Ecco l'ultima parte di "Sugisaru mono o". Siccome Ochika e Seijuro avevano già parlato, non potevo lasciar tacere il buon Hannya (che è un personaggio che apprezzo molto).
L'ULTIMO RIMPIANTO
Ho già parlato altrove della mia esistenza.
O meglio, ho narrato di quella parte della mia vita vissuta da
guerriero.
Pochissimi, sanno però che, oltre ad amare la battaglia,
nella mia breve permanenza su questa terra, ho provato anche altri
sentimenti, ben diversi, e non meno profondi.
Non aver saputo dargli il giusto valore, è stato il mio
unico rimpianto.
Quando conobbi Ochika, ero ancora un bambino, inesperto ed
ignaro del mio futuro. Quella ragazza, sebbene mia coetanea, mi
sembrava così adulta.
Era già un'esperta ninja quando io cominciai il mio allenamento
con Aoshi-sama, ma non mi trattava assolutamente da principiante,
anzi, fu tra le prime persone con cui legai.
Divenimmo amici fraterni, dividendo, per anni gioie e dolori
della nostra comune vita.
Io non avevo nessuno al di fuori degli Oniwabanshu e, adesso,
non sentivo più la mancanza della mia famiglia. La mia
esistenza era tutta li, in quel castello dalle enormi stanze,
che consideravo come casa mia e che, ben presto, imparai a conoscere
benissimo.
Ero affezionato a tutti i miei compagni, specialmente a due persone.
Aoshi-sama fu il primo e l'unico essere umano cui andava la mia
sconfinata ammirazione. Era bello, fortissimo, gentile con chiunque,
e molto abile. Il giorno in cui divenne il nostro okashira mi
sentii orgoglioso di essere suo allievo.
Ma il grande affetto che sentivo per Aoshi-sama, era ben diverso
da quello che invece provava il mio cuore per Ochika.
Lei era, tra gli Oniwabanshu, la prima persona che mi era divenuta
amica. Era la mia confidente, colei cui raccontavo tutto di me.
Con Ochika condivisi tutto, per i mesi e gli anni che passammo
al castello. La nostra crescita, le prime avvisaglie dell'adolescenza,
i cambiamenti del nostro corpo, ci accompagnarono gradualmente.
Quanto era grande l'affetto che ci univa….qualcosa che superava
l'amicizia fraterna, sicuramente, ma non ancora pronto per trasformarsi
in altro.
Il desiderio di possesso fisico non ci sfiorava neppure. Ci capitò
spesso di dormire insieme, senza alcuna malizia, ma beandoci del
calore reciproco che ci scambiavamo.
Chissà, come sarebbero andati gli eventi se, proprio
in quel periodo, il Giappone non si fosse trovato in un grave
momento di crisi.
Il governo stava per cadere e con lui, se fosse successo, anche
gli Oniwabanshu avrebbero visto la loro fine.
Aoshi-sama era sempre più preoccupato. Con tutta probabilità
era convinto che, se fosse accaduto l'irreparabile, tutti noi
lo avremmo abbandonato.
Ma non era così. Io non lo avrei mai fatto. Come potevo?
Lui era il mio amato Okashira, l'uomo per il quale avrei sacrificato
la mia vita senza esitazione. Dovevo fare qualcosa. E lo feci,
infatti.
Sacrificai il mio volto per donare a lui la mia intera esistenza.
Era una cosa che gli dovevo. Aoshi-sama mi aveva raccolto, mi
aveva donato una nuova vita, ed io non volevo per nulla al mondo
apparirgli come un ingrato.
Da quel giorno divenni Hannya, lasciandomi alle spalle il mio
vecchio nome: Owaru, che mai più
sentii pronunciare da alcuno…tranne che da una sola persona.
Quella alla quale il mio gesto aveva arrecato dolore.
Povera Ochika, per tanto tempo non riuscì a spiegarsi le
cause del mio gesto, ma mi rimase vicino, curandomi le terribili
ferite che mi ero procurato.
