Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: MedusaNoir    13/02/2012    7 recensioni
Sono passati tre anni dalla rottura di Marco e Aurora e finalmente il ragazzo sembra avere trovato un nuovo amore. Non ama più Aurora, si ripete in continuazione.
[Spin-off di "Sulle note di Cat Stevens", ma può essere letta anche senza conoscere l'altra]
- Sai cosa mi mancava di lei, Manu? Le serate passate a commentare i video di Cat Stevens, le risposte sempre pronte alle mie battute, le discussioni su Star Wars o sulle chitarre. Mi mancavano davvero tantissimo, ora l’ho capito. E’ per questo che ho deciso di mettere da parte il rancore, perché era divertente averla accanto.
- Non ci crede nessuno.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle note di Cat Stevens'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non ti amo più

- Sai cosa mi mancava di lei, Manu?

Le serate passate a commentare i video di Cat Stevens,

le risposte sempre pronte alle mie battute,

le discussioni su Star Wars o sulle chitarre.

Mi mancavano davvero tantissimo, ora l’ho capito.

E’ per questo che ho deciso di mettere da parte il rancore,

perché era divertente averla accanto.

 

- Non ci crede nessuno.

 

Marco aveva conosciuto Michela alla festa di compleanno di Silvia, tre anni dopo la rottura con Aurora. Ricordava che quel giorno indossava un abito rosso che le donava molto. Aurora, ovviamente: non aveva la minima idea di cosa avesse addosso Michela. I suoi occhi erano solo per la sua ex ragazza, ma probabilmente la causa era il décolleté che Aurora, a disagio, aveva cercato per tutta la sera di nascondere.

Michela aveva l’età della festeggiata e, come Aurora, era una sua compagna di università. Marco non lo ricordava, ma il vestito che Michela aveva comprato per quell’occasione aveva uno strappo sopra la coscia destra e, per tutto il tempo in cui le aveva parlato, la ragazza aveva temuto che lui potesse notarlo; al contrario, Marco era rimasto incantato dai suoi occhi azzurri e dal sorriso spontaneo e un po’ sbarazzino. Michela gli aveva chiesto un passaggio, Marco gliel’aveva dato, ma lei non si era accontentata: un bacio della buonanotte concesso quasi per sbaglio, le braccia del ragazzo che le circondavano le spalle, la portiera aperta con qualche difficoltà e poi scale, corridoi, un letto sfatto.

Che era saltato in mente a Marco in quell’occasione? Michela era una bella ragazza, simpatica, interessante, ma lui non era tipo di insinuarsi con tanta facilità nel letto di una donna. Per tutta la sessione di lotta libera tenuta sul materasso di Michela, però, la risposta era impressa nella sua testa, senza che se ne rendesse conto. Una schiena rossa… No, cos’era quel rosso sfocato? Ciocche castane che ondeggiavano, confondendosi con il colore del vestito, e nella mente di Marco non c’era altro. Lentamente la figura si girava, lo guardava e una mano scivolava sulla vita, una bocca baciava quella di Aurora, pizzicandola con la barba ispida. Marco aveva stretto le lenzuola e le urla di Michela avevano raggiunto le sue orecchie, riportandolo alla realtà; l’aveva guardata e subito aveva richiuso gli occhi, alla ricerca delle immagini dolorose e nauseanti, ma essenziali.

Aurora era stata l’ultima ragazza con cui aveva fatto l’amore prima di Michela, fino a quel momento Marco aveva rifuggito qualsiasi contatto che andasse oltre la maglietta gettata sul pavimento – e i jeans leggermente abbassati, non poteva negarlo. Era per questo che aveva immaginato Aurora al posto di Michela, l’Aurora che aveva osservato per una sera intera, quando la ragazza con cui aveva dormito quella notte non tentava insistentemente di catturare la sua attenzione; aveva sognato la sua schiena e i capelli ricci in modo automatico, come se il suo sistema fosse ancora da formattare. Sì, era quello il motivo, non c’erano dubbi.

 

 

Ciò che Marco non riusciva proprio a perdonare ad Aurora era il suo tradimento. Come aveva potuto lasciarsi irretire da uno dei suoi migliore amici? Quella notte di sesso sfrenato – come la chiamava lui –, di sensi di colpa – come l’aveva definita Aurora –, di “Siete degli irresponsabili!” – come aveva urlato Manuel in lacrime – aveva decretato la fine del loro gruppo. I Moonlight Sonada avevano trovato un nuovo componente, il carismatico e decisamente sopravvalutato Davide, e per un po’ avevano suonato nei locali con il nome di Lilim senza che lui trovasse il coraggio di andare a sentirli.

