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Autore: Nocturnia    22/02/2012    3 recensioni
"Se Stoker lo sapesse si rivolterebbe nella tomba e mi troverei Vlad, il carissimo Vlad, a pochi centimetri dal collo. Fidati. E' un'esperienza sgradevole."
Aden gli aveva sbattuto sulle dita sottili la rilegatura nera, su cui spiccava una mela rossa e, con un gemito agonico, gli aveva mormorato:
"Leggilo. Leggilo e poi brucialo. Che quelle cazzo di fiamme lo cancellino, prima che debba lavarmi gli occhi con l'ammoniaca."
Tamos l'aveva squadrato scettico, sicuro che le donne non avrebbero mai, e dico mai, dimenticato il maschio predatore che era il vampiro.
D'altronde, chi cambierebbe un sanguigno e passionale vampiro per uno in perenne crisi d'identità e dai canini sbeccati, nonchè animato da tendenze suicide?
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di Glitter e di Sangue Disclaimer: Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto ed i suoi personaggi rappresentano invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

"Dato che il patetico non può essere espulso dalla vita umana,
per renderlo sopportabile mi pare che sia sempre utile
accompagnarlo con un po' d'ironia."
- Ignazio Silone -


Di glitter e di sangue

I vampiri erano insidiosi.
E, se li si beccava in un giorno di magra, pure bruttini.
Aden aveva rigirato pigramente il cucchiaino nel caffè, buttando l'occhio sull'ultimo libro che il cartellone pubblicitario della stazione propugnava come fosse il Santo Graal.
Se non fosse stato in un luogo pubblico, avrebbe afferrato quel faccione bruno e c'avrebbe pisciato sopra.
Magari alzando anche la gamba, come i cani quando seguono l'istinto.
Sospirò pesantemente, brandendo il piatto vuoto con fare contrito e sperando vivamente, molto vivamente, che le ragazzine a lato la smettessero di rumoreggiare.
Possibilmente, evitassero proprio di adorare quella sagoma di cartone, pari alla consistenza dell'uomo che vi era rappresentato.
Per cinque minuti, anzi no, facciamo per una frazione d'istanti, Aden ponderò l'idea di trasformarsi davanti a loro e far notare che no, i lupi mannari non sono creature gentili, non odorano di buono, semmai di polvere e pelo bagnato, e che sì, mangiano leprotti indifesi.
Che non sempre devono avere penne o piume d'indiano tra i capelli e che evitano i tatuaggi tribali perché sono tanto démodé.
Che quando amano bisogna stare attenti a loro, non ad un efebico e malaticcio non-morto.
Giusto per quei venti chili di muscoli in più.
Solo una voce bassa e rauca l'aveva fermato, interrompendo i suoi propositi di vendetta.
"Credo che un lupo umanoide di almeno due metri non sia il loro sogno erotico, Aden."
"No, giusto." aveva berciato l'altro sbuffando "nella categoria rientrate solo voi e qualche cretino di demone."
Un risatina tesa gli aveva raggiunto le orecchie, mentre una mano gelida si era posata sulla sua tazza, strappandogliela.
"Fa schifo."
"Anche la tua faccia, Tamos."
"Touché."
Aden si era voltato, incrociando le iridi pallide e leggermente incavate di Tamos.
Vampiro da almeno trecento anni, Tamos era l'opposto della creatura della notte che il mercato richiedeva: rapace, guardingo, feroce e disposto a tutto pur di strapparti la carotide.
Di tutti gli stereotipi, l'unico che gli si adattava era quello dell'eleganza, cosa di cui andava molto fiero dato che la sbandierava ai quattro venti, sperando ardentemente che "quello", ovvero il beota emo della locandina, non rientrasse nel gruppo.
"Sei vestito come uno straccione."
Eccola lì tutta la sua arroganza, la sua indubbia superiorità.
"Non sarebbe pratico distruggere un Armani ogni volta."
"Non troverai mai una ragazza se continui a girare con camicie vecchie di flanella a quadri e gli stivali da lavoro. Il tuo bel musetto attira solo le provinciali."
"E tu neppure finché continui a puzzare di rose appassite e rimani pallido come un cadavere. Ah, ma aspetta..." gli aveva sibilato Aden malevolo "tu sei un cadavere."
Il vampiro si era crucciato, sfregando le unghie contro il legno ed arricciando le labbra.
"Io mi accontento di dissanguarle."
"Cosa che sta diventando molto difficile dopo l'avvento di quello, eh?"
Aden aveva indicato il poster alle sue spalle, sorseggiando il caffè ed aspettando la reazione dell'altro.
Per qualche istante, Tamos non aveva mosso un muscolo, neppure un sopracciglio.
Avrebbe potuto passare per una statua se il vento non avesse lambito il suo impermeabile, scuotendolo.
Sapeva di aver colpito un nervo scoperto, ma la loro stessa identità, a cui si erano aggrappati per anni e a cui erano fermamente convinti di appartenere, negli ultimi tempi era stata messa in discussione.
Se prima il mondo dell'editoria era invaso da vampiri fragili, ma egoisti, più simili di quanto si pensasse alla realtà, ora come ora era il clan dei vegetariani a farla da padrone.
Tamos, all'inizio, non c'aveva voluto credere.
"Se Stoker lo sapesse si rivolterebbe nella tomba e mi troverei Vlad, il carissimo Vlad, a pochi centimetri dal collo. Fidati. È un'esperienza sgradevole."
Aden gli aveva sbattuto sulle dita sottili la rilegatura nera, su cui spiccava una mela rossa e, con un gemito agonico, gli aveva mormorato:
"Leggilo. Leggilo e poi brucialo. Che quelle cazzo di fiamme lo cancellino, prima che debba lavarmi gli occhi con l'ammoniaca."
Tamos l'aveva squadrato scettico, sicuro che le donne non avrebbero mai, e dico mai, dimenticato il maschio predatore che era il vampiro.
D'altronde, chi cambierebbe un sanguigno e passionale vampiro per uno in perenne crisi d'identità e dai canini sbeccati, nonché animato da tendenze suicide?

