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Autore: HeavenMayBurn    18/02/2012    0 recensioni
Finalmente le loro posizioni si sarebbero invertite e Jesse avrebbe capito cosa volesse dire tenere parole in fondo alla gola perché si ha paura di pronunciarle o mordersi continuamente le labbra perché non smettono mai di minacciare di uscire.
[Brand New, Taking Back Sunday; Adam Lazzara/Jesse Lacey (Adam Lazzara/John Nolan). Scritta per il COW-T#2 di maridichallenge]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You need me like a bad habit.'
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Disclaimer: I fatti narrati sono completamente di mia invenzione, i personaggi presenti in questa storia sono realmente esistenti ed appartengono a loro stessi, ed io non intendo dare rappresentazione veritiera ne del loro carattere ne della loro sessualità o offenderli in alcun modo. E per finire non guadagno nulla da tutto questo, boohya! \o/

Timeline: Estate 2002.

Conteggio parole: 4.141

Note: Scritta per il COW-T #2 @ maridichallenge con il prompt: adesso e, nonostante sia finito, ho usato un prompt  del p0rn fest #5 @ fanfic_italia: RPF BRAND NEW/RPF TAKING BACK SUNDAY, Adam Lazzara/Jesse Lacey, Convinced there’s a war on. It’s always everybody versus you. (Sympathy for the martyr – Straylight Run)

Terza parte (che in realtà sarebbe la seconda XD), hell yeah. \o/ La verità è che in ogni combinazione, questi tre sono così bbbelli *___* *piange amore* e io non riesco a plottare uno di questi pairing lasciandone fuori un altro. Mi dispiace, ci ho provato ma proprio non funzia, soprattutto quando plotto roba in the early days DD: (no, okay, questa è una cazzata. Anche se decidessi di scrivere qualcosa ambientato ieri pomeriggio avrebbe subtext Jesse/John e Adam/Jesse in ogni dove #ImNotEvenSorry)

Comunque il prossimo giro arriva la Threesome of doom con un po’ di porno e ancora più drama /o/ E dopo averla scritta, potrò spuntare la voce che la riguarda nella mia lista di ‘cose da fare prima di morire’ XD

Titolo da MakeDamnSure dei Taking Back Sunday \o/

 

I just wanna break you down so badly {while I trip over everything you say}

 

Adam prende un piccolo sorso dal suo cocktail, sedendosi sopra ad uno degli amplificatori a lato del palco; ha la sensazione che entro fine serata perderà il conto di quanti ne berrà. Si morde un labbro prima di decidere di finire il fondo del bicchiere con un unico sorso.

Ce la sta mettendo tutta, davvero, ad essere entusiasta di ciò che gli sta succedendo intorno negli ultimi mesi. Ce l’hanno fatta, sono gli headliner di un tour tutto loro, dormono in delle camere d’albergo vere e non più nel bus di Eddie, ogni sera sotto il palo è pieno di decine di ragazzi che sanno le loro canzoni a memoria; finalmente le cose stanno andando per il verso giusto.

Dopo mesi, tutto sembra essere al proprio posto.

Ogni cosa tranne che per un piccolo dettaglio, e la verità è che sono tre anni che ogni suo problema ha sempre lo stesso nome, la stessa faccia e lo stesso sguardo del cazzo, e sembra fare qualsiasi cosa sia in suo potere per rovinargli la vita.

Con un sospiro lancia l’ennesima occhiata in giro, incrociando per qualche istante lo sguardo di John, seduto dall’altra parte della sala, che gli sorride da dietro la chitarra che sta cercando di accordare.

Adam si stiracchia leggermente, resiste alla tentazione di ordinare una birra dal bar, e si dirige verso il camerino.

 

La testa gli gira leggermente quando si china per cercare nel suo borsone il lettore mp3. Con un sospiro si lascia cadere sul divano e, proprio mentre sta per far partire la musica e chiudere gli occhi, sente la porta dietro di se aprirsi lentamente.

John ha due bicchieri di caffè in mano e un piccolo sorriso quando si siede accanto a lui. Adam ne beve un piccolo sorso e spera che caffeina e sigarette siano sufficienti per farlo sopravvivere fino alla fine del tour.

-Avete finito?- domanda appoggiando il bicchiere sul pavimento chiaro.

