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Autore: Nightrun    26/02/2012    4 recensioni
Vampiri succhia-emozioni, alieni cacciatori, cospirazioni governative... Negli ultimi tempi, Paperopoli è stata teatro di situazioni al limite della credibilità: situazioni che hanno richiesto l'intervento di un certo eroe mascherato. Tutto questo sembra però essere un lontano ricordo. Sono diverse settimane che la città è tornata ad essere quella di un tempo, e Paperinik inizia a domandarsi se davvero ci sia ancora bisogno del suo contributo "a tempo pieno". Intanto, nel lontano eremo in cui si è rifugiato da tempo, Ducklair viene convocato urgentemente dal priore. L'anziano ha avuto una visione: la rovina sta per abbattersi su Paperopoli, e la causa di ciò risiederebbe proprio... nel suo difensore mascherato.
Note: sarò sintetico, visto che vorrei svelare il meno possibile riguardo alla trama. Non mi è affatto piaciuto il modo in cui PKNA è stato "concluso" in fretta e furia per dar quindi spazio a quel che definirei "una faida familiare extraterrestre", ossia PK2.
Ecco dunque la mia idea: il numero 49/50 (alias "Se...") per quanto mi riguarda non è mai esistito. Continuerò la storia delle avventure di Pikappa esattamente da dove si sono interrotte, ossia dal numero 47 - "Prima dell'alba" (qualunque fan capirà il perché di questa scelta).
Beh, che altro dire?
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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Prologo:
 
-Monastero di Dhasam-Bul, prime ore del mattino-
 
Come sempre, su quella vetta la neve sembrava non voler mai smettere di cadere. Ma forse era proprio per quel motivo che il monastero era stato eretto lì. Un luogo di solitudine e di preghiera, dove un’anima dannata poteva finalmente trovare la pace che cercava. E quest’anima dannata aveva nome e cognome: Everett Ducklair. Oramai lo scienziato si trovava lì da parecchio tempo: pian piano aveva imparato a resistere ai suoi impulsi, ai suoi sprizzi di genialità malvagia… ma, soprattutto, aveva trovato una cosa che da sempre aveva cercato, e che mai era riuscito ad ottenere: la pace interiore. Se ne stava lì, a gambe incrociate, a meditare di fronte ad una statua vecchia forse più del monastero, quando qualcuno entrò nella stanza, spingendo sulla gigantesca porta in legno che la sigillava.
“Il priore ti attende…” disse solamente il monaco che entrò.
Everett si prese qualche altro secondo, prima di rialzare lentamente il cappuccio del saio e sollevarsi da terra. Il passo, svelto ma allo stesso tempo contenuto, lo condusse in poco tempo al cospetto dell’anziano. Sin da subito si inchinò ai piedi del vecchio monaco: “Mi avete fatto chiamare, vostra serenità?”
“Sì… Avvicinati, Drago dormiente. Ho qualcosa da mostrarti…” Disse seccamente lui. Lo scienziato si alzò da terra, facendo quanto detto dal vecchio saggio, il quale, con un lento e tremolante gesto, gli poggiò una mano sulla tempia: “Paperopoli, la tua città… corre un grave pericolo. Queste sono le sembianze di colui che la raderà al suolo…”
E, mentre diceva questo, nella mente di Ducklair prese forma un’immagine. Una sorta di ombra, distorta quanto sfocata, ma dai lineamenti fin troppo conosciuti. Lo scienziato sussultò, facendosi indietro di qualche passo e staccandosi così dal priore: “M-ma non è possibile… Vostra serenità… siete sicuro che sia proprio lui?”
“Le forze spirituali mi hanno parlato. Senza ombra di dubbio… Cosa intendi fare? Partirai anche stavolta?”
Il papero non rispose, lasciando presagire la sua risposta.
Quindi il vecchio monaco, senza scomporsi, continuò: “Ti prego dunque di sedere. Ho una lunga storia di cui parlarti… Una storia di un futuro prossimo che, se ti riterrai degno, sarai in grado di modificare.”
Lo scienziato prese posto, mettendosi ben seduto lì dov’era, preparandosi ad ascoltare il racconto del priore. Una lieve nota di preoccupazione intaccava il suo sguardo, altrimenti sereno…
E mentre l’anziano monaco iniziava il suo racconto, una domanda si fece largo nella mente del papero: “Cosa ti sta per succedere… Paperinik?”
 

