“Chiara, è arrivata una lettera per te!” Urlò mia madre dal corridoio, ed io mi affrettai a togliermi le cuffie dalle orecchie e correre da lei. Mi buttai tra le sue braccia, cercando di afferrare la busta, che mamma mi mise in mano. “Dai, aprila!”
Con le mani
tremanti strappai la
busta e presi il foglio all’interno.
Cara signorina
Bianchi,
siamo lieti di
informaLa che è stata ammessa allo stage di cinematografia
dell’estate 2012.
Le alleghiamo
tutte le informazioni che Le saranno necessarie affinché
possa partecipare.
Cordiali saluti,
The CW
Television Network.
“Vado in
America...” sussurrai,
incredula. Avevo fatto la richiesta mesi fa, ormai avevo perso ogni
speranza. E
invece, eccola qui, la lettera che avrebbe fatto avverare i miei sogni.
Lasciai
cadere il foglio sul pavimento, ed andai a chiamare la mia amica Viola.
Bip. Bip. Bip.
“Ciao, Chià!”
“Vì, non sai
cos’è arrivato!” Le
dissi, stendendomi sul letto. Sospirai, sperando che non fosse tutto
frutto
della mia immaginazione.
“Cosa?”
“La lettera
dalla CW!” Esclamai.
“Ricordi che feci la richiesta per andare allo stage di cinematografia?
Beh, mi
hanno accettata!”
“Wow, che bello!
Ho sentito che è
arrivata la lettera anche a Martina.” Mi gelai.
“Martina?!”
“Sì... lo so, è
shokkante. Lei
non se lo merita.”
“No, non se lo
merita affatto. Ma
ormai è andata così.” Martina era una nostra compagna di corso, una
nullafacente raccomandata; ce n’è sempre una così. “Beh, ci vediamo
dopo?
Adesso devo andare a portare fuori Briciola.”
“Certo, io
finisco il progetto
del video e ti raggiungo. Facciamo... tra un’ora da te?”
“Perfetto! A
dopo,” ed
attaccammo. Viola era la mia migliore amica da sempre; le nostre madri
si
conoscevano dal liceo, ed erano anche loro inseparabili. Ed era per
questo se
le nostre case erano una di fronte all’altra.
Aprii l’armadio
e tirai fuori i
pantaloni della tuta e la prima maglietta che vidi, per poi vestirmi.
Mi legai
i capelli, attaccai il guinzaglio al collare di Briciola, la mia
cagnolina, ed
uscii. Approfittavo di queste uscite anche per correre un po’, così
evitavo di
andare in palestra.
Dopo circa
mezz’ora, decisi di
tornare a casa. Passando davanti a casa di Viola, vidi suo fratello,
Roberto,
che usciva. “Ciao, Rob!” Lo salutai sorridendo.
“Hey, Chià. Come
va?” Mi baciò
una guancia.
“Tutto bene,
dai. Oggi ho
ricevuto la lettera dalla CW.”
“Oh, giusto, Vì
me l’ha detto.
Congratulazioni!” Arrossii leggermente.
“Grazie, Rò. Ora
vado, ho solo
mezz’ora per mettere a posto quel casino che viene chiamato ‘camera
mia’, che
poi viene Viola.”
“Ed io scappo,
Giulia mi sta
aspettando, ci vediamo stasera a cena.” Ci salutammo ed ognuno continuò
per la
sua strada. Giulia era una mia compagna di corso, oltre ad essere la
‘new
entry’, parlando delle ragazze di Roberto. Fortunatamente era
simpatica,
altrimenti sarebbe già morta per mano mia e di Viola.
Aprii la porta
di casa, in cui
regnava l’ordine. In camera mia, invece, non si vedeva il pavimento.
Iniziai a
prendere tutti i vestiti sparsi qua e lá e li buttai nell’armadio tutti
appallottolati, per poi cercare di rendere presentabili il letto e la
scrivania.
Una ventina di minuti più tardi, era una stanza abbastanza degna di
essere
chiamata tale.
In effetti no,
non ero mai stata
famosa per il mio senso dell’ordine. L’unica cosa a cui tenevo così
tanto da
assicurarmi che non le accadesse niente, era la foto autografata da
Lui, da Ian
Joseph Somerhalder, il mio attore preferito già da un paio d’anni,
l’uomo che
amavo, in un certo senso. Può sembrare una cosa stupida, ma sentivo di
amarlo
sul serio. Mi faceva sempre battere il cuore così forte, con il suo
sorriso,
con il suo sguardo. Ogni volta che pensavo a lui, non ero più me
stessa. Io non
mi innamoravo così, non l’avevo mai fatto, e l’idea che fosse successo
mi
sconcertava. Eppure era così, sì, ero innamorata
di Ian Somerhalder, un attore americano che non sapeva neanche della
mia
esistenza. Patetico, ma vero.
