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Autore: harinezumi    15/02/2012    4 recensioni
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Ma non fu affatto sorpreso, dopo che si fu alzato dalla sedia per pronunciare il suo discorso e una volta riposte le carte sul tavolo quando lo concluse, di vedere che metà sala lo stava fissando a bocca aperta per lo stupore, mentre l'altra metà, quella che aveva assimilato il concetto più in fretta, trasudava intento omicida.
Tra questi, ovviamente, Germania, e, meno ovviamente, Francia (anche se quando si trattava di capire che Inghilterra si ritirava da qualcosa era sempre perspicace in un modo straordinario).
«Tutta quella trafila di prepotenza allo stato puro mascherata da cordialità non starà a significare quello che penso, vero?» domandò alla fine Francia, lento, nel silenzio generale.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Classico
Genere: Comico, Fluff (probabilmente)
Rating: Verde
Parole: 2253 (.odt -non chiedetemi che formato è perché non lo so)
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy); con una piccola dose di: Germania (Ludwig), Italia (Feliciano Vargas), Italia Romano (Lovino Vargas), Prussia (Gilbert Beilschmidt) e varie nazioni di scarsa importanza con l'eccezione di Polonia.
Avvertimenti: One-shot, Shonen-ai
Note (per una volta sono di una qualche importanza):
1. Il titolo si riferisce a questo significato di “classico”, rubato a Wikipedia parola per parola, ed è una scusa per giustificare la mia totale mancanza di originalità → un "classico" della musica leggera, cioè un brano cosiddetto evergreen (lett.: 'sempreverde', cioè sempre attuale, sempre di moda).
2. L'ambientazione è nientemeno che quella recente del dicembre 2011, nel momento in cui in un vertice europeo a Bruxelles il Regno Unito rappresentato dal primo ministro Cameron ha rifiutato l'unione fiscale dell'UE voluta da Germania e Francia, e di conseguenza ha praticamente dato il suo “no” definitivo all'euro. In questa occasione si mormora che il presidente francese Sarkozy se la sia presa talmente con Cameron da rifiutare la sua stretta di mano, anche se è più che altro sono congetture. Noi però sappiamo benissimo che non è così v-v9 (livello frukminchiaggine: 200%). Uno dei tanti video che mostrano l'epico (?) momento è a questo link: http://www.youtube.com/watch?v=Hc_M1oKeRsc
3. Precisazione forse non necessaria, la Francia è stata contraria fino all'ultimo all'entrata del Regno Unito nell'UE.
4. Altra precisazione, Danimarca, Polonia e Ungheria sono alcuni dei paesi che fanno parte dell'UE ma non utilizzano l'euro come moneta corrente.
5. Ritengo giusto dire che nel finale ho voluto fare un chiaro riferimento a una citazione del libro Rumo e i prodigi nell'oscurità. Questa

«Questa è la musica della vita» sentenziò il numero uno.
Ba - bomm!
«Non particolarmente varia…» disse il numero due.

«Però è un classico!» aggiunse il numero tre.
6. Per chi si chiede come mai Prussia faccia parte dell'UE -o meglio, si trovi a questo meeting-, risponderò in maniera semplice e concisa: perché mi andava.


Disclaimer: i personaggi appartengono a mamma Himaruya e io sadicamente li utilizzo per i miei scopi FrUk~


 

 

Questa fic è per Nemeryal, per ripagarla della sua gentilezza e bravura, anche se non c'è nemmeno un po' di RusAme (vedrò di farci qualcosa per la prossima volta) e temo non sia sufficiente. E, ovviamente, per Julia_Urahara.
Spero di non essere andata OOC, in ogni caso mi rimetto al giudizio di chi vorrà darmi la sua opinione ^^ grazie per l'attenzione!


harinezumi


 

 

 


 

 

Classico

 

 

 

Ogni tanto, Inghilterra in Europa si sentiva un po' come l'unica persona intelligente in mezzo a un branco di idioti; ma poche volte la sensazione era stata forte come in quel momento. Si sistemò un bottone del polsino della giacca, con aria imbronciata, mentre si chiedeva se era l'unico in sala riunioni a pensare che Germania fosse un emerito imbecille a snocciolare tutte quelle scemenze senza nemmeno pensarci due volte.