John alza le spalle e appoggia la schiena contro i cuscini dello schienale. –Abbiamo fatto una pausa. Magari prima della fine del soundcheck potresti degnarci della tua presenza…-

-Io sono il cantante, già mi tocca tutto il lavoro più difficile- mormora storcendo le labbra con una finta smorfia di indignazione –quella merda non mi riguarda.-

John scuote la testa e gli sfiora appena il braccio. –Sarà uno spettacolo grandioso, vedrai- sussurra piano e Adam annuisce con un sorriso perché non potrebbe essere altrimenti, non quando lo sguardo di John brilla in quel modo.

Quando John appoggia la mani sulla cintura dei suoi jeans e la montatura dei suoi occhiali graffia appena il viso di Adam, mentre lo bacia, lui chiude gli occhi e gli circonda le spalle con le braccia, dimenticandosi di tutto il resto del mondo tranne che di lui.

Peccato che il mondo non abbia fatto lo stesso.

 

John si allontana in fretta da lui appena sente bussare alla porta e Adam vorrebbe sembrare sorpreso quando il suo sguardo incrocia quello di Jesse, la maniglia tra le dita e un mezzo sorriso sulle labbra, ma non lo è per nulla.

-Jesse.- mormora tra i denti, facendo di tutto per fargli notare il proprio fastidio e ricevendo uno sguardo di disapprovazione da John.

Jesse non gli risponde nemmeno, si limita a fargli un cenno con la testa. –John, hai un secondo?-

Lui annuisce e Adam sospira, prendendo il bicchiere di caffè in una mano e il proprio pacchetto di sigarette nell’altra.

-Ci vediamo al soundcheck, no?-

Adam scuote la testa mentre si lascia sfuggire un sorriso. Entrambi sanno qual è la risposta a quella domanda.

 

L’aria fuori dal locale è secca e calda quando Adam esce nel piccolo parcheggio, sedendosi su uno dei gradini. Persino il cemento sembra bollire sotto di lui.

Rimane a guardare le macchine parcheggiate, prende un altro sorso del caffè ormai diventato imbevibile e non si accorge nemmeno di essere arrivato al filtro fino a che non sente l’aria condizionata dell’interno soffiargli sulla schiena. Vede Vinnie fermarsi un secondo per rivolgere un ultima parola a Shaun prima che si allontani, e poi si volta di nuovo, frugandosi nelle tasche e cercando nuovamente il proprio accendino.

Vinnie posa una bottiglia di vetro ai suoi piedi e si appoggia alla ringhiera. Adam sente il suo sguardo sulla propria schiena.

-Se me ne offri una, io condivido la birra.- dice sedendosi accanto a lui.

Adam tende le ginocchia per prendere il pacchetto dalla tasca e allunga il braccio nella sua direzione. Vin rimane in silenzio per qualche istante dopo aver aspirato il primo tiro e, quando Adam prende in mano la bottiglia, ormai la birra è calda.

Vin si stiracchia leggermente e lancia uno sguardo al parcheggio. -Prima di sta sera ci vorrebbero una decina di caffè.- mormora trattenendo uno sbadiglio.

Adam annuisce piano lasciando cadere la cenere per terra. –Non avete il soundcheck?- si morde le labbra mentre ascolta le sue stesse parole e si rende conto di star suonando come un grandissimo stronzo. Non ha voglia di perdersi in discorsi sul concerto, sul tempo o su qualunque altra cosa Vin avesse voglia di parlare; era stanco come non si sentiva da mesi e l’unica cosa a cui riesce a pensare è fumare le sue dannate sigarette, fare lo show e tornare in albergo.

Vinnie sorride comunque, prendendo la bottiglia accanto ai suoi piedi e bevendo un sorso prima di parlare. Probabilmente passare mesi in tour con Jesse Lacey ti aiuta a fare l’abitudine a ogni atteggiamento del cazzo, pensa Adam con un mezzo sorriso. –Fra un quarto d’ora dovremmo cominciare, sempre che Jesse e John si sbrighino.-

–John?- Adam alza un sopracciglio, sposta lo sguardo verso di lui ed è in grado di vedere il momento preciso in cui il viso di Vinnie Accardi è attraversato dalla consapevolezza di aver detto più di quel che avrebbe dovuto.

