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Autore: neme_    22/02/2012    7 recensioni
« Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me. »
« Lo so. »
« Ma è il primo a dirmi che tornerà. »

Tyki è un giovane avvocato di ventisei anni.
Lavi è il nuovo cliente che ha scelto, colpito dalla sua vicenda che sembra come le altre. Ma già al primo incontro, Tyki capisce che la situazione di Lavi è ben più complicata.
Un incontro, il loro, che spinge Tyki in un viaggio mai intrapreso, allo scopo di capire meglio quel "caso perso".
Perdonate l'aggiornamento che manca da molto. Concluderò la storia non appena avrò trovato un finale adeguato e il modo giusto per trascriverlo.
[Angst][AU][Tyki+Lavi][LaviLina][AlRoad][Suspence][Drammatico][Death][Mistero][Tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rabi/Lavi, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Author's note; ma ciao! Come va? Passato un felice san Valentino? E il Carnevale? La neve vi ha tenuti bloccati? Per pochi giorni, spero. Qui da me per un paio di giorni è stato un po' un casino, ma per fortuna è tutto a posto ora. Un inverno così non si vedeva da un sacco! Passando al capitolo, ho cercato di fare parecchia introspezione su Lavi e di mettere in risalto le sue interazioni coi personaggi. Soprattutto questa questione dei “due Lavi”, che riportano, un po' volutamente, ai volumi dodici e tredici di D.Gray-man, ossia lo scontro psicologico tra Lavi e il suo quarantottesimo alter ego, Dick. O Deak. O come dicono i giapponesi, Dikku. Insomma, come si chiama, si chiama, dopotutto sempre Lavi è. Queste “crisi d'identità” fanno un po' andare il cervello in pappa, ma mi sono divertita moltissimo. Spero di aver reso bene la cosa. Tyki invece... uhm, non so. Trattarlo nella sua parte bianca mi fa molto strano, forse perché in quelle vesti non lo vediamo quasi mai. :risatina: E il processo... eh eh eh, questo è solo l'inizio! E, ahimè, ci avviciniamo anche verso la fine... forse ne abbiamo per due, tre capitoli. O forse di più. Non so mai con esattezza fino a quanto durerà una mia long. :altra risatina: Spero che questo capitolo vi piaccia e che resterete fino alla fine, con colpi di scena che spero di rendere bene! E vorrei fare dei ringraziamenti a tutti, tutti, tutti. Quindi, nell'ordine, rifaccio i ringraziamenti come si deve, così sono sicura di non aver scordato nessuno. Un grazie infinite pieno di baci e abbracci a aki_penn, AllenNeko, Dark_Glo, FiretearsAngel, Giuu, JennyMatt, KayeJ, LadyWolf_, M e g a m i, NEMU, rose princess e Haily per aver aggiunto la fan fiction tra le preferite! E un grazie di cuore, doveroso, a animefan95, Aphrodite, Aryadughter, Bibi_, Ciel88, Dark_Glo, Dragonite, Giuu, I r i s, Iria, JennyMatt, KayeJ, Kia_chan_93, Kumiko_Walker, LadyDoll, LadyDrago88, Lore Lorenzi, M e g a m i, NEMU, preffy, Saphirblue, schwarzlight (che nome difficile da ricordare! xD), Shaila Light, Sidan, Wammy, Yucchan_, _L a l a, Nameless per aver inserito la storia tra le seguite! Siete tutti quanti meravigliosi! Ringrazio ovviamente tutti quelli che leggono, aspetto con ansia un segno del vostro passaggio, pareri e recensioni!









Nono incontro
Terza udienza, ore 10:05
Lavi, chi ero





« Anna ni issho datta no ni
kotoba hitotsu touranai
ugoki hajimeta kimi no jounetsu,
anna ni issho datta no ni
yuugure wa mo chigau iro
semete kono tsukiakari no shita de
shizuka na nemuri wo. »
( Anche se siamo stati così vicini
non possiamo neanche dire una parola
tra le nostre distanze crescenti,
anche se siamo stati così vicini
il tramonto ha un colore diverso.
Vi prego, dateci un sonno tranquillo al chiaro di luna,
se è l'ultima cosa possibile. )

[ Anna ni issho datta no ni – See-Saw ]





« Lavi... da quanto tempo siamo qui? »

Il ragazzo dai capelli rossi scostò di poco il capo, lasciando che alcuni ciuffi ricadessero sull'occhio e poi sul naso. Accennò un sorriso, manifestando come un senso di gratitudine per avere accanto Linalee, bellissima nella sua nudità che davanti a lui ostentava con timidezza.

