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Autore: grandR    21/02/2012    16 recensioni
Ed eccola lì, a trangugiare yogurt bianco con fiocchi al cioccolato davanti a un film strappalacrime come faceva ogni sera. Ormai per Isabella era diventata una tradizione: sprofondava nel divano, chiudeva un attimo gli occhi e si risvegliava il mattino dopo con il corpo dolorante, stesa sul tappeto.
Isabella ha venticinque anni, vive in un piccolo appartamento a Londra, fa la copywriter all’interno di un’agenzia pubblicitaria e l’unico amore della sua vita consiste nel suo gatto siberiano, Light.
Il copywriter, si sa, è sempre affiancato dall’art director: insieme formano la coppia creativa, che lavora integrando le parole e le immagini della comunicazione pubblicitaria.
L’art director? Edward Cullen, naturalmente.
A Isabella quell’uomo non andava a genio, proprio no. Ma, chissà come, le loro creazioni erano sempre le migliori: le più originali, le più adatte. Doveva ammetterlo, in coppia lavoravano splendidamente.
Ma era proprio sicura che lei e Edward sarebbero rimasti una coppia solo in ambito lavorativo?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Un grazie grosso come una casa (e anche di più) a mia cugina di 328479732764 grado essie. All'inizio l'idea per questa one shot era sua, poi per mancanza di tempo me l'ha ceduta (se così si può dire) e io ho scritto. Ho preso spunto da Breaking Dawn per alcune scene, come vedrete.
Ci sono voluti due mesi per scriverla. E' la mia prima storia. Buona lettura ^^


Nontiscordardimè


Isabella prese un respiro profondo, preparandosi psicologicamente a ciò che stava per fare, gli occhi scuri rivolti fissi davanti a sé. Era da pazzi, lo sapeva, ma le era impossibile evitarlo: quando, dopo essersi svegliata ancora una volta sul tappeto color panna che ricopriva il pavimento dinanzi al divano su cui si spesso si addormentava, aveva visto la tempesta incombere minacciosamente sulla città, aveva cercato di prepararsi per il lavoro il più presto possibile, per evitare l’apocalisse.
Inutile dire che aveva miseramente fallito.
Il temporale, carico di impenetrabili nuvole nere, si era abbattuto su Londra, investendo la città con una pioggia fitta e continua e un vento in grado di far volare anche un bambino appena Isabella aveva messo piede fuori dal bagno, vestita e pettinata.
Adesso si trovava a pochi centimetri dal diluvio, il vento che le sferzava il viso violentemente, pronta ad attraversare la tempesta per raggiungere l’auto che aveva avuto la splendida idea di parcheggiare dal lato opposto della strada rispetto al portone del condominio in cui abitava – cosa che, tra l’altro, non faceva mai –, e tutto questo per andare a lavorare da un direttore creativo che non mancava di lanciarle occhiate languide ogni giorno e da un art director che stentava a sopportare.
Tuttavia, Isabella amava il suo lavoro. Faceva la copywriter in una famosa agenzia pubblicitaria, e, in breve, tutto ciò che doveva fare era lavorare assieme all’art director e scrivere tutte le parole che sarebbero comparse nelle pubblicità. Fino a due mesi prima l’altro membro della coppia creativa era Alice Brandon, una ragazza con un enorme talento che Isabella adorava. Peccato che, proprio per il suo enorme talento, ad Alice era stato offerto un lavoro più prestigioso e lei aveva accettato al volo, seppur infelice di dover lasciare l’amica. Un lavoro in America, quindi non c’era possibilità di incontro.
Malauguratamente, al suo posto era arrivato Edward Cullen. Le giornate di Isabella erano piene di scintille – di rabbia, s’intende – da quel giorno sfortunato.
Edward Cullen aveva ventisei anni e viveva ad Hampstead. Naturalmente, aggiungeva sempre lei mentalmente ogni volta che ci pensava. Figurarsi se il principino si mescola con i comuni mortali che vivono in zone normali e pagano l’affitto, sbuffava poi. Andavano d’accordo solo mentre lavoravano, altrimenti battibecchi e frecciatine erano all’ordine del giorno. A Isabella quell’uomo non andava a genio, proprio no. Ma, chissà come, le loro creazioni erano sempre le migliori: le più originali, le più adatte. Doveva ammetterlo, in coppia lavoravano splendidamente.
Fece un altro profondo sospiro, trattenne il fiato e si lanciò sotto l’acqua pressante, le mani alzate sulla testa nel vano tentativo di ripararsi almeno i capelli. Le goccioline penetrarono sotto la sua sciarpa, scivolando sotto il cappotto e il vestito, scorrendo sulla sua schiena nuda, facendola rabbrividire e infondendole una terribile sensazione di gelo. Imprecò a gran voce quando le chiavi dell’auto le scivolarono dalle mani bagnate e finirono in una pozzanghera. A quel punto non si preoccupò più di coprirsi il capo: ormai era già interamente bagnata. Recuperò le chiavi e le aprì velocemente la macchina, la accese e azionò il riscaldamento prima ancora di sedersi.
‹‹Dio grazie›› mormorò, abbandonandosi stancamente contro lo schienale. Osservò per qualche minuto la pioggia infuriare al di fuori, ricoprendo d’acqua i vetri dell’auto, poi si ridestò e partì lentamente verso l’agenzia pubblicitaria.

‹‹Buongiorno, Isabella!›› la salutò Rosalie, la bionda segretaria di Jacob Black – il direttore creativo – dalla sua postazione. La sua voce squillante fece sobbalzare Isabella, la quale ricambiò il saluto con un sorriso stentato, celando uno sbadiglio.
‹‹Dovresti dormire di più›› la accolse Edward Cullen appena entrò nella saletta riservata a loro. Non riusciva a capacitarsi di come potesse essere sempre in anticipo, seduto al computer con una tazza di caffè in mano ogni mattina.
‹‹Io dormo›› borbottò Isabella. Si spogliò di sciarpa e cappotto e si versò un po’ di caffè dalla brocca che tenevano sul banco che correva per tutta la parete destra.
‹‹Oh, certo›› sghignazzò lui, voltandosi per guardarla in viso ‹‹sono occhiaie quelle che vedo?››.
