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Autore: Fiamma Drakon    22/02/2012    1 recensioni
Si fermò nel constatare che si trovava in una parte del castello che fino ad allora non aveva mai visto: il corridoio era ombreggiato e s’inclinava leggermente, scendendo verso il basso.
«Dove porterà questo corridoio...?» si chiese.
Era curiosa per sua stessa natura; per questo non si fece il minimo scrupolo ad addentrarsi, certa che non avrebbe trovato né Jabberwocky né Guardie Reali ad attenderla.
Il corridoio diveniva sempre più buio man mano che scendeva. Dopo qualche metro trovò le prime fiaccole ad illuminarle la strada, anche se le dettagliate mani di pietra che le sorreggevano non contribuivano a creare un’atmosfera confortante.

[Personaggi: Alice Liddell, Gatto del Cheshire]
[scritta per la challenge "The COW-T 2" indetta dalla community maridichallenge]
[scritta per "Il Carnevale delle Lande" indetto da landedifandom]
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dangerous toys «Alice sei la nuova Regina del Paese delle Meraviglie, adesso!».
Alice aveva rimesso a posto tutto quanto: tutte le creature che erano morte - fatta eccezione per l’odioso e letale Jabberwocky - erano tornate in vita, il Paese delle Meraviglie aveva ripreso vita e colori, tornando allo splendore precedente il terribile regno della Regina di Cuori.
«Lo so, gatto» replicò tagliente Alice, avanzando lungo uno degli innumerevoli corridoi del palazzo ormai cadente a causa della dura lotta che vi aveva avuto luogo, lo scontro che aveva visto uscire sconfitta una Regina di Cuori ormai distrutta.
Il gatto del Cheshire le camminava al fianco sogghignando perfido come sempre, occhieggiando alla propria destra e alla propria sinistra, come se temesse che qualche Guardia Reale sopravvissuta potesse sbucar fuori all’improvviso dal muro e aggredirlo.
Il coraggio non si poteva certamente annoverare tra le sue virtù, anche se tale mancanza pareva essere degnamente sostituita da un’arguzia estremamente pungente.
«Non sembri soddisfatta della vittorrrria» constatò miagolante «Non sei mai contenta. È anche per questo che risulti tanto interrrrressante...» soggiunse.
Alice lasciò vagare gli occhi verde smeraldo su ciò che aveva attorno: i mattoni sotto i suoi piedi erano frantumati, enormi varchi erano stati aperti nelle pareti. Uno, poco più avanti, dal quale si poteva vedere uno scorcio del labirinto di siepi nel giardino era circondato da grossi detriti che bloccavano parzialmente la strada.
Le tende che avrebbero dovuto abbellire le finestre e donare un tocco più maestoso ai corridoi e alle sale erano stracci laceri parzialmente divelti ed accartocciati sui pavimenti.
Lo spettacolo era a dir poco desolante, per non dire colmo di distruzione.
«Questo castello sta cadendo a pezzi» sentenziò stizzita Alice, superando con un piccolo salto un mattone sporgente del cumulo abbandonato nei pressi della breccia nella parete.
La ragazza si fermò sopra di esso, ammirando con espressione altera il giardino sottostante. Sembrava avere la mente altrove.
Il gatto le balzò agilmente affianco e si sporse per ammirare anche lui quello spettacolo. Da quella posizione, la sua spina dorsale parve risaltare ancora di più nel suo corpo scarno e scheletrico.
«È un monumento alla caduta del tiranno» asserì, e nel tono che utilizzò Alice fu certa di percepire una sottesa nota di compiacimento.
«Non posso stare in un posto così: l’integrità della struttura stessa è compromessa. Non voglio morire schiacciata dalle macerie di questo castello» disse la ragazza, riprendendo il suo cammino nel corridoio.
Il micio la osservò dal punto in cui si era fermato, poi svanì e le ricomparse accanto, qualche metro più in là.
«Ci vuole ben altro che la distruzione di un edificio per ucciderti Alice... e dovresti saperrrrrlo bene» replicò l’animale.