« Tre ore, più o meno. Perché? »

Dio, se era bella. Forse solo Lavi lo vedeva, ma Linalee era dotata di una sensualità rara. Non era affatto provocante, le si poteva dire tutto tranne quello. Le piaceva indossare minigonne a prima vista troppo corte, gli sguardi di molti ragazzi erano inevitabili, ma lei non approfittava mai della situazione. Non si sedeva mai in modo da far intravedere la biancheria, né si era mai avvicinata a qualcuno con una camminata degna di una top model in passerella. Linalee Lee, in tutta sincerità, prima di Lavi non era mai stata con un ragazzo e non aveva mai trattato nessun uomo con particolare riguardo.

Solo con lui si era concessa. Poter infilare le mani sotto la sua gonna, o assaggiarla dove preferiva, per Lavi era come toccare un miraggio, qualcosa di astratto, pura immaginazione, ma così vero sotto le sue mani. E sentirselo dire. “Ti amo”. Mentre lo facevano, in un momento in cui già era tanto connettersi con la realtà, Linalee aveva preso il coraggio a quattro mani e, trasportata da quei movimenti audaci, glielo aveva detto. E lui se n'era stato zitto, come un deficiente, limitandosi a fissarla. A chiedersi cosa si doveva rispondere in quei casi. Non voleva dire frasi banali come “anch'io”, o peggio ancora “lo so”. Ma non voleva nemmeno stare lì senza dir niente. Dopotutto, cosa costava? Lo sentiva anche lui. Tuttavia, il corpo non era dello stesso parere, non in quei momenti, non durante il sesso. Perciò si diceva, con convinzione, che una volta terminato avrebbe fatto le cose per bene.

Ma poi regnava il silenzio nella camera d'albergo. Perché entrambi, pur non sapendolo, erano convinti che dopo prestazioni simili il buio totale dei rumori era qualcosa che rendeva ancora più estasiante il rapporto. Nella maggioranza dei casi finivano per addormentarsi, ma erano anche capaci di fissarsi, toccarsi i capelli umidicci di sudore, sentirsi addosso i propri odori. E Linalee sorrideva. Come se avesse già capito che Lavi l'amava comunque, anche senza dirglielo. A lei andava bene così. Lui lo dimostrava ogni santo giorno, nelle piccole cose.

« È meglio se ce ne andiamo. Altrimenti ti costerà un sacco. »

« Sta' tranquilla. Questo albergo a ore non è così lussuoso come potrebbe sembrare. Me la posso permettere un'altra oretta o due. Non è niente. »

Diceva sempre così. Gli veniva del tutto spontaneo.

Linalee era una ragazza che gestiva le proprie emozioni a fasi alterne. In alcuni giorni sembrava una tigre, in altri risultava troppo fragile. Era facilissimo ferirla. Lavi lo aveva fatto un sacco di volte, seppur non intenzionalmente. Quando era di malumore e le rispondeva male, quando faceva una battuta non proprio divertente come voleva, anche quando lei aveva le sue cose e allora apriti cielo, qualunque cosa poteva farla piangere. Ma Lavi si impegnava a fondo anche per consolarla. I risultati all'inizio erano alquanto scadenti. Qualche sorriso glielo aveva sempre strappato, sì, ma non serviva a renderla felice e farle dimenticare il negativo della sua vita. Poi in lei si fece sempre più chiara la consapevolezza che lui c'era e che in ogni gesto le avrebbe dimostrato di poter contare su di lui, di essere affidabile. Che lui l'amava, veramente, e che sarebbe stato con lei fino alla fine. Come era effettivamente accaduto.

« Linalee. »

« Sì? »

« Come ti vedi dopo il liceo? »

« Con te. »

« Lo spero anch'io. »

« Lavi. »

« Nh? »

« Come ti vedi adesso? »

« Felice. »

« Davvero? »

« Oh, sì. »

« Ti amo. »

« Uhm... se ti dicessi “anch'io” come ti sembrerei? »

« Il solito Lavi di sempre. »

« Il solito Lavi che ami? »

« Sì. »


Howard Link picchiettò sulla sbarra della cella, guardando il giovane detenuto con uno sguardi a tratti severo. Lavi non riusciva mai a capire cosa gli frullasse nella testa, cosa pensasse esattamente di lui, a parte il solito scocciatore chiacchierone. Lo vide con un piatto tra le mani e si preparò all'idea di dover mangiare l'ennesima sbobba che osavano definire “pranzo”.

« Ciao, Link. » afferrò svogliatamente la pietanza, accomodandosi subito sul letto, scomodissimo per mangiare, dove perdeva gran parte del tempo a trovare una posa comoda per poter tenere il cibo. Col risultato che il piatto si freddava e aumentava il senso di nausea di Lavi quando lo portava alla bocca.

Il secondino si concesse un'osservazione, cosa che coi detenuti, in particolare col guercio, raramente si concedeva. « Sembri di buonumore. »

« Diciamo di sì. Secondo te il processo è andato bene? »

« Non sono tenuto a fare questo tipo di considerazioni. »

« E dai, a chi vuoi che lo dica? »

Link, in tutta risposta... non rispose.

