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Autore: xRetteMichx    15/02/2012    1 recensioni
"I suoi occhi erano un campo di battaglia. Dietro il colore del miele si intrecciavano la sicurezza di ciò che si vuole dalla vita, la passione, l’amore per ciò che ti fa sentire viva e la determinazione."
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Svoltò l’angolo più in fretta possibile, avvolgendo un lembo della pesante sciarpa di lana che le era scivolato lungo la spalla. Controllò l’orario sul telefono ancora una volta, rallentando il passo quando si accorse di essere ancora in largo anticipo.

Sbuffando l’aria calda si perdeva nel cielo grigio di Londra, dissolvendosi in una nuvoletta bianca. Quand’era piccola, ricordava in quel momento, posava due dita davanti alla bocca fingendo di aspirare per poi buttare fuori l’aria imitando le ragazze e le donne che si atteggiavano con la sigaretta in bocca. Aveva sempre ammesso che quando fumavano avevano un certo fascino, e che anche lei avrebbe voluto possedere quell’aria da “bella e impossibile”. Non aveva mai provato ad avvicinarsi ad una sigaretta però, né tantomeno aveva apprezzato baciare una bocca che sapeva di tabacco e quant’altre schifezze ci fossero dentro quei pochi centimetri cancerogeni.

Perdendosi nei suoi pensieri, come era solita fare in ogni occasione dopotutto, aveva ormai raggiunto l’indirizzo che quel talent scout le aveva scarabocchiato in una grafia disordinata su un foglietto, prima di inforcare gli occhiali da sole e sparire alla chetichella dalla sua vista.

Alzò il viso perdendosi nell’insegna rossa e gialla del Royal Court Teather, fermandosi a contemplarla per diversi minuti. Non fece caso alle decine di persone che entravano, osservando con espressione scettica una ragazza piantata davanti al portone d’ingresso col naso per aria.

Si riscosse solo nel momento in cui qualcuno urtò la sua spalla piuttosto con forza, scosse la testa e fece per girarsi con un “Cafone!” sulla punta della lingua, ma chiunque l’avesse spintonata era sparito velocemente dietro la porta del teatro, l’unica cosa che poté notare fu una mano dalla pelle decisamente chiara che tentava di riordinare i capelli scuri e disordinati dal vento.

Mia fece un respiro profondo e affondando le unghie nella tracolla della borsa si avvicinò alle porte, spingendole ed entrando.


 
****



Aveva iniziato un corso di teatro quasi più per curiosità che per passione. Mia era cosciente che la sua timidezza non avrebbe favorito ad aiutarla a superare i problemi che aveva nel relazionarsi con le persone ed erano stati tanti quelli che avevano spinto a mandarla su quel palco.

Inutile ovviamente dire che era come se fosse stata bendata per 17 interi anni della sua vita.

Recitare era come sdoppiarsi. Fino al momento in cui era nascosta e protetta dal buio delle quinte, o  chiusa in camerino, o ai piedi della scale, Mia sentiva i problemi, le ansie e le preoccupazioni aggrapparsi alle sue spalle con le unghie e con i denti. Se mi rendo ridicola? Rideranno di me? Magari fanno i seri e mi sorridono e poi va a finire che dentro di se pensano che faccio schifo. Sono sicura che non piaccio.

E poi muoveva un passo, respirava, chiudeva gli occhi e ne muoveva un altro. E nel momento che la soglia era stata varcata era come se Mia si spogliasse di ciò che aveva: usciva dal corpo in cui era costretta a vivere tutti i giorni, pungolato continuamente dalle cose che andavano storte nella sua vita e  si scrollava tutto il dolore dalle spalle. C’erano solamente lei e ciò che amava fare.
 
Attorno aveva sempre avuto persone diverse che le dicevano di fare cose diverse vendendogliele come consigli spassionati.

Si ricordava sua nonna commossa alzarsi in piedi ed applaudire, la prima volta che aveva messo piede su un palco per recitare, a 17 anni compiuti. Si ricordava di come ogni volta che la andasse a trovare insisteva per sedersi sul divano chiaro di casa sua per farsi raccontare le lezioni fatte, o i progetti che la compagnia aveva intenzione di mettere in scena.

Era sempre stata fiera della sua nipotina, l’aveva sempre incoraggiata anche solo poggiandole una mano sulla spalla quando sapeva che le parole non sarebbero servite a niente.

