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Autore: _Atram_    23/02/2012    7 recensioni
«E piove su i nostri vólti / silvani, / piove su le nostre mani / ignude, / su i nostri vestimenti / leggieri, / su i freschi pensieri / che l'anima schiude / novella, / su la favola bella / che ieri / m'illuse, che oggi t'illude, / o Hermione.»
Un omaggio a Hermione, con gli occhi di Ron e la voce della straordinaria poesia di D'Annunzio.
Genere: Introspettivo, Poesia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Per avermi insegnato ad amare i libri e ad affidarmi a loro.
Per avermi dimostrato che l'intelligenza non è un difetto da nascondere.
Per aver pronunciato quell'«Oblivion» che mi ha commossa più di ogni altra cosa.
E per avermi trasmesso il valore della semplicità, la bontà, la lealtà, l'amicizia e l'amore.


A Hermione, la più simile a me di tutte le amiche conosciute tra le pagine di un romanzo.

 



La pioggia nel pineto.





Percepisco distintamente il cambiamento, persino nel sonno.
Percepisco il freddo e il silenzio. Il tepore del tuo corpo disteso a pochi passi dal mio è svanito.
D'improvviso apro gli occhi: tu non ci sei.

Mi alzo e scosto piano un lembo della tenda, per un attimo rabbrividisco al contatto con il telo umido e freddo.
Fuori piove. Odore di terra bagnata.
Eppure non è stato quel ritmico ticchettio sopra la testa a svegliarmi. 
No, mi ha svegliato l'assenza del tuo respiro. Lento, profondo, morbido. Rassicurante quando sei accanto a me.
Angosciante nella sua assenza.
Esco a cercarti.
Lascio vagare lo sguardo tra gli alberi, sfioro con gli occhi questa distesa di foglie brune, raggrinzite e umide. Questo tappeto dai colori caldi, di tanto in tanto interrotto da una macchia nivea, pura, luminosa. La prima neve, il primo abbozzo di inverno. Come una goccia di tinta bianca caduta per sbaglio dal pennello di un pittore che si accingeva a dipingere un paesaggio autunnale.
È quasi l'alba, ma le nuvole fosche coprono i primi raggi del sole.

Finalmente ti trovo.
Seduta sotto un pino, sul terriccio bagnato.
Hai un'aria innocente, con le gambe raggomitolate contro il petto e cinte dalle braccia.
Hai un'aria sicura, con la schiena dritta appoggiata al tronco dell'albero.
Hai un'aria da donna, con quei capelli umidi e morbidi sciolti sulle spalle.
Tieni gli occhi chiusi e il viso rivolto all'insù, incurante della pioggia.
Hai un'aria libera.

Ti guardo incantato, ti ammiro da lontano.
Non voglio rovinare tanta poesia.

E tu, straordinaria, taci.

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Hermione.


 

Mi avvicino lentamente.
I miei passi non fanno rumore sopra le foglie bagnate, lo scroscio della pioggia copre il mio respiro affannato.
A qualche passo da te mi fermo.
Le gocciole d'acqua scendono lente lungo il tuo viso. Indugiano sugli zigomi, sulla punta del naso, sul mento. E poi, inesorabilmente, cadono.
Mille le dita della pioggia su di te. Vorrei poterti accarezzare come ti accarezza lei.

A che cosa pensi?
Candida, mite, abbandonata sotto i rami di un albero che non ti ripara dal pianto del cielo.
Al mio abbandono o al mio ritorno?
Al rancore o al perdono?
Alla favola o alla realtà?

Ti ho illuso di amarti, e me ne sono andato.
Mi hai illuso di amarmi, mi perdonerai mai?

Non oso chiedertelo, non apro bocca.
Spero che questa pioggia te lo domanderà per me.
Spero che questa pioggia mi risponderà per te.

Quante domande affidate al rombo del cielo. Puoi udirle, Hermione?


 

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Hermione.




Quanto sei bella.
La pioggia gelida mi inzuppa i capelli, il viso, i vestiti. Ormai non ci faccio più caso.
Sospiro e chiudo gli occhi, voglio ascoltare il concerto della natura insieme a te.
Ma è un attimo e tremo, questo buio mi opprime. Non posso fare a meno di guardarti.

Forse ho solo paura di perderti di nuovo.

Quanto sei bella.
Ripenso alla tua voce, che mi ha fatto tornare.
A quello che ti devo, o a quello che semplicemente voglio darti.
Penso alla persona che sono diventato, grazie a te.
E penso alla persona che voglio diventare, per te.

Mi avvicino ancora un po'.
Poggio una mano sul tronco dell'albero, accarezzo la corteccia bagnata con la punta delle dita, scosto le foglie con un piede.
Tu, le palpebre sempre abbassate, non ti immuti.
Mi siedo accanto a te. E insieme a te ascolto.

 
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Hermione.

 

Finalmente posso sentire di nuovo il tuo respiro.
Lento, profondo, morbido. Rassicurante, perché sei accanto a me.

Forse percepisci la mia presenza, perché volti il viso e apri gli occhi.
Vedermi non ti sorprende, non ti spaventa, non ti scompone.
Mi guardi. Minuti, ore, giorni, anni.
Non saprei dire per quanto tempo mi guardi.
I nostri occhi si cercano, si incrociano, si scrutano. Incatenati.
E non c'è bisogno di parole.
Basta uno sguardo per interrogarci, basta uno sguardo per risponderci.

Poi sollevi il viso e chiudi di nuovo gli occhi.
Posso vedere ogni singola goccia tra le tue ciglia scure, ora.
Non so se sia pioggia o se siano lacrime. È forse per questo che hai scelto di uscire?
Volevi piangere insieme al cielo, Hermione, un cielo complice e compagno, tua maschera nel dolore.

Ma ora un lieve sorriso increspa le tue labbra. È quasi impercettibile, eppure impossibile non notarlo: sei ancora più bella.
Un raggio di sole ha attraversato le nuvole.

Sciogli l'abbraccio con cui stringevi le gambe e lasci che le braccia cadano lungo i tuoi fianchi.
I palmi aperti si posano leggeri sul manto di foglie.

Anche io chiudo gli occhi. Sorrido.
E ti prendo per mano.

Intorno a noi, piove.

 
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Hermione.



- FINE - 





Note:

La poesia che accompagna la one-shot è La pioggia nel pineto di Gabriele D'Annunzio (da Alcyone). L'unica modifica apportata al testo è stato l'adattamento grafico del nome della protagonista femminile (nell'originale di D'Annunzio, "Ermione").
La mia storia non vuole in nessun modo sminuire o offendere la poesia dannunziana, rappresenta soltanto un omaggio a uno dei miei personaggi preferiti della saga.

L'episodio è ambientato nella Foresta di Dean, al VII anno, subito dopo il ritorno di Ron.

La poesia di D'Annunzio è estremamente musicale e straordinaria nell'imitare i suoni della natura. Per un migliore apprezzamento del testo consiglio vivamente di ascoltare questa lettura recitata, una vera meraviglia: http://www.youtube.com/watch?v=5OsUnxY5mgw
 


Vi sarei molto grata se recensiste la storia, visto che è nata di getto dall'ispirazione del momento ed è la prima di questo tipo che scrivo. So che si tratta di una scelta particolare, che può piacere o non piacere, per cui sarebbe bello avere la vostra opinione in merito, positiva o negativa che sia. Grazie!





 

  
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