Videogiochi > Assassin's Creed
Ricorda la storia  |      
Autore: Halley Silver Comet    15/02/2012    7 recensioni
[Assassin’s Creed Revelations]
Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che lì fuori erano radunate molte delle reclute degli Assassini di Istanbul.
Perché erano fuori e non dentro?
Il suo cuore si fece ancor più pesante.
Perché erano fuori e non dentro, ad aiutare Yusuf?
Ezio mosse qualche passo e le reclute chinarono la testa, nascondendo il viso sotto al proprio cappuccio. Attanagliato dall’angoscia, il Maestro spalancò la porta della libreria e si precipitò dentro.
L’interno era pervaso dal caos: libri sparsi in terra, strappati, piegati, macchiati di sangue. L’incenso era sparso sui tappeti, bucati e anneriti dalle braci. Gli arazzi erano stati ridotti a brandelli, le vetrine erano state frantumate. Numerosi cadaveri delle guardie bizantine giacevano nelle pose più strane, innaturali, con le vesti sfarzose impregnate di un liquido denso, rosso e nero.
L’Assassino compì gli ultimi passi quasi trascinando i piedi e con il fiato corto. Girò l’angolo a rallentatore per poi vederlo
.”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ezio Auditore, Federico Auditore, Yusuf Tazim
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Brothers

Brothers___








Un dì, sio non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de
tuoi gentil anni caduto.

Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni, vv. 1-4





I
minareti delle numerose moschee di Istanbul svettavano, con i loro profili sottili e appuntiti, contro un cielo di colore indefinito. Hagia Sofia era esattamente dove l’aveva lasciata, al centro di una cornice di costruzioni dai tratti orientali, sebbene la città avesse, nel suo complesso, anche qualcosa di occidentale.
D’altra parte Costantinopoli, ora chiamata preferenzialmente Istanbul dai locali, era un luogo posto sulla giuntura tra due continenti: l’Europa e l’Asia.
Ezio non aveva certo tempo da perdere nel rimirare il panorama: il porto era ancora lontano e le parole di Ahmet rimbombavano nella sua testa come un’eco nefasta e minacciosa.
Forse dovrei chiederlo a qualcuno che ne sa di più. Sofia Sartor, conosci questo nome?
Ahmet, dunque, era a conoscenza non solo del fatto che le chiavi della biblioteca di Masyaf fossero cinque, ma anche del coinvolgimento di Sofia, seppur quasi inconsapevole, nella loro ricerca.
Sofia.
Ezio si augurò con tutto il cuore che la giovane libraia veneziana stesse ancora bene.
Prima di partire alla volta della Cappadocia, per liberarsi dell’ultimo dei Paleologi, aveva affidato la ragazza a Yusuf, certo che quest’ultimo avrebbe saputo come vegliare su di lei. Yusuf era un Maestro Assassino, il capo della divisione della Confraternita di Istanbul, non avrebbe potuto fallire…
L’Assassino sospirò, inquieto. Da sotto il cappuccio scoccò un’occhiata nervosa al capitano della nave.
«Quanto manca, ancora?» domandò asciutto.
L’uomo si voltò verso di lui e rispose placido: 
«Non molto, ma se hai fretta puoi sempre ricorrere alle tue abilità acrobatiche per scendere. Sono certo che saprai inventarti un modo altrettanto originale a quello che hai adoperato per salire!»
Il Maestro non rispose, limitandosi ad incrociare le braccia e a puntare lo sguardo davanti a sé; un
onda si infranse contro la fiancata della nave e alcune gocce di acqua salata lo colpirono in pieno viso. Egli non se ne curò.
Magari fosse stato così semplice, cosa mai avrebbe potuto saperne quell’uomo della lotta che da secoli vedeva impegnati Templari e Assassini? Cosa mai ne avrebbe potuto sapere di tutte le persone care alle quali Ezio aveva dovuto dire addio?
No. Il capitano ignorava tutto questo e forse era un bene. Non tutti sono in grado di poter sopportare la verità su quanto la sete di ricchezze, potere e gloria possa far diventare l’uomo la più efferata delle belve.
Spesso Ezio aveva riflettuto sull’equilibrio precario nel quale si trovava il mondo. Un delicato equilibrio di giochi d’astuzia malvagia ed empia fredda razionalità. Ed era per questo che gli Assassini combattevano dalla notte dei tempi: per far sì che l’equilibrio non solo non venisse meno, ma che fosse anche improntato ad un ordine più giusto.
Ma Ezio sapeva che, questa volta, non era solo la Causa degli Assassini a stargli a cuore.
Temeva per la vita di Sofia.
Sofia, la saggezza.
Come aveva già scritto numerose volte a sua sorella Claudia, l’Assassino era certo di aver provato tale sentimento per una donna solo un’altra volta nella vita, tanto tempo addietro. Il periodo durante il quale aveva amato, o meglio nel quale si era illuso di poter amare, Cristina Calfucci sembrava appartenere ad un’altra esistenza.
Esistenza alla quale aveva rinunciato per abbracciare totalmente la Causa degli Assassini, la stessa Causa che avevano fatto propria suo padre Giovanni e suo zio Mario; la stessa Causa per la quale, entrambi, avevano dato la propria vita.
L
Assassino sospirò di nuovo, ora tradendo una certa inquietudine e abbandonando un poco della sua rigidità.
Sarebbe stato decisamente meglio per Ahmet che non avesse torto nemmeno un capello a Sofia, altrimenti Ezio avrebbe versato volentieri il sangue di quel traditore, saziando così la sete della sua lama.
«Eccoci qui, messer Auditore. Sei giunto a Costantin…
» Piri Reis non riuscì a terminare la frase.
Il Maestro era già scomparso nel caos del porto.

