Nemici naturali.
Vivere
con chi odi non è
il massimo della vita.
Nessuno ci pensa mai,
forse perché nessuno è costretto a vivere con chi
odia e con la parola “odio”
non intendo quel sentimento tipicamente umano che si sviluppa a
contatto con
persone con cui non si ha niente da spartire se non
l’appartenenza alla stessa “razza”,
ma il convivere con il tuo nemico naturale.
Giusto per rendere meglio
il concetto, immaginate di dare un corpo e un volto all’olio
e all’acqua e poi
di metterli nella stessa stanza e capirete cosa intendo.
Grandioso, vero?
Questo è – più o meno –
quello
che sta succedendo da un po’ di tempo e che non avrei mai
pensato potesse accadermi.
Mi chiamo Sunako Nakahara,
ho quindici anni e una vera fobia per le persone belle – da
me chiamate
“splendenti creature” –un amore viscerale
per tutto ciò che è sanguinario,
sanguinolento, spaventoso e connesso al horror e un piccolo –
grande –
problema.
Il mio problema è una
zia adorabilmente
psicopatica che mi ha
letteralmente costretto a vivere con quattro miei nemici naturali
– sì, proprio
quattro splendenti creature – che corrispondono ai nomi di
Takano Kyouhei, Oda
Takenaga, Mori Ranmaru e Yukinojo Toyama.
In parole povere i miei
incubi si sono trasformati in realtà: devo vivere con
quattro splendenti
creature, cucinare per loro, mangiare allo stesso tavolo con loro, fare
loro il
bucato e tutte quelle piccole (grandi) cose che fanno le mamme e in
cambio loro
provano a trasformarmi in una signora.
Mi pare uno scambio equo –
questa è pura ironia – ma mi tocca, in fondo
voglio troppo bene a mia zia per
deluderla e, sempre in fondo, non voglio nemmeno che quei quattro
finiscano in
mezzo a una strada per colpa mia.
L’ultimo pensiero è
decisamente strano – visto e considerato che i primi giorni
di convivenza ho
tentato ripetutamente di farli a pezzi con una mannaia – ma
sapete una cosa?
Esiste una malattia
chiamata “Sindrome di Stoccolma” – che
permette di affezionarti ai tuoi
carnefici, di perdonare loro tutto e addirittura di sentire la loro
mancanza
quando la tortura finisce – e credo di soffrirne.
Insomma, non riesco a
spiegarmi come sia possibile che nel mio piccolo mondo abitato solo da
Hiroshi-kun e da Josephine siano entrati anche loro e a un livello
così
profondo da non sopportare quando stanno male o di darmi da fare per
loro con
gioia, soprattutto per lui.
Il lui in questione è
Kyouhei – la più brillante delle creature con i
suoi occhioni castani da
cucciolo incazzato e i capelli biondi spettinati – che con la
sua fame da
reduce del Sahara mi ha lentamente costretto ad apprezzare il cucinare
per
tutti.
Non dovresti apprezzare
cucinare per i tuoi nemici, è contro le regole!
Eppure…
Eppure quando, per un
periodo, hanno sempre pranzato in un ristorante mi sono sentita ferita
e messa
da parte e quando io e Lui abbiamo fatto pace dopo il nostro peggior
litigio il
perdono è passato attraverso il cibo.
Il cibo avrebbe dovuto
farmi capire fin da subito che con lui non sarebbe come con gli altri
tre e che
l’idea di avvelenarlo non era poi così male. I
primi tempi a togliermi dai
piedi Yuki bastava
un’occhiataccia delle
mie, con Ranmaru si risolveva tutto con le minacce e Takenaga mi
ignorava, solo
Lui mi cercava con i suoi modi da moto teppista per avere i suoi
dannati
gamberi fritti.
Che rabbia!
Vorrei lanciare il
telecomando contro la tv per sfogarmi, ma se lo facessi non potrei
continuare a
vedere il film che stanno trasmettendo e la cosa mi farebbe incazzare
ancora di
più – come in un circolo vizioso – e
finirei per rompere qualche mobile.
Dannata creatura
splendente che non mi lasci in pace nemmeno quando sono in un
meraviglioso
contatto con l’oscurità!