Era lei ad averla spronata a mandare il modulo d’iscrizione a quella accademia di recitazione Londinese che Mia ammirava da kilometri di lontananza, sfogliando i depliant e cercando in internet video delle messe in scena della scuola. Non le aveva mai chiesto di ragionare, di pensare se fosse davvero saggio fare una scelta di un futuro così incerto. Le aveva semplicemente sorriso e porto modulo e penna sotto il naso.

Sua nonna rappresentava la fantasia, il sogno, la libertà. Il non interessarsi delle conseguenza o della paura di fare una scelta sbagliata.

Oddio, non che i suoi genitori non l’avessero mai sostenuta o supportata. Erano stati sempre fieri di lei ed emozionati ogni qualvolta assistevano ad un suo spettacolo. Ma non si erano mai mostrati molto entusiasti quando lei aveva annunciato durante una cena, di aver deciso di frequentare l’Accademia di Arte Drammatica.

C’erano stati litigi e discussione, centinaia e centinaia di frasi fatte come “Non puoi basare il tuo futuro e il tuo sostentamento su una cosa frivola come la recitazione” e “pensa a come ti manterrai!” “Con il teatro non si mangia”.

Ma Mia era stata determinata, e pochi mesi dopo aveva preso un aereo seguendo i suoi sogni.
 
Venne distratta dai pensieri quando un assistente in tacchi alti e tallieur chiamò il suo nome. Prese un profondo respiro e si avvicinò al palco, le mani che tremavano e il respiro irregolare, era la sua ora.


 
*
 
 

Era andata bene, dopotutto. Ovviamente non si era aspettata applausi, cori di ovazioni o apprezzamenti. Il regista e la sua assistente dall’aria piuttosto schizzinosa si erano limitati a qualche cenno e ad un “Grazie, il prossimo!”. Mia era scesa dal palco più bianca del solito, quella frase fatta non era mai un buon segno.

Socchiuse gli occhi cercando nel buio della sala di intravedere la sua borsa e il suo cappotto, e poter finalmente rintracciare il suo posto, passò accanto ad un paio di file ed entrò in quella che parve la sua, solo per accorgersi che, dove prima si era seduta lei ad osservare le altre audizioni, ora sedeva una ragazza.

L’unica cosa che mia riuscì a notare a causa della poca luce presente in sala era la pelle chiara, persino più lattea della sua (e Mia dovette ammettere che fosse raro trovare qualcuno che la superasse in quel campo)e una frangetta scomposta di capelli scuri che le ricadeva leggera sul viso.

Mia sospirò, indecisa sul dafarsi. Doveva andare a dirle che si era praticamente seduta sulla manica del suo cappotto? O doveva semplicemente sederglisi accanto e apparire come una persona piuttosto molesta, visto e considerato che la sala era praticamente vuota?

La ragazza sospirò e si avvicinò alla sconosciuta, schiarendosi leggermente la voce. La ragazza sembrava rappresentare la calma fatta a persona, non rileggeva il copione in fretta come altre decine e decine di persone in sala stavano facendo, né ripeteva fra se e se ciò che avrebbe dovuto recitare. Nulla. Stava semplicemente ferma al suo posto, gli occhi persi chissà dove, fissi sulle sue mani pallide che rigiravano fra le dita sottili un anello d’argento. Uno di quelli a fascia alta, completamente liscio, che continuava a catturare in un gioco di specchi la poca luce proveniente dalla scena.

-Ehi scusa?- Mia si avvicinò di qualche altro passo, rivolgendole finalmente la parola.

La ragazza alzò il viso di scatto, fissando lo sguardo ambrato negli occhi verdi della ventunenne. Nell’esatto momento che quelle iridi si intrecciarono con i suoi Mia seppe per la prima volta come rappresentare il concetto di coraggio.

I suoi occhi erano un campo di battaglia. Dietro il colore del miele si intrecciavano la sicurezza di ciò che si vuole dalla vita, la passione, l’amore per ciò che ti fa sentire viva e la determinazione.

-Si?- la sua voce la distolse dal perdersi in quello sguardo magnetico per prestare effettivamente attenzione a ciò che stava succedendo.
-Avevi bisogno?- le chiese.

Mia deglutì –Ecco io..potresti perfavore..?- mia indicò con un cenno del capo il suo cappotto grigio scuro e la borsa in ecopelle ammonticchiati sulla poltrona accanto alla sua.