 

-…E immagino che non te lo avesse ancora detto. Amico, questa è una situazione imbarazzante- Vin ridacchia cercando di mascherare il leggero rossore sulle sue guancie, anche se nemmeno lui è completamente sicuro del motivo per cui sia presente.

Nonostante lui e Adam frequentassero da anni le stesse persone, Vin non avesse alcun problema con lui e solitamente facesse amicizia con poca difficoltà, loro due non avevano mai avuto una grande confidenza, principalmente per via di Jesse. Lui era una delle persone che gli era più vicino e si era trovato schierato in una guerra che non gli apparteneva ancor prima di rendersene conto.

Non tutti si chiamano John Nolan e possono permettersi il lusso di rimanere costantemente in mezzo.

Non che lui e Jesse si fossero mai seduti a raccontarsi la storia della loro vita, ma Vin non ne aveva mai avuto bisogno per capire quello che stava succedendo intorno a lui e quanto tutto fosse molto più incasinato di quello che sembrava.

Jesse gli aveva accennato quell’idea solo quella mattina a colazione e, aveva dovuto ammetterlo, era una davvero una figata. John sarebbe salito con loro sul palco per Seventy Times Seven e poi Jesse avrebbe fatto lo stesso con altri ragazzi mentre suonavano There’s No I In Team poteva rendere entrambe le esibizioni memorabili, probabilmente le migliori che avessero fatto fino ad ora. Ma in questo momento si rende conto che non ne valeva la pena, un buon concerto non è una ragione sufficiente per essere trascinato dentro quel casino.

-Jesse ha pensato fosse una bella idea.- continua, arrivando a pochi tiri dal filtro della sua sigaretta. –Sai, fare insieme Seventy Times Seven e suonare con voi There’s No I In Team. Io… non so bene che dire adesso.-

Adam sospira prima di prendere nuovamente in mano la bottiglia e arrivare al fondo in pochi sorsi.

–Grazie per la birra.- mormora mentre si alza in piedi e toglie la polvere dai suoi jeans.

 

John non sembra essere da nessuna parte e Adam ha l’impressione che tutta la nicotina del mondo non servirebbe a calmarlo in quel momento. Più cammina e più sente la rabbia fargli venire piccoli brividi sulle braccia.

Lo trova appoggiato al muro con una birra in mano dopo quelle che le sembrano ore, mentre parla con Mark e ride sommessamente ad una delle sue storie. Non si ferma nemmeno a guardarli.

Chiude la porta del loro camerino e si mette le cuffie nelle orecchie, alzando il volume della musica al massimo.

Sapeva le regole del gioco fin dall’inizio ma, se quando era cominciata pensava che non fosse un problema, che il gioco, che ogni gioco valesse la candela per John, ora le cose erano diventate molto più pesanti di quanto avesse mai potuto immaginare. Perché è già abbastanza difficile vivere con l’ombra di Jesse che si riflette negli occhi di John, senza che ciò succeda anche quando sono in tour.

Non ha nient’altro che questo; John e la band. E’ stata la sua occasione per andarsene dal North Carolina, per creare qualcosa di bello, che non avesse significato solamente per lui. E Jesse stava riuscendo a rovinare entrambi.

 

***

 

-Sicuro sia una buona idea?- gli mormora Vin, sfiorandogli il braccio. Jesse alza un sopracciglio e appoggia il bicchiere sul bancone del bar, praticamente deserto. -Prima ho incrociato Lazzara e mi è scappato, a quanto pare John non lo aveva avvertito. Non ne sembrava entusiasta.-

-Non sono affari miei.- replica Jesse riportando la sua attenzione verso il legno graffiato davanti a lui.

Vin sospira. –Perché, secondo te sono miei? O che voglia farmeli? E’ solo che qui chi ci fa la figura dello stronzo sei tu.-

-Non mi è mai importato che figura potessi farci.-

Vin scuote la testa mentre le sue labbra si piegano in un piccolo sorriso amaro. Quello è sempre stato uno dei suoi problemi, perché Jesse era sempre stato troppo. Troppo sicuro di se per preoccuparsi di quello che pensano gli alti, troppo orgoglioso per chiedere scusa o accettare i consigli; troppo ma non abbastanza per non ritrovarsi sempre a cadere faccia a terra e rompersi tutte le ossa.