‹‹Io dormo›› ripeté, bevendo avidamente un sorso. Per poco non lo sputò nella tazza. ‹‹Che schifo! Non hai messo lo zucchero!››.
‹‹Io lo bevo senza››
‹‹Bene, Mr. Egoismo, la prossima volta che decidi di prepararlo cerca di ricordartelo›› lo apostrofò Isabella, abbandonando la tazza sul tavolo.
Edward trattenne una risata ma non disse altro, limitandosi a terminare il suo caffè bollente e senza zucchero, come piaceva a lui: era l’unica cosa che riusciva a farlo stare in piedi, la mattina.
‹‹Cos’abbiamo oggi?›› domandò Isabella, già dimentica del piccolo incidente del caffè. Scostò la sedia dal lato opposto del tavolo rispetto a Edward e vi si abbandonò, incurante del suo sguardo fisso, prendendo il blocco appunti che teneva sempre con sé. Si ravviò i capelli all’indietro, ormai asciutti dalla pioggia che li aveva investiti, e tirò su di qualche centimetro le maniche del cardigan bordeaux.
‹‹Black ci convoca nel suo ufficio per comunicarci qualcosa di importante›› recitò lui in tono incolore.
Jacob Black era il direttore creativo: una figura a capo del reparto che si occupava della creatività e che coordinava il lavoro di art director e copywriter, quindi di Edward e Isabella. Tutti sapevano bene che nutriva un qualche interesse proprio per Isabella – “la mia copywriter preferita!” – ma che lui e Rosalie, la sua biondissima segretaria, avevano una storia “segreta”. Ed era di pubblico dominio il fatto che, però, Jacob Black non avrebbe mai rinunciato ai soldi che il suo lavoro portava.
Proprio in quel momento, come se Jacob Black avesse sentito le parole di Edward, Rosalie aprì la porta della loro saletta senza bussare; aveva sviluppato quel comportamento recentemente, irritando entrambi, ma né Edward né Isabella avevano intenzione di intraprendere con Rosalie una discussione che di certo si sarebbe protratta per molte settimane e che, erano entrambi sicuri, non avrebbe portato risultati.
‹‹Il signor Black vi desidera nel suo ufficio›› annunciò in tono formale. Seria e composta, li condusse nell’ufficio del capo, in fondo al corridoio: una stanza molto grande con le pareti color porpora e i mobili di legno scuro, una grande vetrata dietro l’imponente scrivania che mostrava la City.
‹‹Isabella!›› la accolse Jacob Black, appena lei e Edward varcarono la soglia. Si alzò dalla poltrona dietro la scrivania su cui era seduto e fece un gran sorriso.
Isabella fece un sorriso di circostanza e gli strinse la mano ‹‹Jacob››. Sentì Edward sbuffare piano alle sue spalle e trattenne un risolino immaginando la sua espressione.
‹‹E c’è anche Edward!›› continuò Jacob in tono affettato, come se fosse una grande sorpresa vederlo, stringendo la mano anche a lui.
Tra Edward e Jacob non correva buon sangue, ma il motivo per cui non andavano d’accordo era ignoto a tutti. Probabilmente, si era sempre detta Isabella, non si intendono e basta: semplice. Nessuno era in grado di andare d’accordo con tutti.
‹‹Perché ci hai chiamati, Jacob?›› chiese, prendendo rapidamente posto sulla sedia a sinistra davanti alla sua scrivania. Sia lei che Edward avevano una predilezione per quella sedia, ogni volta che si presentava un’occasione simile tentavano sempre di accaparrarsela senza farsi notare.
Jacob Black si illuminò come un bambino davanti a un regalo inaspettato. ‹‹Ho avuto una grande idea›› rivelò con un sorriso che li fece rabbrividire ‹‹una grandissima idea. Mi sono stupito anch’io, quando mi è venuta in mente: non sono mai stato così originale›› spiegò con occhi sognanti.
‹‹Quale idea?››
Lui scoccò a Edward un’occhiata di rimprovero per aver interrotto il momento di suspense, ma non commentò. ‹‹I protagonisti sarete tu e Isabella›› disse infine dopo una pausa a effetto, il tono teatrale.
I due fissarono Jacob Black senza capire.
‹‹E la novità… dove sarebbe? Insomma, anche se non agli occhi degli altri, Edward ed io siamo sempre i protagonisti…›› Isabella espose i suoi dubbi, ma venne ben presto interrotta da Jacob Black, il quale scoppiò in una grossa risata, come se lei avesse appena detto qualcosa di molto divertente.
‹‹Cosa c’è da ridere?›› sbottò Edward.
‹‹Oh, oh, oh!›› Jacob Black ululò dalle risate, accasciandosi sulla sua preziosa scrivania. Un attimo dopo si rese conto di cosa aveva fatto e riappoggiò la schiena alla poltrona, continuando a ridere. ‹‹S-siete davvero buffi, tutti e due! Vorrei farvi una foto! Ehi, ce la fate a rimanere così per altri cinque minuti? Chiamo Rosalie, così lei…››.
‹‹Jacob›› lo interruppe Isabella, lievemente spazientita ‹‹io dovrei andare a lavorare, quindi, se volessi gentilmente spiegarci questa tua idea geniale, ti prego di farlo adesso››. Utilizzò lo stesso tono che adottava con Light, il suo meraviglioso gatto siberiano. Era il suo unico compagno di vita e lei lo adorava letteralmente. Non credeva avrebbe potuto vivere a lungo senza la sua presenza pacata nell’appartamento di Kennington in cui abitavano.
Jacob Black si protese verso di loro, poggiando gli avambracci celati dalla giacca costosa sulla scrivania, un residuo della risata sul viso abbronzato dal sole delle Hawaii. ‹‹Voi due non starete dietro. Starete al centro dell’attenzione. Tutti vi vedranno. Tutti vi ascolteranno. Tutti vi ameranno›› spiegò, calcando alcune parole per enfatizzare. ‹‹Voi due forse non vi rendete conto di che cosa siete assieme. E quindi, io ho deciso di mettervi in coppia. Ma di farlo sul serio. Non creerete nessuna pubblicità: ci starete dentro››.