La ragazza fece scattare lo sguardo dal viso di Mia alla sedia un paio di volte per poi alzarsi di scatto

–Oh? Uh si, certo subito scusami!- scattò in piedi in un secondo, raccogliendo con attenzione gli effetti di mia e porgendoglieli con un sorriso. –Mi spiace ero sovrapensiero-. Si scusò.

Mia sorrise, tranquilla. Si sedette accanto a lei quasi nello stesso momento in cui la ragazza riprese posto.

-Sei stata brava, comunque, ne ho viste poche capaci di non correre giù dal palco piangendo per non essere state acclamate quasi fossero first ladies- ridacchiò.

-Comunque Annie, piacere- la mora le porse una mano, quella sopra il cui medio spiccava la vuota fascetta d’argento.

Mia le sorrise, stringendole la mano timidamente. –Mia, piacere mio-.

Mia si era aspettata silenzi imbarazzanti e sguardi di sottecchi, ma la ragazza che le sedeva accanto sembra a suo agio quasi la conoscesse da sempre. Si scambiarono un paio di parole quando vide la giovane donna davanti a lei voltarsi di scatto verso il tavolo dove sedeva la regia. L’avevano chiamata.

Annie si alzò scostando la frangetta da un lato e inspirando profondamente.

-Augurami buona fortuna- le disse.

Mia le sorrise, catturandole lo sguardo per qualche istante in cui Annie sembrava essersi bloccata su due piedi.

-Non credo ne avrai bisogno- le disse, e abbassò lo sguardo, perdendo il contatto visivo con la giovane, che sistemò il maglioncino nero a righe e si diresse con passo sicuro verso il palco.

Esattamente trentacinque minuti e altri sette tra attori e attrici in erba dopo, erano tutti ammassati nel corridoio che affacciava sui camerini. Mia si era già divertita a spiare dentro le piccole stanze, accendendo un paio di luci e accarezzando con i polpastrelli delle dita il legno dei tavoli posizionati difronte all’enorme specchio. Non voleva sperare troppo lontano, ma dopotutto era una sognatrice, la sua mente lavorava fin troppo, anche se talvolta nella direzione sbagliata.

Annie aveva semplicemente continuato a borbottare fra se e se per diverse decine di minuti. Una volta scesa dal palco si era accasciata sulla sedia con forza, la rabbia che traspariva dal suo sguardo e sembrava voler fulminare ogni cosa esistente in quella stessa sala.

-Due mesi! Due fottuti mesi che preparo questa audizione, due mesi che sputo sangue sopra quel dannato monologo e non mi hanno nemmeno lasciato recitarne le prime battute.

Nemmeno una fottuta vocale!-Annie aveva fatto un’adizione, per quanto estremamente breve, indiscutibilmente strabiliante. Mia era stata stregata dalla quantità di passione e determinazione che scaturivano dalla ragazza, sembrava trasformarsi completamente una volta messo piede sopra il palcoscenico. Peccato che l’avessero malamente fatta smettere a metà di una battuta senza lasciarle la possibilità di recitare ciò su cui aveva duramente lavorato.

Mia aveva davvero sentito il bisogno di confortarla, ma Annie sembrava una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, si era quindi limitata ad affondare ancora di più nella poltrona e rimanere in silenzio.

L’assistente del regista spalancò la porta di uno degli uffici antistanti al corridoio e stacchettò con passo veloce fino ad una bacheca completamente spoglia, se non per qualche puntina colorata sparsa qua e là.

Appese un foglio e si sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchi ocon fare saccente.

-Questa è la lista del casting definitivo. Non scannatevi- disse prima di sparire nuovamente da dove era venuta.

Mia vide la massa di attori fiondarsi contro la bacheca, scorrere freneticamente lo sguardo lungo la lista dei personaggi e quella dei nomi accanto per poi osservare chi esultava abbracciando sconosciuti, chi se ne andava palesemente incazzato o piangendo tragicamente.

Mia non aveva mosso un singolo passo, era rimasta ferma contro lo stipite di uno dei camerini. Appesa a quella bacheca rovinata stava la risposta a mesi e mesi di duro lavoro in accademia, a casa, per strada. Si era detta di non sperarci troppo, nessuno viene preso alla sua prima audizione, sarebbe stato troppo facile.

Chiuse gli occhi, spaventata, quando sentì una mano dalle dita fredde scivolare sul suo braccio ed intrecciarsi con le sue dita tremanti.

Aprì gli occhi per incontrare quelli di Annie che le sorrise rassicurante.