La sua sottile allusione alla demolizione della sua casa di famiglia la punse sul vivo.
«Sono sopravvissuta ad un incendio, non ad un abbattimento edile. Sono cose diverse»
«Sei sopravvissuta a cose ben peggiori nel Paese delle Meraviglie, Alice»
«Sei solo un fastidio, stupido gatto. Vattene»
«Obbedisco a sua Maestà Alice» la prese in giro il gatto, sogghignando un’ennesima volta prima di svanire.
«Scocciatore» sbuffò la mora, incrociando le braccia sul petto.
Fece per proseguire, ma si fermò nel constatare che si trovava in una parte del castello che fino ad allora non aveva mai visto: il corridoio era ombreggiato e s’inclinava leggermente, scendendo verso il basso.
«Dove porterà questo corridoio...?» si chiese.
Era curiosa per sua stessa natura; per questo non si fece il minimo scrupolo ad addentrarsi, certa che non avrebbe trovato né Jabberwocky né Guardie Reali ad attenderla.
Il corridoio diveniva sempre più buio man mano che scendeva. Dopo qualche metro trovò le prime fiaccole ad illuminarle la strada, anche se le dettagliate mani di pietra che le sorreggevano non contribuivano a creare un’atmosfera confortante.
Il corridoio si trasformò in una discesa sempre più ripida, fino a che una scalinata si aprì sotto di lei, conducendola ancor più in profondità.
Quando arrivò alla meta, si ritrovò in una grande stanza sotterranea arredata con numerosi marchingegni dall’aria bizzarra e soprattutto pericolosa. Sembrava in tutto e per tutto una stanza delle torture.
La prima cosa su cui le cadde l’occhio fu una versione ridotta di una ghigliottina, un giocattolino che Alice non si sorprese affatto di trovare lì, data la spiccata predilezione della Regina per le decapitazioni.
In aggiunta a ciò c’era anche un tavolo tappezzato di grossi chiodi arrugginiti ed incrostati di sangue raggrumato posto in mezzo alla stanza, una gogna, un’asse munita di catene - probabilmente il luogo in cui molte povere vittime innocenti erano state tirate fino ad essere strappate in due o quasi - un toro di Falaride dalle forme abbastanza surreali e molti altri strumenti di minor rilievo, alcuni dei quali talmente unici nella loro specie da risultare sconosciuti alla ragazza.
Lo strumento che però attirò maggiormente la sua attenzione fu una specie di grossa bara di legno scuro appoggiata contro una parete: dall’aspetto sembrava un oggetto innocuo.
Alice vi si avvicinò lentamente, osservandolo con espressione guardinga, quasi avesse timore che potesse trasformarsi in un mostro da un momento all’altro.
Raggiunto lo strumento, vinta ancora una volta dalla curiosità, la fanciulla cercò di forzare l’apertura. Per far ciò si servì della sua inseparabile Lama Vorpale, che apparve prontamente nella sua mano destra.
Alice infilò la lama nella fessura ed iniziò a far pressione.
Dopo un paio di tentativi a vuoto riuscì nell’impresa, ma se ne pentì subito: dall’interno si sprigionò un tanfo nauseabondo di cadavere putrescente che la costrinse ad allontanarsi senza neppure richiuderla.
Adesso la riconosceva: l’aveva vista in alcune illustrazioni dei libri. Quella era una vergine di ferro.
Al suo interno doveva ancora esserci il cadavere infilzato dell’ultimo che aveva avuto la disgrazia d’esserci chiuso dentro.
«Che puzza tremenda...» borbottò la ragazza, affrettandosi a lasciare la stanza, disgustata.
Si promise che sarebbe tornata laggiù, quantomeno per togliere quel cadavere marcescente dalla vergine e metterlo dove non avrebbe dato fastidio - magari avrebbe potuto usarlo come concime per le siepi del labirinto.
Le sembrava ingiusto lasciare un tale fardello dentro quella povera vergine di ferro.
   
 
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