« Lvellie ti è sembrato simpatico? »

« Mi è sembrato un uomo rispettabile. »

« Già. Non c'è confronto, eh? »

Durante il silenzio che si era creato, Lavi mandò giù due o tre bocconi, noncurante di nascondere le smorfie di disgusto nei confronti di quella cosa chiamata “pasta”. Ma se non altro, almeno per un po' gli tappavano il buco allo stomaco.

Link era rimasto a fissarlo, facendosi una serie di interrogativi interiori. Per tre anni non aveva fatto altro che osservarlo al di là delle sbarre, seduto comodamente dietro la scrivania, evitando ogni tipo di comunicazione con lui. A guardarlo Lavi sembrava proprio un ragazzino impiccione e addirittura maleducato per il suo modo di porsi così simpaticamente con tutti. Una volta aveva avuto il coraggio di chiamarlo “due nei”, a causa di quelle imperfezioni sulla fronte. Tuttavia non si poteva negare che Lavi era stato un detenuto più che modello. Nonostante l'isolamento forzato non aveva mai avanzato lamentele d'alcun tipo, non aveva mai dato fastidio ai secondini o picchiato qualche altro detenuto. L'unica richiesta che aveva fatto era di poter usare liberamente la biblioteca, sempre sotto stretta sorveglianza. Solitamente la pena viene ridotta in caso di buona condotta. Ma non fu il caso di Lavi. Per lui “detenzione a vita”, nessuno sconto. E, cosa che aveva davvero colpito Link, fu vedere il ragazzo che non si era minimamente ribellato all'idea. Al suo posto chiunque avrebbe perso la testa.

« Perché adesso? »

« Uh? Hai detto qualcosa? »

« Perché accusare qualcun altro dopo tre anni? »

« Tu non credi che io sia innocente, vero? »

« Ti ho fatto una domanda. »

« Anche stando chiusi tra quattro mura per tutto questo tempo le cose cambiano, Link. » si limitò a rispondere lui, con un sorriso.

Pur non sopportandosi, Allen e Kanda si erano ritrovati a muoversi spesso in coppia. Con al fianco Tyki pronto a fermare eventuali risse o godersi le loro frecciatine. Chissà cosa si sentì dentro Kanda, nel rivedere la propria vecchia scuola, un po' cambiata nell'aspetto, ma sempre quella. Lo avevano visto irrigidirsi un po' e restare più del dovuto davanti alla scalinata, fissando il portone principale. Ma poi entrò, mani in tasca, senza guardare in faccia nessuno. Chissà quali considerazioni aveva fatto. Ma nessuno lo avrebbe mai saputo.

« Signor Tyki, non si fuma a scuola. » fece notare Allen.

« Sì, sì. » l'avvocato ignorò altamente l'ammonizione, continuando a stringere la sigaretta tra le dita. « Dov'è la sala professori? »

Allen si fece seguire lungo tutto il corridoio, con passo deciso, fino ad arrivare alla porta che indicava, con un cartello, l'aula professori. Una stanza molto più grande delle altre, la quale non era stata esente da cambiamenti. Kanda lo notò subito. Il posto che solitamente occupava Miranda Lotto, accanto a una macchinetta del caffè, era stato sostituito con una fotocopiatrice. Rimpiazzata da una macchina. Forse questo avrebbe fatto capitolare l'insicura insegnante nel profondo della sua depressione. Kanda si era già immaginato una delle sue reazioni, tra pianti e singhiozzi strozzati. “Persino una fotocopiatrice fa un lavoro migliore del mio! Perché sono così imbranata?!”, cose del genere. E, per quanto qualcuno tentasse di risollevarle il morale, i complessi di Miranda sembravano indistruttibili.

« Non c'è nessuno, come mai? » chiese Tyki guardandosi intorno.

« Oggi c'era uno sciopero o qualcosa del genere, non sono venuti tutti i professori. In ogni caso, trattandosi di lei ho chiesto l'autorizzazione a visionare tutto ciò che c'è qui dentro. » rispose prontamente l'albino, con un sorriso gentile.

« Che efficienza, piccolo. Allora cominciamo subito. » l'avvocato indicò il primo armadietto capitato sotto il suo sguardo, per poi andare alla ricerca di un posacenere.

Solo il primo armadio contava dieci scatoloni contenenti fogli vecchi e stropicciati. Per un attimo ci aveva sperato, ma gli toccò arrendersi all'evidenza che quel lavoro sarebbe durato molto più a lungo del previsto, anche se erano in tre. Inoltre, non erano neanche stati catalogati per data, quindi la difficoltà era aumentata. Kanda non tardò a lamentarsi di questo fatto. « Almeno Miranda le cose le metteva con ordine. » avevo detto con uno schiocco di lingua irritato.