-Forza, vieni con me. Andiamo a vedere-.

Si avvicinarono alla bacheca quando ormi tutta la marmaglia di gente era scemata. Mia non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, ma la ragazza accanto a lei le strinse per pochi secondi la mano ancora allacciata alla sua e Mia prese un sospiro alzando lo sguardo.

Il suo nome non c’era.

Annie al suo fianco soffocò un grido di gioia, il ruolo delle protagonista portava accanto, nero su bianco il suo nome stampato in chiare lettere. Ma quello di Mia non vie era da nessuna parte.

Non voleva piangere, davvero, sapeva che non ve ne era motivo. Ma si, ci aveva sperato, anche se solo con un briciolo di se stessa ci aveva sperato. La giovane permise ad una singola lacrima di scivolarle lungo la guancia arrossata per il freddo, fino a morire lungo la linea morbida del suo collo.

Sentì le braccia di Annie avvolgere la vita delicatamente, quasi spaventate di ferirla ulteriormente, in un sottile tentativo di consolarla.

Mia si lasciò stringere, affondando il viso fra i capelli soffici della ragazza che si, conosceva da poche ore, ma di cui sentiva, a pelle, di potersi fidare.

Non parlarono, non c’era molto da dire. Annie la strinse un’ultima volta prima di lasciarla andare.

-Senti ti… ti andrebbe un caffè? Offro io, magari ti tira su il morale- chiese.

Mia scosse il capo, sospirando. –Non bevo caffè- rispose.

Annie parve rimanerci male, sospirò e si allontanò ulteriormente –Oh beh..mi..mi dispiace non lo sapevo-.

Mia di diede mentalmente della stupida e si affrettò a rettificare la sua risposta secca –Però ecco.. un tea. Quello lo prenderei volentieri-. Mia arrossì e sorrise ad Annie.

Forse il modo di migliorare la giornata c’era.
 
 


*****
 



Annie la portò ad un bar non molto distante dal Royal Court Teather, giusto qualche via più in la. L’insegna recitava “Scene –Cafè” e nel momento in cui Mia ne varcèò la soglia si sentì avvolgere dalla quintessenza del calore. I toni erano caldi e avvolgenti, sui colori del legno scuro e del porpora. Eppure le grandi finestre che davano sulla strada facevano in modo di non dare un’aria cupa all’ambiente.

Le ragazze si sedettero ad un tavolo accanto alla vetrina e nel giro di pochi minuti un ragazzo non molto alto, dai folti ricci neri ingellati all’indietro si presentò davanti a loro. La divisa riprendeva i colori della sala, ma dal colletto era visibile spuntare in papillon viola intenso, annodato ben stretto.

-Salve, io sono Blaine, cosa vi porto?- sorrise ed estrasse un blocchetto per gli appunti.

-Per me un cappuccino, in tazza grande magari- ordinò –E tu..?- Chiese rivolgendosi a Mia.

-Pee me un Earl Gray tea, grazie- rispose la ventunenne.

Non appena Blaine sparì con un ulteriore sorriso Anni si rivolse e Mia, iniziando a tempestarla di domande. Sembrava che si consocessero da anni. Nel giro di pochi minuti Mia aveva scoperto che Annie aveva ventiquattro anni, studiava in una delle più prestigiose accademie di arte Drammatica Londinesi, viveva sola da ben tre anni, aveva un’innata passione per i gatti, gli zombie e la cioccolata. Il suo musical preferito era “Wicked” ne recitava intere scene a memoria e canticchiava le canzoni ogni qualvolta potesse. Recitava da quando aveva quindici anni, e il teatro era l’unica cosa che la faceva sentire viva in ogni singola cellula del suo corpo.

Parlarono entrambe per diverse ora, finchè l’attenzione di Mia fu di nuovo attirata dall’anello presente sulla mando destra della mora.

-Posso chiederti una cosa?- si azzardò a domandare. Annie annuì con un sorriso e Mia continuò.

-Come mai un anello del genere è rimasto vuoto, senza nulla? Solitamente sono quelli che sono fatti per venire incisi?- chiese.

Annie sospirò. –Perché questo anello sono io. Vuoto lui e vuota io. Mi sono importa di non inciderci nulla finchè non troverò qualcosa che davvero significhi qualcosa di importante e fondamentale per me-. Rispose.