Qualche giorno dopo Aden era stato investito da una serie di bestemmie, a cui era seguito un falò purificatore.
Ovviamente nel suo cortile nuovo di zecca.
All'uscita del primo film, Tamos aveva assistito, impotente, alla progressiva distruzione e presa per il culo conseguente, della sua persona.
Con orrore crescente, si era visto scorrere davanti secoli di minuziosa cura della leggenda del vampiro: tutti giù per il cesso.
Ridotto ad un piagnucoloso esserino ormai prono alle fantasie sessuali delle dodicenni, aveva languito per tutta la sera, mentre il mannaro tracannava litri di coca cola, nella speranza di aumentare la frequenza delle sue visite al bagno.
Fuori dal cinema, Tamos si era lanciato in uno sproloquio che era durato ore.
Il "coso", come amava chiamarlo tra uno sputo e l'altro, non solo brillava al sole, ma aveva la stessa verve sessuale di una nutria svenuta.
Ora, Tamos era tante cose: spigoloso, acido, aggressivo, sarcastico e persino antipatico, ma non cretino.
Ma porca miseria, ci sarà ben stato un motivo se in tutti quegli anni non erano mai andati a farsi un giretto al parco di prima mattina, no?
Frustrato, aveva visto ragazze corrergli dietro nel deliro della storia d'amore con il vampiro ed altre a cui avrebbe volentieri pestato le dita se fossero state sul bordo di un cornicione.
In tutto questo, la sua passione smodata per la caccia e la gioia nel fiutare l'odore della paura, era andata a farsi fottere.
Attualmente, erano le donne a saltargli al collo.
Per farsi sposare.

