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Autore: Sparrowhawk    21/02/2012    3 recensioni
«Sai bene cosa sto cercando di fare.»
«Per saperlo lo so, ma purtroppo non lo stai facendo come si deve ed io non ti capisco.»
Bisognava sempre spingerlo contro il muro, a quello, altrimenti col cavolo che diceva addio alla sua corazza di robot senza cuore cercando di venire incontro a quelle che erano le tue di esigenze.
Emise un altro piccolo sbuffo e poi, appoggiandosi allo stipite della porta, mise le mani in tasca prima di ricominciare a parlare. Iridi grigie incontrarono iridi marroni e allora, solo allora, percepii con distinzione il peso dei miei sentimenti verso di lui.
Pur non meritandoselo affatto, avrei continuato a perdonargli ogni torto, sempre, rimanendogli accanto come l’amica che mi vantavo di essere ma che, nella realtà dei fatti, risultava essere la peggiore delle mie mascherate. Questo non perché non fossi brava a mentire a me stessa e agli altri, fingendomi totalmente disinteressata nei suoi confronti, piuttosto perché vivere vicino a quel ragazzo come semplice amica mi metteva sempre nella condizione di doverlo vedere mentre se ne andava con un’altra.
Una persona che non ero io.
Una persona che non sarei mai stata io.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: Dimmi cos’è l’amore.



Amore.

Il mondo pare girare attorno a questo perno.

È sulla bocca di tutti, è nel cuore di tutti, eppure nessuno, ma proprio nessuno, sa davvero che cosa esso sia.

Affetto, tenerezza e attaccamento sono solo alcuni dei sinonimi di questa grandiosa emozione e, per quanto ci forniscano un piano d’insieme per cominciare a studiarlo, ancora non riescono a farti intendere per bene che cosa è l’amore.

È troppo grande, no?

Troppo vario, nella sua interezza, per poter avere delle limitazioni o delle definizioni.

Noi ci proviamo ad imbrigliarlo, a capirlo, ma ogni nostro sforzo appare inutile.

Gli esseri umani non sono fatti per avere ogni conoscenza e, per quanto frustrante possa essere, questo è uno di quei misteri che mai troveranno una risposta.

Non una completa comunque.

Ricordo che una volta mi è stato chiesto che cosa ne pensassi, io, dell’amore.

In principio non dissi niente. Rimasi zitta, impassibile, e quando capii di non avere nulla da dire di preciso alzai le spalle, intrecciando le dita in una ciocca dei miei lunghi capelli. Faccio sempre così quando sono agitata, quando non so come ribattere a qualcosa. Lo detesto perché, quando succede, mi sento debole ed allo scoperto.

«Dai, dovrai pur avere una qualche idea a riguardo.» aveva continuato il mio inquisitore, sghignazzando sommessamente di fronte alla mia apparente ignoranza.

Non potevo biasimarlo visto che, a quei tempi, non avevo ben chiaro un concetto tanto difficile - e, a dire il vero, non ce l’ho chiaro neanche adesso - e la sola idea di dovermi cimentare in un discorso così filosofico mi dava quasi la nausea, ma non appena notai quell’accenno d’ironia nel suo sguardo, qualcosa si accese in me: m’infervorai, dimentica del mio indicibile odio verso un qualcosa che rende le persone deboli e più inclini all’infliggere dolore a qualcuno.

«L’amore è…» cominciai, fiduciosa della mia parlantina e sicura di me stessa.

Dovevo farcela. Ne andava del mio orgoglio.

«…è…»

Già, cos’era l’amore per chi, come me e mio fratello, era frutto di un rapporto che si basava su tutto meno che su quello?

Io non potevo rispondere, non potevo perché anche se di certo, alla mia età, già mi ero infatuata di qualcuno, non avevo l’assoluta certezza di essermi anche innamorata.

Infatuazione ed innamoramento sono due cose ben diverse, infondo.

Rimasi perciò a fissare il vuoto, conscia della mia totale sconfitta: una della mia risma non avrebbe mai saputo un fico secco su quell’argomento. Faceva troppo male, feriva troppa gente, e io avevo il terrore di provare dolore.

È allora che lo vidi.

In quel preciso istante, il primo giorno del mio primo anno di Liceo, durante quella che, lo sapevo, si sarebbe rivelata come la più noiosa delle mattinate, io vidi l’aspetto dell’amore e infine compresi.

Non puoi definirlo perché non hai più parole, una volta che ti scontri con lui.

Non puoi scriverne, discuterne, non puoi neanche raffigurarlo su carta o tramutarlo in musica perché non sarà mai come te lo senti dentro, nel petto.

E poi, ora che tutto mi era chiaro, ero anche assolutamente certa di un’altra cosa: l’amore è soggettivo poiché è diverso per ognuno di noi. Anzi, lo è poiché ha sembianze diverse per ognuno di noi.

Il mio aveva assunto quelle di un ragazzo alto, di bell’aspetto, dai capelli neri e lo sguardo sicuro.

Ma, forse, potevo riassumerlo anche in un’unica caratteristica: il mio amore risiedeva in due occhi grigi, profondi, nei quali mi sarei persa volentieri fino alla fine dei miei giorni perché, lì dentro, riscoprivo me stessa.



  
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