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Autore: Mrs Trunks Briefs    24/02/2012    14 recensioni
A causa di una stramba serie di eventi, Goku è costretto a sposare, seppur per finta, nientepopodimeno che Vegeta! Ma cosa succede quando a mettersi in mezzo è, sorprendentemente, il vero amore?
In quello stesso momento, Yamcha era appena uscito dalla grande Capsule Corporation. Teneva una lattina di birra in mano e, con un’espressione alquanto ebete in faccia, aveva iniziato ad inspirare a pieni polmoni la fresca aria del mattino. “Ah, che meravigliosa giornata!”, disse, “Il sole brilla, gli uccellini cantano... tutto è perfetto”. Aprì la lattina e ne prese un sorso, “Sì, è davvero tutto perfetto”.
Improvvisamente Vegeta gli sfrecciò davanti, continuando a colpirsi selvaggiamente in testa, “SVEGLIATI! SVEGLIATIIIIIIII!”.
E Goku, dietro: “Quando ti avrò preso, Vegeta, ti renderò la donna più felice della Terra! Credimi!”.
Li guardò sparire all’orizzonte, versando il resto della birra per terra. “Pual ha ragione, devo smetterla di bere la mattina presto”.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MTB: Salve, gente! Sono tornata con una nuova installazione di “Ouji-Sama! Become My Wife!”.

Goku: Installazione?

MTB: Esatto! Installazione!

Piccolo: Hai almeno una vaga idea di cosa “installazione” significhi?

MTB: È quando aggiungi qualcosa a qualcos’altro… più o meno. E so che c’è uno strano coso a forma di torta di mezzo...

Trunks *sarcasticamente*: Capite perché la amo così tanto?

MTB: Comunque sia, è il momento di ringraziare i miei adorabili lettori! Grazie, Adorabili Lettori. Sono stata felicissima di leggere le vostre recensioni. E grazie per il vostro supporto riguardo alla morte di mia nonna. Siete riusciti a risollevarmi un sacco. Mi spiace per avervi fatto arrabbiare con la conclusione del Capitolo 7... ma vi assicuro che le cose si evolveranno in meglio per i nostri due saiyan innamorati!

Vegeta: Deve per forza andare meglio, e anche in fretta. Non credo potrebbe andare peggio di così.

MTB: Ohoh, guardate, Vegeta vuole che le cose si risolvano in fretta. Non riesce più a contenere il suo amore per il nostro eroe! Che cosa dolce e romantica!

Vegeta: ... Ti ammazzo.

MTB: Dunque, chi vuole fare i disclaimer? … Nessuno? … Proprio nessuno?

T, G, P e V: No.

MTB: Maledizione! Devo farli di nuovo io! (Disclaimer: I personaggi di DBZ non mi appartengono! Se così fosse, GT non sarebbe stato un’istallazione della serie!)

T, G, P e V *sconsolati*: Idiota...


 

  

Capitolo 8 (1)

 

La forza dietro a quell’unica, crudele parola ferì Goku sia psicologicamente che fisicamente. Psicologicamente perché il saiyan era stato respinto un’altra volta. Fisicamente perché, dopo la brutale risposta che gli aveva dato, Vegeta aveva avuto la grandiosa idea di colpirlo con un cazzotto dritto sul naso, raccogliendo nelle nocche tutta la forza che possedeva.

Sotto agli occhi sgranati di Goku, tutto avvenne a rallentatore. Il dolore martellante che gli attanagliò il naso lo assalì pian piano, come un battito lento. Nel susseguirsi delle azioni, riuscì persino a vedere distintamente il volto di Vegeta mutare e contrarsi, passando dall’impassibilità raggelante alla rabbia più funesta. E poi ancora dolore, dolore e dolore. Al di sotto della vista appannata scorse alcune chiazze di sangue – il suo – schizzare verso l’alto, verso il soffitto dal quale pareva d'allontanarsi sempre di più, crollando a terra. Sbatté più volte le palpebre, stordito, chiedendosi se fosse quella la sensazione che si prova quando il proprio cuore viene ridotto in frantumi proprio dalla persona di cui si è innamorati.

La cosa peggiore fu il fatto che Vegeta lo colpì con la propria mano destra, quella sul cui anulare vi era ancora infilato l’anello che gli aveva donato giusto solo pochi minuti prima. I piccoli diamanti sull’aurea superficie stamparono non solo un solco sul suo setto nasale, ma anche una terribile, traumatica memoria nella sua mente.