Aurora era stata crudele con lui: tradirlo quando Marco le avrebbe regalato la luna e un paio di stelle! Il suo sogno, per molte settimane, era stato saperla fuori dal suo appartamento, aprire la porta e gridarle che finalmente non l’amava più. Per Marco era ancora difficile credere che Aurora l’avesse realmente tradito: era come se Padme si fosse lasciata sedurre da Obi-Wan infischiandosi dei sentimenti di Anakin!

Ecco, in momenti come quello avrebbe voluto avere accanto Aurora, l’unica che capisse e condividesse pienamente la sua passione per Star Wars. Per questo, un giorno di settembre, aveva deciso di presentarsi ad un concerto dei Lilim, tentando di controllare il battito esageratamente accelerato del cuore. Manuel, come previsto, gli era saltato in braccio, facendolo barcollare, e in quel modo la tensione si era subito attenuata; Simona si era lasciata andare in un grosso sorriso e si era avvicinata per salutarlo, poi Davide gli aveva elargito un’energica pacca sulla spalla; Aurora era rimasta in disparte, spostando dietro l’orecchio una ciocca di capelli ribelli, mentre Ettore lo salutava con un rapido cenno del capo, lo sguardo rivolto al pavimento in assenza del coraggio necessario per portarlo su Marco. E il ragazzo si era detto soddisfatto, ostentando un’aria da “non sono io a dovermi vergognare”. Dopo il concerto, aveva avvicinato Aurora, sotto lo sguardo vigile di Ettore, e le aveva parlato finché non era scoppiata a ridere: Marco non poteva fare a meno delle chiamate a notte fonda per raccontare un sogno che altrimenti sarebbe presto scomparso, o delle vecchie commedie americane viste mangiando pop-corn preparati in casa, o dei giri in auto con lo stereo che costantemente suonava Cat Stevens. Dei capelli di Aurora sì, poteva farne a meno, come dei suoi occhi castani, delle labbra morbide e dei sussurri della buonanotte quando, stretti nel letto, erano l’unico calore necessario ad entrambi; poteva fare a meno anche della voce che accompagnava la sua Fender nera.

Non capiva perché Manuel insistesse a non crederci.

 

 

Non ti amo più e non ti odio più, non vedi?

Erano quelle le parole che avrebbe voluto rivolgere ad Aurora in ogni momento passato in compagnia di Michela. Gli piaceva tenerle la mano mentre passeggiavano intorno al laghetto dell’Eur, adorava il modo in cui le magliette appena comprate odoravano già di lei; non c’era niente che non andasse in quella ragazza e Marco era perennemente accompagnato dal pensiero di conforto di avere lei accanto ora. Aveva quasi creduto, in quei tre anni, che a lui non potesse capitare un futuro; era uscito con altre donne, ma non si era mai sentito rassicurato dalla loro presenza. Michela era diversa, però, e ogni suo sorriso era ormai inestimabile per Marco.

– Perché non mi fai sentire qualcosa alla chitarra? – gli chiese improvvisamente, sollevando lo sguardo su di lui.

Marco respirò profondamente: già, perché non lo aveva mai fatto?

– Ti faccio ascoltare qualcosa quando torniamo a casa.

Le arruffò i capelli, ottenendo così un’occhiata di fuoco.

– Che c’è?

– Non sopporto che mi si tocchino i capelli.

– Scusa, con Aurora lo facevo sempre…

Si azzittì, pensando che forse non fosse un granché parlare della propria ex durante una passeggiata romantica con la nuova ragazza. Michela si limitò ad annuire e a prendere di nuovo la mano di Marco nella sua, continuando a camminare.

Doveva dimenticare Aurora, non poteva riaffiorare nella sua testa quando le pareva! Ma non era un problema, si disse, si trattava solo dei primi tempi: con il passare dei mesi, Michela avrebbe rubato ogni cosa di lei, fino a lasciare nessuna traccia di Aurora nei pensieri di Marco.

Sarebbe andata bene, lui non l’amava più. E poi Aurora sembrava preferire di gran lunga Ettore.

 

 

– Non puoi capire quanto fosse grosso!

– Allora avrei voluto vederlo!

– Aurora, per una volta che stavo pensando ad altro.

