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Autore: Demy_    26/02/2012    3 recensioni
Questo testo narra una delle ultime notti di Alessandro prima della sua morte.
Bagoa, il giovane eunuco persiano, gli resta accanto fino alla fine, innamorato di quell'uomo che lo aveva accolto nella sua corte e che gli aveva insegnato cosa fosse l'amore.
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alessandro il Grande, Bagoa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alskander's Tears




 

Babilonia quella notte era estremamente silenziosa.

Si sentiva appena il canto degli uccelli notturni nelle foreste lontane e lo scrosciare dell’acqua fresca delle limpide fonti.

Il vento mi spostava leggermente i lunghi capelli scuri, facendo fluttuare appena la mia chioma ondulata, solleticandomi il viso e la schiena.

Tenevo i gomiti appoggiati sulla grande balaustra in pietra e lasciavo che i miei occhi si riempissero della maestosità che aleggiava in quella città.

La maestosità e lo sfarzo che aveva sparso il mio signore su tutte le terre limitrofe.

Il Signore dell’Asia, lo chiamavano.

Il Grande Alessandro.

Per me era semplicemente Alskander.

Mi diceva sempre che adorava il modo in cui pronunciavo il suo nome con in mio accento persiano..

Sospirai tristemente e abbassai lo sguardo, allontanandolo dalle luci fioche della città.

Con solo la veste in lino e seta cominciavo a sentire freddo, così mi coprii di più il petto e rientrai nella stanza.

Il palazzo reale aveva molte stanze, ma la più bella e ricca era la sua, la camera del re.

Riposava nel suo letto, teneva gli occhi leggermente socchiusi e la coperta gli arrivava fino al bacino. Le ferite di guerra sul petto sembravano in rilievo per la luce che diffondevano le candele, ed ebbi un sussulto quando le vidi, nonostante le conoscessi già tutte a memoria. Sembravano ancora vive, sembravano avvertirmi che presto se ne sarebbe andato.

Erano giorni che non voleva alzarsi, che stava male.

A volte la febbre alta lo faceva delirare, mi guardava con occhi vitrei e avevo paura che stesse per dirmi addio. Invece si limitava a sorridermi anche se spesso non mi riconosceva.

Quando la febbre si abbassava, mi parlava e mi incantava con i suoi racconti anche se mi addoloravano.

Spesso durante la notte mi stringeva a se e pronunciava un nome. Quel nome che mi faceva male anche solo pensarlo.

Efestione.

Ormai quel triste giorno ad Ecbatana aleggiava nei suoi ricordi in continuazione, una sofferenza che non gli dava pace.

La morte di Efestione lo aveva scosso a tal punto che il suo esercito ed io stentavamo a riconoscerlo. Era freddo, distaccato, passava ore se non giorni chiuso nelle sue stanze. 

Nonostante fossero passati dei mesi, non riusciva a farsene una ragione.

Dopotutto, come si può dimenticare l’unica persona che si ha davvero amato?

Durante la sua gloriosa vita, Efestione gli era sempre stato accanto. Come amico, come confidente. Come generale e... Come amante. Come vero amore.

C’erano delle statuine su un altare a destra della stanza insieme ad un imponente mezzo busto che riproduceva fedelmente la figura del grande amore del mio Alessandro. 

Ogni volta che le guardavano sembravano dirmi: “E’ tutto inutile, lui ha sempre amato solo me”.

Cercavo di togliere quelle voci dalla mia testa, quel suo sorriso sfacciato che mi rifilava ogni volta che spariva per tutta la notte nella stanza del mio re.

Mi avvicinai al letto e guardai mestamente colui a cui avevo totalmente donato il mio cuore.

Ripensai a quanto erano vivi i suoi occhi, mentre ora erano terribilmente assenti, e scrutavano tristemente il soffitto bianco.

 - Bagoa - mormorò senza spostare lo sguardo su di me.

Io mi avvicinai e mi sedetti sul letto prendendogli la mano.

Finalmente mi guardò.

 - Avrai un altro re... Quando me ne sarò andato.

 - Non dirlo, Alskander.

 - La tua bellezza... Ha lasciato a bocca aperta chiunque fosse venuto a farmi visita. Ho la creatura più bella di tutte al mio fianco... - disse debolmente sfiorandomi il viso con le dita.

Mi pizzicarono gli occhi così tanto che dovetti combattere con me stesso per non farmi vedere più fragile di quanto già ero.

 - Onorerai il tuo prossimo signore come hai fatto con me. Ma se ci riesci... Scappa. Vai via e non dovrai più sentirti inferiore a nessuno.

 - Non mi sono mai sentito inferiore a te, mio signore... Mi hai sempre rispettato, trattandomi come un uomo.

 - Tu sei un uomo.

Scossi lentamente la testa e abbassai lo sguardo.

 - Sono stato mutilato prima che potessi diventarlo.. - dissi mestamente ricordando la mia tragica infanzia a Susa. 

Lui con il suo tocco leggero mi alzò la testa costringendomi a guardarlo.

 - Un uomo non si misura dalla forza della sua corazza, o dalla potenza della sua spada. Ma dal suo animo...

La sua mano scivolò sul mio mento per poi accarezzarmi il collo.

Era una sensazione bellissima, le sue mani avevano il potere di liberarmi la mente; le sue carezze... Avevano quasi un’effetto curativo su di me.

 - E tu sei uno dei pochi veri uomini che ho conosciuto in vita mia... Uno dei pochi..

Sussurrò voltandosi lentamente per guardare il mezzo busto di Efestione.

Abbassò lo sguardo perso nei suoi ricordi e dopo un po’ si silenzio mormorò:

 - Tu mi ami, Bagoa?

 - Ti amerò sempre Alskander.

Mi accarezzò la testa e prolungò quel gesto accarezzandomi i lunghi capelli che mi ricadevano morbidi davanti al petto.

 - Spegni le candele - disse in un sospiro, ed io mi alzai lentamente per soffiare piano su di ognuna di loro.

Aprii di poco la tenda per fare in modo che la luce lunare potesse farmi intravedere la strada che mi avrebbe condotto verso il suo letto, e così nella penombra avanzai verso di lui e mi tolsi piano la veste.

Con un gesto lento, lui tirò su le coperte per farmi sdraiare al suo fianco.

Mi tirò a se ed io appoggiai la testa sulla sua spalla.

Mi faceva sempre sentire così protetto...

Grazie al riflesso della luna potevo intravedere il suo profilo, e vidi qualcosa brillargli dagli occhi e scendere giù, lungo il viso.

Non lo avevo mai visto così triste.

Così debole.

Era davvero la fine? Il mio signore si stava arrendendo?

Pian piano chiuse gli occhi e allentò la presa. Io mi alzai di poco tenendomi la testa con una mano e con il gomito appoggiato sul cuscino.

Aveva ancora il segno delle poche lacrime sul volto, e gliele asciugai passando appena due dita su di esso.

Gli sfiorai i capelli biondi come l’oro e tornai a posare la testa sul cuscino controllando ogni movimento del petto, ascoltando in silenzio il suo battito cardiaco, sperando che ogni suo singolo respiro non fosse l’ultimo.







NdA: Salve!
Grazie, lettore, per essere arrivato fin qui e aver letto la mia OS.
Se vuoi, lascia un segno del tuo passaggio, fammi sapere cosa ne pensi della mia storia, te ne sarei immensamente grata (:
Bye,

Demy_
  
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