 

***

 

Goku non seppe esattamente come riuscì a tornare a casa. Era probabile che la luce abbagliante accompagnata dal beduino “Big Bang!” che ancora gli rimbombava nel cervello centrasse qualcosa, comunque. Appollaiato ora al tavolo della cucina, ricurvo sulle spalle e col mento poggiato contro la superficie di legno, il povero saiyan giaceva inerte, totalmente privo di forze. Il volto rattristato era avvolto da numerosi bendaggi, il maggiore dei quali svettava ricoprendo l’intero setto nasale. Di tanto in tanto dalla sua bocca usciva qualche sospiro sconsolato, mentre il suo povero cuoricino ridotto in mille pezzi tentava disperatamente di ritornare intatto, anche se con scarsi risultati. Non una singola lacrima aveva solcato il suo viso, ma il namecciano e il piccolo saiyan mezzosangue che sostavano impettiti dinanzi all’entrata della cucina avevano comunque ben inteso che ci fosse qualche problemino in corso.

“Papà”, pigolò Gohan, “Va tutto bene?”.

La risposta giunse sottoforma di tirata di naso, seguita da tremule parole: “... sì. Ho solo avuto una brutta giornata, ieri”.

Il bambino si voltò verso il proprio mentore, titubante. Piccolo si limitò a scrollare le spalle, non avendo nemmeno lui la benché minima idea di cosa il saiyan avesse. Decise di chiedere il motivo di quegli oscuri bendaggi sul viso, sperando ardentemente che non avessero nulla a che fare con la suddetta giornataccia. “Allora... Son”, tossicchiò, fingendo noncuranza, “Come ti sei fatto... ehm, quelle ferite?”.

BAM!

Istantaneamente la faccia di Goku fece un violento frontale con la superficie del tavolo, provocando un tonfo sordo. Piccolo e Gohan rimasero scioccati nel vedere come il massiccio corpo del saiyan iniziò a tremare in maniera a dir poco convulsa, crogiolandosi in una lenta e dolorosa agonia. “Sono caduto...”, un’altra rumorosa tirata di naso, “... da una montagna”.

Non era poi totalmente una bugia, visto che il giorno prima giù da una montagna ci era caduto davvero. Aveva solo innocentemente omesso un paio di particolari circa i fatti della notte precedente senza l’effettivo consenso dei suoi interlocutori.

Piccolo esitò qualche istante, per poi deglutire e deviare lo sguardo. “Oh. Uhm. Mi spiace”.

Gohan corrugò la fronte, affranto per quell’improvvisa tristezza del padre. Gli si avvicinò, fermandosi al suo fianco. Gli portò dolcemente una mano attorno alle spalle, stringendolo forte. Al contatto, Goku ricacciò subito indietro le lacrime, trattenendo il respiro. “Non ho idea di cosa sia successo ieri, papà, ma voglio che tu sappia che per te io ci sarà sempre. È questo ciò che i figli fanno! Stare vicino ai loro genitori nei momenti di difficoltà, a prescindere da quale sia il problema!”.

Il prode eroe sollevò lo sguardo liquido su Gohan, gli occhi umidi di lacrime non ancora versate. “D-davvero, Gohan-chan?”.

Il piccolo annuì dolcemente, col cipiglio saggio ed affettuoso di un genitore. Istantaneamente Goku si voltò verso di lui e avvolse le forti braccia attorno al suo corpicino, iniziando a piangere istericamente: “Sei il figlio migliore del mondo! Sono così felice di essere il tuo papà! Non so davvero cosa farei senza di te! Non lasciami mai mai e poi mai!”.

Gohan gli diede qualche amorevole pacca sulla schiena, sorridendo, “Shh... è tutto ok, papà. Non andrò da nessuna parte. Starò sempre al tuo fianco”.

Mentre padre e figlio si perdevano nel loro discutibile momento, Piccolo si limitò a fissarli con un’occhiata perplessa, sollevando un sopracciglio. “Questa conversazione non dovrebbe svolgersi a ruoli invertiti?”, si chiese, dubbioso.

Improvvisamente si udì un familiare suono stridulo di ruote. Il namecciano non si curò minimamente di non interrompere l’amorevole scenetta familiare. “Son, è arrivata la posta”.

Goku liberò Gohan dal suo stritolante abbraccio e velocemente si asciugò le lacrime, balzando in piedi e stiracchiandosi per scaricare la tensione. Si grattò distrattamente la nuca e fece per dirigersi verso l’entrata.