Passarono diverso tempo nel totale silenzio, interrotto di tanto in tanto da frasi come “qui niente”, “questo non ci serve”. Ogni tanto Tyki controllava l'orologio, e le ore sembravano non passare mai. Gli venne spontaneo chiedersi se anche per Lavi era stato così per tre lunghi anni, lui che in cella non aveva neanche un orologio, un calendario per rendersi conto che i giorni passavano. Neanche uno specchio per potersi guardare e trovarsi cresciuto.

Sembrava incredibile come il tempo poteva giocare brutti scherzi. A volte sembrava scorrere troppo lentamente. Poi, quando si avevano un mucchio di cose da fare, era troppo veloce, quasi volesse mettere alla prova. In un caso del genere, confuso tra odori di fogli e delle sue sigarette consumate, Tyki si stava lasciando soggiogare da una specie d'illusione. Per lui non c'era tempo, gli avevano dato una settimana, e quell'orologio, proprio in quell'istante, sembrava non volesse più far arrivare la prossima ora. Come a dire “tu Lavi non lo liberi”. Scosse la testa irritato. Stress, si disse. Non poteva sentirsi stanco proprio in un momento del genere.

« Niente, nemmeno qui. » disse a voce bassa, con un tono deluso ed amareggiato. Sbuffò, massaggiandosi le tempie. La sua intuizione da avvocato lo aveva portato a controllare i test di Linalee, test speciali, a detta di Lavi. Quindi aveva pensato: se prendiamo per buono che Komui lavorava per Lvellie e Linalee faceva da tramite, perché non pensare a messaggi nascosti proprio in quei test? La ragazza aveva una buona media, dopotutto. Non v'era alcun bisogno di farle compilare fogli del tutto diversi dagli altri.

« O forse sto dando davvero di matto? » si ritrovò a pensare. Soprattutto perché Lavi quel tipo di esternazioni non le aveva fatte. Uno come lui, che aveva sfoderato una mente tanto brillante da far credere a tutto il mondo che il suo migliore amico fosse morto per causa sua, non aveva neanche contemplato una simile idea? Forse perché troppo innamorato? O forse Tyki era davvero pazzo?

Che casino. La testa iniziò a girargli. In quel momento chiunque gli avrebbe chiesto chi glielo avesse fatto fare. E lui avrebbe risposto subito con il nome del detenuto dai capelli rossi a cui si era, tutto sommato, affezionato. Era innocente, lo sapeva, glielo aveva detto. Era solo un ragazzino di sedici anni cotto come qualunque altro suo coetaneo, che aveva fatto l'impossibile per proteggere cinque persone. Poteva benissimo essere suo fratello, e pensarlo rinchiuso là dentro per Tyki era intollerabile. Avere così tanti fratelli gli si stava, in un certo senso, ritorcendo contro. Ma che ci poteva fare?

« Forse ho trovato. » Kanda lo disse con una tale tranquillità che l'avvocato lì per lì neanche gli aveva dato peso. Quando si vide porgersi una serie di fogli con indicato il nome di Linalee, poi, si sentì come liberato.

« Mio eroe! » disse il ventiseienne, quasi commosso, provocando nel diciottenne un malcelato senso di disgusto per quelle dichiarazioni.

Allen si sedette subito accanto a Tyki, mentre Kanda restò in piedi, a braccia conserte, aspettando tutte le intuizioni che Tyki avrebbe fatto riguardo quei test quasi banali, a vederli.

« Sono tutte domande che vertono sulla chimica. » notò Tyki, facendo un rapido confronto con test presi a caso di altri studenti. Completamente diversi, non solo per le domande, ma anche perché richiedevano a Linalee spiegazioni più approfondite. « Lvellie cosa insegnava? »

« Matematica, storia e biologia. » rispose subito Kanda. « A me non sono mai capitate domande del genere. Ed ero in una classe diversa. »

« Allora Linalee era l'unica in tutta la scuola a fare questo tipo di compiti. »

« E come mai? » chiese Allen.

« A leggere queste risposte, sembra che Linalee la sapesse lunga sull'argomento. Lavi ha detto che Lvellie aveva deciso di assegnarle compiti più “facili”, ma a leggere questo... »

« Allora nemmeno lui sapeva quali fossero le domande. » intuì Kanda. « Linalee non gli ha mai detto niente. »

« E che motivo avrebbe avuto di tenerglielo nascosto? »

« Piccolo, non dimenticarti che Komui Lee era un ricercatore. E io ho accusato Lvellie di aver avuto affari con lui. »

Kanda si voltò di scatto da un'altra parte stizzito, lasciando che la lunga coda di cavallo fluttuasse nell'aria. « Io non posso credere che Linalee si sia prestata a una cosa del genere. »

Tyki non gli prestò granché ascolto, consultando velocemente tutti i test. « Tutti i test riguardano la chimica. Ventitré ottobre 2004, tre novembre, sedici novembre... non cambia argomento neanche una volta. »

« Ma non è mica una prova, no? »

« Linalee rispondeva praticamente a tutto. Tranne a questa domanda. Non l'ha lasciata in bianco, ha scritto “non sono preparata a questa domanda”. Non ho mai visto un test fatto così in vita mia. »

Kanda, senza avvisare nessuno, fece per uscire. Allen lo richiamò a gran voce con tono severo, invitandolo a fermarsi, ma lui non volle sentir ragioni. Guardò l'albino malevolo, e non degnò di uno sguardo l'avvocato.