–E comunque,- continua Jesse dopo qualche secondo –Io non gli ho puntato una pistola alla testa, ho solo pensato che sarebbe stato divertente. E’ stato John ad accettare.-

-Lo so.-

Jesse rimane in silenzio per un attimo ancora e quando si volta, il sorriso di Vin gli è quasi arrivato agli occhi. –Oh, sta zitto.- mormora tra i denti scendendo dallo sgabello sul quale era seduto, mentre sente anche i muscoli del suo viso rilassarsi un po’.

-E ora dove vai?- gli domanda mentre beve un sorso dal suo bicchiere.

-A fare un giro.- replica camminando verso l’uscita.

-Guarda se la lasci qui, la birra la finisco io.-

Jesse sorride ma non si volta.

 

Comincia a camminare, passa dietro il palco, accanto ai bagni ed esce per qualche secondo nel parcheggio, sperando di riuscire ad incontrare Adam per caso e sentendosi il più grande degli idioti.

Esita per quale secondo davanti alla porta del loro camerino, appoggiando la fronte sulla plastica bianca e non ha alcuna idea di cosa fare.

Probabilmente vuole solo zittire la voce di Vin che nel suo cervello gli sta ancora dicendo di lasciare perdere; perché è John e lui non è pronto a lasciarlo andare ed ha il terrore che non lo sarà mai. Avrà altre occasioni per fare la cosa giusta, è disposto a farlo in qualsiasi altra situazione ma non ora.

Bussa e, dopo aver aspettato qualche secondo in piedi senza ricevere risposta, entra.

 

Adam vede la porta aprirsi con la coda dell’occhio e si alza velocemente in piedi. Il lettore mp3 cade sui cuscini, ma la musica non si ferma.

Jesse fa solo un passo avanti, prima di chiudere la porta dietro di se. Se fino a qualche minuto prima non aveva la minima idea di quello che stava per fare, ora la sola cosa che ha chiara nella mente è che l’unica azione che avrebbe senso ora è girarsi e lasciarsi quel camerino alle sue spalle.

Fa un altro passo verso Adam.

-Cosa vuoi?- domanda lui tra i denti.

-Fare due chicchere prima dell’esibizione. Dopotutto se dovrò salire sul palco con voi…-

-Oh, risparmiamela.- lo interrompe Adam facendo un passo avanti. –Non fare la commedia. Non sono John, con me non funziona. So esattamente chi sei davvero-

Jesse alza un sopracciglio. –Non credo proprio.- 

Adam spinge le mani infondo alla tasca dei jeans, sente il ritmo del suo cuore aumentare e ha l’impressione che in quel momento nei suoi occhi si possa leggere tutto quello che gli sta passando per la testa. Sfodera uno dei suoi migliori sorrisi mentre incontra lo sguardo di Jesse e si avvicina ancora un po’. –Cos’è, sei geloso, Jesse?- il suono della sua voce si piega leggermente quando dalle sue labbra esce una piccola risata. –E’ per questo che fai così? Perché sei geloso di me e di John?-

Per qualche secondo non ha la minima idea di cosa rispondere, mentre un piccolo pensiero gli attraversa la testa e non fa che ripetere che Lazzara in realtà ha ragione. Decide che è arrivato il suo turno di riempire l’aria con una risata finta. –Stiamo parlando di John, non ho bisogno di essere geloso. Le cose erano così prima che arrivassi tu, lo saranno anche quando tu te ne andrai.-  Non sa perché sente la necessità di ribadirlo, di scandire ogni parola chiaramente.

–Non credo. E penso che non ci creda nemmeno tu, altrimenti non saresti così preoccupato.- sulle labbra di Adam torna un piccolo sorriso mentre sente il suo nome uscire dalle labbra. –Jess.-

-Attento, Lazzara- sussurra piano Jesse, fermandogli un polso e stringendolo tra le dita. Adam sente il suo respiro su una guancia. –Se pensi che ti stia incasinando le cose con John, non hai ancora visto nulla.-

-Lasciami andare- gli risponde con lo stesso tono di voce, stringendo gli occhi per il dolore e la rabbia. Jesse continua a fissarlo, ma la realtà è che non ha idea di come siano arrivati a fino a questo punto, di quando o come avessero fatto le cose a sfuggirgli di mano in quel modo, di cosa gli stia succedendo, ma non ha nemmeno il tempo per pensare.