Stringo il telecomando con
forza e chiedo a Josephine cosa fare, lei è una ragazza e sa
cosa si prova e
come uscirne, no?
“Che stai facendo?”
Ero talmente assorta nei
miei pensieri che non l’ho sentito nemmeno entrare, che nervi!
“Non sono fatti tuoi,
vattene!”
Si siede come se non mi
avesse nemmeno sentita, Takano Kyouhei ti odio!
“Sei sempre la solita,
sempre acida e sempre persa a guardare strani film.”
Vorrei assestargli un
pugno, ma come sempre il mio naso minaccia di sanguinare da un momento
all’altro e non riesco a muovermi.
Perché mi paralizzi così,
dannata creatura? Perché non riesco ad ucciderti?
“Bello, però!”
Ignorando la mia faccia
sconvolta, la goccia di sangue che attraversa la mia guancia e le mie
mani strette
a pugno si accomoda meglio sul cuscino e comincia a seguire il film con
evidente interesse.
Conto mentalmente fino a
dieci, invoco Hiroshi-kun e tento di seguire anche io il film, ma
è
impossibile. Non sento le urla disperate della protagonista, non vedo
il sangue
che scorre, tutto ciò che percepisco è il suo
respiro regolare accanto a me e
quel profilo che non riesco a guardare per più di tre
secondi.
Devo stare calma e
ignorare il battito del mio cuore. Devo stare calma e ignorare lui.
Lui non esiste, no, non
esiste.
Stringo le mani fino a
farmi male e mi estraneo in una dimensione dove lo uccido in
trentaquattro modi
diversi e in cui stranamente lui mi bacia ormai ridotto a uno zombie
– bizzarro
che da morto non mi faccia più paura
né soggezione.
Quando torno in me il film
è finito da un pezzo – lo schermo rimanda un
tranquillizzante effetto neve – e
la sveglia accanto al televisore segna le due di notte; se ne
sarà andato?
Mi alzo cautamente in
piedi e mi accorgo di un lieve russare, il mio cervello urla di non
abbassare
lo sguardo quando è troppo tardi: ormai lo sto
già fissando.
Kyouhei si è addormentato
ed è crollato sul cuscino –
come un
bambino che rimane in piedi troppo a lungo la notte di Natale
– stringendosi le
mani intorno al busto.
I battiti del mio cuore
sono assordanti ora, immagino di avere gli occhi fuori dalle orbite e
le mani
strette a pugno come se volessi ucciderlo – un estraneo
potrebbe crederlo e
anche una parte di me lo desidererebbe – ma è solo
una maschera.
La verità è che sono
emozionata – come ogni singola volta che lo vedo –
e non so esternarlo in modo
diverso e forse non l’ho mai voluto uccidere sul serio.
Sospiro e seguo il
contorno del suo naso con lo sguardo, risalgo agli occhi e noto che le
sue
ciglia lunghe sfiorano le guance; ha i capelli sparsi sul cuscino e la
bocca
socchiusa: sembra un bambino.
Sembra indifeso, non
sembra lui.
Lui è quel genere di
ragazzo aggressivo e rumoroso, uno di quelli che non stanno mai zitti e
sono
sempre pronti alle botte – non si contano i posti di lavoro
che ha perso per
quel motivo – non ti aspetteresti di vederlo tenero.
O forse sì e lo rimuovi,
guardandolo bene mi sono ricordata che già
un’altra volta visto così – tenero,
fragile, in balia delle mie parole – e l’avevo
ignorato con conseguenze
disastrose.
Kyouhei questa sera ha la
stessa espressione di quella sera in cui gli ho sputato in faccia che
non
volevo stare vicino a una creatura splendente come lui – pur
essendo
consapevole a qualche livello che lo stavo ferendo nello stesso modo di
sua
madre – e della mattina dopo in cui se ne è andato.
Non scorderò facilmente di
quella mattina: stavamo
camminando verso
la villa dopo una disastrosa serata a casa dei suoi e
lui se n’era uscito con la sparata che
nemmeno io lo volevo nella mia vita e che –
come aveva fatto con la madre – non mi avrebbe importunato
oltre imponendomi
una convivenza formata.