“Vado io, papà”, si offrì Gohan, gentilmente.

Lui scosse il capo e sorrise, “È solo la posta. Nessun problema”. E ciò dicendo, velocemente, uscì di casa.

Una volta che si fu congedato all’esterno, Piccolo prese da parte Gohan e gli scoccò un’occhiata furtiva. “Ascoltami bene”, esordì, austero, “Quando tuo padre è andato a meditare... beh, è andato a meditare qualcosa circa la tua nuova... mammina”. Il ragazzo annuì, curioso. Lui continuò: “Limitati a dargli un po’ di spazio e continua a stargli vicino. Ricordagli che sarai sempre con lui, che gli vuoi bene e tutte quelle cretinate là che a voi terrestri piace tanto sentire quando siete depressi”.

“Va bene, Piccolo-san! Farò del mio meglio per tirare papà su di morale!”, esclamò Gohan, stringendo i pugni con sguardo determinato.

Fuori, nel frattempo, Goku aveva appena aperto la cassetta della posta e raccolto i vari giornali e le altrettanto varie lettere. Incamminandosi nuovamente verso casa, iniziò a scartabellarle curiosamente. “Vediamo un po’”, disse, adocchiando ogni etichetta, “Piccolo, Piccolo, pubblicità, Piccolo, Piccolo, Piccolo, Gohan, Piccolo, pubblicità, Piccolo—”.

Nel momento in cui raggiunse l’ultima busta, si bloccò. Rilesse più e più volte ciò che vi era scritto sopra, ed improvvisamente un sorriso radioso comparve sul suo volto, accompagnato dal sorgere di un’idea assolutamente geniale nella testa. Aveva appena trovato soluzione al suo arduo problema con Vegeta, e come avesse fatto a non pensarci prima era un mistero amletico. Finalmente sarebbe riuscito a convincere quel principe testardo come un mulo ad ammettere i suoi sentimenti.

Fece cadere incurantemente tutte le altre lettere e febbrilmente aprì la busta interessata, facendo planare l’involucro insieme a tutte le altre carte e afferrando allegramente il contenuto al suo interno, stringendolo tra le mani come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Dopodiché, dopo aver raccolto rapidamente la varia corrispondenza, si precipitò in casa a tutta velocità. Spalancò la porta con un tonfo secco, venendo accolto da due alquanto stralunati Piccolo e Gohan, basiti per il suo repentino sbalzo d’umore. Senza curasi minimamente dello sconcerto interiore dei due, Goku scattò verso il namecciano e gli scaricò tutte le lettere addosso: “Tieni, Piccolo! Queste sono tue!”.

L’alieno le accettò con una piuttosto eloquente smorfia schifata. “Sì, Son. Grazie per avermi dato le tue bollette... un’altra volta”.

Senza ribattere al commento del compagno Goku schizzò al piano di sopra, schizzando entusiasmo da tutti i pori. Gohan e Piccolo si scambiarono un’occhiata interdetta, per poi tornare a fissare le scale, lì dove il saiyan si era totalmente volatilizzato. Una manciata di minuti più tardi, velocemente così come era scomparso, Goku tornò al piano terra, saltellando su un piede solo nel disperato intento di infilarsi rapidamente una scarpa da ginnastica. Mentore e allievo si ritrovarono sinceramente perplessi nel ritrovarselo davanti con addosso degli abiti normalissimi, una t-shirt (arancione) e un paio di pantaloni alla caviglia.

Incurante delle due paia d’occhi sconcertate addosso, Goku s’infilò la soluzione di tutti i suoi problemi in una tasca e si posizionò davanti allo specchio all’ingresso, tanto per accertarsi di essere anche solo vagamente presentabile. Si passò una mano tra i capelli, sperando fosse sufficiente per domare i corvini ciuffi ribelli che schizzavano un po’ da tutte le parti, diede una rapida rassettata agli abiti ed infine prese un lungo, profondo respiro. Si portò due dita alla fronte e si voltò verso i suoi basiti spettatori, “Ci vediamo dopo, ragazzi!”.

“A-aspetta!”, lo chiamò Gohan prima che svanisse nel nulla, “Dove stai andando?”.

Goku si grattò imbarazzato la nuca, conscio del fatto che non era il momento di spiegare la sua situazione con Vegeta al figlio. “Devo... ehm, sistemare un paio di cosette”.