La piccola lampadina sopra lo specchio illumina tutta la stanza, la musica che continua ad uscire dal lettore mp3 di Adam non è che un sottofondo confuso che si percepisce appena, e la tensione nell’aria intorno a loro è così pensante da poter essere tagliata con un coltello.

 

Adam alza l’altro braccio per colpirlo e, quando Jesse para il colpo, gli tira una ginocchiata in pancia. Vede Jesse abbassarsi, tenendosi l’addome con il respiro mozzato, e si morde le labbra rendendosi conto di aver esagerato. –Senti… mi dispiace, io- le parole gli sfuggono dalla gola insieme al fiato, quando Jesse ricambia il colpo e gli da un pugno in pieno stomaco.

 

Adam appoggia un braccio al muro di cemento per rimanere in piedi, incontra per un secondo i suoi occhi azzurri resi ancora più chiari dal colpo appena ricevuto, e non riesce a spiegare nemmeno a se stesso il perché, dopo qualche secondo, le sue labbra si ritrovino contro quelle di Jesse.

Il suo respiro si spezza di nuovo mentre apre la bocca per la sorpresa, ma passa meno di un istante prima che Jesse gli morda appena le labbra ed intrecci le dita nei capelli di Adam, tirandolo verso di se fino a che la sua schiena non sbatte di nuovo contro la porta chiusa.

E’ inutile fermarsi a ragionare, Adam sa che sta facendo una cazzata anche ora che nel suo cervello non sembra esserci nemmeno un pensiero coerente, ma chiude gli occhi e spinge il suo bacino più vicino a quello di Jesse, aggrappandosi alla cintura dei suoi jeans con le mani

 

Quando Jesse deglutisce e sulla lingua ormai c’è il gusto delle sigarette di Adam,  si rende conto di avere perso il controllo. Ma forse, per un attimo, quell’attimo con Lazzara, puo’ permetterso. Magari adesso non conta.

Incontra lo sguardo di Adam per meno di un istante e poi cerca di nuovo le sue labbra, ed è tutto così diverso dai sorrisi ironici e dalle battute dette sottovoce al quale entrambi sono abituati.

Forse perché per una volta non è lui a condurre il gioco oppure perché entrambi hanno cambiato le regole a metà partita e ora non hanno idea di che mossa fare o, più semplicemente, perché se non stanno attenti c’era una piccola possibilità che tutto diventi più reale di quanto già non sia ora, e in quel caso sarebbero fottuti, perderebbero tutti e due.

I baci di Adam sono bruschi e veloci, lui gli gratta appena le labbra con i denti e cerca di avvicinarsi sempre un po’ di più e per un attimo, Jesse desidera Adam come non ha mai desiderato nessuno prima, nemmeno John.

 

Adam sospira contro la pelle del suo collo quando Jesse si muove e gli tira un po’ i capelli.

Prova davvero a cercare qualcosa da dire, di cattivo e acido, qualcosa di simile alle parole che gli rivolge sempre Jesse quando si trova davanti a lui; sa di poterlo colpire perché non lo ha mai visto così. Quello non sembra essere un gioco per Jesse.

Chiude gli occhi quando Jesse mormora il suo nome contro le sue labbra; -Adam- sussurra piano, ma nel silenzio di quella stanza è come urlare. C’erano stati momenti Adam si era ritrovato a pensare che non lo conoscesse nemmeno.

L’unica cosa che avrebbe senso sarebbe quella di pareggiare i conti, fargli sentire il sapore della rabbia e dell’insicurezza che lui aveva dovuto ingoiare in quei tre anni. Le loro posizioni si sarebbero invertite e Jesse avrebbe capito cosa volesse dire tenere parole in fondo alla gola perché si ha paura di pronunciarle o mordersi continuamente le labbra perché non smettono mai di minacciare di uscire.

Gli slaccia la cintura dei jeans e Jesse piega la testa all’indietro, facendo un piccolo rumore quando incontra la porta.

Quando Adam sposta l’elastico dei suoi boxer per infilarci la mano, cerca di convincersi che l’unico motivo per il quale Jesse ora è tutto ciò che vuole, è che è quello che non sarà mai, ne per John, ne per nessun’altro. Almeno avrebbe senso.

