Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Remedios la Bella    26/02/2012    11 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccoci qui. Ah, mi viene quasi da piangere al sol pensiero!
... Ok, i ringraziamenti a fine capitolo! Buona lettura!
Remedios


Capitolo 45

 
“ Deborah … Deborah?” il suo volto era rilassato nel sonno, sprofondato nel guanciale del letto e rispecchiava un sonno senza incubi, leggero ma ristoratore. La scossi lievemente, era ormai mattina inoltrata ma ancora dormiva della grossa.
La sentii mugolare piano, e la vidi aprire i grandi occhi neri e che tanto amavo:” Max …”
“ Buon compleanno, tesoro …” la baciai sulla fronte lievemente, il suo meraviglioso sorriso le illuminò il viso, ancora giovane nonostante gli anni.
Si stiracchiò per bene, poi si mise seduta con la schiena contro la testiera del letto:” Grazie, tesoro ..”
“ Ti ho portato la colazione …” presi il vassoio appoggiato sulla credenza e glielo misi sulla gambe. L’invitante odore di croissant francesi mi diede il buon umore, e anche a lei, da quel che vidi riflettersi sul suo viso come un ringraziamento:” Che buon odore …”
“ The, paste e latte … tutto ciò che vuoi …”
“ Non è che mi coccoli troppo?” domandò lei sarcastica, mescolando lo zucchero nella tazza di the.
“ è il tuo giorno.” Le stuzzicai il naso come ogni mattina, e lei lo arricciò, con una smorfia amabile in volto.
“ è sempre il mio giorno, una volta l’anno … le stesse parole che mi ripeti da qui a quasi trent’anni ormai!” sorrise, e io con lei. Scostai le tende che ostacolavano la luce del sole e le pareti vennero illuminate all’istante. Il panorama delle alte montagne, il rifugio che avevamo scelto, la culla dei nostri sogni, ci schiaffò la sua magnificenza dolcemente. Dalle cappe dei camini di alcune case del piccolo villaggio erano già in fermento,e il fumo che si dissolveva nell’aria incontaminata svolazzava come la miriade di passeri, che si godevano i caldi raggi di giugno volando in piena libertà e cinguettando allegri.
“ è un’ottima giornata …” sussurrai, aprendo la finestra e inspirando a pieni polmoni l’aria fresca e pungente.
“ Già … perfetta per una riunione di famiglia!” intervenne Deborah, togliendosi il vassoio dalle ginocchia e tentando di mettersi seduta sul materasso. Andai a darle una mano, la sua mole faticava per il momento anche a fare i gesti più semplici.
“ Oh, che sarà mai? Non è il primo!”
“ Fatti aiutare e basta! Non vuoi che gli succeda niente, no?” Le porsi la mano e l’aiutai ad alzarsi.
“ Non mi sembra che Karl sia venuto su male, in fondo.” Sorrise, accarezzandosi il ventre, gonfio per la gravidanza quasi giunta al termine:” Chissà se sarà una femmina … ne vorrei tanto una, sai?”
“ Ogni tuo desiderio è anche mio, ricorda …” la abbracciai, felice, e poi posai le mie mani sul suo grembo, panciuto e tanto grazioso:” E come la chiamerai?”
“ Josephine …” quel nome, emesso dalla sua voce dolce, era pura melodia.
“ Come una delle protagoniste di Piccole Donne? Quella caparbia, sognatrice, capace di affrontare ogni cosa senza arrendersi e con un grande cuore?”
“ proprio lei, l’adorabile Josephine … speriamo che possieda i tuoi occhi ..” la vidi osservarmi e mi protesi per baciarla dolcemente sulle labbra. La riabbracciai, chinandomi verso di lei: “ sai, ho scoperto una cosa interessante … dopo vieni giù, ti aspetto.”
Mi allontanai, uscendo dalla porta della camera che aveva custodito i nostri sogni fin dal giorno del nostro matrimonio, e chiusi la porta, così che potesse cambiarsi in pace. Avevo una cosa urgente da sbrigare.
 