Marco sentì Aurora scoppiare a ridere dall’altra parte della cornetta e un sorriso intenerito attraversò il suo volto. La immaginava sdraiata sul letto, sotto le coperte, con una busta di biscotti accanto al cuscino; probabilmente poteva anche indovinare di che marca fossero.

– Sei sicura che non ti sto disturbando?

Quante volte glielo aveva chiesto? Era lecito da parte sua farlo, in fondo lei ora viveva con Ettore e l’uomo avrebbe certo potuto non accettare le chiamate di Marco in piena notte alla sua fidanzata.

– Ettore non c’è.

– Cos’è, mi leggi nel pensiero?

– Per quale altro motivo me lo staresti chiedendo?

– Non vorrei che pensasse che ti stia insidiando.

Perfetto, era finiti nel terreno del discorso proibito. Presto, Marco, tira fuori una delle tue battute e allenta la tensione!

Fu Aurora a rompere il silenzio.

– Sa che non lo faresti mai.

– Cosa vorrebbe dire? – chiese Marco, fingendosi serio. – Non ho per niente la faccia da “ti ruberò la ragazza”? E’ questo che la gente pensa di me?

Aurora rise. – Non preoccuparti, la tua reputazione è ancora salva: lo pensa solo Ettore.

– Non sai che sollievo mi dai!

– Allora, come continuava il sogno?

Marco rifletté. Il sogno? Ah, già, era per quello che l’aveva chiamata!

– C’era questo ragno gigante, – riprese a raccontare, – era talmente gigante che avrebbe fatto schifo perfino a te…

Perfino? Quanto credi debba essere grande qualcosa per spaventarmi?

– Ma come? Di me…

– … non ti eri mai spaventata, – concluse Aurora. – Prevedibile. E poi?

– Il ragno stava per attaccare una ragazza, e io secondo te che faccio?

– Scappi a gambe levate?

– Esatto! Però quella cretina si mette a urlare di fermarmi, di soccorrerla… E chi ne aveva minimamente intenzione? Mi volto giusto per vedere in faccia chi era e allora comincia a battermi il cuore…

Si bloccò.

Cavolo, aveva sognato Aurora.

– Era Michela?

– Era Michela – ripeté Marco. – Poi mi sono svegliato.

 

 

Non ti amo più, non ti amo più.

Se lo ripeteva in continuazione, ma non voleva entrargli in testa; d’altronde, proseguendo a dirselo, come avrebbe potuto capirlo?

– Ti va di andare al cinema oggi?

– Eh?

Guardò Michela, perso nei propri pensieri; la ragazza rise e gli diede un leggero bacio sulla guancia.

– Ti ho chiesto di vedere un film al cinema, – mormorò con dolcezza, attirandolo a sé sotto le coperte.

– Come al primo appuntamento.

– Cosa? –. Fu la volta di Michela di non capire, lo sguardo accigliato.

Marco si riscosse dai ricordi e spostò gli occhi su di lei, rivolgendole un sorriso tentennante.

– Il mio primo appuntamento, quando ero al liceo, – mentì, – fu al cinema. Chiesi ad una ragazza di accompagnarmi a vedere Star Wars.

– Star Wars, eh?

Marco interpretò il sarcasmo nella voce di Michela come se fosse inutile sottolineare che film avesse visto; non sapeva che la ragazza era a conoscenza di alcuni particolari del suo passato.

 

 

Da più di un anno, Marco aveva smesso di ripetersi che non amava più Aurora; non serviva, aveva Michela. Il problema, però, era che non aveva smesso di nominarla.

Così, un giorno di luglio, Michela aveva sputato con amarezza, delusione e rabbia tutto quello che teneva dentro da due anni. Il pretesto? Marco stava suonando, ispirato, cercando di non prestare attenzione agli sbuffi annoiati di Michela: durante i primi mesi, la ragazza si era dimostrata interessata ad ascoltarlo accarezzare le corde della Fender nera, lo sguardo rapito; con il tempo, però, si era rivelata sempre più insofferente a passare le giornate in casa, con un così bel sole, chiusa in una stanza a sentirlo strimpellare la chitarra.

Marco aveva reagito aprendo bocca e dicendo una sola parola: “Aurora”. Michela non gli aveva permesso di continuare la frase, nella quale probabilmente il suo ragazzo avrebbe detto che Aurora, quando stavano insieme, non si era mai lamentata di restare in camera a suonare.