Quando era stata l'ora, Inghilterra aveva trovato mille scuse più che convincenti per non dover rinunciare alla sterlina, che poi si era rivelata la scelta corretta; non capiva quindi come mai adesso l'UE stesse richiedendo a lui in particolare di adottare l'euro in tempi brevi e di approvare quell'assurdo piano economico, proprio ora che era la cosa meno conveniente del mondo da fare. Lasciò comunque la parola agli altri per tutto il tempo necessario durante la riunione, fingendosi distaccato e giocherellando con la penna; un comportamento anche troppo tranquillo, ma visto che almeno in Europa non c'era America e la voce più prevaricante era soprattutto quella di Germania, in effetti era più semplice per lui non andare su tutte le furie e nessuno lo trovava strano. Finché non venne il suo turno, insomma, fu una nazione esemplare, e non lesse nemmeno uno dei porno che teneva nella valigetta.
Ma non fu affatto sorpreso, dopo che si fu alzato dalla sedia per pronunciare il suo discorso e una volta riposte le carte sul tavolo quando lo concluse, di vedere che metà sala lo stava fissando a bocca aperta per lo stupore, mentre l'altra metà, quella che aveva assimilato il concetto più in fretta, trasudava intento omicida.
Tra questi, ovviamente, Germania, e, meno ovviamente, Francia (anche se quando si trattava di capire che Inghilterra si ritirava da qualcosa era sempre perspicace in un modo straordinario).

«Tutta quella trafila di prepotenza allo stato puro mascherata da cordialità non starà a significare quello che penso, vero?» domandò alla fine Francia, lento, nel silenzio generale.

Tu sai pensare? Avrebbe tanto voluto chiedergli Inghilterra, per rispondere al suo velato insulto, ma si limitò a sforzarsi di sorridere, gesto che da parte sua era meno piacevole del rumore delle unghie su una lavagna. «Per il momento, non posso permettere che anche nel mio paese venga adottata una moneta comune» sottolineò infine.
Poi pensò bene di sedersi. La sala era ancora agghiacciata dalla sua decisione, ma alla fine, in un boato, tutti esplosero per dire la loro -o meglio, quasi tutti-, chi gli uni contro gli altri, chi direttamente a lui, che tanto non riusciva ad ascoltare una parola tanto era il caos, cosa che comunque aveva già previsto. Si limitò a stare in silenzio, lo sguardo puntato sul lampadario attorno al quale svolazzava una fatina, sognante.

Danimarca, Polonia e Ungheria formarono in fretta un fronte comune per difendere la decisione di Inghilterra, anche se solo l'ultima pareva avere argomentazioni valide per farlo perché non comprendevano birra e pony; Austria era furibondo ma come al solito non faceva altro che sgridare Germania perché la sua posizione era troppo poco convincente e indulgente, anche se quest'ultimo stava battendo il proprio record nell'alzare la voce; Italia sembrava aver approfittato della confusione per fare una telefonata ad una ragazza e Grecia dormiva da quando aveva preso posto al tavolo; senza contare Spagna, che era in lacrime e cercava conforto riempiendo di muco la camicia di Romano, che invece pareva più intento a chiedere al fratello se per caso la sua ragazza non avesse un'amica a cui possibilmente avessero asportato i dotti lacrimali.

Inghilterra rimase estraniato a lungo, perso in digressioni mentali filosofiche in cui si chiedeva quale fosse il giorno ideale per cominciare la maratona dei film di Harry Potter, ma alla fine nella sua testa comparve un pensiero un tantino più attuale, che non aveva nulla a che fare con la contesa per il primo posto del suo personaggio preferito tra Sirius e Piton. Come sempre, quel pensiero gli provocò un immediato fastidio e, in maniera minore ma sempre presente, una lieve preoccupazione.
Francia.

La persona che aveva più ragioni di tutti a scatenare l'inferno dopo quella sua dichiarazione non aveva aperto bocca, e lo sapeva anche senza il bisogno di controllare. La sua voce aveva il potere di essere così irritante che superava di gran lunga tutte le altre messe insieme, e non l'aveva più sentita dopo che gli aveva rivolto la parola per prima. Fu questo a destarlo dal suo coma, per andare a posare gli occhi sulla postazione della nazione francese.
Lui lo stava fissando in silenzio, probabilmente da tutto quel tempo, con la stessa espressione cupa di quando gli aveva rivolto la prima domanda in reazione al suo discorso. Era uno dei pochi che non si era nemmeno alzato dalla sedia per partecipare in maniera attiva alla confusione generale, sport in cui di solito era imbattibile.

Inghilterra incrociò le braccia al petto, inclinando la testa leggermente da un lato per dare enfasi all'espressione interrogativa che gli rivolse; tanto valeva non spiegarsi con le parole, perché in quel momento non sarebbe stato in grado di farsi sentire sopra tutte le voci nemmeno lui. Francia non mosse un muscolo, nemmeno facciale. Inghilterra si chiese se per caso non avesse seguito il consiglio che Italia gli aveva dato poco prima, sostituendosi con un manichino per andare a provarci con le assistenti.
Quindi, si alzò, annunciando che avrebbe fatto una pausa per il caffè a voce abbastanza alta per essere udito da almeno qualcuna delle nazioni più vicine, ma ovviamente nessuno gli prestò attenzione. Lanciò un'occhiata significativa a Francia, uscendo dalla sala e dirigendosi con uno sbuffo stanco ai distributori automatici in fondo al corridoio e sperando che l'altro, per una volta, l'avesse capito.