Di tutte le cose Adam si aspettava, di sicuro questa non era una di quelle perché, oltre che un bacio umido che è pieno di confusione almeno quanto i pensieri che stanno passando in quel momento nel suo cervello, dalle sue labbra non esce nulla. Poi lo sguardo di Jesse incontra ancora i suoi occhi e forse quello smette di essere un gioco anche per Adam.

 

Jesse lo bacia velocemente sulle labbra, afferrando la stoffa della sua maglietta tra le dita e… come aveva fatto ad incasinarsi tutto in quel modo nel giro di un solo pomeriggio?

Sposta una mano all’indietro e sfiora la maniglia fredda con i polpastrelli per un istante, prima di alzarla di nuovo e afferrare i capelli di Adam. Si conosceva, non avrebbe fatto la cosa giusta nemmeno questa volta.

Jesse spinge il bacino verso di lui e poi Adam gli tappa la bocca con le sue labbra, ingoiando ogni gemito, ogni imprecazione e tutti i pensieri coerenti che gli erano rimasti.

 

Quando lo guarda negli occhi, Jesse è quasi sicuro che la paura, anzi il terrore, che vede nel suo sguardo siano lo specchio di tutto quello che c’è nel proprio. E non ha nessun diritto di fare così, perché è tutta colpa sua. Era stato lui a cominciare, con quel bacio in questo stupido camerino umido pochi minuti prima, portandogli via l’unica persona davvero importante per lui.

Probabilmente Jesse si è meritato di trovarsi in questa situazione, ma la cosa peggiore è capire di essere nella merda e non trovare la forza per riuscire ad uscirne.

-Che cos’era questo, Lazzara?- chiede non appena riesce a recuperare il fiato.

-Io non…- Adam si morde un labbro e fa un passo indietro ma Jesse gli afferra di nuovo il polso, bloccando di nuovo ogni suo movimento. –Non era niente.-

-Stronzate.- ribatte veloce Jesse, aumentando la presa.

-Non. Era. Nulla.- questa volta Adam scandisce lentamente ogni parola, guardandolo negli occhi. –Forse dovresti andare, tu e John dovete suonare o sbaglio?-

 

Lo sguardo di Adam è tornato ad essere uguale a quando era entrato in quella stanza e, per una volta, Jesse pensò che Adam avesse ragione.

Quello non era niente; niente che cambiasse qualcosa almeno.

Jesse annuisce e apre la porta, tornando in fretta nel proprio camerino per prepararsi. Dopotutto deve suonare tra pochi minuti.

 

***

 

Adam è dietro le quinte con una bottiglia di birra in mano mentre John è sul palco. Come aveva previsto, ormai ha perso il conto dei drink che ha bevuto durante quella serata. Passa tutta la durata della canzone a guardarlo, aspettando che il suo sguardo incontri quello di John e trattenendo la delusione quando questo non accadeva.

Quando la canzone finisce, Jesse gli passa accanto senza nemmeno guardarlo in faccia e John gli sfiora il braccio di Adam, rubandogli un sorso di birra mentre tutti loro aspettano che gli strumenti vengano posizionati.

Adam sente la nausea salirgli in gola.

 

La testa gli gira leggermente quando sale sul palco. Passa tutto il tempo della loro esibizione aspettando il momento in cui Jesse gli avrebbe raggiunti, non sapendo se preferisse che non arrivasse mai o non vedesse l’ora che succedesse, così da potersene anche dimenticare, come il resto di quella giornata.

Shaun regola il basso e Adam prende in mano il microfono, facendo un passo in avanti e vedendo Jesse con la coda dell’occhio appoggiare il proprio bicchiere per terra e raggiungerli.

-Se il vostro migliore amico o uno dei vostri migliori amici vi ha mai lasciato,- comincia mentre John lancia a Jesse un piccolo sorriso, sistemandosi meglio la tracolla della chitarra sulla spalla. –Voglio che voi andiate a casa e gli diciate cosa cazzo si sono persi!-

Adam sente la rabbia correre dentro di se con la stessa velocità in cui quelle parole lasciavano la sua bocca. Perché Jesse se ne era andato e adesso non aveva alcun diritto di reclamare qualcosa che in passato poteva avere e non si era mai deciso ad afferrare, e che Adam avrebbe fatto il possibile per far si che non gli appartenesse mai in futuro.