Mia sbattè le palpebre un paio di volte e si prese un paio di minuti per assimilare ciò che la ragazza le aveva detto, rendendosi conto della importanza di quelle parole.
Mezzo’ora più tardi e tue tazze vuote dopo, entrambe si trovarono fuori all’aria aperta, nella fredda e umida aria di Londra.

-Beh io..suppongo sia il caso di salutarci ora- Annie sembrava impacciata ed insicura per la prima volta agli occhi di Mia.

La ventunenne si morse un labbro, indecisa sul dafarsi. Non si sarebbe fatta scappare una persona come quella che aveva davanti. Prese coraggio e le rispose fissando lo sguardo nel suo.

-Veramente io… ci terrei tanto a sentire quel monologo su cui ti eri preparata-.

Annie le sorrise, complice e Mia arrossì sotto il suo sguardo.
 


*
 


-Mia ti dai una calmata? Sei più agitata tu, appollaiata su quella poltrona che lei che sarà in scena tra meno di dieci minuti-.

Blaine richiuse il programma lanciando un’occhiataccia di disappunto alla ragazza seduta accanto a lui.

Lui e Mia avevano legato sin dalla seconda volta che Annie l’aveva portata allo “Scene Café”, Blaine aveva sempre insistito per portare loro le ordinazioni, il solito Cappuccino in tazza grande e il solito Earl Gray bollente, talvolta accompagnato da un paio di fette di torta o da un muffin. Inutile dire che né Annie né Mia erano tanto stupide da non aver capito che il ragazzo aveva sviluppato una certa tenerezza nei confronti delle due ventenni, anche se il moro aveva sempre cercato di non darlo a vedere. Ovviamente fino al momento in cui, un pomeriggio come gli altri, Annie e Mia erano entrate mano nella mano e Blaine non aveva potuto fare a meno che andarle in contro con le loro solite ordinazioni e salutarle con un “Non avete idea di quanto siete carine e da quanto aspettavo questo momento”.

E si, a Annie c’erano volute solo un paio di settimane per far cadere Mia completamente tra le sue braccia. Avevano continuato a vedersi praticamente ogni giorno, per una sosta allo Scene, per assistere assieme a qualche musical  o per un giro nel parco, avvolte nei loro cappotti.

Finchè, una sera di qualche mese prima, all’uscita dell’ennesima rappresentazione di “Wicked”, Annie non l’aveva presa per mano, mentre entrambe camminavano sotto il cielo nuvoloso di Londra, intonando le ultime note di “For Good”. La ventiquattrenne si era fermata in mezzo al marciapiede deserto, le aveva sorriso e si era persa nel gioco di verdi che si rincorrevano nelle iridi della più piccola, e si era sporta verso il suo viso, chiudendole le labbra in bacio delicato.

Da quel momento in poi le cose si erano susseguite in fretta, un giorno meraviglioso dopo l’altro. Avevano intrecciato le loro vite insieme in una relazione che per entrambe era sembrata troppo bella per essere vera. Mia teneva segnate in una piccola agenda tutte le date significative, ogni spettacolo che erano andate a vedere assieme, ogni cena fuori casa, la prima volta che avevano fatto l’amore tra le lenzuola profumate dell’appartamento di Annie, ogni singola volta che la ventiquattrenne l’aveva accompagnata ad un provino, la prima volta che aveva ottenuto la parte e Annie aveva festeggiato insieme a lei, la prima volta che si erano dette “ti amo” e persino il giorno in cui Annie le aveva chiesto di andare a vivere con lei, insieme, ogni ora di ogni giorno.

La perfezione era racchiusa tra loro due.

Dal lato opposto della giovane sedeva Harper, la sorella minore di Annie e accanto a lei Cynthia, la made di entrambe. Inutile dire che la loro storia era stata accolta più che benevolmente da entrambe, “Fintanto che la mia bambina è felice, io sono con lei nelle sue scelte” le aveva detto la donna. E Mia non poteva esserne più felice.
La ventunenne si sistemò sulla poltrona in ansia. Mia era stata accanto ad Annie ogni giorno da quando aveva ottenuto l parte, sostenendola quando le prova la facevano tornare a casa distrutta o arrabbiata, sorridendole contenta quando invece Annie si riteneva soddisfatta del lavoro fatto.

Aveva lavorato duramente per mesi e mesi, e ora non aveva dubbi su come sarebbe andata la serata.

Le luci in sala si abbassarono e anni trattenne il respiro, il sipario si schiuse e il volto della persona che amava venne illuminato dalla luce dei faretti, e Mia si lasciò semplicemente trasportare.