Al momento non avevo
saputo cosa dirgli – avevo solo pensato alla sera prima, lui
mi aveva chiesto
di rimanergli accanto e io ero scappata come una vigliacca accecata
dalla
paranoia – e l’avevo lasciato andare, pentendomene
subito dopo.
Non era stato facile farlo
tornare da noi, non era stato facile seppellire il mio orgoglio da
qualche
parte e capire che lui era più importante del fatto che
fosse una splendente
creatura ed era stato imbarazzante riempirmi di lampadine per
contrastare la
sua luminosità.
Sì, era stato imbarazzante
ed incredibile forzare la mia natura in quel modo, eppure
l’avevo fatto e
grazie a questo e ai maledetti gamberi fritti lui era tornato.
Avrei dovuto capire già da
allora che la sindrome di Stoccolma era arrivata
al suo livello massimo, ma non l’avevo fatto
e forse nemmeno ora voglio farlo.
Continuo a guardarlo e
penso che – nonostante il naso mi stia per sanguinare e io
per svenire – è una
delle meraviglie per cui ogni tanto valga la pena di uscire
dall’oscurità.
E dopo questa massima
smielata posso tranquillamente andare al manicomio e fare compagnia a
chi crede
di essere Napoleone senza provare disagio, il tizio che ronfa
allegramente ai
miei piedi mi ha fottuto il cervello!
Sbuffando, apro l’armadio
e ne estraggo una coperta e gliela butto addosso, di trasportarlo fino
in
camera sua non se ne parla, ma non voglio che muoia assiderato o cose
del
genere.
Ah, che tu sia dannata
sindrome di Stoccolma!
Sto
per allontanarmi da
lui – non riesco a sopportare la sua vicinanza per
più di dieci minuti, per
quanto io mi possa sforzare – quando all’improvviso
una mano mi afferra.
Non mi sarei spaventata
per la mano di una mummia, non mi sarei spaventata per la mano di un
alieno e
non mi sarei spaventata per la mano di un qualsiasi maniaco, ma per la
sua mano
sì.
La mano di Kyouhei stretta
attorno al mio polso mi fa decisamente paura, devo farmi forza per non
svenire
– la splendente creatura mi sta toccando!
Tra noi ora c’è un
silenzio sospeso – carico di qualcosa di indefinibile e che
mi riempie di ansia
– come se qualcosa dovesse succedere.
“C-che vuoi??”
Balbetto piuttosto scossa.
“Si può sapere perché ti
preoccupi tanto per me, se non mi sopporti?”
Che cazzo di domanda fa?
E io cosa gli devo
rispondere.
“Mollami.”
“Rispondimi.”
“Ti ho detto di mollarmi,
razza di splendente creatura!”
“Dio santo, Sunako!
Non ti capisco affatto!”
Si avvolge nella coperta e
mi pianta addosso i suoi occhi scuri, stasera non ha voglia di giocare
e di
fare il coglione e di nuovo penso che non sia lui.
Forse esiste un fondo di
fragilità in tutti noi e ogni tanto è normale che
emerga, forse anche le
splendenti creature ne hanno uno e stasera era destino che scoprissi
quello di
Kyouhei.
“Adesso sei sveglio, puoi
andartene in camera tua, io devo andare a letto.”
Continua a guardarmi e io
mi sento trasparente – nuda – davanti a quelle
iridi scure che non ne vogliono
sapere di smettere di scrutarmi: questa sera non si accontenta delle
scuse,
vuole la verità.
“Kyouhei!”
“Non mi hai risposto.”
Tra di noi cade di nuovo
il silenzio, sento che sto sudando – piccole gocce traditrici
scendono lungo la
mia schiena – e il mio disagio aumenta.
“Non lo fai mai e mi chiedo
perché, anche se non capisco la ragione di questo mio
interesse.
In ogni caso, ora non mi
rispondi come non mi hai risposto quella volta.
Stasera mi hai buttato una
coperta addosso, nonostante tu dica sempre di odiarmi e ogni volta
tenti di
cacciarmi dalla tua stanza: perché?
E perché quella sera mi
hai detto che non mi volevi in stanza e quando me ne sono andato di
casa, poi
mi hai cercato?