« Non voglio stare qui a sentire stronzate un minuto di più. »

« Sto solo cercando di capire, Kanda. »

« No, lei sta fantasticando! Non può mica basarsi su dei compiti per dire che Komui era corrotto! »

« Non ho mai detto che fosse corrotto. Può darsi che abbia lavorato per Lvellie sotto minacce, e che Linalee abbia fatto da tramite per le informazioni. Non c'è niente di più semplice di un test, passa inosservato come niente, così Lvellie se li porta a casa, li guarda con calma e, per non destare sospetti, li riporta a scuola, sicuro del fatto che nessuno controllerà o non si farà domande. »

« A me sembra più un tentativo di adattare i fatti alle teorie. Senta, dico solo che mi sembra assurdo che Linalee... insomma, lei! Neanche Lavi ci crederebbe! »

« Io comunque glieli faccio vedere. Voglio sentire cosa mi dice. In ogni caso, questo darà del filo da torcere a Lvellie, non aspettandosi che gli chieda dei test speciali. Però mi serve anche altro... devo sapere cosa si siano detti lui e Linalee durante le ripetizioni forzate. Magari hanno scritto anche altro. »

« Abbiamo controllato tutti gli scatoloni. » fece notare Allen, sospirando ripensando alla fatica fatta.

« Non tutti. Da qualche parte ci dev'essere qualche cartella su Miranda. Era un'insegnante di sostegno, potrebbe aver appuntato qualcosa sugli studenti. »

Allen si alzò subito, andando dietro ad una scrivania per frugare nei cassetti. Lui sapeva bene dove cercare, era uno studente di quella scuola e, al contrario di Kanda, era a conoscenza di tutti i cambiamenti che erano stati fatti. Kanda non poteva sapere che le cartelle degli insegnanti, mentre una volta erano tenuti in cassetti diversi, erano stati raggruppati dentro un'unica scrivania.

« Dicono che così è più ordinato. » anticipò Allen, scartando velocemente i nomi che non interessavano. Ma si ritrovò ad assumere un'espressione delusa. « Miranda Lotto non c'è. »

« Hanno fatto sparire il suo registro? »

« Non penso che l'abbiano buttato. »

« Hanno sostituito la sua scrivania con una fotocopiatrice, non mi stupisce che abbiano fatto sparire pure le sue carte. »

« Ma almeno ce l'aveva un registro, Miranda Lotto? » chiese Tyki, con un sorriso sarcastico.

« In effetti non mi ricordo. Ogni tanto appuntava qualcosa su un'agendina, oppure teneva i registri degli altri professori. » tuttavia Kanda non riuscì a ricordare più di così.

« Certo che la considerazione che hanno dato a questa Miranda era meno di zero, eh. » l'avvocato, dopo quella battuta, pescò il cellulare dalla tasca, componendo velocemente il numero di un collega. Più che un collega, un amico.

« Ciao, Bakino! »

Sentì subito riecheggiare un ringhio. « Quando la smetterai di chiamarmi così?! »

« Mi daresti una mano? »


« Cosa stai leggendo, Lavi? »

« Principiorum primorum cognitionis methapysicae nova delucidatio. »

« … eh? »

« Kant. » semplificò lui con una risatina.

« Certo che leggi proprio tanto. »

« Mh. »

« Chissà, forse sapendo quel che leggo io ti metti a ridere. »

« Io ho letto praticamente di tutto, Linalee. Anche quei romanzetti rosa da quattro soldi. »

« E perché? »

« Bella domanda. Non so, quando inizio a leggere, non mi fermo più. Anche se non mi piace, aspetto di leggermelo tutto così posso dire con la coscienza pulita che fa schifo fino alla fine. »

« Quando ti eri appena trasferito, ti vedevo sempre leggere, tutto solo, seduto sul prato della scuola. »

« Sembravo uno sfigato, eh? »

« No, anzi. Mi sembravi solo... molto solo. Hai un'aria così seria quando leggi. Come se non ti importasse del resto del mondo. »

« Non è così. È proprio perché il mondo mi interessa che non riesco a smettere di leggere qualunque cosa mi capiti tra le mani. Puoi capire un sacco di cose di una persona attraverso le cose che scrive, i suoi pensieri, i suoi ideali, quello che vuole comunicare. »

« Ma ti sentivi solo, vero? »

« No, no. Cioè. È un po' difficile da spiegare. Prima di arrivare qui non sono mai riuscito a intrattenere rapporti stretti con gli altri, ci restavo troppo poco tempo. E persone che non contano così tanto per me non mi mancano più di tanto. Mi sentirei molto più solo se non potessi più leggere. »

