«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME
«-(¯`v´¯)--«
Care ragazze, sono al
termine di questa storia.
Mamma come mi dispiace,
mo mi metto a piangere!
Allora vorrei
ringraziarvi una per una, in special modo RoWina, Zia
Esmy e michelle.
Rowina grazie per le belle parole che hai sempre speso
per me, per gli accorgimenti e le correzioni. Ho apprezzato davvero tanto la
tua lealtà. E la tua curiosità, nel seguirmi comunque. Grazie!
Zia Esmy,
quanto sei dolce. Guarda l’altra volta, ti giuro
che mi sono emozionata sulla tua recensione; non è un bel periodo
nemmeno per la sottoscritta, purtroppo sembra che i mali arrivino tutti insieme. Ovviamente poi l’umore si trasmette
facilmente su ciò che scrivo, anzi questo sito mi serve un po’ da
cuscinetto.
Ad ogni modo, ti sono
vicina, cara. Spero passi tutto presto.
Michelle, tu sei il mio portafortuna lo sai! Imperterrita,
mi segui ovunque. Grazie, davvero grazie per la fiducia e la passione con cui
mi apprezzi in quello che faccio.
Comunque prima dei saluti
finali, volevo avvisarvi che ho aggiornato di un capitolo, precedente a questo,
ma forse vi è sfuggito, non so.
Ora vi lascio.
Un bacio dolce
LuNaDrEaMy
aawaa RICORDATI DI ME aawaa
Chap n.15
-“Ma
perché non risponde…”-
L’utente da lei chiamato, potrebbe essere irraggiungibile
–“Oh, rispondi accidenti a te!”-.
Dall’altro
capo della città, un ragazzo biondo, cerca-invano-
di stabilire una contatto telefonico, con la donna che ama.
La sta
cercando da tempo ormai.
Attende di
sentire ancora una volta la sua voce, che meravigliosa, può mettere fine
all’angoscia che porta dentro, da quando
l’ha lasciata sola.
-“Sempre occupato!”-. L’utente da lei chiamato risulta
essere occupato-“ Fortuna che blaterava di gettare il cellulare
nella spazzatura…”-.
E
c’è un altro capo della città, che attende una ragazza
bionda anch’essa.
Appena scesa
da un aereo internazionale.
Appena riposta
la sua avventura alle spalle.
Vuole sentire
l’uomo che ama, che le manca.
Ma non sa che
lui, la sta cercando da tempo immemorabile, non lontano da lì.
Prendo il mio
mazzo di chiavi dalla borsa, le infilo distratta nella serratura; in lontananza
sento il taxi fermo sotto casa, mettere in moto e ripartire.
Il palazzo
è stranamente silenzioso, come se tutto intorno trattenesse il fiato,
per gustare il mio ritorno in patria.
Non è
cambiato nulla, da quando sono andata via.
I soliti
foglietti appesi in bacheca, delle improbabili riunioni condominiali e un
leggero odore di tinteggiatura fresca, che si espande per tutto
l’androne.
Odio gli odori
acri, ma tutto sommato questo adesso, sembra l’odore più buono che
abbia mai annusato.
La porta
è ormai aperta, poggio come di consueto le
valigie ai miei piedi, prima di girarmi sulla stanza.
Se ci fosse
Simone, adesso starebbe a rifilarmi la predica.
-“Cosa
ti costa, portarle fino in camera?! Se le lasci qui, non concludi nulla!”-.
Mi manca da
morire. Adesso amerei anche le sue prediche, giuro.
Rido, nulla è perduto.
Mi appoggio
alla porta; piano, si richiude alle mie spalle.
Mi volto.
Simone
è là.
Non dico mezza
parola, impalata come uno stoccafisso, sullo stipite della porta, resto a
fissarlo.
Non so se
è una visione.
Non so se
è il paradiso. Forse adesso mi sveglierò e scoprirò che quell’aereo non è mai arrivato, che si
è frantumato contro il cielo, non atterrandomi mai.
Ma lui
sorride. Emozionato, insicuro come un bambino, con quegli occhi verdi e
immensi.
No, non
è un sogno.
Emetto un gridolino eccitato.
Solo allora,
Simone si sblocca venendomi incontro.
E mi abbraccia
forte.
Mi toglie il
respiro, mi soffoca, mi stringe in una morsa così forte che quando mi
lascia, annaspo.
Ma mi
rifà sua.
Mi bacia le
guance, le prende fra le mani, disegnando con i pollici piccole carezze.
Stiamo
piangendo insieme.
Le lacrime si
mescolano al sapore dolce di un bacio, che non tarda mai ad arrivare, ma che
dura un eternità.
Bum, bum, bum. Il cuore è impazzito.
Ed io non ho
mai desiderato nessun altro, come lui.
