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Autore: Heart InRussia    24/02/2012    1 recensioni
La storia di Paul K é vera, reale, vissuta. La vicenda che ha portato Danny Jones a scrivere quella canzone é dolorosa, intima e pubblica insieme.
L'intervista ai ragazzi citata a inizio capitolo fu fatta veramente dal dailymail.
La fanfiction invece l'ho scritta io, per provare a raccontarvi una storia.
Forse la leggerete due volte, forse ve ne basterà una.
Perché Paul K é più di un nome, é un modo di vivere.
Perché é una storia vera.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Tom Fletcher
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La famiglia è chiaramente un pesante fardello per il gruppo. Jones, quello più in vista, il più sfacciato membro, e Poynter, quello tranquillo, hanno entrambi visto i loro padri andarsene dalle famiglie. “Avevo solo 15 anni-dice Poynter, dal Corringham, Essex-[…] E’ stato come se la mia infanzia se ne fosse appena volata via ed ero in uno stato di shock completo”

[…] Jones non ha più visto il padre da quando ha abbandonato sua mamma, Kathy, quattro anni fa. “Odio pensarci- disse- Mio padre se ne andò con un’altra. Era il gesto di una debole crisi di mezza età-semplicemente ci ha abbandonato. E’ stato un idiota e non farò mai come lui. Non voglio più vederlo”

Immagino che avrebbe potuto essere la causa per farmi uscire dai binari. Anche Dougie ci è passato, ma allora, perché mai dovresti voler entrare in un giro di dipendenza dalla droga e diventare un pretesto senza speranza per un essere umano solo perché lo è qualcun altro?”Jones ha espresso i suoi sentimenti in una canzone, “The Ballad of Paul K”, sull’abbandono di suo padre.

Louise Gannon, “The super McFly guys”, Mail Online, dailymail.co.uk



Appoggiò il bicchiere ormai vuoto sul tavolo. Stesso sapore, stesso colore, stesso modo di bere la Corona fredda. Iniziava a sentirsi vecchio.


Dougie reclinò la testa in una risata sonora, e ancora rideva mentre, con una pacca sulla spalla, spingeva Danny fuori dall’appartamento. “Andiamo, vecchio! Siamo nel pieno della nostra giovinezza, we’re the young!, e dobbiamo godercela!”


E tutto quel vecchiume gli pesava. Non si sentiva più lui, era come se gli stessero impedendo di essere quello che era. I capelli si schiarivano di giorno in giorno, e così anche i tatuaggi; ormai era l’ombra di sé stesso.

“Dougie ha gli ormoni in fermento” disse Tom ridendo

“E’ ancora un ragazzino, praticamente! Quale adolescente non ha gli ormoni in fermento?” Gli rispose Harry

“Se, se… Vecchi!- Rispose il diretto interessato mentre si alzava dal tavolo- vi lascio al vostro barbecue… Attenzione a non scottarvi!”

“Non fare l’asociale, Dougie!”

“Ma venite anche voi allora! Venite a divertirvi!”

“Siamo rientrati alle quattro, stamattina. Oggi la facciamo tranquilla!”

“Io vado con Dougie- disse Danny alzandosi-non sia mai che ti lascio tutto il divertimento” aggiunse poi facendogli l’occhiolino.

Guardò il poster che era affisso sul muro davanti a sé-“McFly”, titolava la foto. Guardò con particolare attenzione il volto in basso a destra, quello che conosceva meglio di tutti.

Ogni volta che avrebbe dovuto fermarsi a pensarci aveva evitato di farlo, e così si trovava addosso tutti i quei pensieri, arretrati di anni, in una volta sola. Perché ora si trovava solo, perché ora non si distraeva più e non poteva fuggire a quelle domande… e davvero non capiva il perché di tutte quelle emozioni contrastanti.

“Scommetto che non reggi una bottiglia di questo” affermò Harry

Danny rise “Stai scherzando? Non vado fuori neanche con dieci di quelle!”

“Non ci credo neanche se lo vedo!”

“Sta a vedere, allora!”

