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Autore: ValeEchelon    18/02/2012    2 recensioni
" Cosa stava succedendo?
Il rombo della moto cessò improvvisamente.
Il suo casco cadde sull’asfalto, si spaccò a metà rotolando su se stesso.
Rumore di corpi inermi.
Liquido caldo come fuoco su quella superficie ruvida e fredda come ghiaccio: sangue.
Una pozza scura che si andava allargando sotto la sua testa. "
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2~ So far away..

( Si consiglia la lettura con l'omonima canzone degli Avenged Sevenfold ;) Spero vi piaccia il capitolo!!) 

La pioggia sull’asfalto color della pece lasciava uno strato viscido e unto, riflettendo le luci delle auto che scivolavano cautamente e mettendo a dura prova gli pneumatici lisci che slittavano ad ogni curva.
Il silenzio disumano che regnava in quell’angolo di mondo troppo caotico era balsamo per le sue orecchie, così abituate a frastuoni assordanti e ochette urlanti che cercavano di accalappiarsi la sua attenzione lanciando gridolini eccitati accompagnati da strizzate d’occhio rigorosamente accompagnate da battiti di ciglia degne di Marilyn Monroe.
I suoi pensieri erano finalmente liberi di andare, di pascolare, di smarrirsi, perdersi in quegli spazi troppo grandi e così allo stesso tempo piccoli.
Il suo cuore era in sincrono ai giri del motore, al vento che soffiava e alla pioggia che iniziava a cadere, leggera, sferzandogli il viso coperto in parte da una sciarpa blu che profumava di lei, quella sciarpa morbida che tanto gli ricordava e che lo accarezzava teneramente come se, in realtà, fossero le sue dita sottili a farlo e non del semplice cotone.
Si strinse nel cappotto mentre imboccava una curva ingranando la marcia, spingendo la moto al limite e facendola ruggire.
La libido cresceva di minuto in minuto dentro di lui: la voglia di sentirla accanto superava qualsiasi cosa, era più forte di tutto.
La voglia di accarezzare la sua pelle, di sentirla bruciare al tocco delle sue dita ruvide, di sentire il suo respiro dolce sul collo, di vederle quel sorriso delicato stampato sulle labbra sottili e accoglienti: non aspettava altro.
Mancava poco ormai, una decina di minuti al massimo e sarebbe arrivato a destinazione, avrebbe fatto la sua esibizione con Antoine, avrebbe ballato per un po’ con le fan e poi si sarebbe ritirato in un angolo buio con lei, facendo attenzione a non farsi notare, alimentando la loro voglia di farsi vedere, di gridare al mondo il loro amore.
Aveva finalmente messo l’anima in pace, si era placata in lui quella voglia di cambiamento e si era insediata, invece, quella di stabilità: aveva voglia di costruirsi una vita vera, magari una routine, chissà.
Aveva voglia di parlarne con tutti, specie col fratello, ma qualcosa lo bloccava.
Aveva voglia di dirgli tutto quello che provava, tutto quello che sentiva.
Voleva condividere con lui queste nuove sensazioni, queste nuove emozioni, questa novità che sembrava affascinarlo ogni giorno di più, costringendolo a sperare in qualcosa di assolutamente sconosciuto per lui.
Aveva trovato qualcosa per cui valesse la pena aspettare, vivere ogni singolo giorno, una persona con cui sognare e fare progetti, con la quale programmarsi la vita.
Non si pentiva di nulla se non di aver aperto gli occhi troppo tardi, di aver sprecato giorni su giorni senza averla al suo fianco, però ora tutto questo aveva un senso e la vita sembrava più lunga, bella e promettente che mai.
L’asfalto correva ruvido sotto le ruote della sua Ducati Monster che sfrecciava per le strade di una buia Los Angeles coperta da un cielo plumbeo che prometteva una notte infernale in quella che doveva essere l’ultima notte di gennaio duemiladodici, notte fatta di alcool e musica alta;
Si guardò un po’ intorno ma le strade erano completamente deserte: forse era arrivato il momento giusto di mettere alla prova la Monster, di lanciarla, di farla arrivare al massimo.
Quanto poteva essere bella la sensazione di sentire l’aria schiaffeggiarti il viso caldo nascosto dal casco, quanto poteva essere rilassante lasciare andare l’acceleratore al massimo e non curarsi di scansare o prestare attenzione alle macchine?
