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Autore: Dany Matte    28/09/2006    2 recensioni
Anderson non è un detective di professione, ma svolge della piccole indagini per i suoi compagni, quando a causa di una telefonata si troverà coinvolto in un grosso mistero da svelare !
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mancavano ancora una trentina di giorni alla fine della scuola e già incominciavo a sentire la stanchezza di quest’ultimo mese, il quale non passava mai. In quel martedì di maggio, quando il sole si era appena alzato, mia madre mi svegliò in fretta e furia perché era in ritardando per andare a lavoro. Io, come al solito, cercai di guardare la sveglia, spostando tutte le cianfrusaglie che avevo messo la sera precedente sul comodino. Erano le 6:30, i raggi del sole filtravano dalla tenda di camera mia. Mi alzai e ancora preso dal sonno andai verso il bagno barcollando. Mi lavai il viso con l’acqua fredda e solo in quel momento mi accorsi di essere veramente sveglio.
Dopo essermi vestito mi diressi verso la cucina per fare colazione. –cosa c’è da mangiare ?– chiesi. –la mamma ti ha lasciato una brioche nel fornetto – rispose mia sorella che dal tono della sua voce sembrava molto assonnata pure lei.
­­ –sono arrivati ! –disse mia sorella. è la frase che ripete ogni mattina per dirmi che il mio amico Matias è arrivato per prenderci.
Quando arrivai a scuola mi venne in contro Mark, un mio compagno di classe: –Ehi Anderson… hai risolto qualche caso in questi giorni ?!– mi disse. Stavo quasi per rispondergli, ma poi capii che me lo chiedeva solo per prendermi in giro. (volete sapere perchè mi chiamavano Anderson invece che Nicolas ? Bhe… A scuola mi chiamano tutti Anderson perché svolgo delle piccole indagini, proprio come il protagonista di un telefilm che c’è in tv “IL DETECTIVE ANDERSON”.
Le indagini che svolgevo erano delle sciocchezze, ad esempio la scorsa settimana una ragazza aveva perso il suo diario e dato che si vergognava delle cose che aveva scritto mi chiese di ritrovarglielo al più presto possibile.
Le sei ore di scuola non passavano mai e quando finalmente giunsi a casa mi arrivò una telefonata a dir poco interessante: –pronto ?–risposi al telefono.
–pronto, parlo con Anderson ?–
mi sembrava strano che qualcuno che non conoscevo mi chiamasse con il nome di “Anderson”.
–Si sono io… cosa posso fare per te ?–
Mi permisi di darle del tu, dato che dalla voce mi sembrava una ragazza che aveva più o meno la mia età.
–ho un caso per te !–
Ero stressato dalla giornata di scuola e mi inventai una scusa per rimandare a più tardi:
–In questo momento sono occupato, ma se mi lasci il tuo indirizzo possiamo riparlarne con calma tra un’oretta.–
–D’accordo, segnati anche il numero di telefono.–
Rispose lei. Io mi affrettai a trovare un foglio su cui appuntare il numero e l’indirizzo.
–Ok, detta !–
Le dissi. Mi dettò l’indirizzo e riattaccò il telefono con una tale velocità che non mi diede il tempo di chiederle come si chiamava. Non riuscii a capire il suo stato morale, di solito certe cose le capisco dal tono della voce, comunque ero sicuro che l’avrei scoperto quel pomeriggio stesso.
Mentre ero a tavola riuscivo a pensare solo alla telefonata che ricevetti poco prima e al caso che mi stava attendendo. Dopo aver mangiato mi riposai un po’ sul divano… passata una mezzora presi la mia bici e mi diressi verso l’indirizzo ricevuto dalla ragazza. L’indirizzo era “Chair street n° 42”. Quando arrivai, mi resi conto che finalmente incominciavo a parlare con delle persone ben educate e curate. Lo potevo notare dalla casa: un colore roseo, un giardino con dei fiori qua e là, una stradina che andava dal cancello alla porta e dei vetri talmente lucidati che mi ci sarei potuto rispecchiare.
Appoggiai la bici accanto al cancello e suonai il campanello. Mi venne ad aprire un’anziana signora sulla settantina, aveva una crema sul viso, molto probabilmente per le rughe, il suo sguardo perso mi fece pensare di aver sbagliato indirizzo, quando, ad un certo punto spuntò da dietro la vecchietta una ragazza avente più o meno la mia età, che disse: –Tu sei Anderson, vero ?– la guardai due secondi prima di risponderle, poi riconobbi la voce che avevo sentito precedentemente al telefono e le risposi –In persona, tu invece sei…?–
– Michel, ti avevo chiamato io.
Rimasi fermo vicino al cancello e solo in quel momento mi resi conto di quanto era bella Michel: maglietta verde finissima, gonna a quadri corta e svolazzante e una collana di perle sulla scollatura. In quel momento mi sentii avvampare, come se si fosse improvvisamente alzata la temperatura.
– Accomodati nel salotto così potremo parlare del caso con calma.
Entrai...
Dall’interno la casa si presentava molto accogliente. Nel salotto c’erano un divano, con accanto una poltrona, e un tavolino decorato con un vaso di fiori variopinti. Accanto al muro c’era un armadietto con gli sportelli di vetro, nel quale vi erano delle statuette in piombo. Le osservai per qualche secondo.
–Soldati della seconda guerra mondiale, ti piacciono?– disse la ragazza prendendomi un po’ alla sprovvista, ma poi le risposi:
–Ehm... si sono molto carini. –
–Sediamoci sul divano e ti spiegherò tutto!–
Mi misi a sedere e senza perdere tempo gli chiesi di cosa si trattasse: –Avanti, parla!–
Mi guardò, poi distolse lo sguardo rivolgendolo al pavimento.
–Cos’ Hai ? – le chiesi.
Michel cercò di rispondermi:
–Bhe...ecco…–
Balbettava e io avevo paura che fosse successo qualcosa di grave.
–Si ? – cercai di invogliarla...
–E’ che…– stava incominciando a parlare, quando ad un certo punto arrivarono i suoi genitori.
–ciao mamma, ciao papà!– disse la ragazza, poi continuò a parlare con i suoi: –Lui è Anderson, un mio amico di scuola! – e così mi presentò.
–Salve.. Ehm, scusate non volevo disturbare. Vostra figlia mi ha chiesto…–
–Di aiutarmi con un problema di fisica ! –
Mi fermò la ragazza, ma senza meravigliarmi più di tanto, d’altronde c’era da aspettarselo che non avesse detto nulla ai suoi genitori e allora gli ressi il gioco:
–Già, proprio così ! –
  
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