Le sue mani
salgono sul mio corpo.
La camicetta
di seta color avorio, vola.
La sua maglia
si toglie via da sola, così il resto dei nostri indumenti.
Mi prende in
braccio, conducendomi in camera.
Delicatamente,
mi posa sul letto; in ginocchio sul pavimento, mi bacia dappertutto.
Non
c’è mezzo centimetro di pelle, che non è sfiorata da quelle
labbra sensuali.
E lo fa,
guardandomi dritto negli occhi; ah quegli occhi, mi penetrano l’anima.
E mi uccidono.
Così
come quando si ferma sulla mia pancia, la bacia e incrociando il mio sguardo, mi
sussurra un ti amo dolcissimo.
C’è
nostro figlio lì. Lo sa.
Adesso
finalmente lo sa.
L’accarezza
come se fosse qui fra noi, gli da un altro bacio, poi scivola piano dentro me.
Fare
l’amore.
Dicono sia un
bisogno fisico.
Non credo che
il desiderio che provano due persone che si amano, sia dettato solamente dal
bisogno fisico.
Simone mi
porta in alto, là dove nessuno può condurmi.
E potrei stare
mesi, anni, senza il suo corpo, ma non potrei fare a meno del suo amore neanche
per mezzo secondo nella mia vita.
-“Ti ho
cercata tantissimo. Dove sei stata tutto questo tempo?!”-.
-“Sono
stata via per un po’.”-.
-“Mi hai
fatto spaventare. Credevo ti fosse successo qualcosa.”-.
-“Beh,
qualcosa è successo.”-.
Rido, gli porto la mano sul ventre.
Eh già,
quante cose successe da allora.
Il bambino,
Victor, Frank, Betty…
e l’Austria.
Mi sembra
d’aver vissuto cento anni, in poche settimane.
-“Sì
qualcosa è successo.”-. Si alza dal
letto, va in sala, per poi tornare con un plico di fogli in mano.
–“sono passato di qua giorni fa. Volevo restituirti questi.”-.
Apro il plico.
I fogli della separazione, si materializzano davanti ai miei occhi.
-“Non ho
mai neanche pensato, di poterti perdere. Mi dispiace averlo fatto pensare a
te.”-.
-“Ma io
sono tornata per te, adesso.”-.
-“Non ti
chiederò mai scusa abbastanza, per il male che t’ho fatto.”-. Sembra non ascoltarmi, nei suoi occhi leggo sincero
dispiacere.
-“Simone?!”-.
-“Sì?!”-.
-“Tu mi
ami?!”-.
-“Tanto,
Sibilla.”-.
-“Allora
non hai nulla da rimproverarti.”- L’accarezzo amorevolmente
–“ Sai cosa ho capito stando via?! Che non
c’è amore senza spine e sacrificio, ma l’importante è
restare uniti, superare, guardare oltre.”-.
-“Io
sono tornato per restare, superare, guardare oltre.”-.
-“Ed io
per amare. E farmi amare.”-.
-“E
questi?!”-.
Mi guarda,
nella mano sventola i fogli dell’addio.
Glie li tolgo
di mano, con gesto secco; uno ad uno, volteggiano nell’aria, sottoforma
di minuscoli pezzettini di carta stracciata.
Ci
accoccoliamo ancora un po’, prima di lasciarci andare ad una notte
insonne, d’amore, racconti e confidenze.
-“Caffè?!”-.
La sveglia
suona, con gesto secco la spengo, guardando Simone; ha la testa poggiata sul
mio avambraccio, gli occhi insonnoliti gettati nei miei.
-“Doppio…”-.
Si alza, stampandomi un bacio sulla guancia.
Ci dirigiamo
in cucina, per la colazione e le solite quattro chiacchiere prima di scappare
al lavoro.
Mi piace
questo senso di pace, la nostra tranquillità.
-“Sai,
mi stavo domandando dove sia finito quel signore
là…come diamine si chiama!”-.
Poggio
la tazzina sul
tavolo, scoppiando a ridere.
-“Victor.
Si chiama Victor.”-.
-“Ah
sì, Victor. Dov’è?”-.
-“Quando
lo hai conosciuto, non mi sembravi così interessato…”-. Rido, mi piace stuzzicarlo.
-“Ora mi
interessa invece!”-. Ride un po’ imbarazzato –“Hai
passato più tempo con lui che con me, ultimamente…”-.
Se sapesse che
ci ho passato molto più che del tempo insieme, forse non riderebbe.
Se sapesse che
sono proprio i suoi insegnamenti, ad avermi ricondotto qui, forse avrebbe anche
il coraggio di volgere un pensiero profondo per quell’uomo
straordinario.
Sorrido,
guardando lontano.
Questa storia
non resterà sepolta nel mio cuore.