Mi cambiai rapidamente, e mi ammirai nello specchio. L’enorme pancione della mia seconda gravidanza, di nuovo quell’emozione provata già con la nascita di Karl, ragazzo alto e robusto ormai, tutto sua madre per aspetto fisico ma con il carattere quasi di suo nonno Franz, anche se molto più docile di lui.
Il rancore verso quell’uomo era ormai sparito in tutti quegli anni, mi era quasi dispiaciuto che fosse morto prima del mio ricongiungimento con Max. Mi avrebbe fatto quasi piacere, e dico quasi, che potesse vedere i suoi due figli sposati, con una famiglia. Sarebbe stato mio suocero, almeno. E invece, mi dovevo accontentare, e non me ne pentivo, di una dolce suocera e di una cognata, nonché migliore amica, con cui passavo i week end più belli della mia vita.
“ Speriamo davvero sia una femmina …” sussurrai, accarezzandomi la pancia coperta dal mio vestito a fiori.
Quaranta cinque anni giusti giusti, ormai ero quasi a metà della mia vita. E, come ogni mio compleanno, Max mi augurava il buongiorno, mi dava quei suoi baci ammalianti sulla fronte e mi strizzava il naso, spensierato e sereno. E io lo amavo ogni giorno di più, sarei giunta ad amarlo più della mia vita ai cent’anni, di questo passo.
Uscii dalla stanza, e incrociai lo sguardo beffardo ma imbarazzato di Karl, i capelli ancora tutti spettinati ma la faccia pulita e limpida, in cui splendevano i suoi occhioni neri, perfetta copia dei miei.
“ Buongiorno madre, e buon compleanno.” La sua voce ormai matura per i suoi diciassette anni mi salutò come suo solito, gentilmente ma quel tono di imbarazzo tipico di ogni ragazzo che saluta sua madre la mattina.
“ Grazie Karl … tuo padre è giù vero?”
“ Si, penso stia chiamando zia Elly e nonna Elena …”
“ Bene …” sorrisi, accarezzandomi istintivamente di nuovo il grembo.
“ Quando nascerà?” mi chiese Karl.
“ Manca poco ormai … ti ho mai raccontato che tu non sei stato il mio primo figlio?” il ricordo nostalgico e malinconico di circa trent’anni fa mi tornò in mente, senza volerlo. Lui alzò il sopracciglio:” Intendi la storia del … francese? Me l’ha raccontata papà. Sei ancora triste per questo?” la premura di Karl mi commosse enormemente. Rividi gli occhi di Elly, tristi e dispiaciuti, in quelli di mio figlio, e mi venne da sorridere:” Non posso di certo cancellare qualcosa che mi ha condotto qui … a quest’ora avrebbe avuto forse ventinove anni … ma forse, sta meglio dove è adesso.” L’immagine del sangue dopo l’aborto mi si presentò come una fotografia negli occhi, e per un istante pensai che una lacrima mi stesse scendendo lungo la guancia. Mi portai il dito all’occhio.
“ Mamma ..”
“ non sto piangendo, tranquillo … sono solo felice di essere giunta fin qui, e di avere te e Max.” mi avvicinai e posai le mie labbra sulla fronte di Karl, che colto di sorpresa indietreggiò rosso in volto.
“ Ora scendiamo però …” concluse lui, in fretta. Mi aiutò a scendere al piano di sotto, tenendo gli occhi bassi per l’imbarazzo. Sorrisi per tutto il tragitto.
Appena fummo al piano terra, il mio sguardo cadde sul calendario, affisso alla parete lì vicino.
Guardai la data, e mi venne un sussulto al cuore. E capii all’istante le parole di Max della sera prima.
“ Quello di domani è un giorno da segnare negli annali.”
Aveva proprio ragione. Una data davvero particolare.
 
Il motore dell’auto rombò nel viale del giardino e corsi alla porta, ad accogliere i nuovi arrivati.
“ Siete arrivati giusto in tempo!” esclamai, avvicinandomi con le mani in tasca all’auto. La figura possente di mio cognato John uscì dal posto del guidatore, i suoi occhi simili per colore e espressione beata a quelli di sua moglie, nonché mia sorella Elly, mi scrutarono allegri:” Non potevamo non venire!” esclamò lui, porgendomi la mano.
I suoi capelli brizzolati rilucevano sotto la luce del sole, filtrata appena dagli alberi in giardino: “ Dov’è la festeggiata?”
“ Dentro … venite!”
Mia sorella Elly scese dalla macchina e mi venne incontro, con in braccio la pargoletta dai grandi occhioni azzurri, Emily:” Fratellino! Da quant’è che non ci vediamo?”
“ da … cinque giorni, da quel che mi ricordo!” risi, abbracciandola come sempre. Il suo viso non era invecchiato per niente, era sempre lo stesso viso serio ma che sapeva emanare una dolcezza infinita che solo lei possedeva e che sua figlia aveva ereditato. Pizzicai una guancia paffuta a mio nipote, che per risposta si accucciò nella spalla di sua madre, brontolando.
“ Vai con lo zio, su!” la presi in braccio e la feci giocherellare, il suo sorriso coperto solo da pochi dentini mi consolo del mio operato di buon zio che ero.
Un’altra macchina in quel momento giunse sul viale, era il resto degli ospiti a casa Schubert.
Il viso di mia madre, insieme a quello di mio suocero, apparvero allegri oltre il vetro della vettura. Agitai la mano felice, mentre l’auto si fermò sul viale e i passeggeri scesero dalla vettura.
“ Madre! Sono tanto felice di vederti!” baciai mia madre affettuosamente, e lei ricambiò calorosa, era più di un mese che non la vedevo in fondo:” Ti fa ancora male la gamba?”
“ non mi dà noia come prima diciamo!” la sua voce, invecchiata dagli anni, teneva sempre lo stesso tono saggio.
“ Il viaggio da Berna è stato lungo?”
“ Niente di che, non mi ha stancato per niente … e smettila di preoccuparti, so badare a me stessa! Non sono ancora del tutto fuori uso, nonostante la mia età!” In effetti, si dimostrava una vecchietta ancora piuttosto arzilla, nonostante gli anni che portava sulle spalle.
“ E io che mi preoccupo soltanto …” sorrisi, lasciando Emily tra le sue braccia per aiutare il signor Menuchin a scendere dalla vettura.
“ Come sta, signore?”
“ benissimo figliolo!” La sua allegria mi arrivò come una scossa, chiara e rilucente. Gli porsi il bastone da passeggio:” Tenga!”
“ Grazie mille … mia figlia è già sveglia?”
“ Sua figlia è sveglia come sempre, e più si fa grande, meno invecchia!”
“ Ah, l’ho sempre detto che tu sei il meglio! Accompagnami dentro, va!” lo presi sottobraccio e invitai gli altri a entrare in casa. Deborah e Karl mi attendevano sul portone.
 