Silenzio.
Poi…
‹‹C-che cosa?›› Edward sussultò, colpito da un pensiero improvviso: ‹‹v-vuoi dire che… che io e lei dovremmo… dovremmo…›› balbettò, incapace di concludere la frase.
‹‹Voi due›› disse Jacob Black ‹‹siete la mia montagna di soldi. Voi due›› proseguì, il tono di voce in crescendo, puntando un dito contro di loro ‹‹siete talmente perfetti insieme che, quando me ne sono accorto, sono rimasto esterrefatto. E neanche ve ne siete resi conto! Sì: voi sarete gli attori di una pubblicità. Di una creazione. Di un capolavoro. Milioni e milioni di persone resteranno incantate, quando vi vedranno sugli schermi delle televisioni. Vi adoreranno››.
‹‹Jacob, noi… io non posso fare una cosa del genere›› mormorò Isabella, tentando senza successo di convincere il suo cervello a elaborare quell’informazione e a dare un segno di vita.
‹‹Vi pagherò il triplo, ovviamente. E, cosa migliore di tutte… trascorrerete un paio di settimane su un’isoletta poco distante dal Brasile, l’isola che dovrete promuovere. Non dovrete pagare nulla e alloggerete in una bella villa in riva al mare. Solo voi due, eh?›› disse Jacob Black ‹‹nessuno vi darà fastidio: girerete tutto in poco più di una settimana e trascorrerete ciò che rimane in vacanza lì, senza dover fare niente››.
‹‹Non pagheremo nulla?›› chiese Edward, come se non avesse capito bene.
‹‹Sarà come una vacanza?›› aggiunse Isabella.
Jacob Black li guardò, soddisfatto. ‹‹Ditelo che mi amate››.

‹‹Non posso credere di aver accettato›› bisbigliò a se stessa, una volta tornata nella saletta ‹‹non posso crederci. Non posso crederci››. Si prese la testa tra le mani, ancora scombussolata, e iniziò a fare dei respiri calmi e profondi, nel tentativo di tranquillizzarsi.
Due settimane in vacanza vicino al Brasile, d’accordo. Su quello niente da dire, anzi. Ma… con Edward? Con l’uomo più irritante, egoista, sarcastico, stronzo… e bello, e sexy e ammaliante e… Isabella Swan, che cazzo stai dicendo?!
‹‹Non lo so›› sussurrò a se stessa. Probabilmente era ancora stralunata, sì.
‹‹Sai come si chiama l’isola dello spot?›› domandò Edward in tono divertito, leggendo uno dei fogli che Jacob Black aveva consegnato loro con tutti i particolari.
‹‹Come si chiama?›› disse Isabella piattamente, non realmente interessata.
‹‹Isola Bella››
L’aveva sempre chiamata così, Edward: Bella. Isabella non sapeva il motivo, ma, dal loro primo incontro – avvenuto in quella stessa sala – aveva iniziato a denominarla Bella.
Che la chiamasse così per prenderla in giro, perché gli piaceva di più, per infastidirla, non le era noto.
Isabella non gli aveva mai chiesto nulla perché, nel profondo, Bella le piaceva. Tanto.

‹‹Il tuo amico ci ha imbrogliati, sai?››
Isabella voltò pigramente la pagina della rivista e continuò a fare il test “Quanto sei sexy?” senza prestare attenzione al suo accompagnatore, accomodandosi meglio sui sedili della prima classe. L’aereo che li stava portando in Brasile, a Rio de Janeiro, procedeva con tranquillità; durante il viaggio che sembrava non sarebbe finito mai, Isabella si era impegnata nelle attività più disparate: aveva sonnecchiato, letto, dato fastidio a Edward, ascoltato musica, fatto i cruciverba, dato fastidio a Edward, studiato il primo foglio dei dettagli sul piccolo film che dovevano girare sull’isola, dato un’occhiata al programma che trasmettevano sullo schermo davanti a lei, dato fastidio a Edward, mangiucchiato qualcosa, chiacchierato con un ragazzo molto gentile seduto nella fila parallela a quella in cui stava lei, dato fastidio a Edward… e adesso aveva iniziato a leggere una rivista acquistata poco prima dell’imbarco.
‹‹Bella?››
Segnò la risposta alla domanda numero dieci con una X e iniziò a leggere la undicesima con attenzione.
‹‹Bella››
Terminò il test e calcolò il punteggio con attenzione. Wow, sono “moderatamente sexy”. Ora sì che sono felice, si disse con ironia, ma sorrise.
‹‹Bella››
‹‹Qual è il tuo colore preferito?›› gli chiese distrattamente quando si ritrovò davanti il "Test dei colori: dimmi il tuo colore preferito e ti svelerò il tuo profilo sessuale".
Edward parve un attimo confuso, ma rispose: ‹‹Il blu. Perché?››.
‹‹Ah, come me, perfetto: non dovrò fare il test due volte›› mormorò Isabella, cercando il profilo degli amanti del blu tra gli altri.
‹‹A che cosa serve il mio colore preferito per un test?›› disse Edward in tono divertito.
Lei gli lanciò una breve occhiata. ‹‹Tu mi dici il tuo colore preferito, io ti dico il tuo profilo sessuale›› rispose con nonchalance. Non badò alla sua espressione incredula e iniziò a leggere: ‹‹Gli amanti del blu sono compagni molto intensi, a volte innovativi, spesso dolci e affettuosi, decisamente sensibili ai bisogni del compagno. Gli uomini che amano il blu sono come pianisti che entusiasmano la loro compagna come se stessero suonando il pianoforte ad un concerto. Le donne che amano il blu sono… beh, con te ho finito›› mormorò frettolosamente ‹‹non credo ti interessi il mio profilo sessuale››.
‹‹Ah, no! Tu conosci il mio, io devo conoscere il tuo›› ammiccò Edward, e ridacchiò piano.
‹‹No, no, io… ehi! Dammela subito!›› quasi urlò, quando lui le sottrasse la rivista dalle gambe con uno scatto agile ‹‹Edward!›› si lamentò, e non poté fare nulla se non osservarlo con impotenza mentre lui leggeva ciò che Isabella non voleva che leggesse.