Le strade affollate da gente indaffarata, per di più sature di quegli aromi di incensi e spezie, ostacolarono non poco Ezio, il quale aveva ingaggiato una lotta contro il tempo. Tra tutti i suoi nemici, il Tempo era quello che maggiormente irritava il Mentore, poiché non essendo un’entità fisica non sarebbe mai potuto essere sconfitto da nessun’arma, bianca o da fuoco che fosse.
Doveva arrivare alla libreria di Sofia, su al distretto Ovest. Subito, immediatamente.
Solo così avrebbe potuto placare l
orribile presentimento che gli gravava sul cuore come un macigno di granito.
“Ho affidato Sofia a Yusuf. A Yusuf! Non ad un Assassino qualsiasi!” continuava a ripetere mentre correva a perdifiato per gli stretti e colorati vicoletti. Stoffe pregiate e variopinte, finemente drappeggiate, ammantavano uomini e donne che erano per la strada, ma Ezio percepiva tutte quelle tonalità come mere macchie di colore ammassate. Una confusione irritante che lo stava rallentando.
L’oppressione che avvertiva era la stessa che si era già impossessata di lui, trentacinque anni prima, quando, appena diciassettenne, era giunto in Piazza della Signoria e si era visto uccidere sotto gli occhi, senza che potesse fare alcunché per impedirlo, il padre e i suoi due fratelli. L’immagine dei suoi cari che pendevano dalla forca come volgari criminali era rimasta scolpita nella sua memoria; impossibile rimuoverla.
In quella macabra e iniqua congiura, anch’egli era stato designato come vittima della carneficina, ma per una fortuita coincidenza si era salvato e ciò gli aveva permesso di vendicare la sua famiglia.
Vendicare il dolore della sua povera madre, di sua sorella Claudia, vendicare l’onore macchiato di Giovanni, vendicare la giovane e fragile vita del piccolo Petruccio, così barbaramente e ingiustamente spezzata, vendicare la prematura e terribile separazione da suo fratello Federico.
Ezio si fermò di colpo, ansante, in mezzo ad un vicolo. C’era troppa gente. Ci avrebbe messo una vita ad arrivare a destinazione continuando a correre a livello della strada.
La decisione fu rapida: fece scattare la sua lama uncinata e, con un’agilità che andava ben oltre i suoi cinquantadue anni, prese ad arrampicarsi sul muro: i tetti sarebbero stati senza dubbio la via più veloce.
Come sempre.
Ogni volta che Ezio si ritrovava sopraelevato, rimaneva estasiato a guardare il panorama, certo di star godendo di una prospettiva inusuale che solo pochi eletti avevano il privilegio di poter osservare. Ma quel giorno non vi era tempo da perdere: doveva fare presto. Non che ne avesse mai avuto più di tanto a diposizione per portare a termine le sue missioni, tuttavia quella situazione incerta gli aveva messo addosso una strana e indomabile inquietudine, la quale si faceva sempre più pressante ad ogni passo che si lasciava dietro di sé.
Accelerò l
andatura.
Fece appena in tempo a nascondersi che una guardia bizantina, di ronda sulla sommità di un edificio, gli passò davanti. Ezio valutò attentamente se ci potesse essere un qualche modo che gli consentisse di evitare l
uccisione di quelluomo: la prima regola del Credo imponeva di non uccidere se non fosse strettamente necessario. Si guardò intorno, cercando una via di fuga senza che la guardia lo notasse, ma trovandosi in un punto isolato e per giunta molto più in alto rispetto al livello della strada, il Maestro convenne che non avrebbe potuto fare altrimenti.
L
