AVREI VOLUTO DIRGLI...
Per amarsi a lugo bisogna conoscersi poco.
La
prima
volta che lo vidi stava camminando solo per il castello. Era diverso
dagli
altri, non avevo mai visto uno come lui, ma non era quello il momento
di
bighellonare, avevo dei compiti da svolgere, così mi girai,
gli diedi le spalle
e m’infilai nel primo corridoio buio, Argus mi aspettava al
piano di sotto.
Due
giorni
dopo lo rividi, ancora una volta stava girando solo per il castello, ma
sembrava alla ricerca di qualcosa…
M’incuriosiva…ciò
che cercava certo, ma lui in particolar modo.
Cominciai
a
seguirlo, sempre di notte, quando tutti dormivano, lui usciva alla
ricerca di
qualcosa ed io uscivo alla sua ricerca.
Una
volta
venni quasi scoperta. Era appena entrato in un bagno, quello del
secondo piano,
quello, dove c’è quella ragazzina piagnucolona che
fa allagare sempre i bagni.
Una volta ha anche cercato di affogarmi in un water la maledetta, ed io
non
potevo neanche graffiarla, era impalpabile, era un fantasma…
Quella
volta
credo lui mi abbia visto…stavo per entrare e lui stava
uscendo sibilando, forse
per non aver trovato l’oggetto della sua ricerca, con un
balzo mi infilai
dentro un corridoio laterale e lui piano venne verso di me. Un colpo di
fortuna
mi evitò di essere scoperta. Una ragazzina con folti capelli
castani tutti in
disordine lo richiamò. –Dove eri finito? Sono ore
che ti cerco, vieni.- lo
trascinò, verso le scale, per riportarlo
al dormitorio probabilmente.
Era
strano
quel suo modo di muoversi, quel suo continuo cercare
qualcosa…certe volte sono
arrivata quasi a sperare che ciò che in realtà
cercava fossi io…
Patetica
vero? Devo dire però che sarebbe stata quasi comica la
cosa…ma non cercava me,
quello era solo un sogno.
Un
giorno
smise quella sua continua ricerca andando con passo sicuro verso il
giardino.
Non potevo andare lì, non da sola, non mi era permesso.
Così lui uscì ed io lo
aspettai per molte ore, e quando finalmente rientrò, si
diresse subito ai
dormitori. Guardandolo nei giorni successivi a quello, notai che era
irrequieto.
Balzava su ad ogni minimo rumore, controllava spesso di non essere
seguito,
dovetti stare più attenta, o avrei rischiato di essere
scoperta.
Non
ce la
facevo più. Erano mesi che ormai lo seguivo e non mi ero
ancora avvicinata, lui
probabilmente neanche sapeva della mia esistenza…e anche se
lo sapeva, non posso
di certo dire di essere popolare e amata,
tutt’altro…odiata e temuta direi che
sono aggettivi più adatti.
Ogni
tanto
però si fermava, partiva con uno scatto fino
all’entrata di un corridoio e poi
si fermava, come se mi stesse aspettando, come se sapesse che da mesi
lo seguo
e che potrei perdere le sue tracce. O per lo meno mi piace
pensarlo…
Una
sera
però partì di corsa, lo seguii con non poca
fatica. In breve ci trovammo in
giardino, non mi resi conto di esserci arrivata fino a quando una
brezza gelida
non mi svegliò. Alzai gli occhi, la luce della luna filtrava
attraverso una
nuvola; ormai ero fuori, il danno era fatto, inutile tornare dentro. Lo
seguii
correre sull’erba bagnata, raggiungere una radura attorno ad
un grosso albero e
poi sparire, scomparso nel nulla. Le sere successive furono
pressoché uguali, a
parte il fatto che avesse diminuito la velocità
all’interno della scuola, per
poi scattare uscito dal portone. Scompariva sempre quando arrivava
vicino a
quell’albero, quel dannatissimo albero...non potevo neanche
avvicinarmi troppo,
quando ho tentato di farlo, quel pezzo di legno troppo cresciuto ha
cercato di
colpirmi con uno dei suoi rami. Le volte successive mi sono sempre
tenuta a
distanza di sicurezza, continuando a guardarlo da lontano. Se Argus mi
avesse vista,
probabilmente, mi avrebbe messo in punizione, ma non mi importava;
avrei voluto
avvicinarmi, presentarmi magari, chiedergli come si
chiamasse…non sapevo
neanche il suo nome…ma a me bastava guardarlo anche
così, da lontano.
Ci
fu una sera,
non molto dissimile da quella che mi portò fuori dal
castello, che lo vidi
assieme ad un cane, un grosso cane nero. Vidi poi dei ragazzi e due
uomini…anzi, tre uomini. Due erano professori della scuola.
Stava per accadere
qualcosa di spaventoso quella sera, me lo sentivo, una sorta di sesto
senso mi
stava avvertendo di un pericolo imminente. Lo aspettai ansiosa di
sapere cosa
stava succedendo, lo vidi uscire dal groviglio di radici di quello che
poi ho
imparato chiamarsi Platano Picchiatore. Dopo di lui uscirono quei
ragazzi, i
due professori e quell’uomo e poi…il caos.
Un
lupo
mannaro.
Sono una fifona lo ammetto,
sarei voluta
rimanere lì ad aiutarlo, lui che stava cercando di attirare
la bestia per
salvare i suoi amici, ma scappai dentro a chiamare Argus.
Le
sere
successive lo aspettai scendere le scale del settimo piano, ma non
scese. Lo
vedevo ogni tanto, farsi un giro per il castello e poi tornare ai
dormitori; in
quei rari momenti continuavo ad osservarlo da lontano, ma non cercava
più
qualcosa, passeggiava semplicemente.
Non
sarà un
grande esemplare di bellezza, ma neanche io lo
sono…però aveva un qualcosa che
non so neanche spiegare…inoltre il suo pelo rossiccio
sembrava quasi soffice,
rispetto al mio così ispido.
Ora
però non
c’è più, se n’è
andato come fanno tutti dopo sette anni, mentre io sono ancora
qua, che giro per i corridoi alla ricerca di qualche ragazzino fuori
dal letto.
Ho scoperto, però il suo nome, ho sentito quella ragazzina
chiamarlo…Grattastinchi…avrei voluto dirgli in
quel momento il mio, avrei
voluto dirgli il mio nome…Mrs Purr.