‹‹Le donne che amano il blu sono compagne eccitanti, ma la loro passione è simile a una marea, ad un’ onda piuttosto che a una focosa aggressione›› si interruppe per un momento, tentando di non scoppiare a ridere, e Bella gli lanciò un’occhiataccia ‹‹ma le donne che amano il blu godono pienamente del sesso. Sia gli uomini, sia le donne amano i preliminari e i momenti seguenti l’amplesso tanto quanto l’atto in sé. Nel matrimonio un amante del blu è un compagno meraviglioso, che non cerca interessi esterni alla coppia›› concluse.
Né lui, né Isabella commentò. Edward si limitò a porgerle la rivista, in silenzio, e Bella la prese, chiudendola e rimettendola nella borsa. Deglutì nervosamente e guardò fuori dall’oblò il Brasile che si avvicinava sempre di più, improvvisamente sensibile alla presenza di Edward accanto a lei.

Fu dopo che avevano ritirato i rispettivi bagagli, in aeroporto, e si erano seduti nell’auto arrivata a prenderli che Edward decise di riprendere il discorso che Isabella non gli aveva permesso di iniziare sull’aereo.
‹‹L’hai letta la trama del nostro spot?›› le chiese con cautela.
‹‹Sarebbe meglio chiamarlo film›› sbuffò Bella.
‹‹Più uno spot è lungo, maggiore è la probabilità che la gente lo ricordi. Spot più lunghi hanno più opportunità di essere seguiti ed elaborati, e questo aumenta la possibilità di apprendimento da parte del pubblico. Lo sai meglio di me››
‹‹Comunque, no. Non ho letto la trama, ma Jacob mi ha assicurato che sarà una cosa che richiederà poco impegno, anche perché lo spot non contiene battute››
Edward fece un respiro profondo e la osservò: era appoggiata al sedile, il capo rivolto verso il finestrino dell’auto, gli occhi scuri immersi nell’animata serata di Rio de Janeiro. Era bella. La sua non era una bellezza falsa o costruita, ma semplice e pura.
‹‹Due ragazzi arrivano sull’Isola Bella lo stesso giorno. Alloggiano nello stesso albergo in riva al mare, e appena si vedono scatta il colpo di fulmine, ma allora si limitano a guardarsi. Lei è timida, arrossisce spesso, e a lui questa cosa pare molto dolce. Per alcuni giorni non si incontrano da nessuna parte, credono quindi che probabilmente una loro possibile storia non sia destino…››
‹‹… ovviamente si incontrano poco dopo, dico bene?›› lo interruppe Isabella.
‹‹Sì›› Edward sorrise ‹‹si ritrovano a Rio, per le vie, nel bel mezzo di una festa. Si guardano, si sorridono, ballano assieme, parlano, e infine si scambiano un passionale, struggente, lungo bacio›› sussurrò, citando le parole dei documenti.
Bella alzò gli occhi di scatto e sentì il cuore accelerare follemente. Sentiva le guance ardere a causa del calore visibile che aveva deciso di fermarsi un attimo sulla sua pelle, tanto per metterla in imbarazzo ancora di più.
‹‹La prima parte si conclude con la porta della stanza d’albergo di lui che si chiude dietro entrambi››
‹‹Oh, beh… non perdono tempo›› commentò Bella nervosamente.
‹‹Lo penso anch’io›› Edward rise per smorzare l’atmosfera imbarazzata che regnava nell’abitacolo e per qualche secondo si perse tra le vie allegre di Rio. Era così diverso da Londra. Un diverso meraviglioso. Fu la voce di Bella a richiamarlo.
‹‹E poi? Che cosa succede?››
‹‹Poi ci sono varie scene sull’isola Bella: loro due al mare, nei boschi, sulla spiaggia, alle cascate, al ristorante. Fino a che non arriva il momento di separarsi, all’aeroporto. Una scena che commuoverà milioni di persone, le quali rimarranno in trepidante attesa per conoscere il futuro dei due›› spiegò.
‹‹E lì finisce lo spot?››
Edward fece un gran sorriso. ‹‹Lo spot finisce con i due ragazzi, un po’ più grandi dell’ultima volta, che trascorrono ogni estate sull’isola Bella. Si vedrà l’anello di fidanzamento alla mano di lei, poi le fedi all’anulare, lei incinta, e infine la famiglia felice che arriva all’isola Bella per trascorrere lì un’altra estate. E allora apparirà la scritta: “Isola Bella: una passione è per sempre”››. Questa volta, anche Isabella si aggiunse alla sua risata.
‹‹Carina come idea. Non esattamente originale, ma carina›› disse infine lei con una certa timidezza. Era strano parlare così amichevolmente con Edward, che a Londra era “il collega con cui non andava d’accordo”.
‹‹Tutti la adoreranno›› disse lui con un sospiro ‹‹ma non ho ancora capito perché Black ha scelto noi come attori››.
‹‹Ha detto che insieme siamo perfetti›› rispose Bella con ovvietà.
L’auto si fermò al porto e mentre scendevano, i due rimasero a bocca aperta davanti alla luminosa vastità del cielo sopra di loro, come mai l’avevano visto.
L’autista li condusse a un’imbarcazione piccola e affusolata, alla cui guida li aspettava un uomo in completo scuro nonostante il caldo: Bella indossava una canotta e un paio di pantaloncini, Edward una t-shirt e un jeans; non appena si furono sistemati nei rispettivi posti a sedere, partì senza preavviso, e i due si persero nella spettacolare bellezza dell’acqua cristallina attorno a loro.
‹‹Guarda›› mormorò Edward, indicandole con un dito un punto in lontananza.
Bella strizzò gli occhi nella notte e rimase senza fiato. Una sagoma scura si stagliava davanti a loro, i lati irregolari che affioravano dalle onde leggere; più si avvicinavano, più altri tratti della piccola isola si disegnavano al loro sguardo: era coperta da palme ondeggianti alla brezza lieve, con una spiaggia bianca e pulita che scintillava alla luce della luna.