Tom osservava paziente, rimpiangendo di non potersi unire alla gara perché avrebbe guidato lui al ritorno.

Dougie era elettrizzato per la sfida: prima di iniziare a buttar giù la prima pinta, pensò con soddisfazione a quanto era bello essere così uniti.

Cos’era successo? Era sempre stato uno che sorrideva, che scherzava.. Ora si sentiva morire dentro. Ora capiva che tutto quello che aveva fatto era stato un temporeggiare e basta. Era fuggito da se stesso, aveva fatto casino per non sentire quello che aveva dentro, ogni suo giorno era stato votato al “non pensarci”. Gli bastava poter far tutto, avere tutto, e gli era sembrato abbastanza.

Ma quanto la vita si fa meno dolce e ti sembra di impazzire, ti trovi ad aver paura all’idea di sapere chi sei, a guardare negli occhi di chi ti fissa allo specchio.

Si teneva tutto dentro, e gli altri-gli amici di sempre- non capivano che avesse, non potevano capirlo, né immaginare il perché di quella crisi di mezza età. Non era un passaggio obbligato, una tappa della vita che tutti dovevano passare… Era il tratto che attraversava chi, come lui, era arrivato a un’età in cui era obbligatorio fermarsi a fare i conti della sua vita. E si era reso conto di non aver fatto niente.

“Indovinate, ragazzi?”

“Cosa?”

“Ho chiesto a Gio di sposarmi”

Si guardarono qualche istante, poi Danny scoppiò a ridere nella sua tipica risata. “woohoo complimenti, mr. Tom!!”

Niente.

“Mi sento tanto vecchio- disse poi Danny qualche istante dopo- vi rendete conto? Potrei già considerarmi zio!”

“Ehi calma calma calma! Ho solo detto che mi sposo!”

Guardò verso Harry e Dougie: “Ma lo sentite?”

Pensava di essere eterno, quasi! Aveva compatito gli altri che dovevano correre dietro ai figli, passare le notti in bianco perché i neonati piangevano, si era arrabbiato quando avevano smesso di fare le vacanze tutti insieme… Ora capiva.

“Come sarebbe ‘non posso uscire stasera’? Non si trascurano gli amici!”

“Scusami, eh, ma ho promesso a Gio che l’avrei portata fuori nel weekend!”

“Che palle!”

“E’così tanto un problema?”

“E’che l’avete promesso tutti proprio questo weekend!”

Ora capiva che quello che per lui era un percorso imposto dalla società, quei presunti “fardelli della giovinezza” erano un modo di investirsi, un modo di costruire qualcosa. ORA!!


Quella sera di Luglio sembrò a tutti e quattro più afosa del solito. Danny, in particolare, era più spento che mai. “Che hai, Dan?” Chiese Tom rivolgendosi all’amico.

Harry appoggiò i gomiti sul tavolino in giardino e raccolse il volto nelle mani. Dougie si sentiva più annoiato che mai.

“Non è niente-rispose Jones-sto pensando”

“Ah bè, allora non te lo chiederò più! Non sia mai che io interrompa certi avvenimenti storici!”

Non si unì alle risate degli altri.

“Penso-disse ancora-a un sacco di cose”.

Ed era ancora giovane quando aveva lasciato gli altri, smesso di sentirli, perché gli sembrava che fossero invecchiati, diventati troppo seri, troppo seri per lui che odiava farlo.


“Tu…ti sposi?”

Era sconvolto.

“Ma… non sei proprio il tipo da…”

Harry sospirò “Quando c’è un bambino in mezzo, bisogna dargli un padre e una madre. E io voglio che sua madre abbia dei diritti di fronte alla legge”

Ci volle pochissimo perché Dougie collegasse questo con qualcosa che aveva vissuto quasi vent’anni prima. “Sì-disse-dei diritti. Ma che la legge lo riconosca o no, sei legato a lei comunque. Non smettere di tenerlo a mente”

Harry annuì. Da quando erano così seri?

“Ehi-disse allora sorridendo-cos’è questa mania che vi è venuta a tutti di fare i seri?”