L’avevo
conosciuto grazie al
personaggio che interpretava nella ormai molto famosa serie ‘The
vampire
diaries’, Damon Salvatore. E dal primo momento mi era subito piaciuto.
Aveva un
non so che di... splendido. Gli occhi, forse, di quell’azzurro così
intenso. O
il suo sorriso, che mi faceva impazzire ogni volta. Ma, diciamola
tutta, ogni
cosa di lui faceva impazzire non solo me, ma ogni suo fan. Io lo
consideravo
quasi l’uomo perfetto, anche se non potevo dire di ‘conoscerlo’;
insomma, di
lui sapevo solo quello che si leggeva sui giornali e che lui diceva
nelle
interviste, quindi alla fine non sapevo con certezza che tipo fosse. Ma
mi
piaceva immaginarlo.
E sapere che
sarei andata in
America, molto più vicina a lui... mi
faceva sorridere.
Proprio in quel
momento, realizzai
di non aver letto dove sarei andata
esattamente. In America, sì, negli USA, ma in che città? In
quale set? E l’ansia arrivò. Mi fiondai in ingresso, sperando
che mia madre non avesse già nascosto le lettere.
Fortunatamente,
il foglio era
ancora lì. Passai velocemente lo sguardo sulle poche linee lette
stamattina,
per poi soffermarmi sulle informazioni verso la metà del foglio.
Presentarsi
ad Atlanta, sul set di The vampire diaries, lunedì 20 maggio
2012 alle ore 10:00.
Bene, il mio
sogno si stava
avverando per davvero. Non sapevo se sorridere o rimanere lì a guardare
il
pavimento senza muovere neanche un muscolo.
Più in basso,
c’era una tabella
in cui avevano scritto con quale attore o attrice saremmo stati durante
lo
stage.
Chiara
Bianchi: Candice Accola.
Sì, per un
momento ci avevo
sperato; avevo sperato di essere con lui. Ma la vita va avanti, almeno
non
l’avevano assegnato a Martina, la quale sarebbe stata con Katerina
Graham.
Ma dovevo
pensare positivamente.
Non sarei stata tutto il tempo con lui, ma l’avrei almeno visto,
salutato,
forse, ed era questo che importava. Anche se non avrei saputo
minimamente come
comportarmi. Esultare e saltare sarebbe stato un comportamento non solo
infantile, ma anche inusuale, da parte mia. Probabilmente mi sarei
nascosta
dietro la mia maschera di cera, avrei, come si suol dire, nell’universo
di The
vampire diaries, spento le mie emozioni. Peccato che io non fossi un
vampiro.
Il rumore di una
pentola che
cadeva mi distolse dai miei pensieri; presi l’iPhone, avevo un
messaggio ancora
da leggere, da Roberto.
“Dici
tu a mia madre che faccio tardi?”
“Certo,
cosi uccide me al posto tuo. Chiamala.”
“Contaci...
così mi rovina l’appuntamento.”
“Oooh,
un appuntamento galante! Ma guarda un po’ il caro vecchio Rò!”
“Ah
ah ah. Molto, molto divertente, Chià.”
“Non
dovresti messaggiare durante un appuntamento! Pensa a sbaciucchiare la
tua Giulia, e salutamela. Ti aspettiamo alle otto qua. Non fare tardi!”
Sorrisi,
rileggendo i messaggi
per un’ultima volta, poi lasciai cadere l’iPhone sul letto ed andai a
controllare la situazione in cucina, anche perché Viola, come al
solito, stava
facendo tardi.
“Mamma, a che
ora arrivano tutti?”
Chiesi a mia madre, con un tono piuttosto assente.
“Fra mezz’ora,
vai a vestirti.
Subito!” Volendo evitare discussioni e rimproveri, nonostante avessi
già
vent’anni, ascoltai mamma, tornai in camera e cominciai a frugare
nell’armadio,
in cerca di un qualche vestito adatto.
Alla fine optai
per un paio di
jeans e una maglietta, anche perché saremmo stati quasi in famiglia...
Non
capivo perché mia madre si ostinasse a far diventare delle normalissime
cene
tra amici delle serate di gala a cui avrebbe probabilmente partecipato
anche il
presidente degli USA. Ma una spiegazione, forse, c’era: la mia famiglia
non aveva
niente di normale.
“Chiara?”
“Hey, Vì, eccoti
finalmente! Sei
in ritardissimo,” le dissi, andando ad abbracciarla.
“Lo so, lo so.
Ma almeno ho
finito il progetto per il corso, ringraziami. Comunque, ho fatto tardi
anche
per un’altra ragione.”