E per convincermi ti sei
fatta quell’assurdo costume con le lampadine?
Non capisco mai cosa ti
giri in quella testa piena di cose oscure e di paranoie ed è
frustrante;
innanzitutto perché non me ne dovrebbe importare e poi
perché …non lo so.
È uno sfogo senza senso,
dimenticatelo Sunako.”
Io rimango in silenzio,
non è facile spiegargli che nemmeno io so perché
faccio tutte queste cose e che
nemmeno io ho tutto chiaro in mente.
Dovrei odiarlo – e Dio
solo da quanto l’ho fatto da quando me l’hanno
appioppato come convivente
– ma non
ci riesco.
È un dato di fatto: con
lui mi diverto, riesco a non sentirmi una stramba ragazza votata alle
tenebre
almeno fino a quando non realizzo appieno che lui è uno dei
miei nemici
naturali.
È strano, battibecchiamo e
ci insultiamo tutto il giorno ma quando c’è da
fare qualche cavolata finiamo
per farla insieme che sia cercare teschi su un’isola deserta
o combattere o
guardare film horror.
Lui non ha mai avuto
davvero paura di me, mai, nemmeno i primi giorni.
È strano.
Ci odiamo, ma finiamo
sempre per correre quando uno sta male – innumerevoli le
volte che mi ha
protetto da oggetti che mi stavano cadendo addosso e dalla mia pazzia
– e
soprattutto è incredibile che corra io per lui (il tavolo
per il nabe che gli
ho costruito ne è un esempio).
“Perché ti interessa tanto
il fatto che io ti possa odiare?
Non vuoi trasformarmi in
una vera signora solo per non pagare l’affitto? Che ti
importa di me?”
“Non lo so, forse perché
vivendo insieme a te mi sono affezionato.”
“I ragazzi come te non si
affezionano a quelle come me.”
Lui sbuffa.
“Che cazzate! Come se a me
interessasse fare il bastardo! Lo sai benissimo i problemi che ho avuto
per via
del mio aspetto, mia madre mi ha persino sbattuto fuori casa.”
“Te ne sei andato tu.”
“Non conta! Smettila con
le fisime e vuota il sacco.”
Sono decisamente in
scacco.
“Non lo so, sinceramente
non lo so.
Ti dovrei odiare, ma mi
sono resa conto che finiamo per essere più complici e amici
di quello che
dovrebbe essere e tutto questo non va bene: sto tradendo le tenebre.
Io, Sunako, sto tradendo
le tenebre per una splendente creatura e per quanto provi a fermarmi
non ci
riesco e non so perché.
Forse è perché siamo più
simili di quello che credevo.”
“Perché quella notte mi
hai allontanato allora?”
E il continuo di quella
frase potrebbe essere benissimo: “Non ti sei accorta di
quanto stessi di merda?
Di quanto mi sentissi rifiutato persino da mia madre?” e so
bene quanto gli
costi dirla.
Kyouhei non è il genere di
persona che parli apertamente dei propri sentimenti, bisogna riuscire a
leggerli tra le righe e non è sempre facile.
Perché me ne parli
stasera, eh?
Cosa ti dovrei rispondere?
“Lo sai.”
“No, non lo so o non te lo
chiederei.”
“Io…. Io sono a disagio
stando vicino a persone belle, Kyouhei e, cazzo, quella sera eri
più splendente
creatura del solito!
Pensavo sarei morta in
quella stanza, volevo solo uscire e ritrovare le tenebre, volevo
persino
dormire in strada.”
“Io giuro che non ti
capisco! Perché?
Ti sembra che la mia vita
sia così bella o che tutti mi amino? Faccio schifo persino a
mia madre!”
Non so cosa dirgli – lo
giuro – mi sento come se mi stessi arrampicando sugli specchi
e dovessi cadere
da un momento all’altro.
Qualcuno mi aiuti!
No, non verrà nessuno; la
verità è che non si può scappare per
sempre, nemmeno se ti chiami Sunako
Nakahara e sei una fervente seguace delle tenebre.
“Ti ho rifiutato una volta,
perché continui? Perché insisti?”
“Perché ci sono delle cose
che non mi tornano nel tuo comportamento e voglio capire.
