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Autore: KAT_jinx    22/02/2012    4 recensioni
Premetto che non sono brava a raccontare storie d'amore passionali, talmente tanto sdolcinate da farvi venire il colesterolo a mille o triste tragedie greche. Non saprei neanche come definirla, fose strana...ma non voglio dirvi altro, spero solo che mi dedichiate qualche secondo (vi assicuro che è corta e velocissima da leggere) per darle una veloce occhiata.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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AVREI VOLUTO DIRGLI...

Per amarsi a lugo bisogna conoscersi poco.

La prima volta che lo vidi stava camminando solo per il castello. Era diverso dagli altri, non avevo mai visto uno come lui, ma non era quello il momento di bighellonare, avevo dei compiti da svolgere, così mi girai, gli diedi le spalle e m’infilai nel primo corridoio buio, Argus mi aspettava al piano di sotto.

Due giorni dopo lo rividi, ancora una volta stava girando solo per il castello, ma sembrava alla ricerca di qualcosa…

M’incuriosiva…ciò che cercava certo, ma lui in particolar modo.

Cominciai a seguirlo, sempre di notte, quando tutti dormivano, lui usciva alla ricerca di qualcosa ed io uscivo alla sua ricerca.

Una volta venni quasi scoperta. Era appena entrato in un bagno, quello del secondo piano, quello, dove c’è quella ragazzina piagnucolona che fa allagare sempre i bagni. Una volta ha anche cercato di affogarmi in un water la maledetta, ed io non potevo neanche graffiarla, era impalpabile, era un fantasma…

Quella volta credo lui mi abbia visto…stavo per entrare e lui stava uscendo sibilando, forse per non aver trovato l’oggetto della sua ricerca, con un balzo mi infilai dentro un corridoio laterale e lui piano venne verso di me. Un colpo di fortuna mi evitò di essere scoperta. Una ragazzina con folti capelli castani tutti in disordine lo richiamò. –Dove eri finito? Sono ore che ti cerco, vieni.-  lo trascinò, verso le scale, per riportarlo al dormitorio probabilmente.

Era strano quel suo modo di muoversi, quel suo continuo cercare qualcosa…certe volte sono arrivata quasi a sperare che ciò che in realtà cercava fossi io…

Patetica vero? Devo dire però che sarebbe stata quasi comica la cosa…ma non cercava me, quello era solo un sogno.

Un giorno smise quella sua continua ricerca andando con passo sicuro verso il giardino. Non potevo andare lì, non da sola, non mi era permesso. Così lui uscì ed io lo aspettai per molte ore, e quando finalmente rientrò, si diresse subito ai dormitori. Guardandolo nei giorni successivi a quello, notai che era irrequieto. Balzava su ad ogni minimo rumore, controllava spesso di non essere seguito, dovetti stare più attenta, o avrei rischiato di essere scoperta.

Non ce la facevo più. Erano mesi che ormai lo seguivo e non mi ero ancora avvicinata, lui probabilmente neanche sapeva della mia esistenza…e anche se lo sapeva, non posso di certo dire di essere popolare e amata, tutt’altro…odiata e temuta direi che sono aggettivi più adatti.

Ogni tanto però si fermava, partiva con uno scatto fino all’entrata di un corridoio e poi si fermava, come se mi stesse aspettando, come se sapesse che da mesi lo seguo e che potrei perdere le sue tracce. O per lo meno mi piace pensarlo…

Una sera però partì di corsa, lo seguii con non poca fatica. In breve ci trovammo in giardino, non mi resi conto di esserci arrivata fino a quando una brezza gelida non mi svegliò. Alzai gli occhi, la luce della luna filtrava attraverso una nuvola; ormai ero fuori, il danno era fatto, inutile tornare dentro. Lo seguii correre sull’erba bagnata, raggiungere una radura attorno ad un grosso albero e poi sparire, scomparso nel nulla. Le sere successive furono pressoché uguali, a parte il fatto che avesse diminuito la velocità all’interno della scuola, per poi scattare uscito dal portone. Scompariva sempre quando arrivava vicino a quell’albero, quel dannatissimo albero...non potevo neanche avvicinarmi troppo, quando ho tentato di farlo, quel pezzo di legno troppo cresciuto ha cercato di colpirmi con uno dei suoi rami. Le volte successive mi sono sempre tenuta a distanza di sicurezza, continuando a guardarlo da lontano. Se Argus mi avesse vista, probabilmente, mi avrebbe messo in punizione, ma non mi importava; avrei voluto avvicinarmi, presentarmi magari, chiedergli come si chiamasse…non sapevo neanche il suo nome…ma a me bastava guardarlo anche così, da lontano.

Ci fu una sera, non molto dissimile da quella che mi portò fuori dal castello, che lo vidi assieme ad un cane, un grosso cane nero. Vidi poi dei ragazzi e due uomini…anzi, tre uomini. Due erano professori della scuola. Stava per accadere qualcosa di spaventoso quella sera, me lo sentivo, una sorta di sesto senso mi stava avvertendo di un pericolo imminente. Lo aspettai ansiosa di sapere cosa stava succedendo, lo vidi uscire dal groviglio di radici di quello che poi ho imparato chiamarsi Platano Picchiatore. Dopo di lui uscirono quei ragazzi, i due professori e quell’uomo e poi…il caos.

Un lupo mannaro.

 Sono una fifona lo ammetto, sarei voluta rimanere lì ad aiutarlo, lui che stava cercando di attirare la bestia per salvare i suoi amici, ma scappai dentro a chiamare Argus.

Le sere successive lo aspettai scendere le scale del settimo piano, ma non scese. Lo vedevo ogni tanto, farsi un giro per il castello e poi tornare ai dormitori; in quei rari momenti continuavo ad osservarlo da lontano, ma non cercava più qualcosa, passeggiava semplicemente.

Non sarà un grande esemplare di bellezza, ma neanche io lo sono…però aveva un qualcosa che non so neanche spiegare…inoltre il suo pelo rossiccio sembrava quasi soffice, rispetto al mio così ispido.

Ora però non c’è più, se n’è andato come fanno tutti dopo sette anni, mentre io sono ancora qua, che giro per i corridoi alla ricerca di qualche ragazzino fuori dal letto. Ho scoperto, però il suo nome, ho sentito quella ragazzina chiamarlo…Grattastinchi…avrei voluto dirgli in quel momento il mio, avrei voluto dirgli il mio nome…Mrs Purr.

  
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