Non gli capitava quasi mai di fare quel tipo di discorsi. Non si era mai posto il problema di sentirsi solo o meno. Erano pensieri che non potevano avere spazio nella sua vita, tanto una risposta non l'avrebbe avuta, inutile scervellarsi su cose come quelle. Sui libri è tutto più facile, problemi come questi se li pongono ma trovano sempre una soluzione creata ad arte, come se lo scrittore volesse consolarsi di non essere riuscito a trovare un posto nel mondo. A dirla tutta, prima di Linalee nessuno gli aveva posto una simile domanda, e il ritrovarsi senza una risposta precisa lo fece sentire quasi un idiota.

Aveva appena detto che senza libri si sarebbe sentito solo davvero. Ma era davvero così? Davvero non poter sfogliare pagine gli avrebbe reso la vita addirittura insostenibile? E Linalee? Lei contava meno di un libro? Senza di lei si sarebbe sentito solo allo stesso modo?

Si ritrovò a fissarla, in cerca di una risposta in quel sorriso tenue. Una risposta che, tanto, non sarebbe mai arrivata. Magari fosse stato il protagonista di un romanzo. Almeno lo scrittore avrebbe dato la risposta per lui.

« Perché non scrivi un libro? Così non ti senti più solo. »

« Eh eh eh, non sono bravo a scrivere! »

« Prendi sempre il massimo dei voti ai temi. »

« Ma quella è una cosa completamente diversa, Linalee. No, meglio lasciar scrivere chi è capace davvero. »

« Bè, almeno provaci. A me piacerebbe leggere un tuo libro, sicuramente lo adorerei. »

« Magari uno di quei romanzetti rosa che adori? »

« Ah ah ah, ma dai, smettila di prendermi in giro! »


Forse un giorno si sarebbe messo a scriverlo davvero, un libro. Ma senza Linalee, che senso avrebbe avuto?

Si ricordava anche di chi, detenuto come lui, si metteva a scrivere un'autobiografia, un resoconto dettagliato delle esperienze passate, dell'esperienza in carcere. Una cosa del tutto inutile. Tanto che ci fa la gente con un libro del genere dove, gira e rigira, ci scrivono sempre le stesse cose? E poi lui non sentiva il bisogno di giustificarsi o di lasciare le proprie memorie a qualcuno. A nessuno interessa veramente la psicologia di un assassino, a meno che non sia uno squilibrato. O un poliziotto per dargli la caccia. O un amico, come Yu. E Tyki. Definirlo amico forse era un'esagerazione, ma anche Lavi aveva capito che ormai quello strano avvocato si stava muovendo per una cosa ben più grande del senso del dovere.

Ecco, forse un libro su di lui l'avrebbe scritto davvero. Con protagonista un avvocato che imbrogliava a carte e ammaliava tutti col suo neo strategico. Ridacchiò, nel silenzio della cella. Figurati se qualcuno comprerebbe certa roba, si disse. Solo Linalee l'avrebbe comprato. Per non farlo sentire solo.

« Linalee, secondo te sto sbagliando? Ho infranto la promessa di non dire niente a nessuno. Mi daresti uno schiaffo, vero? Me lo meriterei. Credimi, fosse stato per me io non... non lo so più, Linalee. È passato così tanto tempo. Quasi non mi riconosco. Anzi, non riconosco l'uomo che era con te, che ti abbracciava e ti baciava. Chi ero? È straziante vederti con qualcuno che mi somiglia, ma non sono io. Cioè, quello sono io. Sarei io, no? Sono quello che ero. Ma non riesco più a capire chi ero io. Merda, Linalee! Perché mi hai fatto promettere una cosa del genere? Come hai potuto pretendere che io mi facessi carico di una cosa così senza dare di matto? Guarda come sono messo. Il Lavi che ero non avrebbe mai fatto questi pensieri. Ti avrebbe amata comunque. »

Solo una cosa accomunava quei due Lavi che ora si vedeva nella testa. Una cosa che lo teneva ancora aggrappato al mondo, e non lo faceva sentire solo.

« Ti ho amata così tanto, Linalee. Risulta incredibile persino a me. Anche se io dovessi uscire da qui e dovessi rifarmi una vita... insomma, ecco, non lasciare che ti dimentichi. Altrimenti sì che mi sentirò solo come un cane. »


A Tyki un po' dispiaceva quel sorriso ottimista di Lavi, quando se lo ritrovò davanti, nella sala colloqui. Perché sarebbe scomparso subito, rovinando così quel buonumore che caratterizzava Lavi Bookman Junior, anche in situazioni estremamente difficili come quella. Però era anche importante sentire una sua opinione su quei fogli. Così glielo porse, con discrezione, anche con dei dolcetti che aveva portato su raccomandazione di Allen. Si era limitato a fissarlo in assoluto silenzio. E il viso di Lavi, dapprima incuriosito, divenne poi stranito, persino arrabbiato.