Io ci penso
notte e giorno a te, caro Victor.
-“Diciamo
che…”-. Mi alzo, prendendo la borsa dell’ufficio
–“lo saprai molto presto! Ora scappo, ci vediamo più
tardi.”-. Lo bacio
sulla fronte, prima di scappare.
-“Ho
annullato il torneo di calcetto per i prossimi nove mesi!”-.
Sento che mi
grida, dalla cucina.
Ma sono
già fra scale.
Sono in
estasi. Mi pizzicotto il braccio.
No, è
tutto vero!
-“Ricordati
di me, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della
mente invecchiata o distratta. Ma pur sempre una storia d’amore. Bella,
la trama sembra avvincente!”-.
Lucia mi
guarda dal basso della sua sedia; mi è molto mancata.
In ufficio si
respira la solita aria assopita, ma lei, con il suo carattere e la sua
parlantina riesce a rendere l’atmosfera gioviale.
Sono
orgogliosa del mio semi-capolavoro, in realtà del mio primo libro in
assoluto, ma del suo parere posso fidarmi.
Mi ha sempre
perseguitata e motivata sul scriverne uno tutto mio, da quando seppe che amavo scrivere, presentandomi dall’alto
delle sue conoscenze, ai migliori editori della città.
Lei è
una scrittrice mancata.
Da quanto ho
capito, vede in me il suo proseguimento. E questo mi piace, mi rende
orgogliosa.
-“Ti
piace sul serio?!”-.
-“Sì.
E’ una bella storia, eterea e così sovrannaturale. Brava!”-.
-“Non
l’ho ancora finita a dire il vero. Mi manca un finale.”-.
-“Lo
troverai, ne sono certa.”-.
–“Questo viaggio ti ha fatto bene, Sibilla. Sono così
contenta, nel vederti e sentirti così in forma e felice.”-.
-“Grazie
Lù. Ma il mio passaggio qui sarà molto
breve…”-.
-“Non
dirmi che ripartirai?!”-.
-“Oh
no!”-. Mi siedo sulla mia poltrona, accarezzandomi il ventre
–“sono incinta, Lucia.”-.
La vedo
alzarsi dalla sua postazione, venirmi incontro e regalarmi un abbraccio sincero
e aperto.
-“Sono
proprio felice!”-. Sono commossa, la mia voce è rotta dal pianto.
-“Oh la
mia piccolina! Finalmente mi fai diventare zia!”-.
Siamo
scoppiate a ridere, fra qualche lacrima e sorriso, prima
di rimetterci a lavoro.
-“Sei
tremenda, mi hai fatto sciogliere tutto il trucco!”-.
-“Ah,
sei bella lo stesso, falla finita!”-.
Le dita scorrono veloce sulla tastiera,
c’è molto arretrato, ma non me ne preoccupo, tornare a lavoro mi
stimola mentalmente.
Un collega mi porge una tazza di caffè e
nel sorseggiarla, i miei occhi vengono attratti alla
finestra.
Quella finestra.
Mi alzo.
Qui è cominciato tutto. Sorrido
leggermente, pervasa dai brividi.
Scruto bene l’edificio di fronte. Sorrido;
oh santo cielo! Lo sto cercando davvero.
Che mi abbia lanciato la sua maledizione?!
Forse dovrò passarla io la mia vita, ad
aspettare di vedermelo sbucare dal nulla.
Vorrei distrarre il pensiero, m agli occhi restano
fissi sulla strada, si mescolano fra la gente.
D’improvviso, qualcosa di minuscolo infondo alla
strada mi attrae; è un sorriso, quel sorriso, quegli occhi.
Il suo sorriso. I suoi occhi.
E una mano. Mi saluta.
Oh mio Dio. E’ lui.
E’ davvero lui. Victor.
E’ un attimo. Sorride ancora, mi da forza.
Vuole farmi sapere che c’è. Sempre ci
sarà.
Ricordati
di me, perché io ricorderò te.
E allora ciao, ciao Victor
Gli sorrido.
Solo allora, si rimette quel buffo berretto sul
capo, per mischiarsi fra la folla.
Ora sa, che starò bene.
-“Sibilla,
che c’è?!”-. Lucia mi guarda
perplessa.
-“Nulla,
davvero.”-.
Mi rimetto a
lavoro, voltando le spalle alla finestra.
Ma una volta
seduta, il mio sguardo sente il bisogno di rigettarsi in strada, ancora una
volta; sta svanendo.
Adesso mi
volterò e quando lo farò, lui non ci sarà più,
davvero.
Fatto.
E il vento si rialza nuovamente; ma stavolta la
polvere non si anniderà in nessuno cuore.
Perché ora è pieno.
Vivo.
Può contenere solo una cosa:
L’AMORE.