Ad Aurora piaceva ascoltarmi… Aurora sapeva sempre a cosa mi stessi riferendo… Se Aurora fosse stata qui, avrebbe trovato sicuramente un doppio senso… Mi dispiace che Aurora non sia venuta stasera… Vuoi smettere, una buona volta, di parlare di lei?!

– Io non parlo sempre di lei!

– Ricordi un singolo momento in cui non l’hai nominata? – aveva urlato Michela, tenendosi i capelli fra le mani.

– E’ facile che si finisca a parlare di lei, abbiamo tutti gli amici in comune! –. Anche Marco aveva alzato la voce, le sopracciglia inarcate: come le era venuta in mente una cosa del genere? Lui, dire il suo nome di continuo? Era semplicemente ridicolo. – Aurora non mi aveva mai accusato di…

Ah.

Michela, livida in volto, non aveva ascoltato altro – non che Marco fosse riuscito a trovare qualcosa di appropriato da dire –, aveva afferrato la borsa ed era uscita dall’appartamento. Forse aveva anche pianto tornando a casa, ma lui non avrebbe potuto inseguirla: a che scopo farlo, quando le parole che le avrebbe rivolto non sarebbero servite a risanare niente? Fin dal momento in cui Michela aveva varcato la porta della sua camera, Marco non aveva provato altro che un forte senso di colpa.

E ora, dopo giorni, le emozioni che avevano pervaso il suo cuore non somigliavano alla tristezza; guardando le loro foto appese alle pareti, non aveva provato niente, le aveva semplicemente staccate e messe da parte. Non era pentito di ciò che era successo, non riusciva nemmeno a pensarci: quello che si era ripetuto per anni era tornato a galla come una domanda.

Non ti amo più?

Qualcuno suonò il campanello. Un suono insistente, fastidioso, e Marco già stava maledicendo Manuel quando, aperta la porta, si era trovato di fronte una disorientata Aurora.

 

E adesso torni qui come se fosse niente,

con la tua bella faccia che mi ha strappato troppi “sì”,

e ti muovi sicura tra le stanze che sai,

fra i miei piatti di ieri e i ricordi di noi.

 

Aurora non era più andata a casa di Marco dopo la loro rottura, era la prima volta che si ritrovava su quella soglia dopo cinque anni. Si guardava intorno, confusa, una mano che spostava i capelli ricci dietro le orecchie come quando si erano rivisti al concerto dei Lilim.

Non parlava, continuava a sostare sul tappeto con la scritta “Benvenuto”. Decisamente fuori luogo.

“Non ti amo più”: su, Marco, non è così difficile da dire. Togliti il pensiero una volta per tutte, hai sognato di farlo per un sacco di tempo.

– Io non ti… – esordì a voce troppo bassa per essere udita. – Non ti amo più… –. Terminò la frase in un soffio.

Ma chi voglio prendere in giro?

Aurora alzò lo sguardo, aggrottando la fronte. Non aveva capito cosa avesse detto.

– Eh?

Marco tossì. – Perché sei qui?

– Dovevo dirti una cosa, – mormorò Aurora.

– Entra. Di qualunque cosa si tratti, possiamo parlarne davanti a un…

– Ettore mi ha chiesto di sposarlo.

 

Il resto è storia.

_____________________________________________________________________________________________________________________________

"Non ti amo più", un'altra canzone di Masini. Finirà mai di ispirarmi per scrivere di questi due?! Dannazione, sto odiando Marco, mi implora costantemente di parlare di lui! Riesco a trovare l'ispirazione per altre storie? No. Maledizione >____<

Beh, ecco qui uno spin-off in piena regola di "Sulle note di Cat Stevens"! La storia è ambientata nei cinque anni che mancano nel racconto originale; solitamente uso il punto di vista di Aurora, ma quello di Marco è decisamente più interessante da analizzare, anche per lo stile che utilizzo con lui.

Oltre al titolo, la canzone è presente all'interno del testo o sottoforma di citazioni. Mi era stata suggerita tempo fa da un lettore (che personalmente adoro ♥) come se Aurora la dedicasse ad Ettore... e invece eccola qui usata da Marco per la sua ex ragazza! Il senso ultimo della canzone è stravolto, ma non potevo fare altrimenti. Ad ogni modo, anche se non l'ho usata come Aurora/Marco ti ringrazio per il suggerimento! :)

L'ultima frase è in corsivo... spero sia evidente il perché! :)

Spero che vi sia piaciuta ^^

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MedusaNoir