« Perché me li ha fatti vedere? » gli chiese il rosso, poggiandoli in malo modo sul tavolo.

« Voglio solo sapere che ne pensi. »

« Tyki, lei non mi farebbe mai vedere una cosa del genere senza avere qualche intuizione a riguardo. Me lo dica, non mi offendo. Tanto, ormai... »

Si concesse qualche secondo, prima di chiedere. « Secondo te questi test sono normali? »

« Per niente. » fu la risposta, una volta riacquisita la calma. « Sono di un livello troppo alto per una studentessa delle superiori che in teoria chimica non la studia nemmeno. »

L'altro annuì, un po' spaesato dalla risposta. Allora nemmeno lui era a conoscenza dei contenuti di quelli domande, ma gli sembrò comunque una situazione difficile da capire.

« So cosa sta pensando. » Lavi accennò un sorriso, ma non era possibile capire cosa pensasse veramente. « Komui era un ricercatore, per lui la chimica era facile come respirare. E Lvellie faceva parte di questa organizzazione. Le scoperte di uno come lui poteva fare comodo. »

« Quello che penso anch'io. Kanda invece... »

« Non è che Yu non ci creda, è solo che... insomma, capisce, vero? »

« Linalee non ti aveva mai detto in cosa consistevano i suoi test? »

« No. »

« E la cosa non ti insospettiva? »

« Altroché. Ma ogni volta che tentavo di sapere succedeva sempre qualcosa. O aveva da fare, oppure Lvellie gironzolava nei paraggi, come se la stesse sorvegliando. Avrei dovuto costringerla, a costo di farla piangere e beccarmi uno schiaffo. »

« Potrebbe averlo detto a Miranda? »

« Può darsi. »

« Sai se Miranda tenesse un registro, una cartella... qualcosa del genere? »

« Un'agendina. Sul registro spesso faceva un mucchio di errori, e piuttosto che ritrovarseli pasticciati, i professori le hanno concesso di tenere tutto sull'agenda. Tanto lei era insegnante di sostegno, non era così necessario per lei. »

L'altro annuì nuovamente, limitandosi a fissare il pavimento con fare nostalgico. Lavi l'osservò per qualche istante, lasciandosi andare, per un po', alla comprensione. D'improvviso tutto era così diverso da quei giorni di scuola che passava tranquillamente, ma Linalee non le era sembrata neanche per un solo istante un mostro perché gli aveva tenuto nascosto qualcosa. Era difficile, ma sopportava.

« Immaginavo che uno come te sarebbe giunto a una conclusione simile, ragazzo. »

L'altro continuò a sorridere. « Lei da quanto sta seguendo questa pista? »

« Più o meno da quando è iniziato il processo. È che... la morte di Miranda è strana. È fuori posto. Però non riesco a togliermi dalla testa Linalee che le confida qualcosa, o Miranda che lo scopre per caso... così tornerebbe tutto. »

« Insomma, sta dicendo che... che io non c'entro niente, non è così? Che mi sono fatto rinchiudere per tre anni per nulla. Che io non ero così importante per Lvellie. »

« Ti considera comunque un nemico. Forse pensa che le cose che hai scoperto te le abbia dette Linalee. »

« A questo punto non so più che ruolo ho in questa storia. Chi ero io. »

« Sai, l'hai presa anche meglio di quanto credevo. »

« Gliel'ho detto, ormai... che importanza ha? Linalee non può più tornare. »

« … lo so. »

Il guercio abbassò lo sguardo verso il tavolo, verso quei fogli che aveva appena letto. Un po' deluso lo era. Pensava di aver raggiunto un'intimità tale, con lei, da poter avere il diritto di conoscere la verità. Invece l'aveva scoperta da solo, seppur solo parzialmente. Se solo l'avesse saputo prima, da lei, l'avrebbe protetta, non sarebbe morto nessuno e lui non si sarebbe trovato in galera. Ma di chi era la colpa, alla fine?

« Tyki, mi faccia un favore. »

« Mh? »

« Alla prossima udienza voglio vedere Lvellie umiliato. Come non lo è mai stato. »

L'altro, in tutta risposta, ghignò. Era quello che voleva esattamente anche lui, sarebbe stato un piacere esaudire quella richiesta piena di rancore, così umana.

La conversazione fu interrotta da una telefonata. Di Bak Chan, il suo collega. Così presto, Tyki non se lo aspettava. Sperò in buone notizie. E, una volta tanto, la sorte gli fu favorevole.

