Bedtime
Story
L’Ordine
Oscuro era
immerso nel buio e nel silenzio della notte. I passi delle poche
persone ancora
sveglie a quell’ora rimbombavano nei corridoi vuoti, creando
un’eco cupa.
L’infermeria
è l’unico
posto in cui si è sempre svegli: non è mai
possibile sapere quando sta per
arrivare un ferito, e bisogna essere pronti.
Quella
notte, però,
sembrava che nulla volesse turbare la quiete. La Capo Infermiera aveva
mandato
a letto tutte le sue sottoposte, rassicurandole sul fatto che poteva
benissimo
badare da sola ad un branco di idioti addormentati, e aveva discusso
con il
dottore per qualche minuto, prima di costringerlo con le cattive
maniere a
ritirarsi nella propria camera.
La donna
passò
lentamente lo sguardo sui feriti, vietando al proprio sguardo di
soffermarsi su
un letto in particolare, e controllò con un sospiro stanco
che tutto fosse a
posto. Poi si rassettò la gonna lunga
e
scura.
Accese la
lampada ad
olio sulla grande scrivania di mogano dove tenevano ordinatamente
sistemati
tutti i medicinali e i registri, poi ne prese uno, afferrò
pena e calamaio e
annotò qualcosa sul foglio ingiallito, grattando il pennino
sulla carta.
Aspettò qualche secondo, il tempo che l’inchiostro s’asciugasse, prima di chiudere il libro e rimetterlo al suo posto.
La Capo
Infermiera si
sistemò qualche ciuffo di capelli grigi, sfuggiti alla
solita crocchia, sotto
la cuffia bianca. Chiuse gli occhi, sospirando stanca e massaggiandosi
le
tempie.
Il suo
sguardo saettò
automaticamente verso un paziente in particolare non appena
riaprì gli occhi.
Le sue
guancie scarne
e scavate si coprirono di un lieve rossore, così si
passò una mano sul volto
come per nasconderlo. Si avvicinò con passo titubante al
letto in questione,
sentendo il cuore rimbombarle furioso nelle orecchie ad ogni passo che
faceva.
Era davvero
così
sbagliato quello che sentiva? Si
chiese,
soppesando il senso implicito di quelle parole.
Solo
perché era
anziana e un po’ rude non significava
che non potesse più sentire certe
sensazioni.
Infondo era
una cosa
bella, no?
Ma
chissà cosa avrebbe
detto lui..
Si sporse a
guardare
il viso del ragazzo, la soffusa luce dorata della lampada che
proiettava ombre
dorate e danzanti sul suo viso . aveva gli occhi chiusi e
l’espressione più
rilassata che gli avesse mai visto. Nel sonno nemmeno lui sembrava un
terribile
guerriero, ai suoi occhi.
Ah. Sapeva
quanto quel
pensiero gli avrebbe dato fastidio: lui era nato per la battaglia, nato
per
combattere fino allo stremo e ridursi come uno straccio.
Quante volte
l’aveva
visto entrare in infermeria coperto di ferite che per chiunque altro
sarebbero
risultate mortali? Quante volte era arrivato semi-cosciente e grondante
di
sangue, sorretto da qualche compagno meno malmesso? Quante? Molte.
Troppe. Così
tante che aveva perso il conto.
E per quanto
sarebbe
andata avanti così?
Alla Capo
Infermiera
piangeva il cuore vedendolo entrare in infermeria sempre nelle stesse
condizioni – “non crepo finché non
l’ho trovata” ringhiava lui quando la donna
cercava di dissuaderlo dal buttarsi senza paura nella mischia. (sempre lei.
Mai una volta che il ragazzo volesse
sopravvivere per se stesso, o per i propri amici. Sempre questa
misteriosa lei, che forse nemmeno
lui conosceva. La
irritava, la irritava da morire non tanto il sapere di non avere alcuna
possibilità – cosa cui si era rassegnata in
partenza – tanto quanto per
l’effetto che questa lei esercitava
su di lui.)
Ma al
contempo non
poteva impedirsi di avvampare – interiormente, sia chiaro
– ogni qual volta era
necessario spogliarlo della sua divisa da Esorcista. Nonostante le
cicatrici
invisibili e quel tatuaggio scuro che s’allargava sempre di
più, macchiando la
sua pelle tanto quanto il suo passato, il corpo di Kanda –
solo il pensare il
suo nome la fa sentire strana – è così
snello e armonioso.
La donna
emise un
sospiro tremulo, passandogli gentilmente la mano tra i capelli lunghi e
lisci,
così morbidi da risultare seta al tatto.