uomo fece dietro-front, tornando verso lAssassino: non ci avrebbe messo molto ad accorgersi della sua presenza. Rapido, Ezio balzò fuori, esponendosi e si avventò sul bizantino, atterrandolo. Fece scattare la sua fidata lama e, con un gesto preciso e pulito, la infilò poco al di sopra dello sterno; il nemico non si rese nemmeno conto di ciò che era accaduto e, mentre Ezio tirava fuori la lama, spirò in silenzio.
«Requiescat in pace.» sussurrò il Mentore, rialzandosi e riprendendo la sua corsa, volteggiando da un tetto allaltro.
Yusuf era stato una brava guida, gli aveva mostrato come muoversi per Istanbul con somma velocità e come sfruttare al meglio tutte le potenzialità ed i vantaggi della lama uncinata; si erano gettati insieme dalla Torre di Galata, compiendo un Salto di Fede come due veri fratelli. E non solo nel Credo.
Durante le esercitazioni al fianco Yusuf, l’Assassino si era sentito quasi esser tornato il ragazzo impegnato nelle scorribande notturne al fianco di Federico. Ah, come gli sembrava lontana quella vita di boriosa ed ingenua gioventù!
È bella la nostra vita, fratello.” aveva detto Federico con solennità, quella volta che si erano inerpicati su per i tetti di Firenze, dopo aver da poco concluso uno scontro con Vieri de’ Pazzi e i suoi uomini.
La migliore.” aveva concordato Ezio. “E speriamo non cambi mai”.
Eppure, mai parole sarebbero state meno vicine alla verità: la vita della famiglia Auditore era stata cambiata per sempre e nel modo più tragico possibile. Dimezzata, umiliata, smembrata e costretta ad un esilio forzato, quella nobile casata era stata vittima di una violenza che aveva necessitato di anni ed anni per essere opportunamente vendicata.
Ezio atterrò su una pergola, aprendo le braccia per ristabilire l’equilibrio ed evitare di cadere. I tetti di Istanbul, chiari e poco spioventi, così diversi da quelli rossi e provvisti di tegole che caratterizzavano la sua amata Firenze, erano diventati il luogo sul quale far scivolare e rivivere i suoi ricordi, mentre egli balzava da una grondaia all’altra.
Sì, nel cordiale e gentile Yusuf aveva trovato davvero un fratello che, in qualche modo, leniva il suo dolore per la mancanza di Federico.
Di quest
ultimo, suo fratello di sangue, non gli era rimasto niente. Nemmeno una tomba sulla quale piangere la sua prematura scomparsa.
Aveva dovuto bruciare i corpi dei suoi cari dando fuoco ad una barca sull’Arno in fretta e furia: c’erano ancora troppi dei suoi nemici nei paraggi, sarebbe stato rischioso esporsi per seppellire degnamente il padre e i fratelli. E come avrebbe potuto rischiare di lasciare le loro salme a marcire in una fossa comune? Come avrebbe potuto lasciarli alla mercé di nemici e animali che avrebbero potuto farne scempio?
No, aveva preferito fare così, rimanendo privo di un luogo di dolore, di una spoglia pietra, di un misero sasso sul quale andarsi a sedere e piangere in pace tutto il suo sconforto.
Ma poi, avrebbe avuto davvero il tempo di andare a piangere sulle loro tombe?
Aveva lasciato Firenze da ormai tanti anni, prima alla volta di Monteriggioni, quindi di Venezia ed infine di Roma. Si era aggirato per l’Italia come un fantasma, eseguendo condanne di morte, sentenziando la fine dei nemici, suoi e dell’Ordine.
Sì, la sua vita era cambiata.
È bella la nostra vita, fratello.” riecheggiò la voce di Federico.
Ezio fece una piccola smorfia addolorata.
Federico, che tu possa per sempre riposare in pace, fratello mio.”