Quando si bloccò davanti alla macchina del caffè, però, non fece in tempo a mettersi una mano in tasca per cercare degli spiccioli che vide il disegno dell'euro stampato e attaccato all'altezza dei propri occhi. E lui aveva soltanto qualche penny.

«Sogno questo momento da dieci minuti ed è già successo! Sono un uomo fortunato».

Inghilterra si voltò verso Francia, alle sue spalle, che aveva parlato. Questi gli rivolse un sorriso radioso, con un'aria che faceva a pugni con quella di poco prima. Segno allarmante.
«Sarebbe a dire? Ah, devi prestarmi... quaranta centesimi».
«Devo? Davvero?» Francia rise, ma infilò comunque una mano sotto la giacca, estraendone il portafogli e inserendo un paio di monete dentro la macchina. Il suo dito indugiò per un attimo sul pulsante del caffè corretto, ma al ringhio di Inghilterra corresse la traiettoria per un macchiato.

«A cosa ti riferivi prima?» domandò quest'ultimo infine, alzando gli occhi sull'altro, perplesso.
«Al fatto che prima o poi avrai bisogno di me. Di noi» si corresse velocemente Francia, producendo uno svolazzante gesto con la mano, quasi volesse sottolineare la banalità dell'errore. «Dell'Unione Europea».
«Il caffè lo sappiamo fare anche nell'UK» rispose Inghilterra, alzando gli occhi al cielo e fingendo di non notare la gaffe, prendendo il suo caffè pronto dallo sportellino del distributore. «Comunque mi stanno a cuore le sorti dell'euro, proprio come prima. Ma chiedermi di aderire ora è una follia».
«Chi ha vinto tra Sirius e Piton?»

«Sirius» rispose Inghilterra, senza pensarci e bevendo in quel momento un sorso di caffè, che risputò immediatamente nel bicchiere una volta che si fu reso conto del gioco di Francia. Quando rialzò lo sguardo tossendo su di lui, vide che questi lo squadrava con un sorriso che trasudava vittoria da tutti i pori. Soltanto la boria ingiustificata di America alla fine delle Olimpiadi sarebbe stata più irritante di quell'espressione.
«Angleterre, non è difficile. Basta aprire la bocca e pronunciare le parole “in realtà non me ne frega niente di tutti voi perché preferisco starmene nel mio Splendido Isolamento a piangere tutte le mie lacrime davanti al finale di Harry Potter ”» sospirò Francia, prima che potesse ribattere in alcun modo. «Anche se non capisco cosa ci sia di interessante in una storia dove alle bacchette non viene dato alcun doppiosenso».
«T-tu... perché non mi ascolti mai quando parlo?! Ho spiegato alla nausea che questa che non è la scelta giusta per me, e non lo dico io, lo dicono i miei economisti! Entrambi ce la caviamo benissimo l'uno senza l'altro, semmai preoccupati di Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, razza di idiota!» esplose Inghilterra, anche se contenne il tono di voce a livello umano, tanto per non causare in maniera involontaria l'ennesimo incidente diplomatico franco-inglese.

«Ma la mia domanda è, perché sei entrato nell'Unione se non ti interessava?» continuò Francia, senza ascoltarlo, fingendosi dubbioso. Altrettanto finta fu la sua espressione illuminata un secondo dopo, alla quale seguì altro gracidare che Inghilterra non riuscì a bloccare per tempo: «Mais oui! Ora ricordo... per rompermi le scatole!»
«Ma è... è assurdo!»
«Beh trovami un'altra soluzione, perché io non ci riesco! Cos'è, hai aspettato per caso che mi abituassi alla tua presenza in Europa per decidere di andartene quando ho più bisogno di te?»
«Io non me ne sto andando! Ho solo rifiutato una stupida moneta!»
«Mon Dieu, ancora! Cosa ti costa ammetterlo?! Dillo che vuoi rompere con me!»
«E-eh?! F-Francia... sei impazzito?» balbettò Inghilterra, confuso: stavano ancora parlando dell'euro, vero? Aveva come l'impressione che il discorso fosse cambiato in maniera repentina per dirigersi verso lidi che non intendeva esplorare, o almeno non fuori da un ambiente privato.