Ci sedemmo sul
mio letto, lei
esultava. “Sarebbe?”
“Ho fatto
qualche ricerca, sai,
per essere bene informata, e ho scoperto qualcosina riguardo al set in
cui
andrai.” Fece una pausa, aspettandosi una mia reazione, che non arrivò.
“Ma
quanto entusiasmo!” Si lamentò.
“Oh, mio Dio,
non ci posso
credere, dimmi tutto,” la presi un po’ in giro.
“Allora.” Disse
lei, ignorandomi.
“Prima di tutto, tutti gli attori abitano in una casa vicino al set, in
cui
penso vadano anche gli stagisti, e qua dovresti iniziare ad esultare.”
“Viola, sai che
io non esulto.”
Risposi, sorridendole. Stessa casa... speravo fosse tutto vero, quello
che mi
diceva la mia amica. Il cuore iniziava a battere più forte.
“E poi...”
iniziò lei, quando
Roberto ci interruppe entrando nella stanza.
“Ragazze, in
cucina è successo il
finimondo. Hanno perso una padella...” Scoppiammo a ridere. “Ho
rischiato la
vita! Le nostre madri insieme sono pericolose...”
“Rob, se ci
fossi stato quando
hanno cercato di prepararti la torta di compleanno, l’anno scorso,
questo ti
sembrerebbe niente,” disse Viola. Effettivamente, quello non era stato
un bello
spettacolo... Tra madri isteriche, padri disperati e torte che
esplodevano nel
forno... no, non era stata un’esperienza significativa o da ripetere.
“Sai benissimo
che ho preferito
non esserci proprio per evitare di essere in pericolo,” si giustificò,
per poi
scoppiare in una risata. “Senti, Chià, ma a con chi sarai durante lo
stage?”
“Candice Accola,
perché?”
“Oh, bene. Non è
che poi potresti
presentarmela?”
“Roberto! Fatti
bastare Giulia,
che è già tanto se ce l’hai!” Urlai ridendo. “Non smetti mai di
sorprendermi.”
“Solo perché
prendo le occasioni
al volo?” Chiese, ed io sospirai. “Ah, Gaia, la sorella di Martina, mi
ha detto
che dovete essere sul set il 20, giusto?” Annuii. “Quindi tra dieci
giorni
sarai in America, wow.”
“Mancano solo
dieci giorni?”
Chiesi, con aria sognante. “Ancora non ci credo.”
“Esci da questo
corpo!” Urlò
Viola, mimando una croce con le dita. “Chi sei, e dov’è la mia
Chià-sono-fredda-come-il-ghiaccio?”
Mi limitai a
sorridere. “Molto
divertente, Viola.”
“Ragazzi,
la cena è pronta!” Gridò Alice, la
madre di Viola e Roberto.
“Arriviamo,
zia,” le rsposi,
aprendo la porta per andare in cucina, seguita dai miei amici.
Ci sedemmo
intorno al tavolo,
dove ci aspettavano tutti. “Ho saputo la bella notizia, Chiara,” mi
disse
Tommaso, il padre di Viola, sorridendomi.
“Oh, sì. Sono
molto emozionata,
sarà una bella esperienza.” Risposi, versandomi dell’acqua nel
bicchiere.
“Andrai nel set
del tuo programma
preferito, quello che guardi ogni venerdì, giusto?”
“Sì, papà. E per
tutto il tempo
starò con una delle mie attrici preferite,” risposi. “Hai presente,
quella
bionda nei poster nella mia stanza?” Lui annuì. “Beh, lei. Si chiama
Candice.”
La cena andò
avanti così; l’argomento
‘centrale’, era la mia partenza per gli Stati Uniti. E la cosa non mi
piaceva,
non volevo essere mai al centro dell’attenzione, preferivo di gran
lunga essere
un cosiddetto ‘fantasma’, ed essere ignorata. Probabilmente perché mi
dedicavano molte più attenzioni di quelle richieste. Purtroppo non
potevo farci
nulla.
E dire che avevo
vent’anni! Mi
sentivo come una ragazzina quindicenne, quando parlavo con la mia
famiglia.
Speravo ardentemente che si rendessero conto della mia età.
Dopo la lunga e
noiosa cena,
salutai Viola, Roberto e i loro genitori con un bacio sulla guancia,
diedi la
buonanotte ai miei ed andai a dormire: avevo bisogno di riposare.
Quella notte,
stesa nel letto,
non potevo fare a meno di pensare a Lui, ai suoi occhi, al suo sguardo,
ed al
fatto che solo dieci giorni dopo l’avrei visto di persona. Così, mi
addormentai
con un’immagine fissa nella mia mente, Ian che mi sorrideva.
Ian, fra poco
sarò lì con te.