La libreria di Sofia non era molto lontana. L’Assassino si muoveva furtivo, balzando di tetto in tetto, accorciando la distanza senza che il triste presagio lo avesse mai abbandonato.
Si era rassegnato da tempo a veder spezzare la propria vita da un momento all
altro. Non rimpiangeva la sua scelta, aveva abbracciato quella vita con convinzione, ma essendo proprio dellessere umano dubitare, egli non era stato immune alle incertezze.
Ecco perché aveva intrapreso quel viaggio verso la terra dove oriente e occidente si incontrano. Era partito per trovare le sue radici e mettersi sulle tracce di Altaïr Ibn-La’ Ahad, il leggendario Maestro Assassino: egli, nella biblioteca di Masyaf, una volta roccaforte della Confraternita, aveva nascosto grandi segreti appartenenti all’Ordine. Ed Ezio voleva venirne a conoscenza.
La conoscenza sarebbe stata il primo passo verso la consapevolezza.
Purtroppo, anche Ahmet, spinto dalla volontà di prevaricare suo fratello Selim, legittimo erede al trono, si era messo alla ricerca delle chiavi della biblioteca, dopo essersi votato alla causa dei Templari.
Ezio non avrebbe permesso ad Ahmet di vincere. Non dopo tutto quello che aveva fatto e che doveva ancora fare.
Era troppo vicino alla verità per lasciarsela portare via.
Con un ultimo balzo, giunse ai confini di una piccola pergola. Accertatosi che sotto di essa ci fosse un covone di paglia ad accoglierlo, spiccò un Salto di Fede e si ritrovò nuovamente in strada, davanti alla libreria di Sofia.
Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che lì fuori erano radunate molte delle reclute degli Assassini di Istanbul.
Perché erano fuori e non dentro?
Il suo cuore si fece ancor più pesante.
Perché erano fuori e non dentro, ad aiutare Yusuf?
Ezio mosse qualche passo e le reclute chinarono la testa, nascondendo il viso sotto al proprio cappuccio. Attanagliato dall’angoscia, il Maestro spalancò la porta della libreria e si precipitò dentro.
L’interno era pervaso dal caos: libri sparsi in terra, strappati, piegati, macchiati di sangue. L’incenso era sparso sui tappeti, bucati e anneriti dalle braci.
Gli arazzi erano stati ridotti a brandelli, le vetrine erano state frantumate.
Numerosi cadaveri delle guardie bizantine giacevano nelle pose più strane, innaturali, con le vesti sfarzose impregnate di un liquido denso, rosso e nero.
L’Assassino compì gli ultimi passi quasi trascinando i piedi e con il fiato corto. Girò l’angolo a rallentatore per poi vederlo.
Eccolo lì, Yusuf.
Era riverso sulla panca, afflosciato su se stesso e con un pugnale ricurvo piantato nel bel mezzo della schiena.
Ezio deglutì, no, non poteva essere vero. Non poteva crederci, non voleva crederci: ancora una volta era arrivato tardi.
“Yusuf era un Assassino esperto! Era un Maestro Assassino! Come è potuto accadere!” esplose una voce nella sua testa, vibrante di incredulità.
Di Sofia non c’era traccia: i bizantini dovevano averla rapita, pensando bene di usarla come merce di scambio per ottenere la chiave che era stata sottratta all
ultimo dei Paleologi.
«Ahmet…» mormorò, digrignando i denti.
Si avvicinò con cautela alla panca e, preso Yusuf per le spalle, con un gesto fermo ma non brutale, estrasse il pugnale.
Vi era anche infilzato uno stupido biglietto di pergamena ingiallita. Gettò via l’arma sul pavimento con disgusto: non aveva minimamente intenzione di leggere le inutili minacce di Ahmet, anzi, l
aver lasciato quella sorta di avvertimento gli parve un oltraggio, lultima beffa del nemico verso il fratello Assassino morto ed anche verso lo stesso Ezio.
Ahmet osava minacciare gli Assassini? Era quel maledetto e i suoi uomini meschini che avrebbero dovuto temere e sentirsi minacciati.
Adagiò con cautela Yusuf sul ripiano della panca e gli chiuse le palpebre, un gesto che aveva fatto innumerevoli volte, ma che si dimostrava sempre più difficile quando lo si doveva eseguire su una persona cara.
«Ti sei meritato il riposo, fratello. Requiescat in pace.» sussurrò, con il cuore gonfio.
Dietro di lui avvertì uno scalpiccio. Si voltò e vide che tutte le reclute erano entrate a rendere un ultimo omaggio al loro capo.
Ezio diede un’altra occhiata al corpo ormai esanime di Yusuf e si sentì pervadere da una rabbia incontrollabile. Quei maledetti Templari gli avevano ucciso un altro fratello. Poco importava che non fossero fratelli di sangue. Ezio e Yusuf avevano deciso di combattere per la stessa causa, erano fratelli nel pensiero e nella volontà. Fratelli acquisiti, con uno scopo comune e un ideale comune. Quella fratellanza non aveva certo meno valore di quella naturale.
L’Assassino turco lo aveva accolto ad Istanbul con tutti gli onori, aveva combattuto al suo fianco, si era rivelato un sostegno prezioso. Avevano condiviso trionfi e dubbi, avevano lavorato gomito a gomito in nome della Causa.
Yusuf era stato più che un fratello Assassino: aveva dato la sua vita per salvare quella di Sofia. Ed Ezio questo non l’avrebbe mai dimenticato. Come non avrebbe mai dimenticato quanto la Fratellanza fosse importante per lintero Ordine: essa costituiva larma più importante e potente della Confraternita.
Lentamente si rialzò e contemporaneamente si girò verso il suo piccolo uditorio.
«Fratelli, Sorelle! L’intera città si rivolta contro di noi, mentre l’omicida di Yusuf vigila dall’Arsenale, ridendo! Combattete con me e dimostrate cosa significa provocare gli Assassini!» gridò, in preda alla più autentica ira.
Immediatamente dalle reclute si levò un coro di ovazioni di approvazione.
Ahmet non l’avrebbe fatta franca, avrebbe pagato con il sangue quell’affronto. Ora era urgente salvare quella ragazza e proteggere tutte le chiavi della biblioteca dagli avidi artigli dei Templari.
Il sacrificio di Yusuf non sarebbe stato vano e, a tempo debito, avrebbe avuto le giuste esequie, mentre Sofia non sarebbe stato l’ennesimo anello spezzato della catena di affetti di Ezio. Egli doveva sbrigarsi.
Le reclute erano già defluite in strada e l’Assassino si accinse a seguirle. Si mosse con passo sicuro verso la porta, fermandosi solo poco prima di lasciare definitivamente la stanza.
“E adesso scoprirete cosa significa provocare Ezio Auditore da Firenze”.
Anzi… Il Mentore si voltò un’ultima volta verso le spoglie fredde ed immobili del fratello Assassino.
Ezio Auditore da Lalalà.
Egli non riuscì a reprimere un mesto e nostalgico sorriso. Magari sarebbe stato inutile ripeterlo, ma prima che potesse pensarci le parole gli uscirono dalle labbra da sole.
«Yusuf Tazim da Istanbul, riposa in pace, fratello mio