Si chiese
per
l’ennesima volta quando, esattamente, il suo pensiero su
Kanda fosse
drasticamente cambiato.
Oh, avesse
avuto un
bel po’ di anni in meno tutto questo non le sarebbe sembrato
strano.
Continuò
ad
accarezzarlo gentilmente, sospirando di tanto in tanto, quando lo
sentiva
rabbrividire o quando si rigirava nel sonno.
Si
chinò lievemente
verso di lui, una mano ferma
all’altezza
della guancia candida, l’altra ancorata al bordo del letto,
come se avesse
avuto il terrore di annegare in quei pochi tocchi fugaci che non
poteva
permettersi.
Il suo
respiro caldo
sul viso era molto più soffice di quello che avrebbe mai
immaginato.
Le labbra
del ragazzo
erano schiuse, a pochi centimetri dalle sue.
Aveva paura
che lui aprisse gli
occhi e la vedesse, aveva paura del suo sguardo così
profondo e del suo
giudizio. Ma questo non le impedì di chinarsi ancora di
più vicino, fino a
sfiorare la punta del proprio naso con la sua e poi..
- ahahah! L-Lavi, ti prego, ahaha, bastaaH – Allen cade dal letto con un tonfo sonoro, contorcendosi sul pavimento per le risate. Il rosso rotola fino al bordo del letto e osserva l’altro con un sorriso compiaciuto, lasciandosi sfuggire un risolino.
- oddio, ahah, Lavi, che orrore! Ahahah – ride ancora l’albino, cercando di prendere respiro. Lavi gli sorride, sporge il busto oltre il bordo del letto e si china a lasciare un bacio sulle labbra sorridenti dell’altro, prima di replicare con un sorriso furbo:
- eddai, Allen, non dirmi che non ti sei mai accorto delle occhiate languide che gli lancia tutte le volte che entra in infermeria! –
Allen scoppia in un’altra serie di risolini a metà tra l’imbarazzato e il sorpreso.
- oddioNO! Ahahah –
Si lanciano un sorriso complice, trattenendo l’ennesima risata.
- mioddio Lavi, ma come ti vengono in mente? –
- è perché sono troppo intelligente e deduttivo – sostiene il rosso, con aria di sufficienza, guardando di sottecchi la reazione dell’altro, che inarca un sopracciglio con fare ironico.
- ehi! Non mi credi! – esclama allora Lavi, fingendosi mortalmente offeso.
- noo. – un cuscino si abbatte poco gentilmente sulla testa dell’albino, soffocando il suono di una risata. – è che devi avere davvero una fervida immaginazione per raccontare certe storie spacciandole per vere – si giustifica Allen, con un sorriso.
Lavi è pronto a replicare ma il più piccolo lo batte sul tempo, continuando il suo discorso.
- inoltre non è questo che intendevo come favola della buonanotte –
- ehi, che fine ha fatto la libera interpretazione?! –
Allen si lascia sfuggire un’ultima risata prima di risalire poco dignitosamente sul letto ed accoccolarsi con un sospiro soddisfatto tra le braccia del più grande, che lo stringe contro di sé.
Il rosso gli piazza un bacio sulla fronte, strofinando il naso nei suoi capelli soffici.
- e poi, - dice ad un certo punto. – è la storia più casta che mi è venuta in mente. Tutte le altre comprendevano te, me e del sesso violento fatto su uno scenario di poca importa-AH! –
Lavi boccheggia, quando l’albino gli rifila un pungo ben assestato.
- ma che ho fatto! – si lagna, intrufolando le dita sotto la maglia del pigiama di Allen, che si scosta con aria di sfida.
- non ci provare, pervertito – lo avverte con un’occhiata minacciosa.
Lavi ride contro la sua spalla, riavvicinandolo a sé. E Allen si lascia stringere, addormentandosi nell’eco della sua risata.
NdA
Ave gente,
sono
tornata!
No, non sono
impazzita. Questo assurdamente Crack
Paring è frutto di una scommessa fatta con Phantom-Miria. Chi non ha letto
l’ultima night (212) uscita questo
mese non può sapere ma, bhe, avevamo scommesso sulla morte
di Link. Che
purtroppo è resuscitato (ma vattellapesca!)
Immagino che
più che
crederci ci sparavo. Ma amen, ormai è fatta.
E, inoltre,
mi sono
divertita da morire! Una delle FF più divertenti che abbia
mai scritto. Ma non
potevo assolutamente non aggiungerci un pizzico di Laven, che sembra
essere
stato abbandonato.
Ooooh, Lavi WHERE ARE YOU?! T^T
Il titolo
è
chiaramente riferito all’ultima parte :D
Buon San
Valentino a
tutti! <3
_ L a l a