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Autore: Vahly    19/02/2012    2 recensioni
Cosa sarebbe accaduto se Mike avesse dato quella valigetta agli agenti, invece di scappare? E se una volta arrestato, Harvey avesse dovuto occuparsi del suo caso?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: Scritta per Il carnevale delle lande, nello specifico per la Notte Bianca Del Carnevale su auverse con il prompt “Suits, Harvey/Mike, Mike è un caso pro-bono che Jessica dà a Harvey”.

 

 

Whatever it takes, I’ll be with you (no matter what)

 

 

«Cosa? Stai scherzando?»

«Harvey, sai che i pro-bono sono i casi con cui dimostriamo alla società che non ci dimentichiamo di chi è meno fortunato di noi.»

«Bene, allora, va benissimo che qualcuno se ne occupi. Solo, non io

«Se vuoi diventare socio anziano devi rispettare delle regole. Come avere un assistente – e a tal proposito, ti ricordo che dovresti trovarne uno al più presto – e occupati dei pro-bono. Almeno uno ogni tanto.»

Harvey sbuffò. «Va bene… per questa volta.»

«Perfetto.» Jessica sorrise soddisfatta e gli porse una cartellina. «Eccoti qui il caso. E mi raccomando di cercarti un assistente!»

«Certo, lo farò al più presto,» mentì Harvey e uscì fuori dall’ufficio.

 

 

Harvey odiava i casi pro-bono. Li trovava inutili, poco stimolanti e tutti uguali. Aprì stancamente il fascicolo con il caso che gli aveva affidato Jessica, e non trovò nulla di particolarmente interessante. Ragazzo povero con una nonna malata a carico, finito in cella per essere stato trovato in possesso di una partita di marijuana. Probabilmente meritava davvero ogni singola ora passata in carcere – se c’era una cosa che Harvey non sopportava era la droga e coloro che ne facevano uso – ma non sarebbe stato difficile tirarlo fuori di lì, giocando le carte giuste. Lo richiuse, domandandosi perché il miglior risolutore*della città dovesse occuparsi di uno stupido caso da assistenti sociali, e si recò verso il carcere dove si trovava il giovane.

Era tanto che  non si occupava di crimini penali, pensò, mentre la guardia apriva la cella e lo faceva entrare dentro. Di fronte a lui, seduto sulla brandina, un giovane sulla ventina con lo sguardo perso di chi si sentiva improvvisamente in trappola, e due profonde occhiaie nere.

«Mike Ross, giusto?» domandò l’uomo, con tono rassicurante.

Il ragazzo annuì, e gli porse la mano. «Io sono Harvey Specter, e sarò il tuo avvocato - »

«Sì, lo so,» lo interruppe lui, «difenderai i miei diritti e blablabla.»

«Non mi sembri molto ottimista, eppure devi sapere che la tua causa è semplicissima da vincere.»

«Bene, allora tirami fuori di qui e facciamola finita.»

 

 

Ad Harvey non importava nulla dei suoi clienti. In effetti, non gli importava nulla di nessuno, a parte se stesso. Quindi non era assolutamente quello il motivo per cui aveva voluto sapere tutto di Mike Ross, anche quello che non c’entrava nulla con lo spaccio di erba. Voleva solo evitare di essere colto di sorpresa dall’accusa, ecco tutto.

Mike gli aveva raccontato della morte dei suoi genitori e di sua nonna che stava male, cose che a grandi linee Harvey già sapeva, e del fatto che per prestarle le cure di cui aveva bisogno, la clinica privata dove si trovava aveva chiesto venticinquemila dollari. Gli aveva raccontato di Trevor, il suo amico d’infanzia che lo aveva introdotto nel mondo dello spaccio. Gli aveva perfino raccontato di come a causa di un compito venduto dietro suggerimento di quest’ultimo era stato cacciato da scuola e da allora era sopravvissuto facendo test al posto degli altri. Gli aveva citato interi passi del codice penale, cose che perfino Harvey stentava a ricordare. E l’avvocato era stato seduto ad ascoltare, e a porre domande per approfondire argomenti che, si rendeva conto, non avevano nulla a che fare con la causa.

 

 

Harvey passò la sera a studiare tutti gli incartamenti,  e il giorno dopo si recò in tribunale.

Mike gli sorrise, quando lo vide arrivare e Harvey – il quale non notò affatto che il suo cliente aveva un sorriso bellissimo, davvero – si avvicinò con calma.

«Ti senti tranquillo?» domandò a bassa voce l’uomo, mentre aspettavano che arrivasse il giudice.

«Sì. Mi è giunta voce che il mio difensore è il miglior risolutore della città,» rispose il ragazzo con un ghigno, «e se non dovessimo vincerla, almeno potrò avere vitto e alloggio gratis per un po’, giusto?»