 
****
 


-Mia ma stai piangendo?- Blaine gli si fece vicino, avvolgendola in uno stretto abbraccio, nel tentativo di rassicurarla almeno in parte.

-Anderson occhio a dove metti le mani- la voce di Annie appena uscita dalla porta del suo camerino raggiunse le orecchie di Mia che scivolò fuori dalle braccia di Blaine per gettarsi velocemente tra le braccia della sua ragazza.

-Amore calma, sono sudata e sono uno disastro- Annie la strinse forte posandole un bacio sui capelli corvini.

-Non mi interessa, sei sempre bellissima- Mia sepellì il volto nell’incavo del collo della ragazza che stava stringendo, lasciandole un bacio sulla pelle accaldata. –Sei stata a dir poco sensazionale stasera Annie, hai lasciato tutti senza parole e con le lacrime agli occhi. Sono così fiera di te.-

Annie le sorrise, ringraziandola con poche parole commosse. Lei sapeva che quella volta aveva dato tutta se stessa perché sapeva che da qualche parte fra il pubblico in platea, Mia la stava osservando, la stava vivendo e respirando, nell’ambiente in cui Annie diventava sé stessa. Quella sera aveva recitato per lei, per renderla orgogliosa di averla accanto a se.

-Sarei voluta venire a salutarti prima che andassi in scena, ma non mi hanno nemmeno fatto accedere al backstage, mi dispiace- si scusò Mia, ricordando la voce stizzita della bodyguard che continuava a non capire che non era una giornalista, ma solo una morosa molto apprensiva.

-Tranquilla piccola, sarebbe stato un disastro comunque, ho passato un buon quarto d’ora a discutere con la truccatrice- asserì.

Mia inclinò la testa di lato, confusa. –Per quale motivo?- chiese.

Annie ridacchiò e scostò i capelli corvini dal collo, rivelando una porzione di pelle più arrossata del dovuto, che spuntava da sotto il fondotinta ormai sbiadito.

-Perché non c’era modo di coprire questo- spiegò brevemente.

Mia sentì le guance arrossarsi e abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro, mentre gli sguardi della Madre di Annie, Harper e Blaine si fissavano su di lei.

-Scusami, starò più attenta la prossima volta- disse.

Annie la riprese fra le sue braccia, facendo incontrare le loro labbra in bacio soffice, appena accennato. Dopotutto erano in presenza di sua madre, e benché fosse stata la prima ad accogliere Mia in casa come benvenuta, l’imbarazzo per gesti del genere era sempre presente.

-Non devi scusarti, vado fiera di questi segni, lo sai.- la rassicurò la ventiquattrenne.

Mia sorrise e le lasciò un bacio veloce all’angolo delle labbra prima di lasciare che Harper, Blaine e sua madre le facessero i dovuti complimenti.

Il terzetto salutò dopo una decina di minuti, scambiando gli ultimi abbracci con le due ragazze prima di uscire dal backstage e lasciarle da sole.

Annie le sorrise, prendendola per mano e avvicinandola a se, e in pochi istanti le sue labbra trovarono il loro posto su quelle della più giovane. Una mano ancora intrecciata alle dita della compagna, l’altra che sfiorava delicatamente la pelle della sua guancia, mentre la sua bocca si muoveva morbidamente contro quella di Mia, i sospiri che rilasciava di tanto intanto che si infrangevano sulle sue labbra. Mia lasciò che la lingua scivolasse dolcemente nella bocca dell’attrice, sfiorandole il palato per poi intrecciarsi con la sua, trasformando il bacio in qualcosa di più sensuale e profondo.

Un sospiro sfuggì dalle labbra di Annie che fece scivolare entrambe le mani sui fianchi della propria ragazza, interrompendo il bacio. Si soffermò ancora pochi istanti a sfiorare le labbra arrossate di Mia con un ultimo bacio morbido e le sorrise ferina.

-Credo che sia ora di andare a festeggiare come si deve, io e te- le disse, chinando la testa e sfiorandole il collo con le labbra, mordendo piano un lembo di pelle dietro l’orecchio. Mia fremette e annuì, allontanandosi dalla ragazza e intrecciando la mano con la sua, il calore della sua pelle in netto contrasto con il freddo metallo di un anello che le avvolgeva il medio.

Una semplice fascetta bianca su cui ora spiccavano cinque parole: “As long as you’re mine”.
  
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