 
Che riunione! Tutti a farmi i complimenti per la gravidanza, mentre io, rossa in volto, ringraziavo tutti senza dare troppo l’intenzione di essere visibilmente imbarazzata.
“Speriamo gli stia bene …” la signora Schubert mi mostrò la tutina cucita da lei stessa per il nascituro, e io me la rigirai tra le mani, contenta.
“ Sono sicura che gli calzerà a pennello …”
“ Karl, diventerai fratello maggiore!” l’esclamazione della nonna al nipote fece diventare il volto di solito pallido mi mio figlio paonazzo.
“ Nonna!” inveì lui, imbarazzato:” ho diciassette anni!”
“ Io trattavo così tuo padre, e lui non ha mai protestato! Vero Max?”
Sentii mio marito borbottare, e mi venne quasi da ridere:” Come no!”
Vidi Karl rigirare gli occhi infastidito, e risi divertita, insieme al resto della compagnia. Afferrai un pasticcino che era sul tavolo e lo assaggiai, facendo poi i complimenti a Elly per l’ottimo lavoro.
“ Sono riuscita a portarveli in tempo, altrimenti sarebbero finiti tutti in mano dei clienti!”
“ ma tu ci lavori in pasticceria! Come fai a dire che ti mancherebbero i dolci?”
“ Beh, si …” tirò fuori la linguaccia, per poi offrire il dolce a Emily, che lo addentò con i pochi dentini che aveva, sporcandosi il musetto di panna.
“ Sai Max … ieri ho visto una persona … non so te, ma ho voluto invitarla, ti dispiace?” intervenne Elena, guardando suo figlio che alzò il sopracciglio perplesso e poggiò la tazza di caffè sul tavolo.
“ E chi sarebbe?”
“ Oh, lo vedrai presto …” la vidi ammiccare, e poco dopo qualcuno bussò alla porta. Max si alzò per andare ad aprire, e appena aprì la porta lo vidi pietrificarsi di colpo.
“ da quanto tempo eh!”
“ Tu qui!” la voce di mio marito era a dir poco sorpresa e si notava la felicità nel suo tono di voce. Fece entrate l’ospite, che si tolse affabile il cappello che aveva in testa. La sua potente stazza superava addirittura quella di John, e non era cosa da poco. In più i suoi occhi sembravano arzilli e giovanili.
“ Salve a tutti, ho disturbato un momento importante?”
“ per niente …”mi alzai per dargli il benvenuto, e lui mi baciò galantemente la mano, sotto lo sguardo leggermente invidioso di Max.
“ la mia consorte Deborah …” mi presentò Max. Vidi l’uomo sorridere a Max:” Proprio come l’hai sempre descritta …”
“ Posso avere il piacere di sapere chi è lei?” chiesi, tanto per non rimanere fuori dalla conversazione.
“ Oh, le devo le mie scuse … Jordan, nonché amico di accademia e di guerra di suo marito Max. Ho incontrato per caso la signora Schubert l’altro giorno, e ho saputo dove abitava il mio amico. Ne ho approfittato, ma vedo che siete in riunione.”
“ Mi piacerebbe che rimanessi anche tu, dopotutto compio gli anni, e poi voglio conoscere chi ha aiutato mio marito durante la guerra!” lo invitai a sedersi, e lui molto garbatamente si mise a sedere accanto a mia suocera, unendosi al resto della conversazione.
Ecco il quadro di tutto, il più bello tra tutti quelli appesi in salotto, anche più bello della mia foto in abito da sposa, grande e vaporoso, in compagnia di Max, vestito di tutto punto con la medaglia attaccata alla divisa da soldato, il giorno del nostro matrimonio, e anche più bello del matrimonio di Elly, lei raggiante con i suoi occhi di zaffiro e l’abito anche più bello del mio e il suo John accanto a lei. Il quadro di quella situazione, il più vistoso insieme a tutte le foto messe sui mobili in casa, che raffiguravano la mia famiglia, la mia nuova famiglia, completa di Karl in tutti i suoi anni, di tutte le feste in paese in quegli ultimi anni, di tutti i sorrisi di famiglia.
Io e max, sposati da ormai venticinque anni e con un figlio, anzi due, da accudire; Elly e John, sposati pochi mesi dopo me e Max, e la loro figlioletta Emily, di appena un anno; Elena e Menuchin, che anche se ormai erano ridotti a due vecchietti con gli anni addietro, conservavano ancora quella spigliatezza e vivacità giovanile, tipica dei loro figli; e Jordan,l’omone robusto che aveva accompagnato Max durante la sventura della guerra, e che ora era un abile uomo, bello e con un sacco di esperienza alle spalle.
Tutti insieme, in serenità, riuniti per i miei quarantacinque anni. La giornata si potè annunciare una delle migliori della mia vita.
 