‹‹Wow›› disse, incapace di articolare altro, mentre la barca girava attorno all’isola, permettendo loro di godere appieno della vista di quello splendore.
Si fermarono a un piccolo molo di legno e Bella respirò a pieni polmoni l’aria afosa e profumata che li circondava, cullandoli dolcemente come il solo suono che si sentiva: il leggero infrangersi delle onde sulla spiaggia. In lontananza intravide una calda luce che identificò subito: era quella della villa in cui lei e Edward avrebbero alloggiato. Due quadrati che costituivano le due finestre sul lato della casa ammiccavano verso di loro.
Presero i loro bagagli e appena scesero dalla piccola imbarcazione, quella ripartì immediatamente, lasciandoli soli su un’isola talmente silenziosa che sembrava non ci fosse nessuno.
‹‹Cosa facciamo?›› domandò Isabella incerta. È strano che non ci sia nessuno ad accoglierci.
‹‹Non saprei›› Edward aggrottò le sopracciglia, guardandosi intorno ‹‹sembra non esserci nessuno…››.
In quel momento udirono una voce maschile alle loro spalle. ‹‹Edward? Isabella?››.
Si voltarono e videro un uomo in camicia hawaiana e bermuda che veniva loro incontro. Aveva i capelli e gli occhi scuri, l’espressione metà seria e metà incuriosita, il passo stanco come se avesse lavorato per tutta la giornata. Offrì la mano prima a Isabella, poi a Edward. ‹‹Sono Sam Uley›› si presentò ‹‹il regista dello spot. Non serve che vi spieghi nulla, saprete già tutto››.
‹‹Lavoriamo nel campo della pubblicità da un po’, sì›› annuì Edward.
‹‹Venite, allora. Vi accompagno nella villa in cui alloggerete. L’isola Bella non è molto abitata: ci sono pochi alberghi, tutti in riva al mare, e un po’ di case da dare in affitto. Ma vorremmo trasformare questo Paradiso in mezzo al mare in una località in cui la gente può venire per rilassarsi, per godersi qualche giorno di vacanza›› disse mentre camminavano verso le luci ‹‹l’isola è splendida, non ci sono né animali feroci né frutti velenosi o cose del genere: è completamente sicura. Con un po’ di pubblicità prenderà sicuramente il giusto ritmo››.
‹‹Perché questa parte dell’isola è praticamente deserta?›› chiese Isabella, accettando con un “grazie” che Sam si occupasse di portare la sua valigia.
Sam si grattò la testa, l’espressione un po’ dubbiosa. ‹‹E’ stata un’idea di Jacob, in realtà. Ha detto che avremmo dovuto lasciarvi la giusta privacy, per permettervi di entrare in sintonia l’uno con l’altra. Quindi noi siamo tutti su un altro lato››.
‹‹Che cosa ha detto?!››
‹‹Bella, calmati›› sbuffò Edward ‹‹domani gli telefoniamo e tu potrai insultarlo come preferisci››.
‹‹Come l’hai chiamata?››
Lui guardò Sam con una certa diffidenza, come se gli avesse appena posto una domanda molto personale. ‹‹Bella›› rispose infine, e Isabella arrossì lievemente.
‹‹Mi piace›› Sam si illuminò, colpito da un’idea improvvisa. ‹‹Bella. Isola Bella. Sì, mi piace. Isabella, posso usare il tuo soprannome per lo spot?››.
‹‹Oh, ehm…›› le guance di Isabella divennero bollenti. Lanciò un’occhiata a Edward. Camminava con lo sguardo fisso davanti a sé, apparentemente perso nei propri pensieri.
Sam ammiccò. ‹‹Ho capito. Domani farò una chiacchierata con Edward››. Le sorrise, come se avesse compreso tutta la situazione, e li lasciò davanti alla porta di casa consegnando loro la chiave. ‹‹La villa è dotata di ogni comfort. È pulita, il frigo è pieno, ci sono asciugamani, lenzuola. Due camere da letto, due bagni, una bella cucina, un soggiorno piuttosto ampio e, cosa migliore di tutte…›› i suoi occhi si illuminarono ‹‹una grande piscina riscaldata sul retro, davvero fantastica. Tutto ciò di cui avete bisogno è dentro. Ogni giorno verrà una domestica a occuparsi della pulizia››.
Bella sorrise, felice di non dover sbrigare le faccende di casa anche in vacanza; amava cucinare – gliel’aveva insegnato sua nonna, che aveva vissuto in Italia per molto tempo e aveva appreso i trucchi migliori – e naturalmente il suo appartamento non si puliva da solo. E Light non poteva in nessun modo darle una mano, essendo un gatto.
Chissà come stava, il suo piccolo batuffolo! Lo aveva lasciato a casa dei suoi genitori, Charlie e Renèe, il giorno prima della partenza, raccomandando più volte a sua madre di ricordarsi di dargli da mangiare e di coccolarlo. Light li conosceva: erano stati proprio loro a regalarlo a Isabella l’estate prima che andasse al college, dandole un compagno con cui condividere le sue serate davanti ai film ripieni di miele e zucchero che spesso guardava la sera alla televisione.
‹‹Bene, buona serata a entrambi. Ci vediamo domani mattina alle dieci, fatevi trovare pronti: si inizia!›› disse Sam allegramente.
Edward e Isabella lo salutarono, poi si apprestarono a entrare nella villa.
‹‹Wow›› mormorò Bella quando entrarono nel soggiorno, trascinando le valigie. Era una stanza vastissima, con i divani bianchi dai cuscini colorati, un maxischermo a muro e un impianto stereo che lei non si sarebbe mai azzardata a toccare a causa della sua imbranataggine storica. La maggior parte delle pareti erano costituite da vetrate che mostravano il mare: da lì, sulla destra si apriva una veranda, con comode poltroncine dagli stessi toni dei divani all’interno, bassi tavolini e persino un’amaca su cui rilassarsi; sulla sinistra, invece, si accedeva alla piscina.
‹‹Che stanza meravigliosa›› sospirò tra sé quando scoprì la cucina.
‹‹Sai cucinare?›› disse la voce di Edward alle sue spalle.
Lei si voltò giusto il tempo di scoccargli un’occhiata stranita. ‹‹Certo che so cucinare›› rispose ‹‹perché?››.