Harvey ridacchiò. «L’idea di trovare un lavoro vero non ti piace proprio, eh?»

«Certo che mi piacerebbe. Avere un lavoro fisso e non dovermi preoccupare della malattia di mia nonna, perché il mio stipendio basta e avanza per le cure. Come potrei non volerlo? Ma siamo seri: nessuno mi assumerebbe. Non con il mio passato.»

«Non hai mica ucciso qualcuno…»

«In realtà sì, un paio di anni fa. Non te l’ho detto?» alla faccia sconcertata di Harvey, Mike rise. «Sto scherzando, ovviamente! Ma ti pare? Comunque, anche se non ho ucciso nessuno, non ho un diploma, non ho mai lavorato onestamente e… ah, quasi scordavo l’erba. Se tu fossi un papabile datore di lavoro, mi assumeresti?»

L’idea aveva accarezzato Harvey tutta la sera precedente, a dire il vero. Il ragazzo era sveglio, intelligente, e anche se aveva sbagliato, sembrava una persona a posto. Se avesse potuto prenderlo come assistente, beh, avrebbe smesso di rimandare quegli stupidi colloqui e lo avrebbe assunto al volo. «Sì,» rispose infine. «Probabilmente sì.»

 

 

Vincere la causa fu davvero facile come previsto. Il giudice aveva accolto l’appello di Harvey, il quale aveva insistito sul fatto che Mike lo aveva fatto solo perché era disperato per la malattia della nonna, e in condizioni normali non avrebbe mai compiuto un simile gesto. Il ragazzo venne condannato ad un mese di lavoro ai servizi sociali, ma la sua fedina penale rimase pulita.

 

 

Harvey continuò, suo malgrado, a pensare a quel giovane che la vita aveva portato su una via sbagliata, ma che in fondo, doveva ammettere con se stesso, gli piaceva. Non credeva possibile che qualcuno avrebbe mai potuto colpirlo così – figurarsi un cliente con cui era stato a contatto solo pochi giorni – eppure era successo.

E la cosa lo mandava in bestia, perché non credeva che lo avrebbe mai rivisto.

Finché, una mattina, non sentì qualcuno suonare alla sua porta.

Mike.

«Cosa ci fai tu qui?» domandò Harvey, stupito.

Mike fece un’alzatina di spalle. «Io… ho trovato il tuo numero di telefono sul biglietto da visita che mi hai lasciato, e da lì trovare l’indirizzo e stato facile.»

«Non è quello che ti ho chiesto.»

«È arrivata una donazione all’ospedale. Per mia nonna. Da una fonte anonima. E pensavo che…»

 “Maledizione,” pensò Harvey, “non poteva accettarla e basta, vero?”

Odiava quei momenti in cui la gente si sente in dovere di ringraziarti. Soprattutto, non ne vedeva il motivo, visto che Mike non aveva alcuna prova certa del fatto che fosse stato lui. E stava anche facendo tardi per i colloqui: Jessica aveva insistito tanto, che alla fine si era sentito costretto ad accettare di prendere un assistente, e ora avrebbe dovuto scegliere uno di quei cretini di Harvard e fargli da baby-sitter.

A meno che…

«Ehi Mike,» tentò, «tu non hai ancora trovato un lavoro, vero?»

«In effetti sto cercando, ma…»

«Non serve più,» tagliò corto Harvey. «Sei appena stato assunto.»

E l’avvocato sapeva quali rischi stava correndo, a quali difficoltà avrebbe potuto  andare incontro. Ma era tanto che non conosceva qualcuno che lo incuriosiva tanto, che lo faceva sentire così stimolato a dare il meglio di sé, solo perché l’altro lo ammirasse.

E di sicuro, non aveva mai conosciuto qualcuno i cui occhi, il cui sorriso, gli si erano impressi nella mente con tanta forza e in così breve tempo.

«Ok,» rispose Mike. «Cosa dovrei fare?»

L’uomo gli fece cenno di aspettare. Prese la ventiquattr’ore e le chiavi di casa, e uscì, seguito dal giovane.

«Ti spiegherò mentre andiamo. E stai tranquillo,» aggiunse all’aria un po’ tesa del giovane, «sono sicuro che andrai benissimo.»

E davvero, ne era sicuro.

 

 

 

* Harvey in Suits viene definito “the best closer in the city”, ma wordreference mi traduce “closer” come “chi chiude un affare”.  Non potendo dire che era il miglior chiuditore di affari e non sapendo come si dice in italiano, ho deciso per risolutore e ciccia. Se qualcuno ha in mente un modo migliore per definirlo, mi informi e sarò più che felice di cambiarlo.

 

   
 
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