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Autore: DarkAeris    25/02/2012    3 recensioni
Il punto di vista di Ettore. [Saga: Sulle Note di Cat Stevens] Il titolo deriva dalla canzone omonima di Marco Masini.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La storia fa parte della serie: Sulle note di Cat Stevens e altri racconti , creati da me e da MedusaNoir. Spero che li leggerete :)


Era in ritardo.
Un dato poco rilevante: la sposa per tradizione doveva arrivare più tardi del futuro marito.
Guardò l'orologio, scostandosi la manica della giacca elegante dal polso, e sospirò ancora.
Continuava a ripetersi che sarebbe arrivata, che non c'era niente per il quale preoccuparsi, ma, ancora una volta, non faceva che illudersi di non sentire la sua voce interiore sputargli la verità.
Lei non è felice con Marco.
Questa era stata la prima bugia che si era raccontato, la bugia che lo aveva spinto ad agire, quando sapeva benissimo che non avrebbe dovuto farlo.
Aveva guardato Aurora seduta di fronte a lui, evidentemente tesa nel trovarsi sola in sua compagnia, e aveva deciso. Si era alzato e l'aveva semplicemente fatta sua, approfittando dell'attrazione che la ragazza aveva provato per lui un periodo troppo poco lontano perché l'avesse dimenticata.
Lei è innamorata di me.
Durante quei cinque anni se lo era ripetuto costantemente, costringendosi a pensarlo davvero, a convincersi che fosse la verità.
Ripensò alla proposta che le aveva fatto e strinse le mani in un pugno, ricordando la felicità simulata che le aveva letto negli occhi e la tensione che aveva avvertito nella ragazza, mentre si rigirava tra le coperte accanto a lui.
Lei mi sposerà.
Delle voci fuori dalla Chiesa lo costrinsero a voltarsi verso la porta, notando agitazione all'esterno.
Avvertì il mondo attorno a lui rallentare, come se ogni elemento che lo circondasse stesse andando a rallentatore, e non capì nulla di quanto stesse accadendo, fino a quando non notò Aurora dentro la macchina della sposa.
Guardava verso di lui con aria triste e parlava al conducente della macchina.
Perché non scendeva, che cosa stava succedendo?
Poi lo vide.
Ettore si fermò, smettendo di avanzare verso di lei, e guardò l'auto partire, immobile.
Un'esplosione di suoni lo raggiunse, svegliandolo. Il mondo riprese a muoversi, a parlare, la sua mente a funzionare. Che cosa diavolo stava facendo?
Si lanciò verso la propria macchina, afferrando le chiavi e sedendosi al posto di guida, stringendo le mani sul volante.
La convincerò a tornare da me. Lei è mia.
Prima che potesse partire, Davide e Manuel entrarono velocemente nell'auto, scuotendolo.
Non è il momento, ragazzi.”
Manuel rimase in silenzio, in un evidente tentativo di dire qualcosa, mentre Davide si limitò ad appoggiare una mano sul suo braccio, guardandolo negli occhi, serio.
Ettore ricambiò lo sguardo, smise di stringere il volante e abbassò la testa, mordendosi le labbra, lasciandosi andare al conforto dei suoi due amici.


La casa era fredda.
L'appartamento che aveva condiviso con Aurora gli era sempre apparso come immensamente caldo, forse fin troppo in alcune notti d'estate.
Ma in quel momento era gelido in un modo intollerabile.
Ettore prese dal pavimento la propria maglietta, alzandosi dal letto e dirigendosi in balcone perché potesse fumare.
Era stata la prima regola di Aurora nella loro convivenza: mai fumare all'interno.
L'uomo raggiunse il salone e accese la sigaretta, dicendosi che ormai era del tutto legittimato a fare come meglio preferisse.
Ma mentre il fumo riempiva la stanza, gli appariva nella mente il volto della sua donna che lo rimproverava per quanto stesse facendo.
Spense immediatamente la sigaretta e si gettò sul divano, con lo sguardo perso nella camera.
Ogni piccolo oggetto, ogni insignificante dettaglio gli ricordavano Aurora.
Una biondina si sdraiò su di lui, facendolo saltare per la sorpresa.
Quando la riconobbe, si limitò a distogliere nuovamente l'attenzione da lei, fissandosi su alcuni vestiti che la sua fidanz...la sua ex aveva lasciato in casa.
“Sei stato davvero bravo, sai? Davide aveva detto la verità!”
La voce acuta e stridula della ragazza gli fecero venire voglia di vomitare.
Se l'era fatta, sì. Più di una volta durante quella sera.
Davide in quelle settimane era stato insopportabile, gli aveva ripetuto costantemente che il metodo più veloce per andare avanti era quello di dimostrarsi “l'indomabile bestia conquistatrice” che era stato prima di Aurora.
Anche Davide doveva averci creduto poco.
Mugugnò qualcosa, sforzandosi di sorridere all'ochetta che lo accarezzava, e si infastidì incredibilmente quando lei prese a toccare il suo sesso, denudandolo.
La guardò abbassarsi e cingerlo con la bocca e abbandonò la testa al cuscino, fissando il soffitto, avvertendo un senso di nausea vertiginoso impadronirsi di lui.
Quando sarebbe tornata a prendere le sue cose?
Prima o poi avrebbe dovuto farlo. Che cosa le avrebbe detto?
Non faceva che dirsi che l'avrebbe afferrata per i capelli e le avrebbe urlato che era una puttana traditrice e che la odiava con tutto se stesso.
Ma era una bugia.
Non provava risentimento nei confronti di Aurora. Non provava odio. Era solo fottutamente innamorato di lei.