«Senza contare che la tua situazione economica fa schifo e io ero pure disposto ad aiutarti nella mia magnanimità!» si rimise in fretta sui binari l'altro, con voce però pericolosamente strozzata.
«Bada a come parli, frog! Tu e il tuo ridicolo sistema bancario fate pietà...»
«Non stavo parlando di banche!!»
«You bloody idiot! Hai appena detto...»
«Lo so cosa ho appena detto!! È-è tutta colpa tua, che mi lasci solo ancora una volta!» strillò Francia, furioso e ormai arrivato al suo “limite di entropia mentale”, come in segreto lo chiamava Inghilterra.

In poche parole, la nazione francese aveva tendenzialmente la lacrima facile -oltre che la schizofrenia nel sangue degna di un'adolescente in sindrome premestruale-, però per esperienza Inghilterra sapeva riconoscere il momento esatto in cui era su punto di mettersi a singhiozzare. In quei momenti sbraitare che non era affatto leale da parte sua serviva soltanto a peggiorare le cose, e la strategia giusta per calmarlo era una soltanto, sebbene a Inghilterra non riuscisse sempre con successo: parlare di fesserie.
Si prese un attimo per calmarsi, approfittando del fatto che il fiume di rabbia dell'altro si era arrestato per dei preziosi secondi, e alla fine sbuffò, distogliendo lo sguardo.

«La... chisc che mi hai fatto ieri era buona».
«... est dit quiche, Angleterre».
«È quello che ho detto io, non gracidare. Sono così impegnato che non riesco mai a prepararmi il pranzo, insomma», e qui Inghilterra ignorò il “Dieu merci” di Francia, «E poi ormai mi sono abituato che sia tu cucinarlo. Uhm. Ecco. Io... non sono sicuro di essere pronto a farne a meno, diciamo così. Perciò trovo che tu stia strillando per niente».

Inghilterra si era guardato bene dal mantenere un contatto visivo mentre pronunciava le parole forse più imbarazzanti della sua vita, ma a quel punto si concesse una sbirciata al volto di Francia. Dal suo sorriso, il livello di entropia mentale doveva essere calato a sufficienza da permettergli di tornare a ragionare come una persona civile. Sempre che ne fosse in grado.

«È di gran lunga la cosa più érotique che tu mi abbia mai detto».
Appunto.

Inghilterra non fece in tempo a sottolineare quanto quel commento lo aveva seccato, perché Francia lo afferrò per il colletto della giacca, baciandolo sulle labbra, con un'intensità sufficiente a fargli venire il capogiro e dimenticare molti dei rimproveri che voleva riversargli addosso.
Sentì il caffè ormai tiepido colargli dentro una manica, perché nella disattenzione aveva inclinato la tazzina e adesso stava gocciolando indisturbato ai loro piedi.
Poco male, fu l'ultimo pensiero coerente che riuscì a produrre, cancellata momentaneamente dalla mente la prospettiva di dover smacchiare la camicia, tanto faceva schifo.

 

*

 

A qualche metro di distanza, indisturbati, Italia e Germania fissavano la scena con aria curiosa il primo, e apparentemente assente il secondo.

«Secondo te... dovremmo dirgli che siamo qui, Germania?» domandò Italia, sollevando lo sguardo verso l'armadio tedesco al suo fianco, armadio che in quel momento stava facendo notevoli sforzi per non far notare il proprio imbarazzo. «Come facciamo per il caffè?»
«C'è...» cominciò Germania in tono debole, dissanguato dalla prospettiva che il buonsenso in Europa -e a guardare America anche nel mondo- era definitivamente scomparso se erano davvero Francia e Inghilterra quelli a baciarsi davanti a loro. «C'è un distributore anche all'entrata del palazzo. Andiamo Italia, marsch».
«Ma voglio vedere come finisce...»
«Lo sai già come finisce, finisce come al solito».

«Lui ama lei, lui tradisce lei, e tra un mese West li deve separare di nuovo con lo spray urticante perché non si cavino gli occhi a vicenda» intervenne Prussia, da dietro le loro spalle, suscitando la risatina di Italia.
«Non particolarmente varia come storia d'amore» borbottò la voce di Romano, spuntando al fianco del fratello.
«Ma è un classico» esclamò Prussia, passandogli un braccio attorno al collo e tirandolo verso di sé con una risata, dirigendosi così verso l'entrata da un corridoio laterale. «Muoviti, West! Vi offro una birra!»

Italia corse a raggiungerli con un gridolino allegro, ma Germania esibì un'espressione affranta prima di seguirli.
«Il meeting è solo in pausa... e sono le dieci del mattino...»

Ognuna di queste osservazioni, ovviamente, si spense all'istante nell'eco della risata di Prussia.





 

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