***
Ezio Auditore da Lalalà e tutti gli altri personaggi di Assassin's Creed appartengono alla Ubisoft. Io li ho solo presi in prestito per scrivere una delle mie solite storie inutili, intrecciate e senza senso.
***

Salve a tutti!
Dopo tanti ripensamenti, alla fine ho deciso di pubblicare anch’io qualcosa su Assassin’s Creed. Magari non sarà una trama molto originale, ma ho comunque cercato di dare una mia interpretazione dei sentimenti di Ezio nelle sequenze che vanno dal suo ritorno dalla Cappadocia alla tremenda scoperta. Lo spunto per scrivere la shot mi è venuto dal paragone, che mi è sorto spontaneo, tra la scomparsa di Federico e la scomparsa di Yusuf. Inoltre, considerando la scarsa attenzione che si dedica alla morte di questo personaggio in Revelations (e nel romanzo è ancora peggio), ho voluto rimediare a mio modo.
Ebbene spero che, nonostante la banalità del racconto, qualche buon fratello Assassino o buona sorella Assassina abbia la bontà di lasciarmi un piccolo parere, di qualsiasi genere. Anche le critiche, se costruttive, possono rivelarsi utili.
Ringrazio my brother per l
aiuto ed il supporto che mi ha dato nella stesura della shot; inoltre, ringrazio anticipatamente chiunque leggerà questa semplice storia e mi dirà la sua in merito.

Saluti,
Halley S.C.
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: Halley Silver Comet