Piccolo inarcò un sopracciglio. “Che tipo di cosette?”.

Scrollò le spalle, ridacchiando nervosamente. “Oh niente di che, cosette così... vabbé, ciao ciao!”. E ciò dicendo svanì nel nulla, congedandosi con un rapido cenno di saluto con la mano.

Piccolo e Gohan rimasero attoniti per qualche istante, mantenendo lo sguardo ferreamente accollato nel punto in cui la sua massiccia figura era appena scomparsa. Poi tornarono a guardarsi nuovamente, sospirando all’unisono. “Ha in mente qualcosa”.

 

***

 

La Gravity Room era pregna di una rossa luce pulsante. Ogni impulso luminoso pareva avvenire in contemporanea con la caduta delle piccole goccioline di sudore che colavano copiose dal volto di Vegeta, schiantandosi a terra in un languido picchiettio. Il saiyan fece una smorfia e con prestanza scagliò un altro vigoroso pugno all’invisibile nemico dinanzi a lui.

Ciò che era accaduto la notte scorsa, per quanto gli riguardava, era stato immensamente risollevante. Vedere il sangue di Kakaroth schizzare verso l’alto e scaraventare l’idiota fuori dalla propria stanza con un Big Bang Attack era stata una vera e propria goduria. Anche se, a dirla tutta, non aveva messo in conto il fatto di colpirlo davvero in quel momento. Sapeva perché l’aveva fatto, comunque. Quella proposta indecente lo aveva sconvolto, mandato totalmente fuori di testa. Il suo cuore aveva iniziato a battere in maniera a dir poco furiosa, minacciando di schizzare via dal petto da un momento all’altro; degli odiosi “thump, thump” avevano preso a rimbombargli fin dentro la scatola cranica, sconquassandolo con ferocia, con tanta veemenza da fargli a malapena udire ciò che il rivale continuava a blaterare. In quell’infausto momento Vegeta si era spezzato in due: ogni singola cellula del suo corpo lo incitava ad accettare la proposta di Goku, ma l’orgoglio, annidato da qualche parte all’interno del suo animo, continuava a ruggire ferocemente, impedendogli di acconsentire. Il fatto che Kakaroth potesse intuire con disarmante facilità i suoi sentimenti aveva fatto montare in lui un improvviso, paranoico terrore, e tutto ciò che Vegeta era riuscito a fare, stravolto da quella consapevolezza, era stato attaccare.

Aveva attaccato, sperando di riuscire a placare il proprio cuore. Sperando di riuscire a tornare alla normalità passata, a riesumare dal suo petto gli strenui impulsi d’odio e rancore covati nei confronti dell’idiota al principio, eliminando una volta per tutte quegli ignobili, nuovi sentimenti che minacciavano costantemente d’esplodere. Sperando che Kakaroth, una volta per tutte, lo lasciasse in pace.

Rizzò la schiena, ringhiando. “Basta con queste cazzate”, imperò a se stesso, “Il discorso è chiuso. Sono sicuro che Kakaroth abbia recepito il messaggio”. Si avvicinò al computer centrale della Gravity Room, intenzionato ad aumentare la pressione interna. Digitò il valore scelto e fece planare la mano sull’interruttore d’avvio, quando...

BOOOM!

Istantaneamente si voltò in direzione dell’esplosione, colto di sorpresa. Constatò con estrema contrarietà che la porta d’ingresso era appena saltata in aria, ma prima che potesse reagire in qualsiasi modo una figura offuscata comparve lentamente tra la fumera generata dalla deflagrazione, vacillando instabilmente. La suddetta figura – che nient’altri era che Goku, ovviamente – barcamenò sui piedi per qualche istante, prima di finire lunga distesa per terra. Dopo una manciata di secondi, come se niente fosse, il saiyan scattò in piedi e si diede una rapida rassettata. Sollevò lo sguardo e lo posò su Vegeta, la cui espressione al momento era frammista al più estremo orrore e il più profondo sconvolgimento.

Tutto fuorché scoraggiato dal discutibile esordio, Goku tirò fuori due carte dalla propria tasca e le sventolò in aria, sorridendo giulivo. “C’è un nuovo parco divertimenti a North City e mi hanno inviato due biglietti gratis per posta. Ti va di venirci con me?”.

“NO”.

Aveva immaginato una risposta simile, ma il broncio non tardò ad arrivare comunque. “Perché no?”.

