Eat
Ate
L’uomo coi capelli rossi avanzò nella neve tenendo in
braccio la sua bambina, in modo che non si bagnasse i piedini coperti da un
paio di stivaletti rosa in gomma. Lei forse avrebbe voluto giocarci con tutta
quella neve, ma stare in braccio a suo padre era una sensazione piacevole che
non si voleva mai perdere.
Dietro
di loro, in ritardo solo di qualche passo, una donna sorridente e
straordinariamente simile alla bimba.
Spirit Albarn spinse la porta
del ristorante per aprirla e adagiò Maka e i
suoi stivaletti rosa sul tappeto d’ingresso come se si trattasse di un
oggetto di cristallo. La signora Albarn, sempre
sorridente, guardò il cameriere battendo i piedi sul tappeto per
togliersi la neve dalle scarpe.
“Un tavolo per
tre?” domandò, pieno di zelo, il ragazzino con la camicia bianca e
la cravatta al collo. Spirit annuì, ma Maka alzò il braccino segnando il numero quattro
sulle dita “Quattro!” esclamò. Il giovane cameriere lo
guardò per un attimo perplesso, prima che la bambina indicasse il
peluche a forma di cane che teneva nello zainetto.
“E quattro sia,
allora!”
Eat
Maka Albarn avanzò
nella neve con decisione, con quel candore che le arrivava fino a metà
polpaccio, mentre sua madre arrancava dietro di lei. Continuava a nevicare, ma
questo non aveva impedito loro di uscire. La ragazza,
contrita, aprì la porta del ristorante spingendola e venne
accolta dallo stesso cameriere che l’accoglieva quando era piccola. Erano
cambiati entrambi, lei era una ragazzina e lui era un uomo.
La signora Albarn entrò a sua volta scrollandosi la neve dai
capelli.
“Un tavolo per
due?” domandò zelante il cameriere.
“Per tre”
rispose Maka, che non aveva per nulla l’aria di
chi è uscito a festeggiare “Dopo arriva mio padre”. La
signora Albarn sospirò, sapeva che invece non
sarebbe arrivato, probabilmente si era dimenticato del loro appuntamento di
famiglia e in quel momento era a spassarsela con qualche donnicciola.
Probabilmente fu in quel
momento che, per la prima volta, nella mente della signora Albarn
si presentò l’idea della partenza per un viaggio solitario.
Eater
Maka si fece strada nella
neve senza difficoltà, era agile e un po’ di nevischio non la
poteva mettere alle strette. Spinse la porta ed entrò, il cameriere era
sempre il solito, aveva messo radici in quel posto, chissà se lo
pagavano bene. Sicuramente Kim lo sapeva.
“Un tavolo per una
persona?” domandò. Maka sbatté le
palpebre un paio di volte, prima di ribattere
“Per due. Lui sta arrivando” e così
dicendo andò a sedersi al tavolo che le fu indicato. Il cameriere
rimase a guardarla per qualche secondo, chiedendosi chi mai dovesse arrivare
quella volta e se effettivamente sarebbe arrivato. Suo padre probabilmente non
lo avrebbe fatto.
Nella neve nel frattempo,
prese forma un altro individuo che, infreddolito, aprì la porta
spingendola ed esclamò con aria un po’ strafottente “Mi
stanno aspettando”. Non era chiaro se quella di confondersi nel candore
invernale fosse un pregio o un difetto, sta di fatto che il cameriere fu preso
quasi alla sprovvista, soprattutto quando lui, senza dire niente, si
avviò verso il tavolino di Maka Albarn, che sembrava pronta per fargli la ramanzina per
qualche cosa.
L’uomo alzò
le sopracciglia, forse l’epoca degli amici immaginari era finita.