Different.
Quello che Alessia proprio non riusciva a capire è perché alla fine Fabrizio avesse scelto lei. Insomma, Camilla aveva un viso dolce, carino, quello tipico da gatta morta che ottiene sempre tutto quello che vuole (almeno questo è ciò che pensava su di lei), ma santo cielo: era distratta, pasticciona, perennemente con la testa fra le nuvole e non aveva certo la classe e il glamour che aveva lei. Camilla, inoltre, era irresponsabile, permalosa e infantile e i due codini biondi raccolti ai lati dei capelli erano la prova lampante che lei non aveva la sua stessa maturità. Ma allora perché, perché Fabrizio, alla fine, aveva scelto proprio Camilla, anzicchè lei, Alessia? La ragazza dai lunghi capelli corvini si lasciò andare pesantemente sul letto, portandosi un braccio alla fronte. Lo sguardo era perso nel vuoto e la mente tornò a pochi mesi prima, quando la sua vita e quella di tutti loro era tornata quella di un tempo.
Era il
tramonto.
Quattro
ragazzi erano disposti in fila orizzontale di fronte a quattro piccoli
e
simpatici folletti. I loro sguardi erano tristi, malinconici. Uno dei
folletti,
con un abitino azzurro cielo, i capelli color oro, un paio di
guanciotte
paffute e un cappellino che terminava con due pon pon blu, si fece
avanti e
prese parola, su incitamento da parte dei compagni.
–Ahem…come saprete, cari amici, io non sono
molto bravo con le parole quindi sarò breve. A nome di tutti
i miei compagni
presenti qui e nel regno di Mirmo, volevo ringraziarvi per i due anni
trascorsi
insieme. Prima d’ora non avevamo mai avuto contatti con
esseri umani, non
avevamo mai visto una città, una città vera,
intendo, né edifici così grandi e
così belli…né tantomeno sapevamo
dell’esistenza di dolci tanto squisiti!- Una
risata flebile e forse un po’ malinconica si alzò
dalle voci dei quattro
ragazzi. –Ma soprattutto- riprese dopo qualche secondo il
folletto, tornando
serio- prima d’ora non avevamo mai conosciuto qualcuno di
così speciale da
prendersi cura di noi, al di fuori di noi stessi folletti. Un giorno,
per caso
o forse per destino, ci siamo ritrovati catapultati nel mondo degli
umani,un
mondo a noi del tutto sconosciuto.
Eppure voi ci avete fatto sentire come a casa, vi siete presi cura di
noi,
sebbene non ci conoscevate,e ci avete fatto sentire come parte di
un’unica
grande famiglia. E per questo noi volevamo dirvi grazie di
cuore…-
–Grazie!- fecero eco gli altri tre folletti
con un piccolo inchino.
–Adesso è per noi giunta l’ora di
andare…-
continuò ancora quello che sembrava il più grande
della compagnia.
–Abbiamo
compiuto il nostro dovere, il compito per il quale eravamo stati
inviati sulla
Terra…- spiegò una piccola folletta rosa dalle
guancie tonde e lo sguardo
dolce.
–Perciò
qui non abbiamo altro da fare…-aggiunse un folletto,
probabilmente il più
piccolo, dato il tono di voce acuto e stridulo,vestito di un abito
azzurro
scuro e con due antennine che spuntavano dal cappello. Fu allora che
iniziarono i
pianti, i baci, gli abbracci e gli addii tra i tre ragazzi e i
rispettivi
folletti. Già, tre. Perché solo una di loro,
infatti, era rimasta a braccia
conserte appoggiata ad un albero, scrutando il proprio folletto, uno
rosso con
lunghi capelli neri e un ciuffo che gli ricadeva su un occhio, senza
alcuna
espressione. –Non…mi saluti?-
-Addio.Eccoti accontentato, va bene?- rispose fredda lei, distogliendo
lo
sguardo.
–Perché
sei così fredda con lui, Alessia? Non ti rendi conto che non
rivedrai mai più
il tuo Yacky?-.
A parlare
era stata una ragazzina con un vestitino a fiori e lunghi capelli
biondi
raccolti ai lati da due codini. –Perché non ti
impicci degli affari tuoi,
Camilla?-. –Sono affari miei, si da il caso che sia anche un
mio amico e per
questo mi dispiace che se ne vada, come tutti gli altri del resto. Tu,
però, a
maggior ragione perché sei la sua compagna umana, dovresti
dispiacerti di non
rivederlo mai più. Avete trascorso due anni sotto lo stesso
tetto, è possibile
mai che tu non provi un briciolo di dispiacere per lui?-.
Alessia
abbassò lo sguardo e serrò i pugni, fino a far
diventare bianche le nocche
delle dita.
–E chi ti dice che
io non sia triste…-. La ragazza che le era di fronte non
avrebbe saputo dire se
quella fosse una domanda, un’affermazione e cos’
altro ma non ebbe il tempo di
chiederglielo perché l’amica era già
corsa via, lasciando dietro di sé soltanto
due o tre piccole gocce per terra.
Ben
presto si ritrovò le guance umide di lacrime: stava
piangendo. Non era da lei piangere.
Eppure lo stava facendo e non si spiegava nemmeno il perché.