Qualche settimana dopo:

-Paperopoli-
 
Cielo stellato sulla fiorente metropoli paperopolese. La notte era calata da un po’ di tempo, eppure nessuno sembrava essersene reso conto. Ma dopotutto Paperopoli era fatta così: anche al calare del sole, era ricolma di vita. Specialmente in centro, poi! Tra negozi d’abbigliamento, locali, pub e quant’altro, nessuno sembrava esser impensierito dall’ora tarda: il flusso di gente diminuiva appena un poco, nulla di così eclatante. Gente che andava, gente che veniva... Ok, non sempre bella gente, intendiamoci!
L’altra faccia di Paperopoli, era invece la periferia. Da quelle parti, al calare del sole, la gente si rinchiudeva in casa quasi subito, e dunque i negozi raramente restavano aperti fino a tardi. Non c’era alcun motivo che facessero diversamente, visto che di gente per le strade non se ne vedeva, a parte qualche eccezione…
Per esempio, c’era un tizio che quella sera camminava per una via tutt’altro che trafficata: lì, le luci dei lampioni erano forse l’unica fonte di luminosità, esclusa la luna.
 I locali in quella via avevano chiuso già da un po’. Un silenzio innaturale dominava quel luogo… Un silenzio rotto solamente dai passi del nostro uomo. Era un tipo sulla quarantina: barba incolta, maglione di lana della nonna, pantaloni sgualciti e, appunto, un paio di scarpe con delle suole decisamente consumate. Un tipo tutt’altro che raccomandabile, a prima vista. Ma, pensandoci bene , quella città aveva visto ben di peggio: comparato ad una delle tante minacce che avevano imperversato in passato, non era niente.
In ogni caso, svoltando per un vicolo, il tipo si poggiò al muro della stretta via, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchettino. Apertolo, ne versò parte del contenuto nel palmo dell’altra mano. Inclinò quindi indietro la testa, avvicinando quella stessa mano al viso e cacciandosi il tutto in bocca. Mentine… Probabilmente i suoi vestiti non era l’unica cosa trasandata… Si sfregò le mani, cercando tepore. Una sciarpa probabilmente gli avrebbe fatto comodo: col senno di poi, l’avrebbe indossata, vincendo la sua timidezza. Ma infondo, cerchiamo di capirlo: indossare una sciarpa a fiorellini, seppur in piena notte, non era proprio il massimo della vita! Un regalo che gli era stato fatto, neanche lui ricordava quando…
Ma non perdiamo il filo della narrazione: pochi minuti dopo, si udirono altri passi. Il tizio, in tutta fretta, ricacciò il pacchetto di caramelle all’interno della tasca, volgendo lo sguardo verso l’origine del suono. Si palesarono così ai suoi occhi, dopo qualche secondo, altre due persone. Piuttosto comune, l’aspetto dei due paperi. Riassumendo all’osso, uno avrebbe avuto praticamente bisogno di una cura dimagrante, all’altro non avrebbe invece fatto male metter su qualche chilo. Al contrario del tizio col maglione della nonna, questi due avevano un aspetto decisamente più confortante. Entrambi non dissero una parola, limitandosi a fermarsi esattamente davanti al nostro uomo.
“Accidenti a voi! Ancora qualche secondo e me ne sarei andato. Possibile che non riusciate mai ad esser puntuali?” Tuonò lui, con voce appena alterata, seppur il timbro fosse volutamente contenuto.
“Mi spiace, capo. Mat non trovava più il piede di porco e così…” Provò a giustificarsi il secco.
“Ok, ok… Non voglio sentire altro. L’importante è che siamo tutti qua. Allora, avete portato tutto ciò che vi ho chiesto?”
“Certo capo! Ha tutto Mat.”
Il tizio grasso annuì, senza parlare, per poi lasciar cadere a terra lo zaino che teneva sulle spalle. Esso, a contatto col suolo, emise un leggero fragore metallico.
“Sssssssshhh!!!!” disse il capo, dando un sonoro buffetto dietro al collo di Mat: “Guarda che non siamo qui per divertirci, sai? Ed io non ho intenzione di finire al fresco un’altra volta!”
Il secco semplicemente osservò la scenetta, trattenendo un risolino. Il capo si rivolse di nuovo a lui: “Jimmy, tu che mi sembri più sveglio: apri lo zaino e comincia a tirar fuori tutti gli arnesi, io do un’occhiata in giro…” concluse.
La mano andò nuovamente in tasca, a cercare il pacchetto di mentine… Orrore! Nella fretta di cacciarselo in saccoccia, poco prima, esso si era aperto. