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Autore: micia95    12/02/2012    3 recensioni
Misaki ha paura di riaffrontare suo padre, l’uomo che l’ha abbandonata insieme alla sorella e alla madre anni prima e per causa sua odia tutti gli uomini. Usui sarà come sempre al suo fianco. La ragazza riuscirà finalmente a dirgli “io ti amo”?
E’ la prima volta che scrivo una storia in questa sezione. Spero di essere riuscita a immedesimarsi nei personaggi e di aver scritto una storia piacevole.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UN GRAN BRUTTO PRESENTIMENTO SEGUITO DALLA PAURA
Misaki si svegliò di soprassalto tutta sudata. Aveva avuto un incubo e non se lo ricordava. Pensò che era tanto tempo che non faceva incubi di sorta. Decise di alzarsi e andare in bagno, dove si sciacquò il viso guardandosi allo specchio dopo che il battito furioso del suo cuore si era calmato. Si guardò a lungo nello specchio, quasi cercasse una soluzione a un problema nel suo riflesso.
Stava tornando in camera quando vide una luce al piano inferiore, se anche prima era accesa non l’aveva nota. Sentì che qualcuno parlava: sua madre. Non riusciva a capire le parole perché pronunciate a bassa voce. Un brutto presentimento s’impossessò di lei e, prima che potesse anche solo decidere di fare qualcosa, si ritrovò al piano inferiore a spiare la madre che parlava al telefono.
“No, non puoi tornare” stava dicendo, la voce era incrinata dalla rabbia e dall’angoscia che cercava di contenere.
“Non abbiamo niente da darti, anche volendo non possiamo aiutarti. Dimentichi il debito?” la sua voce era ironica e sprezzante. Misaki rimase stupefatta: non aveva mai sentito sua madre –una donna pacata, gentile e quasi ingenua- parlare in quel modo.
“Ti ho detto di no. Non provarci” sibilò furente, poi riattaccò il telefono con un scatto secco del braccio. Si guardò intorno quasi sapesse che c’era qualcuno che la spiava.
“Le bambine non devono saperlo” disse a bassa voce fissando le scale esattamente dove un momento prima c’era Misaki.
“Non è possibile. Mi sto sbagliando” si diceva intanto Misaki mentre si rotolava nel letto cercando di prendere sonno. “Non ha detto il suo nome. Non è lui” stava tentando di convincersi che era solo un presentimento, un gran brutto presentimento a dir la verità. Passò il resto della notte a rigirarsi nelle coperte cercando di non pensare a niente. Solo verso l’alba riuscì finalmente a prendere sonno.
***
“Misaki! Che brutta cera!” la salutò la mattina dopo la madre.
“Non è che stai lavorando troppo sorellona?” chiese Susuna cominciando a mangiare il riso che aveva vinto nell’ultimo concorso a premi a cui aveva partecipato.
“Forse” brontolò lei sedendosi a tavola, pensando già alla dura giornata che le si sarebbe presentata a scuola come presidentessa.
“E’ meglio che andiate, non vorrete fare tardi; e tu Misaki non vorrai fare aspettare Usui?” aggiunse con aria maliziosa la madre rivolta alla figlia più grande.
Misaki per tutta risposta si alzò senza dire una parola con il volto color ciliegia.
“Ci mancava anche quell’alieno pervertito!” si disse. Da quando la sua famiglia sapeva che stavano insieme non perdevano occasione di ricordarglielo. Poi stare insieme era una parola grossa. Lei era certamente innamorata di lui ma non lo avrebbe ammesso mai; lui era certamente innamorato di lei e non perdeva occasione per ricordarglielo. Il loro rapporto fondamentalmente non era cambiato, ma Misaki viveva la cosa con un po’ più di serenità, nonostante si sentisse in imbarazzo quando li guardavano come coppia. Ovviamente all’interno della scuola nessuno lo sapeva anche se molti lo sospettavano. In realtà a nessuno era stato detto, ma tutti lo avevano capito dai comportamenti più concilianti della ragazza nei confronti del ragazzo, nonostante continuassero a litigare.
“Presidente” disse una voce dolce e seducente alle spalle di Misaki. Non si era accorta di essere arrivata quasi alla strada dove sorgeva scuola, immersa com’era nei suoi pensieri su Usui.
“U-Usui!” esclamò facendo un salto, non si era minimamente accorta della presenza del ragazzo.
“Misaki” la richiamò lui avvolgendola in un caldo abbraccio da cui lei tentò di sottrarsi, non riuscendoci si arrese e strinse forte la stoffa delle giacca del ragazzo. Finiva sempre così, vinceva lui.
Usui sfoderò un bellissimo sorriso e la baciò tra i capelli. “Smettila” disse imbarazzata Misaki, certe cose la mettevano in imbarazzo quando erano soli, figurarsi in mezzo a una strada!