‹‹Così›› mormorò lui con un’alzata di spalle, ma sembrò borbottare qualcos’altro mentre si allontanava. Bella rimase a fissare le sue spalle larghe e fu colta da un brivido mentre osservava la sua schiena, celata al suo sguardo solamente dalla t-shirt che indossava, ma anche da lì poteva vedere quanto fosse muscolosa. Le era facile incantarsi ad osservarlo, Edward era… beh, era l’uomo più attraente che avesse mai incontrato. La sua carnagione pallida, i capelli ramati e spettinati, quelle maledette spalle che ogni volta richiamavano i suoi occhi come calamite, la sua voce suadente… tutto, in lui, era perfetto. E se poi dalla schiena scendo ancora più in basso, il panorama non può che migliorare, si disse, ridacchiando con una certa malizia.
‹‹Bella?››
Si riscosse quando sentì la sua voce chiamarla e lo raggiunse, guardandosi attorno con curiosità.
‹‹Che camera vuoi?›› le chiese con una certa gentilezza, indicando le due stanza, una davanti all’altra.
La prima era arredata interamente sui toni del bianco, con un grande letto dalle vaporose tende trasparenti, un armadio imponente, i pavimenti di parquet e le portefinestre che mostravano il giardino, verdissimo, e offrivano una bella visuale sulla piscina dall’acqua limpida. La seconda, invece, era tutto il contrario: pareti color indaco, mobili di legno scuro, ma aveva un piccolo terrazzo che si affacciava sul mare e che faceva rimanere a bocca aperta. Era anche vero, però, che Bella si sarebbe sentita un po’ in imbarazzo a far dormire Edward nella stanza bianca, senza dubbio più femminile di quella col terrazzo.
‹‹Prendo quella›› sospirò quindi, accennando alla camera a sinistra. Mentre passava accanto a lui, gli rifilò una leggera gomitata dettata dalla sua espressione soddisfatta. ‹‹Sono troppo buona con te›› mormorò, andando a prendere la valigia che aveva lasciato all’ingresso.
‹‹Quindi dovrei inchinarmi e baciarti i piedi ogni giorno, giusto?››
Bella gli sorrise in modo angelico. ‹‹Perché no? Inizia domani›› propose, trascinando la valigia rossa nella stanza che sarebbe stata sua per le due settimane che si apprestavano a trascorrere sull’isola.
‹‹Ci penserò›› scherzò Edward.
Bella tenne la porta aperta e si sedette sul letto. Morbido. Controllò l’armadio, le finestre, la piccola scrivania nell’angolo. Tutto bene. Si sdraiò sul letto e poggiò la testa sul cuscino. Eh no, pensò. Il cuscino era straordinariamente duro, sembrava una roccia, e lei, ne era sicura, non sarebbe mai riuscita a dormire con quello.
‹‹Edward?›› disse, colta da un’idea improvvisa. Si alzò dal letto ed entrò nell’altra stanza con una certa tranquillità, l’espressione più innocente che riusciva a tirare fuori ben stabile sul suo viso.
Edward alzò lo sguardo dalla sua valigia mezza aperta – che probabilmente aveva intenzione di svuotare – e la guardò, in attesa, un po’ confuso dal suo atteggiamento.
‹‹Tu dormi con un cuscino morbido o con uno un po’ meno morbido?›› domandò, e il suo tono di voce era così dolce che gli occhi verdi di Edward si allargarono, stupiti.
‹‹Morbido›› rispose senza pensare. Sentiva la testa curiosamente vuota, in quel momento.
‹‹Beh…›› gli occhi di Bella si fecero imploranti ‹‹sai, i miei cuscini sembrano marmo, e io con quelli non riuscirò a dormire… e avevo pensato, se tu sei d’accordo, di scambiarcene uno, in modo che entrambi possiamo riposare serenamente›› suggerì, facendo scorrere la mano sulla straordinaria morbidezza di un cuscino di Edward.
Lui la guardò per qualche secondo, muto. ‹‹E se io non volessi?›› domandò infine, con circospezione, avvicinandosi a lei senza rendersene conto, finendo di spalle al letto.
‹‹In questo caso, allora…›› Bella gli si mise di fronte con un sorriso angelico che non ingannava nessuno.
Edward non ebbe possibilità: quando si accorse delle sue reali intenzioni, lei gli era già saltata addosso. A lui sembrava impossibile che Bella, così piccola e delicata, potesse trasformarsi in un tale strumento di distruzione! Muoveva le dita in tutti i suoi punti deboli, facendogli il solletico, ignorando le sue risa e le sue preghiere di smettere, divertita e concentrata.
‹‹Bella, Bella, ti prego…›› ansimò tentando di recuperare un po’ d’aria ‹‹basta, Bella›› la implorò tra i singulti.
Bella non si diede per vinta e continuò, sorridendo con allegria, non badando alle risate ormai isteriche di Edward. ‹‹Mi darai un cuscino?›› gli domandò a voce alta.
‹‹Bella, Bella, basta, ti prego!››
‹‹Mi darai un cuscino?›› ripeté lei ridendo con Edward.
‹‹Ti darò tutto quello che vuoi!›› urlò Edward ‹‹ora basta, ti prego!››.
Bella smise di muovere le dita e lui si lasciò andare sul materasso, tutto rosso in volto, il respiro accelerato. ‹‹Tutto bene?›› gli chiese, ridendo sotto i baffi.
Edward non rispose; sembrava non essere in grado di parlare, teneva gli occhi chiusi e respirava velocemente.
‹‹Beh, allora io prendo il cuscino. Grazie!››

Edward non le diede nemmeno il tempo di arrivare in camera sua: le fu addosso immediatamente, e, non badando al suo strillo di sorpresa, se la caricò in spalla come se pesasse due chili e non cinquantadue.
‹‹Edward!›› Bella ansimò, senza fiato, ancora stupefatta. ‹‹Mettimi giù!››.
Lui non le diede ascolto e continuò a camminare come se niente fosse. Entrò nella camera da letto bianca, la superò e uscì in giardino, dove la luna d’argento si rifletteva sulla superficie scura della piscina.
‹‹Non saresti così cattivo, Edward›› disse Bella una volta intuito che cosa intendeva fare il collega. Lo sentì sorridere e tutto ciò che poté fare prima dell’impatto con l’acqua tiepida fu tirare in salvo il cuscino, lanciandolo dentro casa.
Sprofondò per un attimo, trattenendo il fiato e serrando gli occhi, fino a che non riemerse nella notte, aspirando lunghe boccate d’aria profumata.
‹‹Tu›› esplose poi, riaprendo gli occhi, la voce vibrante di rabbia. ‹‹Tu. Sei. Un. Enorme. Stronzo!››.
Edward continuò a ridere dal bordo. ‹‹Lo sai anche tu, Bella… la vendetta è un piatto che va servito freddo›› asserì con un cenno della testa all’acqua. Lei gli si avvicinò, appesantita dai vestiti ormai completamente bagnati, un po’ tremante per la temperatura fresca dell’aria, i capelli incollati al viso. Se Edward si pentì almeno un pochino, non lo diede a vedere.
‹‹Siamo pari››
‹‹No›› disse Bella. Con un movimento fulmineo lo prese per la t-shirt e tirò con tutte le sue forze. Edward non ebbe il tempo di fare nulla, si ritrovò sul fondo della piscina in pochi momenti. ‹‹Adesso siamo pari›› terminò lei candidamente.
E, con un movimento rapido, uscì dalla piscina, acciuffò il cuscino e ritornò in camera sua.
Nell’acqua, Edward sbuffò. ‹‹Le donne vincono sempre›› mormorò soltanto, prima di seguirla in casa, grondando d’acqua.

***

La hall dell’hotel era immensa: aveva pavimenti di marmo, il lampadario era di fine cristallo, e il banco della reception era di legno pregiato. Era costituita da due grandi sale; sul pavimento della seconda vi era posizionato un tappeto persiano dall’aria antica su cui sostavano poltrone e divani dall’aspetto rigido.
Bella varcò la soglia di quell’hotel meraviglioso, guardandosi intorno come incantata. Tutto sembrava scintillare. Recitare era impossibile: la sua espressione era realmente sorpresa, entusiasta e trasognata.
Indossava un abitino a fiori dai colori chiari e un paio di sandali dai tacchi alti. Le piaceva come tintinnavano sul pavimento di marmo. Si avvicinò al banco della reception, salutando l’allegra impiegata dietro di esso, e finse di parlare con lei; contò fino a cinque e lasciò che la sua attenzione fosse magicamente attratta da qualcuno che scendeva le scale proprio in quel momento.
Anche Edward era ben vestito e pettinato. Le parve fosse diventato ancora più bello, con quel sorriso leggero e gli occhi verdi luccicanti.
Si scambiarono uno sguardo intenso: gli spettatori avrebbero dovuto rimanere senza fiato a causa dell’elettricità che intercorreva tra i due giovani. Non le fu difficile arrossire, sotto i suoi occhi.
L’allegra receptionist la richiamò con gentilezza e Bella finse di essere presa da un brivido quando Edward passò alle sue spalle. Gli lanciò un’ultima occhiata – cercando di non soffermarsi troppo sul sedere – e poi riportò l’attenzione sull’allegra receptionist.
‹‹Eee stop!›› gridò Sam, con un’espressione da allucinato, e tutti si rilassarono. ‹‹Ma che cosa siete? Che cosa siete?›› esclamò rivolto a Bella.
Edward rientrò nell’hotel. ‹‹Siamo andati bene?›› chiese, passandosi una mano tra i capelli.
‹‹Voi due insieme siete… esplosivi! Siete andati benissimo››
‹‹Oh, grazie›› disse Bella, ma Sam si era già diretto verso alcuni tecnici e parlottava con loro.
‹‹Bello, eh?›› Edward la affiancò, e anche lui rivolse lo sguardo fuori da una grande vetrata, verso il mare limpido.
Era pomeriggio inoltrato, ormai; avevano provato per un paio d’ore il mattino, avevano fatto una pausa per pranzare, poi i tecnici avevano avuto il loro spazio per sistemare tutto, e infine Sam aveva dato il via alle riprese. Dopo solo un paio di prove avevano raggiunto la perfezione.
‹‹Sì›› sospirò Bella, un po’ stanca. ‹‹E ho fame›› aggiunse poi, come ripensandoci.
Edward sorrise. ‹‹Anch’io. Non credo che potrò più fare a meno della tua cucina, ora che l’ho provata›› scherzò.
La mattina si era svegliato immerso nel profumo di pane tostato, marmellata di fragole, uova strapazzate, bacon, burro, ma anche muffin, croissant e pancakes. Dopo essersi dato una sistemata, si era diretto in cucina seguendo il profumo e vi aveva trovato Bella, vestita e fresca di doccia, indaffarata ai fornelli.
‹‹Dobbiamo andare d’accordo per due settimane e questo è il modo migliore per iniziare›› gli aveva detto con un sorriso quando Edward, munito di espressione stupefatta e occhi fuori dalle orbite – e una gran fame – le aveva chiesto cosa stesse facendo.
Bella rise divertita al ricordo. ‹‹Il cibo mette d’accordo tutti›› disse.
Edward mantenne la sua promessa: nei giorni seguenti non ebbe nulla da ridire sui piatti che Bella preparava, anzi, mangiò tutto e anche di più. Spesso cucinarono anche insieme, chiacchierando tra pentole e padelle. Bella ricordò in seguito che in quei giorni lei e Edward andavano così d’accordo che sembravano una giovane coppia di sposi.
Intanto le riprese continuavano. Giravano senza seguire il filo logico della storia: si divertirono nei boschi, vestiti sportivamente; girarono una scena in cui camminavano sulla spiaggia la sera, tenendosi per mano; la scena finale all’aeroporto dovettero ripeterla un sacco di volte, perché ogni volta che Bella doveva saltare in braccio a Edward per il bacio di addio… i due scoppiavano inesorabilmente a ridere. Alla fine lei poggiò solo per qualche secondo le labbra su quelle di Edward. Si staccò e lo guardò negli occhi. Nessuno rideva più.