Era un’occasione troppo ghiotta da lasciare andare per uno che, come lui, amava le moto e le macchine d’alto livello, che amava gioiellini di prestigiose case automobilistiche come se fossero divinità vere e proprie.
Se c’era un altro grande amore per lui, oltre la musica e quella nuova bellissima arrivata, era la sua Ducati.
Shannon ingranò la quinta e proseguì per la Holliwood Blvd, cercando quella stradina che doveva portarlo al locale dove fra qualche minuto la serata avrebbe avuto inizio.
Ancora silenzio in giro, ancora calma, tranquillità, solitudine.
Non amava molto la desolazione, preferiva il caos e la compagnia, ma questa era un’occasione perfetta per assaporarsi per bene il ruggito della sua grande amata, per gustarla fino all’ultimo ringhio, fino all’ultimo sbuffo. Le ruote aderivano completamente all’asfalto per l’attrito, conferendogli una stabilità e una sicurezza che solo una Ducati sapeva assicurare.
I giri nel motore aumentavano, la velocità era aiutata dalla strada lievemente in discesa e dal vento che soffiava tranquillo sull’oceano: ora come ora, fermarsi sarebbe stata un’impresa degna di un titano.
Ma improvvisamente una luce.
Un bagliore.
Un flash accecante.
Un tuono ruppe il silenzio.
Un fulmine illuminò il cielo.
Cosa stava succedendo?
La pioggia iniziò a scendere, silenziosa, sui tetti delle case, riversandosi sull’asfalto.
C’era silenzio, fuori.
C’era un silenzio disumano, sconfinato, ma improvvisamente si sentì rumore.
Le ruote stridettero terribilmente sull’asfalto bagnato, scivolando.
I freni erano al massimo, cercavano invano di fermare quelle ruote che giravano troppo veloci.
Vetri infranti.
Rumori metallici.
Corpi inermi.
Cosa stava succedendo?
Il rombo della moto cessò improvvisamente.
Il suo casco cadde sull’asfalto, si spaccò a metà rotolando su se stesso.
Rumore di corpi inermi.
Liquido caldo come fuoco su quella superficie ruvida e fredda come ghiaccio: sangue.
Una pozza scura che si andava allargando sotto la sua testa.
Gli occhi improvvisamente bianchi come marmo.
Le mani fredde.
Il respiro corto.
Di nuovo silenzio.
Troppo silenzio.
Un silenzio urtante, carico di dolore.
Un silenzio premonitore.
Shannon faticava a respirare, aveva i polmoni schiacciati dal grande e voluminoso serbatoio della Ducati.
Lo sguardo si andava annebbiando, lasciando posto ad una visione sfocata e indefinita.
Le mani si stavano ghiacciando, abbandonando il corpo, diventando estranee.
La testa pulsava violentemente, le tempie esplodevano, il cervello pressava sul cranio come se ci stesse stretto.
Tutto era così.. buio.
Le orecchie cominciarono a fischiargli lacerandogli i timpani, il cuore cominciò a battere così forte da urtare la gabbia toracica e rompere le costole.
Sentiva il sangue scorrere via, fluire sul viso, sulle palpebre; lo sentiva colargli sulla nuca, sulla testa, lo sentiva pulsare nelle tempie, inesorabile, continuo.
 In un attimo la vista lo abbandonò, seguita a ruota da tutti gli altri sensi, lasciando quel corpo inerme sdraiato sull’asfalto freddo, livido e fermo.
Una serie di ricordi, di momenti ed eventi, si proiettò prima nella sua mente, poi nei suoi occhi, come una pellicola cinematografica il cui protagonista era proprio lui.
Concerti, matrimoni, compleanni, donne, uomini, bambini, posti, luoghi, cieli, mari, alberi, montagne, paesaggi e canzoni scorrevano lentamente davanti a lui, ricordandogli la sua esistenza, la sua infanzia, la sua adolescenza.
Sua madre, suo padre, suo fratello..
E ancora, i fratellastri, la sorellastra, l’odio per il padre e l’amore sconfinato per la madre, la voglia di affetto, di tenerezza, di amore.
Gli abbracci, i baci, le carezze, tutte le effusioni che aveva scambiato con lei, tutto l’amore che le aveva dato e che le doveva ancora dare.
Tutto sembrava finto, gli sembrava di vedere qualcun altro al suo posto, un altro che si sarebbe preso i suoi affetti, i suoi amori, le sue usanze e la sua routine.
Si malediceva per gli errori, gioiva per i successi.
La vita lo stava abbandonando, lentamente, in silenzio, senza che lui se ne accorgesse.
Stava spirando così, da solo, senza la sua famiglia, senza nessuno.

   
 
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