient'altro, che nessun'altro,
può renderti così schiavo e succube quanto lui.
Ti
slaccia i capelli, con un movimento leggero del polso, e li senti
scivolare lungo le scapole nude. Chiudi gli occhi quando le sue
braccia ti avvolgono, e ti domandi se ciò che desideri è
solo altro tempo, è solo un'altra notte, ti domandi se ci sarà
mai uno spazio, o un minuto, che in futuro sarà solo per voi.
- Quanto vorrei essere stanco di te, Yu. - E la sua voce
trema.
Alla tua domanda, non trovi risposta.
Ti ritrovi a
pensare che è esattamente questo il vostro problema. Non avete
mai permesso che il tempo distruggesse ciò che c'era tra di
voi; avete lasciato che gli anni scorressero, che le vite
cambiassero, avete accettato di diventare ricordi una, dieci, venti
volte. Quell'intensità non è mai scemata, un desiderio
che supera la voglia del sesso, che si consuma in uno sguardo, in un
sorriso, immortalato per errore in qualche foto nascosta in un
cassetto o usata come segnalibro.
Lavi una volta ha detto che
insieme non avete passato neanche più di cento giorni. Forse è
per questo che niente è cambiato dalla prima volta: avete
bisogno di farlo, di amarvi e di dimenticarvi di continuo, per
mantenere intatto quel bruciare vivido ed immutabile attraverso lo
scorrere degli anni. Lui sparisce ogni volta, ed ogni volta
ricompare, quando sente che è il momento giusto per volersi un
altro po'; e tu lo aspetti sempre, e non chiedi nulla in cambio.
Ogni
separazione è dolorosa tanto quanto è felice ogni
ritrovo. Trovi che i capelli un po' più lunghi gli donino, gli
diano quell'aria matura che non avresti mai sospettato in un viso
infantile come il suo; ma non glielo dirai, neanche stavolta.
-
Quando parti? -
- Fra un'ora. -
Le sue labbra si appoggiano
sulla tua guancia, con discrezione. Non hai mai provato a chiedergli
di restare, la vita sedentaria non fa per lui; è un vagabondo,
Lavi, non è adatto a metter su radici. Diversamente da te, che
sei l'amante eternamente in attesa, che non cambia mai numero di
telefono o indirizzo, nel terrore di non farsi più trovare.
-
Non vuoi sapere quando tornerò? -
Non ti vede, ma può
sentirti sorridere.
- Ha davvero importanza? -
Mi sono talmente affezionata a questa AU, pur non trovandola niente di speciale, che ho dovuto scriverne un seguito. "Cento giorni, e un giorno ancora" :-)