–Non è necessario
che tu lo nasconda: è normale che ti manchi Yacky-. Si
voltò verso la voce alle
sue spalle: Camilla. Ancora lei. Doveva ammettere che tra i tanti
difetti di
quella ragazza, la testardaggine era ai primi posti, insieme alla
caparbietà.
–Tu non ti arrendi proprio mai,
vero?- le disse con quanta più acidità le fosse
permessa.
–No,
soprattutto quando è un’amica ad essere in
difficoltà-
–Noi non siamo amiche-
–Io non sono amica tua…ma tu sì-
Alessia
sbarrò gli occhi incredula. Nell’arco di quei due
anni l’aveva offesa, presa in
giro, derisa, maltrattata, ingannata, cercata di allontanare da
Fabrizio
arrivando a servirsi anche dei più astuti e infidi
trucchetti se il caso l’avesse
richiesto e lei adesso aveva anche il coraggio di dire che
erano…amiche? Doveva
essere impazzita del tutto, non c’era altra spiegazione.
–Come mi hai trovata?-. Camilla
si accovacciò accanto all’eterna rivale in
amore.
–Nessuno
andrebbe a credere che tu vada a nasconderti proprio nel giardino della
tua
peggior nemica, giusto?-
–Non
mi sto nascondendo- rispose contrariata l’altra.
–No,
certo che no…diciamo che stai evitando il problema-
–Da
quando sei così sarcastica?-
–Due anni possono cambiare
profondamente una persona, sai? Non sono più la quindicenne
ingenua e con la
testa fra le nuvole di due anni fa. Ho imparato a conoscere le persone
intorno
a me, te compresa. E so di per certo che tu non sei realmente che vuoi
dimostrare
di essere…-
–Tu
che cosa ne sai?-
Camilla la
guardò negli occhi ma Alessia continuò a guardare
dritto verso l’abitazione
davanti a lei. –Due anni non ti possono restare indifferenti.
Hai vissuto un’esperienza
che un semplice umano nemmeno si sognerebbe si vivere. Per la prima
volta, in
diciassette anni, sii sincera con te stessa. Almeno per questa
volta.-
Dopodichè
si alzò e andò via, lasciandola con i suoi
pensieri. E con Yacky ma di lui, la
corvina non se ne accorse, data la capacità del piccolo
ninja di nascondere la
propria presenza.
–Che male c’è in fondo se Yacky mi
mancherà tremendamente?-
ammise ad alta voce, convinta che nessuno la sentisse. Si accorse di
una
seconda presenza solo quando sentì qualcuno sistemarsi sulla
sua spalla
sinistra.
–Yacky!
Da quanto tempo sei qui?- gli gridò, cercando di assumere il
suo solito tono di
voce autoritario che, tuttavia, non servì a nulla.
–Da
abbastanza per ascoltare il tuo discorso-
–Tanto sapevo che mi stavi
spiando…così ho mentito!- si
giustificò lei ma anche stavolta Yacky non credé
ad una sola parola della padroncina.
–Alessia…-
sospirò Yacky.
–Che
c’è?-
Il piccolo ninja tacque per
qualche secondo.
–Mi mancherai-
Alessia
sbarrò gli occhi a quell’affermazione.
Abbassò nuovamente la frangetta e d’istinto
sorrise malinconica.
–Anche
tu mi mancherai ,Yacky. Tanto.-
Si alzò di scatto dal
letto e si mise a sedere. Osservò il
tavolino accanto al letto: non le era mai sembrato così
vuoto. Era strano come
una semplice tazza rossa con una stella gialla al centro potesse farle
provare
così tanta nostalgia di quel piccolo folletto pasticcione. E
tutto questo solo
per copla di Camilla. Se lei non le avesse messo in testa tutti quei
discorsi
sull’amicizia e sul fatto che non c’era nulla di
male ad ammettere a sé stessa
(non avrebbe mai avuto la faccia tosta di ammetterlo anche agli altri)
che
aveva una tremenda nostalgia di Yacky, probabilmente adesso non si
ritroverebbe
in quello stato di totale apatia. Ma furono proprio questi pensieri a
dare lei
la risposta alla sua domanda iniziale: perché
Fabrizio avesse scelto Camilla e non lei.
Camilla
era testarda, pasticciona, infantile, permalosa, ficcanaso,
irresponsabile.
Ma
Camilla era anche dolce, sensibile, premurosa, solidale, sempre pronta
ad
esserci se qualcuno ne avesse avuto il bisogno. E il fatto che avesse
aiutato
lei, Alessia, la sua eterna rivale, quella che non perdeva occasione
per farle
fare le peggiori figuracce davanti a Fabrizio, ne era la prova
lampante.
Era semplicemente sé stessa, Camilla.
La
verità è che Alessia aveva sempre desiderato
essere come Camilla, se non
addirittura Camilla stessa.
Avrebbe
voluto che Fabrizio provasse per lei i suoi stessi sentimenti e invece
lui
quegli stessi sentimenti li provava per l’altra.
Strano,
eppure si era sempre considerata lei, l’altra.
Alessia era
fredda, irascibile, orgogliosa, vanitosa, superba e non
perdeva occasione per mettersi in
mostra.
Camilla era semplice, umile, allegra,
spensierata, sempre con il sorriso sulle labbra.