Insomma tu…” Fa una pausa
impercettibile: “Insomma mi interessa e basta!”
Non sono l’unica che mente
e che nasconde qualcosa in questa stanza, ma sono l’unica con
le spalle al muro
e – sebbene
io ansimi e sia più pallida
del solito – questa volta nemmeno uno svenimento sembra
volermi salvare.
“E se ti dicessi qualcosa
in grado di spaventarti più delle mie crisi di nervi?
Qualcosa che non vorresti
sentire?”
Kyohei alza un
sopracciglio, perplesso. Vedo il suo cervellino elaborare una serie di
possibilità –
Spaventose, inquietanti e
perverse? – immagino però che non
arriverà mai alla verità: quella è al
di là
di ogni immaginazione.
“Di’ un po’, non ti
scoperai Hiroshi-kun per caso?”
Sgrano gli occhi più che
sorpresa, sono indignata, furiosa, fuori di me; vorrei ucciderlo e
forse questa
è la volta buona che riesco a levarmelo per sempre dalle
scatole.
Credo che le mie iridi
siano ormai ridotte a
due spilli,
stringo i pugni e penso che a breve lo
torturerò, lo ucciderò,
farò a pezzi il suo cadavere, ci piscerò sopra
ed infine lo brucerò.
“TAKANO KYOUHEi!” urlo con
la mia peggiore voce da psicotica :”SEI UN IDIOTA!
VAAATTENE!”
La creatura splendente mi
guarda scioccata e non accenna a spostarsi, io giuro che stasera lo
faccio a
fette e lo metto sottosale in modo da conservarlo come carne per
l’inverno.
Va bene, infido bastardo!
Visto che non te ne vai me ne vado io!
Lascio
la stanza a grandi
passi, maledicendolo ad alta voce –
non
me ne frega niente che gli altri tre stronzi stiano dormendo, che se
vadano
tutti a fare in culo! – e cerco un posto per far sbollire la
mia rabbia.
Mi dirigo in giardino – è
un posto tranquillo e spero che lui ci sia rimasto così male
da rimanere in
camera a riflettere sulle sue malefatte – e sono
già sullo scalone quando
qualcuno mi afferra per il polso.
Se è Kyouhei giuro, GIURO,
che lo butto giù dalle scale, sono disposta a farmi tutti
gli anni di galera
necessari per pagare questa gigantesca soddisfazione!
È Kyouhei, ma – purtroppo
– la bestia è talmente veloce che mi ritrovo
abbracciata a lui, senza potergli
nemmeno mollare un calcio nelle parti basse.
Io. Giuro. Che. Ti.
Uccido. Prima. O. poi.
“Si può sapere cosa ti
prende?”
“Si può sapere cosa prende
a te?
Prima te ne esci con delle
elucubrazioni assurde e
poi con una
teoria che è completamente perversa, ma cosa ti sei
fumato?”
“Oh, wow! Nel regno delle
tenebre arrivano nuovi termini, vedo!”
“É più facile che arrivino
nuovi termini nel regno delle tenebre che neuroni nel tuo cervello!
Lasciami
Kyouhei, questa storia deve finire adesso: è ridicola!
Noi siamo nemici
naturali!”
“Questo è ridicolo,
Sunako! Questo!
È ridicolo il fatto che tu
escluda le persone per le tue paranoie, le persone ci rimangono male,
sai?
Può anche darsi che…”
Perde sicurezza,
arrossisce e la sua voce diventa più flebile.
Alzo per un attimo lo
sguardo da terra e mi perdo nei suoi occhi scuri, forse non conosco le
persone
e i sentimenti che possono provare, ma so riconoscere quando
c’è in corso una
lotta in qualcuno e in Kyouhei c’è in corso una
lotta galattica.
All’improvviso ho paura –
una paura folle e irrazionale, di quelle che ti paralizzano e non ti
fanno
agire – e vorrei essere altrove.
“Può darsi che io ti
voglia bene, Sunako e non come coinquilina o stramba creatura oscura.
Forse la
splendente creatura si è presa una cotta mostruosa per te,
hai mai pensato che
potesse succedere?
Ora sverrai, ne sono
certo!”