Vegeta strinse spasmodicamente i pugni, iniziando a tartagliare furibondo: “P-p-perché no?! Perché ti detesto! Non voglio avere nulla a che fare con te! Piantala di cercare di trasformarmi nel tuo fidanzatino, o amante, o marito, o qualsiasi altro essere immondo tu stia cercando di farmi diventare!”.

Goku piegò le labbra in un ghigno storto e incrociò compiaciuto le braccia al petto. “Non credere di riuscire a nascondermelo, Vegeta. Puoi negare quanto vuoi, ma io ti piaccio. Lo so perché hai ancora addosso l’anello che ti ho dato la scorsa notte!”. E ciò dicendo additò la guantata mano destra di Vegeta, sul cui anulare si poteva effettivamente intravedere un piccolo rigonfiamento.

Vegeta storse il naso in una smorfia e lentamente si levò il guanto, sollevando la mano e rivelando effettivamente il piccolo gioiello che ancora aveva al dito. “Hai ragione, Kakaroth”, sospirò, “Sto ancora indossando questo adorabile anello che mi hai dato. E vuoi sapere perché?”.

Goku non credette al sorriso dolce come il miele dinanzi al quale si ritrovò per nemmeno un secondo, prontissimo a difendersi da qualsiasi attacco a tradimento. Ed effettivamente fece bene, perché il suddetto sorriso dolce come il miele si tramutò in un secondo nella consueta espressione feroce: “PERCHÉ QUESTO DANNATISSIMO AFFARE È TROPPO STRETTO E NON RIESCO A LEVARLO DAL MIO DANNATISSIMO DITO, PEZZO DI DANNATISSIMO IDIOTA!”.

Si strinse nelle spalle, imbarazzato, grattandosi la nuca. Non aveva tenuto minimamente conto delle dimensioni, effettivamente.

“L’unica ragione per cui non ho ancora ridotto questa merda a pezzi prendendola a morsi”, continuò il principe, fumando di rabbia, “è perché voglio stampartela con un pugno esattamente sul cranio!”.

Questa volta il giovane saiyan incassò impotentemente le dure parole, incapace di reagire. Gemette sconsolato, consapevole sin dal principio che quella piccola, innocente richiesta di andare al pardo divertimenti si sarebbe rivelata l’ennesima estenuante battaglia. “Mi spiace, non avevo idea che fosse troppo stretto per il tuo dito”, pigolò mortificato, per poi scoccargli un’occhiata speranzosa. “Te lo farò riparare se accetti di uscire con me!”.

“NO!”, fu la tuonante risposta di Vegeta, il quale a passo di marcia fece per dirigersi verso la demolita uscita della Gravity Room. “E adesso sparisci dalla mia vista!”. Nel momento in cui superò Goku, un rumore molesto giunse alle sue orecchie, facendolo raggelare.

Clink, clink.

Conosceva quel suono. Purtroppo. Masticò qualche imprecazione a bassa voce, per poi portare lentamente lo sguardo al polso. Come aveva immaginato, era ammanettato all’idiota di terza classe. Di nuovo. Scoccò uno sguardo al suo rivale, il quale si limitò a ghignare trionfante in risposta.

“Non me ne frega niente di quanto possa essere disonorante per un vero guerriero”, sibilò il principe, assottigliando lo sguardo, “Giuro che ti ammazzerò mentre dormi”.

Goku sollevò la mano ammanettata e fece un mezzo giretto su se stesso, senza ovviamente che il proprio ghigno storto scemasse dal volto, “Beh, io vado a dormire solo quando sono molto stanco, Vegeta. E sai com’è, un’intera giornata fuori, magari in un parco divertimenti, potrebbe stancarmi molto in fretta”.

Fece giusto in tempo a concludere la frase prima che un sinistro crack! esplodesse dalla bocca del principe, facendolo sobbalzare. Goku non poté fare a meno di sgranare gli occhi quando scorse un rivolo di sangue colare lentamente dalla bocca dell’altro saiyan, sottile come una piccola biscia. Vegeta, ancora una volta, aveva stretto la mascella così forte da spaccarsi un dente.

“Ehm... Vegeta...”, balbettò Goku, spaventato, “Stai perdendo san—”.