Dopo la festa, rimanemmo sulla soglia a salutare gli ospiti che tornavano alle loro case, mentre noi rientrammo dentro, stanchi ma felici.
“ Beh, direi che per oggi può bastare …” Karl si stiracchiò stanco,  e fece per salire le scale, ma lo bloccai in tempo:” non ancora … figliolo, vieni. Ti devo far vedere una cosa.”
 Vidi Deborah sorridere e avvicinarsi al calendario:” è questo?”
“ Esatto … dimmi, figliolo. Che giorno è oggi?”
“ il giorno del compleanno di mia madre?” il tono dubbioso di Karl mi fece ridere. Gli mollai una pacca sulla schiena:” Non in quel senso … data?”
“ 15 giugno del 1974 …” disse, ancora dubbioso.
“ Esatto, il 15 giugno del 1974 … sai che vuol dire?” intervenne Deborah, sfiorando la plastica del calendario.
Osservai Karl riflettere un momento, e poi il suo volto si rischiarò:” 15 – 6 – 74. 15674!” esclamò, indicando sua madre:” è il numero che portavi sul braccio o sbaglio?”
“ non c’è bisogno di urlarlo figliolo! Comunque è proprio lui, e al posto suo è rimasta questa …” Deborah sollevò la manica del vestito, e la cicatrice della sua ferita apparve, in tutta la sua profondità di significato:” il segno della mia libertà …” sorrise nostalgica, per poi rimettersi la manica a posto.
“ Mi sorprendo ancora oggi di come avete fatto a stare insieme voi due …” disse mio figlio, alzando le ciglia.
Risi e gli strinsi le spalle con il braccio:” Si chiama forza di volontà, figliolo …”
“ Ci credo!” sorride, e mi immortalai quel meraviglioso sorriso che aveva ereditato da sua madre. Anche lei sorrise, in modo perfetto.
La perfezione dell’attimo. Il numero che ci aveva legati, divenuto un simbolo.
E ancora a distanza d’anni, poteva far riecheggiare tutto se stesso come negli echi di un ricordo mai cancellato; l’amore in mezzo all’odio,l’amore che sopravvive a tutto.
L’amore impossibile che diviene realtà.
Grazie Deborah, grazie a me stesso. Grazie forza di volontà.
Non avrei cambiato il mio passato, per niente al mondo.


The end

E siamo giunti alla fine di questo percorso, tutti insieme. Che dire? Voglio ringraziare infinitamente tutti i miei recensori, ma se stessi a fare la lista non la finirei più, tutti quelli che hanno messo la storia tra preferiti, seguiti e ricordati e hanno, seppur nel loro silenzioso angolino, letto la storia.

Ringrazio chi vorrà recensire o leggere la storia, se la scoprirà dopo tanto tempo.
Voglio dire grazie a tutti quelli che hanno sopportato i miei ritardi nel pubblicare, le mie pazzie da maniaca nelle risposte, i miei sprazzi di ispirazione riversati su racconto.
Spero di vaer fatto un buon lavoro, anche con l'ultimo capitolo. Il finale dei finale ( ma anche no!)
Au revoir, alla mia prossima pazzia!

Remedios ( in lacrime)
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Remedios la Bella