No, non sverrò, Kyouhei e
– credimi – vorrei farlo e cadere
nell’oblio, ma i tuoi occhi me lo
impediscono.
Non posso svenire con due
occhioni scuri puntati nei miei, che mi guardano in attesa di qualcosa.
Due
occhi in cui passano troppe emozioni: paura, dolore, gioia, rabbia,
vergogna e
tanta attesa.
Oh, sì! È tutto nelle mie
mani – come quella sera – posso renderlo felice o
spezzargli il cuore in mille
pezzi.
Il mio cuore batte a
mille,c’è una parte di me che reclama la sua
vendetta – anche le splendenti
creature devono soffrire! – e un’altra che non
riesce ad infliggergli questo
dolore.
So cosa si prova quando
gli altri giocano con i tuoi sentimenti, so che fa schifo e io non
posso
giocare con i suoi per il semplice fatto che quella che ne uscirebbe
distrutta
sarei io.
Potrei negare che mi
piaccia, potrei mentire a me stessa dicendo che di lui non me ne frega
niente,
ma sarebbero tutte bugie ed è arrivato il momento della
verità.
Arriva sempre un momento
in cui devi buttare fuori tutto – metterti a nudo –
accettando i rischi che ne
derivano. Gli esseri umani vorrebbero che la vita proseguisse dritta
– senza
scosse – in un eterno ripetersi di situazioni conosciute e
confortevoli, invece
vivere non è solo questo, i salti nel buio ne sono una
componente fondamentale.
“Non sono svenuta, sono
ancora in piedi Kyouhei.”
“E mi darai una risposta?”
“Pensi che io sia così
priva di cuore?
Non è facile risponderti,
va contro tutte le mie convenzioni! Mi ero giurata che non avrei mai
più avuto
un ragazzo e poi sei arrivato tu e le mie convinzioni si sono erose
lentamente!
Ho provato e riprovato a
buttarti fuori dalla mia vita –
ho
persino tentato di ucciderti! –ma, tu niente! Ci sei rimasto,
ostinato come la
muffa nel presepio!
E più negavo che tu mi
interessassi, più mi avvicinavo a te e ti lasciavo un angolo
delle mie
tenebre!”
“Io ti interesso?”
“Certo! Credi che per
chiunque butterei al cesso la mia dignità mettendomi addosso
delle lampadine,
nemmeno fossi un albero di Natale?
No, ci sei riuscito solo
tu e, dannazione, non doveva succedere!”
“Però è successo.”
La sua affermazione mi
manda totalmente fuori di testa, come fa a stare così calmo?
Lo afferro per le spalle e
comincio a scuoterlo con violenza.
“E credi mi faccia
piacere?
Non dovevo più
innamorarmi, soprattutto di una creatura splendente come te che con il
mio
cuore finirà per giocarci a freccette!”
Non so come – in tutto
questo casino isterico, fatto di urla e frasi senza senso –
le sue labbra
finiscono sulle mie in un semplice bacio a stampo.
Dovrei staccarmi, tirargli
una sberla e poi farlo a pezzi, sacrificando la sua luce alle tenebre;
invece
rimango imbambolata.
“Finalmente ti sei
fermata! Stavo per mettermi a cercare il pulsante per spegnerti!
Ti rendi conto della marea
di stronzate che hai detto?
Non meno di cinque minuti
fa ti ho detto che ti voglio bene – giusto per parafrasarti
– pensi che lo vada
a dire a tutte?”
“Quindi non giocherai a
freccette con il mio cuore?”
“NO!
Dannazione, ti amo, razza
di schizzata paranoide con tendenze alla magia nera e alla
violenza!”
“Tu ami ME? ME?”
“No, Yuki! Scusa ti ho
scambiata per lui!”
Sbuffa esasperato.
“Come fai ad amarmi? Non
ha senso!
È contro ogni logica!
È contro ogni cosa!
È contro….”
Contro cosa sia contro amarlo
non me lo lascia dire, mi chiude la bocca con un bacio che nulla ha a
che fare
con quello di prima. È qualcosa di molto più
passionale, la razionalità è
azzerata, in questo momento che Kyouhei sia un mio nemico naturale non
ha più
nessuna importanza.