“Non lo so-rispose l’altro sorridendo-la vita, forse”

Si era ubriacato della sua vita, ma aveva abbandonato le cose che amava e in cui avrebbe dovuto credere. Perché se ti prendi un impegno è per la vita, non per il tempo in cui hai voglia di mantenerlo.

E non erano forse gli amici e la ragazza il suo impegno?

Improvvisamente si era trovato ad odiare ciò che un tempo amava.

Rivide Danny esattamente tre anni dopo quel pomeriggio noioso al tavolino bianco, due mesi dopo che Harry si era sposato, tre mesi dopo che i McFly erano diventati tre (ma tanto erano in pausa tutti –“Stagione sabbatica” per citare Tom). Insomma, due mesi dopo da quando si erano visti l’ultima volta.

“Come va?-disse-Si sente che non ci sei… Hai intenzione di tornare per quando incideremo l’album?”

Danny, per la prima volta dopo tanto tempo, sorrise. “E anche prima! Avevo bisogno di staccare un attimo. Io… dovevo capire un po’ di cose su di me. Sai… fare il check.”

“Check?”

“Sì beh… Ho trentasette anni, Doug. Dovevo chiedermi cosa avevo intenzione di fare della mia vita.”

Vita? “E prima cosa facevamo?”

Danny sorrise. “Niente- rispose- non facevamo niente. Aspettavamo che passasse il tempo. Ti sei mai chiesto…-Danny sembrava imbarazzato-No, Dougie, non guardarmi così. Non voglio farti il predicozzo ma… Ti sei mai chiesto se ti va bene cosa stai facendo?”

“Certo che mi va bene! Che discorsi mi fai?”

“E’che…- Non aveva mai visto Jones così serio-…be’, ricordi più o meno che tre anni fa dicevi che mi fossi immusonito?”

“Ah-ha”

“Avevo appena rivisto… mio padre. Doug- lo guardò negli occhi-io non voglio diventare come lui. Vivere qualcosa per finta. Prendere un impegno e non mantenerlo. Non sono più un ragazzino. Sono insieme a Lizzie da due anni e non voglio farla soffrire”.

Ripensò all’ultimo messaggio che gli avevano mandato, qualche settimana prima, quando, dopo due anni che li aveva lasciati, aveva smesso anche di cercarli: “Guarda a cosa stai buttando via, ti sono rimasti accanto sempre”.

Non che fosse solo, ma era tutto diverso. Era come se gli altri fossero usciti dalla sua vita, perché adesso li vedeva solo per suonare e basta. Non voleva adattarsi alle nuove loro serate, a casa di Tom con le ragazze a parlare e mangiare.

Dov’erano finiti i McFly di una volta? Cos’aveva la vita di prima che a loro non andava bene? La vecchia cara formula “Sesso, Vino (“Droga no!” Aveva stabilito Fletcher) e Rock n Roll” cos’aveva di sbagliato?

O forse- si fermò di colpo davanti alla porta di casa-forse era sbagliato lui.

Forse quel check che continuava a evitare l’avrebbe dovuto fare, prima o poi. Forse a trentatr… -Oh gosh, erano già trentacinque!- anni avrebbe dovuto davvero aver costruito qualcosa. E lui… Lui non aveva in mano niente.

Ma era troppo tardi, troppo tardi per lui.

Si accasciò sul tavolo, col desiderio di non pensare più a niente.

La vita era stata severa, e lui stava impazzendo. Il tempo non gli era decisamente a favore.

“Ci sono passato- Disse a Tom cercando di rassicurarlo- Sta crescendo. Tornerà a farsi sentire”

“Dici?”

Erano tutti e tre seduti al tavolo, Tom col fisso in mano, preoccupati dalla solita assenza di risposte.

“Certo. Non smettiamola di farci sentire- Deve sapere che siamo pronti a riaccoglierlo, quando si deciderà a tornare”

Poi, un pensiero improvviso fece rialzare il viso di Dougie dalla superficie lignea: E se avesse potuto iniziare a costruire qualcosa da lì, da quel momento?




  
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