Il giorno in cui avevo deciso di sfregiarmi, sapevo che lei non
avrebbe approvato, ma il desiderio di rendere felice Aoshi-sama,
mi aveva fatto dimenticare tutto il resto.
Ora, però, sentivo che qualcosa era cambiato.
I miei sentimenti combattevano per le due persone cui più
tenevo. Non sapevo davvero che fare. Anche se Ochika mi aveva
perdonato, e continuava a starmi vicino come prima, io non avevo
mai dimenticato le sue lacrime, mentre stava al mio capezzale
per ore.
Forse il mio cuore sentiva che lei era ben più che una
sorella.
Forse l'amavo, ma ero troppo giovane per capire davvero cosa stava
realmente succedendo.
E non ebbi neanche il tempo per fare nulla, perché lei
fu costretta a partire per Kyoto, nella nostra base laggiù.
Ci rivedemmo solo dopo molti anni, quando portammo la piccola
Misao all'Aoiya, con l'intenzione di lasciarla li, alle cure di
Okina.
Erano trascorsi tre anni, dal quando l'avevo vista lasciare il
castello, ma avevo pensato spesso a lei.
Ora, finalmente l'avrei rivista.
E difatti, me la trovai davanti proprio al nostro arrivo, poiché
fu lei ad aprirci la porta.
Dio, se era bella. Lo era in un modo sconvolgente. Ed era di fronte
a me. Ochika, che con la sua dolce voce ci dava il benvenuto.
In quel momento, tutto quello che non era tornato alla mentre
in tre anni, si era materializzato.
Purtroppo sapevo che il nostro soggiorno a Kyoto sarebbe stato
breve.
Così breve che, appena dopo una settimana Aoshi-sama decise
di partire.
Stavamo per andare via, lasciandoci alle spalle tutto quanto,
pronti ad inseguire il nostro desiderio di battaglia. Per nessuna
ragione avrei mai lasciato Aoshi-sama…ma una voce nascosta
mi sussurrava che, forse, stavo sbagliando. Se il mio destino
era di seguire il mio Okashira, perché negli oscuri meandri
dei miei pensieri, qualcosa mi portava verso di lei? Ochika, per
anni mia confidente, mia sorella, più che amica e, nel
segreto del mio cuore, mancata amante?
Sapevo che dovevo partire, ma dovevo vederla prima….
Lo feci, infatti. Andai nella sua camera, poco dopo il tramonto.
Ochika mi sembrò triste, sin troppo, neppure si voltò,
quando entrai nella sua camera.
Quando si decise a guardarmi, mi chiese di togliere la maschera
e si avvicinò lentamente.
Era strano il suo comportamento.
Non capivo e tuttavia temevo di capire…non avevo mai visto
una simile luce nel suo sguardo. Sentivo il mio corpo divenire
molle, sotto la spinta dei suoi occhi scuri.
E poi, accadde….qualcosa che mai avevo provato. Lei divenne
mia. Per un'unica volta nella nostra vita.
Per me fu il sogno d'una notte. Per lei…non so, ma soffriva,
lo sapevo, perché quando chiusi la porta della sua camera
per raggiungere Aoshi-sama, la sentii scoppiare in lacrime.
Probabilmente, se me lo avesse chiesto, sarei rimasto lì
per sempre, ma fu quella la scelta giusta, forse.
Così, nella fredda alba del 1871, abbandonai la donna che,
troppo tardi avevo scoperto di amare.
La abbandonai per seguire il mio destino di guerriero che pochi
anni dopo, mi costò la vita.
Quel giorno, quando sentii che avevo finito di vivere, le mie
ultime parole furono per Aoshi-sama, ma i miei pensieri andavano
all'unico essere che avevo davvero amato.
Il mio ultimo rimpianto fu di non esserle stato vicino abbastanza….e
di non averla mai più potuta rivedere.
So di averle procurato molto dolore, ma so anche che ora è
di nuovo felice. Sia lei, sia i miei compagni, hanno una nuova
vita e questo basta a farmi sentire tranquillo.
E posso osservarli da lontano, perché ora che non ho più
un corpo, la loro gioia è la mia.