Usui la lasciò andare dicendo “C’è qualcosa che non va Presidente?” la domanda la sorprese, questo significava che lui la conosceva alla perfezione e questa costatazione la fece rabbrividire; tuttavia non rispose alla domanda e si diresse a scuola seguita a ruota dal ragazzo.
La giornata passò abbastanza normalmente, se si considera normale lo sgridare praticamente tutti i ragazzi dell’istituto seguita costantemente da Usui che ogni tanto le faceva battute “a sfondo sessuale” per vedere la sua reazione.
“Allora, che cosa c’è?” chiese di nuovo Usui quel pomeriggio entrando nella Sala del Consiglio Studentesco occupata solo da Misaki che trasalì sentendo quella voce e quella domanda.
“Niente” mentì, o almeno ci provò.
“No, no presidente, non sai che mentire fa crescere il naso e così non saresti affatto carina. Ma non ti preoccupare, io ti vorrò bene lo stesso” disse con un strana luce negli occhi verdi.
Misaki si irritò a tal punto che, lanciandogli addosso un libro che Usui evitò facilmente, urlò “Ma che cavolo vai dicendo? Stupido alieno pervertito! Io non ho niente! Sto benissimo! Quindi lasciami in pace!” Ma Usui sembrò sordo alle sue parole e le si avvicinò stringendola a sé come quella mattina. La ragazza inizialmente tentò di opporsi ma alla fine si arrese ancora una volta lasciandosi acquietare dal tepore del corpo del ragazzo.
“Ho paura” disse infine. La sua voce risultava bassa perché soffocata dalla stoffa della camicia di Usui.
“Di cosa hai paura Misaki?” chiese il ragazzo stringendola a sé e cominciando ad accarezzarle i capelli.
“Questa notte… questa notte ho fatto un incubo. Era tanto che non ne facevo” disse Misaki dopo una lunga pausa. Usui non disse niente. Solitamente non parlavano delle loro vite private nonostante l’uno sapesse tutto dell’altro. Usui sapeva che quello che sembrava un cambio di argomento poi si sarebbe rivelato un dettaglio di una storia più grande.
“Quando stavo tornando a letto ho sentito che mia madre parlava al telefono con qualcuno. Era arrabbiata, non l’ho mai sentita parlare così con qualcuno.” Fece un’altra pausa per riprendere il fiato che le si era accorciato. Strinse con più forza la camicia di Usui  fino a farsi sbiancare le nocche. Aveva anche cominciato a tremare.
“Ha detto…ha detto che quella persona non poteva tornare, gli ha parlato del debito come se sapesse, ha detto che noi non dovevamo saperlo. Ho un brutto presentimento.” Misaki si sforzò di tenere a freno il battito del suo cuore impazzito per la vicinanza ad Usui e per le parole che stava per pronunciare, quelle stesse parole che la notte appena trascorsa si era rifiutata di pensare.
“Penso che quella persona…quella persona al telefono fosse mio padre” disse infine. “Ho paura di rincontrarlo” disse mentre calde lacrime che aveva lottato per tenere a freno cominciarono a sgorgarle dagli occhi. Non avrebbe voluto piangere così davanti a lui.
Usui alzò una mano e staccò la presa che una delle due mani di Misaki aveva sulla sua camicia. Prese la mano e la strinse guardandola intensamente negli occhi e avvicinando il suo volto a quello della ragazza.
“Non avere paura” le disse prima di baciarla dolcemente. La prima reazione di Misaki fu di sorpresa, in fondo gli stava dicendo una cosa importante e lui la baciava? La seconda fu di rabbia proprio per quest’ultima considerazione. La terza fu di rassegnazione, poi subentrò la quarta che fu di gioia e felicità. Tutto sommato era contenta del contatto delle loro labbra, desiderò che il tempo si fermasse per rimanere sempre così.
Si scostarono a malincuore e Misaki chiese titubante e imbarazzata “Usui, puoi…puoi accompagnarmi a casa?” Usui rimase di stucco di fronte a quella richiesta, in fondo lo faceva tutti i giorni anche se lei si lamentava. Cosa c’era di diverso questa volta? Poi capì, Misaki gli stava dicendo chiaramente che lo voleva al suo fianco e che, quindi, si fidava di lui, si sentiva protetta e che gli voleva bene, più di quanto non volesse ammettere.
“Andiamo?” chiese spostandosi da lei e porgendole la mano che Misaki prese dopo un attimo d’imbarazzo e di titubanza.
Fecero tutta la strada che separava la Scuola Superiore Seika e la casa in cui abitava Misaki così: mano nella mano, il silenzio che aleggiava intorno a loro e il sole che alle loro spalle tramontava per lasciare il posto alla Luna e alle stelle.

 

 

Come ho detto è la prima volta che scrivo in questa sezione e, devo ammetterre, mi è risultato difficile immedesimarmi nei personaggi, specie Misaki. Spero comunque di aver fatto un lavoro discreto e di non essere sfociata in OOC. Se pensate di sì, vi prego di farmelo sapere. Aggiungo una cosa: io il manga non l'ho letto! Mi sono basata sul cartone.

micia95

  
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