Dai, vieni da me questo pomeriggio, stallone!”
Ettore sbuffò, piegando un vestito azzurro di Aurora e ponendolo in una scatola lì vicino, mentre reggeva il telefono con una spalla.
Non lo so, Dà, c'ho da fare.”
Davide era davvero un amico. Era una persona con tanti di quei difetti che avrebbe potuto essere considerato insopportabile stargli accanto, ma il loro rapporto era inscindibile.
Non lo aveva lasciato solo un attimo negli ultimi due mesi e la sua vicinanza era stata fondamentale per Ettore.
Avevano imbiancato casa insieme, avevano cambiato alcuni mobili e tolto delle foto che ora era meglio non vedere più.
L'amico non aveva detto niente nemmeno quando Ettore aveva pianto e urlato, nel momento in cui un bicchiere di troppo aveva abbattuto le sue barriere. Aveva saputo, per colpa della lingua lunga di Manuel, che Aurora si era sposata con Marco il giorno stesso della fuga.
Ettore aveva avuto due relazioni serie, innumerevoli ragazze e qualche amico, ma solo Davide l'aveva visto piangere come un bambino, stringendo il tavolo con le dita, maledicendo il mondo intero.
Ora la casa era vivibile, i ricordi sembravano faticare ad entrare nella sua mente, sebbene sapesse perfettamente che la notte la cercava ancora e ancora sperava di trovarsela accanto al risveglio.
Smettila di trovare scuse e vieni da me. Ti aspetto, a più tardi.”
Ettore posò il telefono, con un sorrisetto sulle labbra, e posò gli ultimi oggetti di Aurora, chiudendo la scatola e depositandola in un angolo del salone.
Si legò i capelli e aprì il frigo, notando che, da quando era tornato a vivere da solo, le condizioni di quest'ulimo erano sempre più simili ad un deserto.
Afferrò una birra e si andò a sedere al tavolo.
Sì, doveva decisamente andare da Davide, così magari lo avrebbe costretto ad accompagnarlo a fare la spesa, attività che ormai odiava fare da solo.
Ripensò alla prima volta che aveva accompagnato Aurora al supermercato e a quanto avesse trovato adorabile il modo che avesse lei di indicare il cibo, inserendolo in una ricetta.
Con il pomodoro potrei farci questo, quello, quell'altro...prendiamo il pomodoro!”
Sorrise e abbassò lo sguardo, sorseggiando ancora la birra.
Sì, doveva decisamente andare da Davide.


Suonò al campanello, appoggiando un braccio al muro accanto alla porta, aspettando che aprisse.
Si passò la mano libera tra i capelli, tamburellando con un piede, gli occhi rivolti verso il pavimento.
Amore, sei arrivato, finalme...”
Il volto di Aurora rimase come pietrificato, mentre guardava Ettore alzare la testa e incrociare i suoi occhi.
L'uomo sentì un brivido percorrergli la schiena, ma rimase impassibile, scrutandola.
L'aveva pensata giorno e notte in quei mesi, eppure il suo ricordo non le aveva reso giustizia: Aurora era di una bellezza dolorosa per gli occhi.
Probabilmente l'amore le faceva bene.
Quel pensiero lo colpì come una lama e la bocca gli si tirò in un ghigno.
Mi dispiace deluderti, ma non sono Marco.”
Si stupì del veleno che udì nella sua stessa voce, ma non aggiunse nulla, come se sperasse di averle fatto male.
In realtà, quella frase aveva pugnalato più lui che la donna.
Io non sono Marco.
Aurora boccheggiò, non sapendo cosa dire, e si passò una mano tra i capelli, nervosa.
Sono venuto a portarti le tue cose.”
Si abbassò verso la scatola che le aveva preparato e gliela tese.
La donna la afferrò ed Ettore si scoprì a sciogliersi in un sorriso, mentre lei cedeva al peso dell'oggetto.
Si chinò ad aiutarla, ma si pentì subito di averlo fatto.
Il profumo di Aurora lo raggiunse con la forza di un pugno sullo stomaco. Quanto gli era mancato.
Sentì l'impulso di afferrarla e baciarla, stringendola a sé, ma capì subito, guardandola, che non poteva farlo.
Non sarebbe stato come quella notte di cinque anni prima. Lei non avrebbe ceduto.
Nei suoi occhi c'era solo Marco ora.
Si rialzò, tremando appena, e si voltò, per uscire dalla porta, senza aggiungere nulla.
Mentre si allontanava, vide Marco arrivare con la moto.
Si tolse il casco e rivelò il suo viso tranquillo. Sorrideva, come non l'aveva visto fare da anni.
Avrebbe voluto cancellare quel sorriso con un pugno. Avrebbe voluto tornare da lei e farla sua, imporle la sua presenza, il suo amore. Avrebbe voluto, ma non ci sarebbe mai riuscito.
No, lei era destinata a Marco, a stare con lui. Era giusto così.

Vai con lui.
Cosa importa
se ti voglio ancora?
Vai con lui.
   
 
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