Una truce occhiataccia gli smorzò brutalmente le parole in gola, ma il sangue continuò ad allarmarlo. Solo dopo qualche minuto di raggelante silenzio Vegeta decise di sputare il grumo di plasma che gli si era ammassato in bocca con una smorfia disgustata, sollevando poi l’indice della mano libera, interponendolo tra i loro volti. “Un appuntamento. Uno solo. Non azzardarti a chiedermi nulla del genere mai più. Mi hai capito bene?”.

Goku annuì spasmodicamente, il volto radioso ornato da un sorriso genuino e da due occhi brillanti. Sbloccò le manette e afferrò Vegeta per un polso: “Al parco divertimenti!”, trillò emozionato, portandosi due dita alla fronte.

“Ahem”, tossicchiò il principe, interrompendolo.

Goku gli scoccò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”.

“Posso avere l’onore di andarmi a fare una doccia prima di andare in quel dannato posto? O hai intenzione di ammanettarmi di nuovo?!”.

Imbarazzato, il giovane saiyan lasciò la presa. “Oh, scusami. Mi ero scordato che ti stavi allentando”.

Vegeta si limitò a prodigargli l’ennesima occhiataccia irritata, prima di superarlo ed uscire dalla Gravity Room a passo spedito. Goku gli trottò dietro, felice come una pasqua per essere riuscito a convincerlo, seppur con qualche piccola difficoltà. Quando raggiunsero la facciata principale della Capsule Corporation, anziché entrare dalla porta d’ingresso Vegeta scattò verso il cielo, fino a fermarsi dinanzi ad una finestra aperta e a balzarci agilmente all’interno. Dopo averlo seguito attentamente con gli occhi, Goku fece altrettanto.

Atterrò sofficemente sul pavimento piastrellato della stanza del burbero principe e, nello stesso istante in cui toccò terra, la porta del bagno si chiuse con un botto. Era un implicito invito a non osare disturbarlo, insomma. Obbedientemente Goku si sedette a terra, di fianco alla porta, ed attese. Nel momento in cui udì lo scrosciare dell’acqua della doccia non poté far altro che sorridere, felicitandosi per la sua fortuna. Forse non era riuscito a far ammettere a Vegeta i suoi sentimenti la sera prima, ma quel giorno, ne era certo, ce l’avrebbe fatta.

Dopo un quarto d’ora abbondante il principe uscì dal bagno, strofinandosi energicamente i capelli con un asciugamano marrone chiaro. Con addosso dei pantaloni al ginocchio con un rigido motivo militare, una banale t-shirt nera decisamente troppo grande per lui, i fidi guanti bianchi e gli stivali dalla punta dorata, voltò la testa verso Kakaroth e lo fulminò con una truculenta occhiata omicida, infastidito dal fatto che l’idiota lo stesse fissando come l’idiota che effettivamente era.

“Che vuoi?”, ringhiò, levandosi l’asciugamano dalla testa.

Goku si limitò a sorridere dolcemente, mettendosi in piedi. “Non hai finito di asciugarti i capelli. Ti prenderai un altro febbrone se esci tutto bagnato”. E detto questo afferrò la stoffa di spugna ed iniziò a strofinarla vigorosamente tra gli aguzzi ciuffi di Vegeta, le cui gote vennero istantaneamente invase da un acceso colorito rosso.

“Smettila di toccarmi!”, berciò il principe, strappandogli l’asciugamano dalle mani, “Mi basta il dannatissimo succhiotto che mi hai lasciato l’altro giorno!”, abbaiò, indicando il grosso cerottone che svettava sul collo. “È già abbastanza squallido dover andare a questo diavolo di appuntamento, o qualsiasi altra stupida roba sia, con te!”, incrociò irritato le braccia al petto, “Ora vediamo di darci una mossa!”.       

Goku annuì seraficamente e si portò due dita alla fronte, senza smettere di sorridere. Prima che potessero trasportarsi, però, un nuovo ghigno gli increspò le labbra. “Aspetta! Ho un’idea migliore!”. Trotterellò fino alla finestra, sporgendosi verso l’esterno. “NIMBUS!”, trillò.

Sperando ardentemente che Kakaroth oltre che cretino non fosse divenuto pure psicolabile, Vegeta osservò con una certa sorpresa l’arrivo celere ed inaspettato di una soffice nuvola gialla. Goku scavalcò il balcone e si tuffò su di essa, esaltato come un bambino. Si accomodò a gambe incrociate e gli fece cenno di fare altrettanto. “Vieni! Possiamo viaggiare su Nimbus anziché andare lì col teletrasporto”.