Quando ci stacchiamo siamo
entrambi ansanti, ci sarebbero milioni di parole da dire ma a volte
parlare è
inutile, a volte basta un abbraccio per esprimere tutto.
“E tu?”
“Non sono svenuta, non ho
tentato di ucciderti e non sto bestemmiando in lingue sconosciute, cosa
credi
che significhi?
Che… che… Ti amo anche
io.”
Sono una pazza, come ho
potuto dirglielo?
Io ho tradito l’oscurità
innamorandomi di una splendente creatura, come posso vivere?
Come posso tornare nella
mia stanza e presentarmi al cospetto di Hiroshi-kun e Josephine?
Sono una persona indegna,
c’è un solo modo per porre rimedio a questa
situazione ed è lanciarmi dallo
scalone e raggiungere definitivamente le tenebre nella speranza che mi
perdonino.
Può Kyouhei lasciarmi fare
quello che è giusto? Ovviamente no!
Non appena capisce le mie
intenzioni mi afferra per un polso e aggrotta le sopracciglia.
“Cosa pensi di fare?”
“Io ho tradito l’oscurità!
Con che faccia posso presentarmi davanti a Josephine e Hiroshi-kun?
Io devo espiare le mie
colpe!”
Kyouhei sospira.
“Sunako, se sono tuoi
amici vedendoti felice capiranno la tua scelta.”
“E se non succedesse?”
“Allora diventerò un po’
più tenebroso io!”
“Non mi prendere in giro!”
Urlo al limite
dell’isteria.
“Non lo sto facendo, non
mi sfidare Sunako!”
Io sbuffo visibilmente
seccata, vorrei sia ucciderlo che baciarlo: che gran casino!
“Adesso tu te ne vai buona
buona in camera e mi giuri che non farai altre cazzate, domani mi
piacerebbe
ritrovare la mia ragazza non un cadavere.”
“Sono la tua ragazza?”
“No, il mio dugongo.”
Alzo un sopracciglio, la
splendente creatura fa dell’ironia?
Decido di lasciar perdere
e faccio come dice, sono curiosa di sapere cosa combinerà
per diventare più
oscuro.
La
mattina dopo è sabato e
non avendo scuola posso dormire un po’ di più: le
passeggiate notturne con
annesse dichiarazioni d’amore stancano.
Mi sveglio verso le undici
e scendo in cucina, al tavolo è seduta una figura conosciuta
eppure diversa,
una figura con dei bizzarri capelli neri.
“Kyouhei?” Domando
incerta.
Il mio…ragazzo si volta e
mi toglie ogni dubbio: è la spendente creatura! Cosa diavolo
ha fatto?
È impazzito?
Lui si avvicina con la sua
solita nonchalance – rosso come un pomodoro – e mi
dà un bacio sulla fronte, io
non ho la forza di dire nulla.
“Cosa cazzo hai
combinato?” ansimo alla fine.
“Beh, ti avevo detto che
sarei diventato più oscuro, no?”
Non ho cuore di spiegare
alla mia splendente creatura che non è certo tingendosi i
capelli che si
addentrerà nell’oscurità, ma apprezzo
il tentativo.
“Oh, Kyouhei sei un
idiota!”
Sorprendendomi io per
prima mi avvicino per baciarlo e questo è quello che
c’è di più simile a un
miracolo, anche perché è apparentemente senza
ragione.
O forse una ragione c’è ed
è piuttosto semplice.
Nessuno aveva tentato così
tanto di comprendermi, forse – e sottolineo forse –
questa storia avrà un futuro.
Non è detto che i nemici
naturali rimangano tali per sempre, no?
Angolo di Layla.
Non ho molto da dire,la fiction è ambientata dopo la "fine" dell'anime. Ho letto anche il manga online, ma non tutto e ho preferito lasciarlo completamente da parte onde evitare strafalcioni.
Spero di essere risultata coerente.
Non sono molto sicura di aver
tenuto Sunako IC, principalmente per le troppe parolacce che infila nel
racconto, se qualcuno dovesse ritenere che io abbia sconfinato nell'
OOC può tranquillamente segnalarmelo e metterò
anche l'OOC come avvertimento.
Spero vi piaccia e di ricevere qualche recensione.