‹‹Quali sono i tuoi fiori preferiti?›› chiese Edward una sera. Erano fuori in terrazza, Bella acciambellata su una poltrona come un gatto, a leggere, mentre lui scriveva qualcosa sul retro di una cartolina.
Edward aveva preso l’abitudine di farle domande ogni volta che gliene venivano in mente. Ormai poteva dire di conoscerla bene.
‹‹Non ne ho›› rispose lei con semplicità. Riusciva a spiazzarlo ogni volta, e ogni volta per lui era una sorpresa. Non aveva mai conosciuto una donna come Bella.
‹‹I fiori non ti piacciono?››
Bella si strinse nelle spalle. ‹‹Mi piacciono, ma non ho mai trovato un fiore che mi facesse dire “oh, è lui quello che preferisco”›› spiegò. Lanciò un’occhiata alla cartolina. ‹‹Lo sai che arriverai tu prima di lei, a Londra, vero?››.
‹‹Mia madre adora le cartoline. Ogni volta che faccio un viaggio, vicino o lontano che sia, prendo una cartolina e la spedisco ai miei genitori, così loro possono attaccarla al Muro dei Ricordi››
‹‹Il Muro dei Ricordi?›› ripeté Bella incuriosita.
Edward annuì e il suo viso esprimeva dolcezza, divertimento e un po’ di nostalgia. ‹‹E’ semplicemente una parete che da quando ero piccolo ospita i miei disegni, delle foto… perfino le fotocopie delle mie pagelle!›› raccontò, scuotendo la testa alla fine della frase.
‹‹I tuoi genitori devono amarti molto›› Quella di Bella era più una constatazione che una domanda.
‹‹Sì›› concordò lui, fissando il mare. Un vento leggero scompigliò i capelli di entrambi e Bella rabbrividì.
‹‹Ti prendo una giacca?›› chiese Edward, alzandosi. Posò la penna su un tavolino e si stiracchiò.
‹‹No, tranquillo›› disse Bella, celando uno sbadiglio. Mise il segnalibro tra le pagine e
sorrise. ‹‹Vado a dormire, sono troppo stanca››. Si alzò e lo precedette in casa.
‹‹Buonanotte, Bella››
‹‹Buonanotte, Edward››

‹‹Non posso credere che tra poco dobbiamo tornare a Londra›› sospirò Bella. Si mise più comoda sul sedile e sistemò i capelli dietro le orecchie beccandosi un’occhiataccia dall’addetta ai capelli, come l’aveva soprannominata.
Mancavano tre giorni al loro ritorno e quello era l’ultimo di riprese. Dovevano girare la scena a Rio: Sam aveva spiegato loro che potevano andare dove volevano per le vie, ma a un certo punto si sarebbero dovuti baciare. Era curiosa la libertà che concedeva loro.
A bordo della stessa barca che li aveva accompagnati sull’isola, arrivarono a Rio dopo circa venti minuti. Bella si stupì ancora una volta del cielo – a Londra era impossibile vederlo così – e dell’aria così calda, così diversa da quella che respirava di solito. Era diversa anche da quella dell’isola. C’era della musica, e tantissima gente che ballava per le vie che la fece sentire piena di allegria.
‹‹Potrai sempre tornare quest’estate›› disse Edward mentre scendevano.
‹‹Non sarebbe la stessa cosa››
Sam diede tempo ai tecnici di sistemare i loro aggeggi – come li chiamava Bella –, poi fece cenno di iniziare a mescolarsi tra la folla.
Bella andò a sinistra, Edward a destra. Si fecero largo tra la gente e l’espressione di entrambi si illuminò quando si ritrovarono uno di fronte all’altro, come da copione. Risero e Edward le prese la mano, tirandola verso di sé. Bella arrossì e rimase veramente incantata dai suoi occhi: erano di un verde scintillante, dolci, allegri. Non li aveva mai visti così.
‹‹Nontiscordardimè›› disse improvvisamente, mentre… stavano ballando? Ondeggiando?
‹‹Come?›› fece lui.
‹‹Nontiscordardimè›› ripeté Bella, avvicinandosi le labbra al suo orecchio per fargli capire ‹‹i miei fiori preferiti››.
Edward fece un sorriso incerto. ‹‹E l’hai capito adesso?›› chiese incuriosito.
‹‹Sì›› mormorò Bella, pensierosa ‹‹adesso››.
Sentì il suo stomaco contrarsi quando vide Sam, da lontano, annuire vigorosamente: era il segnale per il bacio.
‹‹Edward…››
‹‹Ho visto›› la anticipò lui, avvicinando il viso.
All’inizio le loro labbra si sfiorarono appena, insicure, esitanti. Quelle di Edward erano morbide, calde, sapevano di menta e zucchero. Bella sentì la mano che la teneva per la vita tremargli, mentre l’altra si posava sulla sua guancia, accarezzandola con il pollice.
Poi Edward si staccò, la guardò negli occhi, e la baciò ancora, questa volta più profondamente, premendo con decisione le labbra sulle sue. Il cameraman girava loro intorno, riprendendo tutta la scena: Bella che allacciava le braccia dietro il suo collo, gli accarezzava i capelli, Edward che avvicinava maggiormente i loro corpi, baciandola con forza, la mano ancora sulla sua guancia. E i loro cuori, che facevano a gara a quale batteva più veloce.
Edward e Bella si separarono con delicatezza e si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille parole.
Gli occhi di lui riflettevano perfettamente ciò che albergava negli occhi di lei.

Il mattino dopo, Bella aprì la porta della sua stanza, ancora un po’ insonnolita. Quasi non inciampò nel mazzo di fiori che era poggiato per terra, ai suoi piedi.
Non erano comuni fiori.
Nontiscordardimè.
Bella raccolse i fiori e li portò nella sua stanza. Poi, con il sorriso sulle labbra, andò a preparare la colazione.



Se vi è piaciuta questa storia, sto scrivendo un'altra one shot :) Per ora voglio concentrarmi su racconti da un capitolo solo; magari tra un po' vorrei provare a scrivere una fanfiction vera e propria... sempre che vi piaccia il mio stile XD
   
 
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