“No”. fu l’immediata, secca risposta. Sospirando pesantemente, Vegeta si massaggiò le tempie. “Ascoltami bene, mentecatto. Prima arriviamo lì, prima finiamo. Quindi vedi di tornare immediatamente qui e portarti quelle due dannatissime dita sulla fronte”.

Goku lo guardò con uno sguardo puerilmente supplichevole. “Per favoooore?”.

“No”. Pareva irremovibile.

“Andiamo! Sarà divertente!”, continuò il giovane saiyan, allegramente, “Scommetto che non hai mai viaggiato su una nuvola come Nimbus, prima d’oggi!”.

 “Kakaroth, non ho mai viaggiato su una nuvola a prescindere”.

“Beh, è tempo di provare nuove esperienze!”, Goku si mosse di lato, facendogli spazio accanto a lui, “Dai, salta su!”.

Vegeta ringhiò, dolorosamente consapevole che non c’era proprio alcun modo per fargli cambiare idea. Più rimanevano lì a litigare più avrebbero perso tempo, e quella giornata non avrebbe avuto mai fine.

“E va bene!”, sbottò, sollevando le braccia di scatto in un moto di disperazione. Balzò sul balcone e poi ancora verso l’ammasso giallo. Si aspettò di atterrare sulla morbida superficie della nuvola, ma invece, con un sincero sconcerto, ci passò attraverso. Prima che si sfracellasse al suolo Goku lo afferrò prontamente per un braccio, lanciando un gridolino.

Alla sua implicita, strabuzzata richiesta di spiegazioni, quello rispose con una risatina imbarazzata. “Ehm. Scusa, Vegeta”, tossicchiò, “Mi sono dimenticato che Nimbus può trasportare solo persone dal cuore puro”.

Il ringhio animale che rombò in risposta lo incitò calorosamente a muoversi a tirare su il principino dalla sua scomoda posizione penzolante nel vuoto. Continuò a tirare, consapevole che la reazione violenta dell’altro non sarebbe tardata ad arrivare. Nel momento in cui il capo del principe oltrepassò il corpo gonfio e soffice della nube, difatti, Goku notò con un certo terrore che spaziosa, spaziosissima regal fronte era costellata di una pericolosa miriade di venuzze pulsanti.

Magari far ammettere a Vegeta i propri sentimenti si sarebbe rivelato un tantino più complicato del previsto.

Deglutì pesantemente, trattenendo il fiato. “Allora, ehm... perché non ti aggrappi alla mia maglia?”.

Il ringhio animale tornò, possibilmente ancora più feroce di prima. Goku titubò qualche istante prima di far accomodare Vegeta sulla nube, sempre mantenendo ben salda la presa su di lui. Nell’arco di un battito di ciglia la mano del rabbioso saiyan si allungò ad afferrargli il collo, stringendo la presa: “Penso piuttosto che mi aggrapperò al tuo collo”.

Prima che Vegeta potesse seriamente strozzarlo, e prima che Goku potesse abbandonarsi alle più ignominiose suppliche per chiedere pietà, Nimbus partì a tutta velocità con i suoi due passeggeri a bordo. Colto alla sprovvista dallo scatto improvviso, Vegeta corse il rischio di finire per terra una seconda volta. Pregando un paio di divinità che quell’affare giallo, molliccio e volante avesse un freno, e dopo aver lasciato con un certo malincuore la presa dal collo di Kakaroth, rapidamente si aggrappò alla maglia arancione, a mo’ di koala. Goku sorrise, voltandosi a guardare dinanzi a sé per nascondere la propria espressione raggiante, mentre si disperdevano nell’azzurro del cielo.

 

***

 

Gli occhi di Piccolo tornarono a fronteggiare l’abbacinante miriade di numeretti inchiostrati, brillando di tacita disperazione. Il namecciano si schiaffò una mano in fronte, per quella che probabilmente era la millesima volta da quando aveva avuto la geniale idea di occuparsi delle bollette di casa Son – per qualche motivo a lui fondamentalmente oscuro, tra l’altro. Senza dubbio Gohan con la matematica se la cavava decisamente meglio di lui. Un ringhio gutturale tuonò tra le pareti della sua gola, ferino come quello di un animale. Non c’era da stupirsi che Chichi fosse morta, pensò, probabilmente le era esploso il cervello a forza di stare in quella casa.

Gohan gli si avvicinò, porgendogli una tazza di the caldo. La prese e tracannò il liquido bollente senza dire una parola, tornando poi ad immergersi nelle scartoffie.