Quel pomeriggio non era successo nulla; niente che valesse la pena di ricordare, almeno. Non aveva idea di cosa fosse stato, ma era piuttosto certo di quello che non poteva essere: qualcosa che non andava oltre quel momento. Domani avrebbero ripreso il bus, ripartendo verso un altro stato e tutto questo sarebbe rimasto chiuso tra le porte di quel camerino umido.

John alza un sopracciglio nella sua direzione ma la musica parte ed è tutto subito dimenticato.

 

Gli piacerebbe dare la colpa all’alcol, ma in realtà probabilmente sarebbe successo anche se fosse stato completamente sobrio.

La musica risuona nelle sue orecchie, i ragazzi davanti a loro urlano le parole di una canzone che hanno imparato a memoria, Jesse continua a saltare mentre grida nel microfono e quelle poche volte che Adam riesce a trovare lo sguardo di John, è sempre posato su di lui.

Non sa perché ma è come se fossero di nuovo in quel camerino; Jesse Lacey è l’unica persona che riesce a fargli perdere il controllo in quel modo.

Gli da una spallata, digrignando i denti per la rabbia ed interrompendo la canzone. Jesse non lo guarda nemmeno, un mezzo sorriso gli piega le labbra e gli distorce la voce quando si avvicina a John.

-If we go down, we go down together!- urla indicandolo e, Dio, sembra che su quel palco ci siano solo loro due. Non importa quanto Adam possa sgolarsi, cantando le parole di una canzone che non sente nemmeno sua, John non l’avrebbe mai notato. Non con Jesse su quel palco con lui.

Quando poi i ragazzi del pubblico salgono sul palco, lo sguardo di Adam non riesce nemmeno più a raggiungerlo. 

-Best friends,- canta nel microfono quando ormai la musica comincia a sfumare. –Best friends, best friends… Ex lovers!-

 

Le luci si riaccendono e Adam comincia a camminare verso il camerino, notando John dietro di se, distante solo pochi passi. Appena entra si lascia cadere sul divano e John chiude la porta.

-Si puo’ sapere che ti è preso la fuori?-

Adam prova ad accendersi sigaretta, maledicendo il suo accendino che sembra aver deciso di non funzionare. –Non hai visto Jesse? Il suo atteggiamento del cazzo?-

John socchiude gli occhi. –E questa ti sembra una buona ragione per dire che… Cazzo, Adam! Lui stava solamente facendo lo show!-

-Vado fuori a cercare qualcuno che abbia da accendere.- dice tenendo la sigaretta tra le labbra.

-E questa discussione finisce così per te?-

-No, io…- Adam si avvicina, lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra. –Ne parliamo quando torno, okay? Tu non andare via.- John non risponde e Adam lo bacia di nuovo, scostandogli gli occhiali dal viso.

-Ti aspetto di la con i ragazzi, va bene?- mormora alla fine con un sospiro e Adam sorride.

 

Jesse è seduto al bar quando vede Adam passare. Lo osserva per un istante con la coda dell’occhio per poi bere qualche sorso del cocktail che era rimasto nel suo bicchiere.

-Che è successo poi oggi pomeriggio, quando sei sparito?- domanda Vin piano, prendendo una nocciolina dal piatto posato al centro del balcone.

Jesse si morde un labbro e poi scuote la testa. –Niente.-




Note: Allora, il concerto di cui parlo in questa parte si è svolto durante il tour Taking Back Sunday/Brand New/Rufio/Last Chance Diaries nell’estate del 2002. Per la precisione dello show di Boulder, in Colorado.

Della storia che c’è dietro Seventy Times 7 e There’s no I in Team ho già parlato qui; comunque questo è il testo di Seventy Times 7 e questo quello di There’s No I in Team.

Qui potete vedere la bellezza di John che suona con i Brand New Seventy Times Seven e soprattutto qui Jesse è sul palco con i Taking Back Sunday mentre suonano There’s No I in Team. Non c’è molto da dire, potete vedere tutta la bellezza da soli *___* Mi manca tutto l’UST e il drama dei vecchi tempi, ecco ;____;

 

 

   
 
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