"Non è che la tua condizione sia migliore, eh. Tra poco penseranno che i lupi sono teneri animaletti da compagnia." latrò Tamos "Ma forse le crocchette non ti fanno così schifo. In fondo, non deve essere male avere qualcuno che ti mette anche l'antipulci."
Aden si sarebbe strappato le palle a morsi.
Nella più classica tradizione del paranormal romance, Tamos aveva sventolato la mano verso una delle ragazze al tavolo vicino, salvo poi sorriderle e fissarla come si farebbe con un saint honoré.
"Ti piace?" aveva domandato il lupo poggiando la tazza e chiedendo il conto.
"Ovvio che no." era stata la replica grondante bile "ma ho fame. F.A.M.E. Se a te basta andare nel bosco e sbranare o far piangere un coniglietto, a me serve sangue. Vivo e fresco. E no, preferirei essere percosso da un gruppo di hooligan infuriati piuttosto che vendermi l'anima per un puccioso orsetto."
"Tu non hai un'anima." aveva ridacchiato Aden passando i soldi alla cameriera ed intascando il resto.
"Punti di vista. Certamente, la mia preferisce un delizioso spettacolo teatrale o viaggiare per il mondo, piuttosto che infilarsi in una vecchia e puzzolente cittadina dove piove sempre! Cristo, deve essere uno schifo."
Aden aveva continuato a ridere anche mentre si infilava il giubbotto, su cui Tamos aveva lanciato un'occhiata risentita.
Nell'orbita del suo sguardo era poi caduta la ragazzina di prima: viso sottile, capelli crespi, occhi castani.
Una normale insomma, che avresti potuto notare se non si fosse infilata un paio di pantaloni di due taglie più grandi e cercasse di sembrare ribelle con un finto tatuaggio alla base del collo.
Probabilmente non sarebbe morta, ma Tamos le avrebbe mostrato quanto pericolosi potessero essere i vampiri.
E per "mostrato", non intendeva certo sradicare un lampione dal cemento, anche se avrebbe potuto farlo.
Piuttosto, le avrebbe lasciato addosso quella sgradita sensazione di ansia e inquietudine che l'avrebbe portata a controllare continuamente i blocchi alle finestre, il sistema d'allarme e a lasciare la luce accesa in corridoio.
Insomma, l'illusoria e terribile idea di non essere sola.
"Ci vediamo domani?"
"Uhm." aveva grugnito il vampiro "domani non posso, ho da fare."
"E cosa, di grazia? Lucidare la lapide? Pulizia dei denti? Guardare Underworld per la decima volta lagnandosi che no, tu fighe così tra i vampiri non le hai mai trovate?"
"Ti ricordo che eri TU..." replicò Tamos sventolandogli un ditino ossuto contro "che ti lamentavi come una casalinga disperata circa l'inesattezza della tua forma. E che, a tuo dire, i licantropi, a rigor di logica, hanno i testicoli. Ubriaco, hai tirato fuori la mercanzia scappando e terrorizzando le persone in strada. Saranno state le dimensioni. Ridicole."
Aden aveva incrociato le braccia al petto, facendosi un appunto mentale: mai rompere le palle ad un vampiro affamato.
Gli aveva regalato un eloquente dito medio, soppesato con fare critico dal succhiasangue.
"Benissimo, stronzo. Allora, vuoi dirmi cosa fai domani sera di così importante?"
"Devo andare in libreria, quella del centro."
Aden era rimasto interdetto.
"A fare cosa?"
"Esce l'ultimo volume della saga del glitter. Carta patinata nera, fascetta che esalta il contenuto, nullo, del libro e gioco degli scacchi inopportunamente scomodato."
Il lupo aveva sgranato gli occhi, sentendo un brivido corrergli lungo la spina dorsale: che si fosse rincoglionito una volta per tutte?
"E lo vuoi comprare?" aveva balbettato
Tamos si era girato e l'aveva fissato come se davanti a lui ci fosse stato Vlad in persona, con un paletto di legno in mano e la squisita espressione di chi sta per prenderti a calci.
"Ovvio che no. Preferire spendere soldi in lampade abbronzanti. Intendo porgere i miei complimenti all'autrice. Da soli. Possibilmente, nel vicolo adiacente l'edificio."
Per alcuni secondi, il cervello mannaro di Aden non aveva registrato.
Poi, come una folgorazione, tutto gli era stato chiaro.
"Finirai sui giornali?"
"Non sono così fotogenico." era stata la risposta sarcastica
Aden aveva sospirato, pesantemente.
"Se provi a fermarmi, giuro che ti uccido." aveva mormorato Tamos "O peggio..." e nella sua pupilla era brillata una luce strana, quasi ilare "mando una tua foto ad Alan Ball. Sia mai che a quei poveri lupi manchi un membro nel branco. Magari che sbrodoli anche lui saliva per la fatina che tossisce brillantini. Mi hanno detto che ha le gambe storte."

Aden era uscito in fretta e furia dal bar della stazione, lasciando Tamos dietro di sé, in una macchia indistinta di grigio e bianco.
Mentre attraversava la strada, si era ficcato le mani nelle tasche, accelerando il passo.
Stizzito, si era acceso una sigaretta, lasciando che la fiammella illuminasse il buio circostante.
Vampiri.
Fottuti vampiri.

Circa un paio di mattine dopo, il giornale locale riportava il viso paonazzo e sconvolto di una povera scrittrice a cui un bruto aveva tentato di fare del male.
Il giornalista, se tale poteva essere definito un fanboy della signora in questione, spendeva parole al miele per la suddetta, salvo poi versare vetriolo sul "indubbiamente invidioso e pavido detrattore della saga che ha fatto battere il cuore a milioni di noi."
Seguiva una descrizione poco lusinghiera, a cui facevano da contorno una serie di improperi su twitter che avrebbero fatto impallidire persino il più vecchio tra gli immortali.
Ovviamente, la signora in questione era uscita indenne dallo scontro, grazie all'intervento, tempestivo, di un gruppo di sostenitori del suo libro.
In pratica, un'orda di ragazzine dagli ormoni scombussolati il cui male maggiore nella loro vita assumeva la profondità della ciotola di un criceto.
E i colori dell'ultimo smalto comprato.
Aden aveva guardato lo schermo del cellulare, su cui lampeggiava istericamente un'unica, grande, parola.
"Fanculo."
Alle spalle della mentecatta, nel riquadro dell'articolo, spiccavano gli occhi cerulei di Tamos ed un'espressione che avrebbe potuto benissimo essere scambiata per quella dell'Urlo di Munch.
Aveva ragione.
Non era per niente fotogenico.

   
 
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