Il bambino sorrise, e gli si sedette accanto. Piccolo-san era stato davvero gentile a dar loro una mano con le bollette, soprattutto perché suo padre, fondamentalmente, non era assolutamente in grado di cavarsela da solo. Come il suo mentore avesse imparato tutta quella burocrazia terrestre era davvero un mistero, comunque.

“Piccolo-san, va tutto bene?”, pigolò, premuroso.

L’altro lo fissò con un’occhiata funerea. “Odio questo pianeta”.

Gohan annuì, stringendo le labbra. Pareva che tutti gli alieni che arrivavano sulla Terra finivano con l’odiarla incommensurabilmente. Tranne Goku ovviamente, ma d’altronde suo padre non odiava nulla. “Vuoi un altro po’ di the, Piccolo-san?”, chiese cortesemente.

“Voglio la morte di tutta la gentaglia che scrive queste robe!”, tuonò il namecciano, additando rabbiosamente le carte.

Gohan ridacchiò, iniziando a muovere impacciatamente il piede. Piccolo colse il nervoso movimento e gli scoccò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”.

“Stavo pensando che faresti bene a prenderti una pausa, Piccolo-san”, sorrise, “Magari possiamo provare a scoprire cosa sta combinando papà!”.

Piccolo sbattè un paio di volte le palpebre, domandandosi da dove fosse spuntato tutto quell’improvviso andazzo da stalker. Comunque la prospettiva di andarsene in giro piuttosto che annegare in mezzo a quelle scartoffie gli risultava alquanto allettante, dunque non poté fare a meno di alzarsi dalla sedia con un ghigno. “Non ho obiezioni”.

“Evviva!”, trillò Gohan entusiasta, puntando un braccio al cielo.

Prima che posse schizzare fuori casa, però, Piccolo gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo. “Non abbiamo la benché minima idea di dove tuo padre sia andato a cacciarsi, però”, disse.

“Oh, so esattamente dov’è andato”, replicò lui, con sguardo ammiccante. Infilò una mano nella tasca e ne tirò fuori un volantino, che porse al suo mentore.

Piccolo iniziò a leggerlo lentamente, “La nuovissima attrazione di North City... le più grandi montagne russe e le migliori attrazioni di sempre... Il meraviglioso M.T.B. Big-O Amusement Park…?”. Sbatté un paio di volte le palpebre, perplesso, domandandosi per quale oscuro motivo Goku fosse andato in un luna-park, e perlopiù senza suo figlio.

“C’erano due biglietti assieme al volantino, e papà li ha presi entrambi”, continuò Gohan, infilandosi nuovamente il volantino in tasca, “Devo assolutamente scoprire con chi è andato!”.

Piccolo sbuffò dal naso, sarcasticamente, “Sicuramente Vegeta, no?”, disse ironicamente, e Gohan scoppiò in una fragorosa risata, accompagnato da quella decisamente più velata del proprio mentore. “Comunque sia, seriamente parlando”, riprese il namecciano, asciugandosi una lacrimuccia che tremolava all’angolo dell’occhio, “Per quanto mi riguarda possiamo escludere fin da subito il ‘grande principe di tutti i saiyan’. Dubito che Goku sia stato così masochista da portarselo dietro”.

 

 

 

 

 

 

 

 


Blatereggiando – Ovvero, le note della traduttrice.

Salve a tutti! Ecco qui la prima parte del nuovo capitolo. Questa fiction mi ha fatto adorare Piccolo in una maniera incommensurabile (anche se fondamentalmente mi stava già simpatico, LOL), e vedrete che al prossimo aggiornamento non potrete fare a meno di adorarlo anche voi. A proooooposito del prossimo aggiornamento... preannuncio già che sarà quello decisivo! Perché ve lo dico? Boh, voglio farvi venire l’ansia. Accadranno un po’ di cosucce, quindi rimanete connessi. E sono lieta di annunciarvi, dopo una chiacchierata con la geniale MTB, che questa storia non avrà un sequel, bensì due o più! Credo potrei morire, GGGGIURO. Beh, ho finito. Note un po’ corte stavolta, ma vado un po’ di fretta, ho un Orazio che mi attende sul libro di latino. Grazie come sempre per i vostri commenti, rendono la traduzione di questa storia decisamente più piacevole. Alla prossima!

 

 

 

 

 

   
 
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