« Ho trovato quello che mi hai chiesto. »

« Così in fretta? »

« Miranda Lotto era sola, non aveva parenti né un marito, così la polizia ha preso tutti i suoi effetti personali. Ora l'agenda ce l'ho io, proprio qui accanto a me. Quando te la porto? »

« Arrivo subito. Sei un mito, Bakino. »

« Chiamami “signor Bak”, accidenti a te! Non hai idea di quanto abbia litigato coi poliziotti per avere quest'agenda, mi aspetterei un minimo di gratitudine! »

« Sì, ti voglio bene anch'io, Bakino. Ci vediamo dopo. »

Lavi non si stupì nel vederlo alzarsi di scatto dalla sedia. Era solo incuriosito. « Chi è Bakino? »

« Un grand'uomo che mi ha dato un enorme aiuto. »

« Cioè? »

« Cioè che alla prossima udienza Lvellie lo umiliamo per bene. Ci vediamo domani, ora vado di corsa. »

L'altro sorrise, quasi divertito. « Secondo me quel Bakino è innamorato del suo neo. »

L'avvocato risistemò in fretta e furia tutte le scartoffie nella borsa. « Anch'io mi stupisco di quanto sia irresistibile. » rispose, facendo l'occhiolino.

« La prego, non faccia così! Potrei innamorarmi, sa? »

« Ah ah! Ora scappo davvero. Mangia tutti i dolci, mi raccomando. »

« E lei veda di non inciampare correndo così. »

Lo guardò sfrecciare via con un sorriso. Anche Tyki sembrava davvero contento. I dolci sembravano più buoni. Lavi non si era mai sentito solo, così si diceva sempre. Ma non era sicuro di poter dire lo stesso in quel momento, avendo a che fare con tipi come Tyki Mikk, tipi tutt'altro che normali. Fuori di testa, come lui. Se lo meritava, un libro sulle sue gesta.

Tyki però non volle anticipargli nulla delle scoperte appena fatte. A giudicare da com'era contento, doveva essere roba che scottava, anzi, lava incandescente. Gli disse di aspettare fino alla settimana successiva, che arrivò, lentamente a detta di tutti, colpa forse dell'ansia, ma arrivò. Lvellie se ne stava seduto al proprio posto, indifferente, sprezzante come al solito. Tyki non vedeva l'ora di vederlo capitolare.

« Vostro onore, chiamo a testimoniare Malcolm C. Lvellie. »

Per un attimo il “professore” incrociò lo sguardo di Lavi. Con superiorità. Lavi invece, rispose con totale indifferenza. Perdere contro di lui, non ci pensava nemmeno. Aveva fiducia in Tyki. Lui, che raramente si affidava così a qualcuno. E sapeva che Tyki non lo avrebbe tradito.

« Signor Lvellie, le va di parlare un po' di Miranda Lotto? »

« Povera donna. »

« Già. E povera Linalee. »

« Linalee Lee era problematica, ma sicuramente aveva delle qualità. »

« E lei le qualità di Linalee le aveva scoperte, vero? »

« Non la seguo. »

Gli porse subito i fogli contenenti i test, dandone poi una copia al giudice. « A quanto pare Linalee era un genio della chimica. »

« Chiunque, studiando, può avere un buon esito. »

« Ma questi... » porse altri fogli, test di altri studenti. « Sono completamente diversi, perché? »

« Linalee Lee era molto diversa dagli altri. »

« In che cosa era diversa? »

« Bisognava prestarle particolare attenzione. »

« Aveva forse problemi di apprendimento? Non studiava? Perché da quel che vediamo nei test sembrava tutt'altro che stupida. Perché allora dedicarsi così tanto a lei e non ad altri studenti che rischiavano la bocciatura? »

« Cosa sta insinuando? »

« Io? Niente. Pongo delle semplici domande. La domanda più corretta dunque sarebbe: perché si mette subito sulla difensiva pensando che io voglia insinuare qualcosa? »

« Lei mi ha accusato, una settimana fa, di avere a che fare con gente criminale. Adesso non mi faccia credere che non stia insinuando che abbia prestato attenzione a Linalee Lee per questi affari. »

« Lo ha appena detto lei, non io. »

L'avvocato di Lvellie, quello che Tyki chiamava “Uno”, si alzò di scatto. « Obiezione. »

« Accolta. Veda di andare al sodo, avvocato Mikk. »

« Sì, sì. » non se la prese per il richiamo. La faccia irritata di Lvellie valeva più di qualsiasi cosa. E l'occhio verde di Lavi, che brillava di luce propria. Non lo aveva mai visto così, mai in tutti i suoi incontri.

No, non poteva proprio perdere.





« Unmei to umaku tsukinatte iku nara kitto,
kanashii toka sabishii nante itte rarenai,
nando mo tsunagatta kotoba wo muryoku ni shite mo,
taikutsu na yoru wo tsubushi tainda ne. »
( Se hai intenzione di affrontare il destino
non puoi andare a dire che sono triste e solitario,
anche se questo significa rompere i legami di parole
che abbiamo creato insieme,
potresti dire ancora addio alle notti noiose)
[
Anna ni issho datta no ni – See-Saw ]

   
 
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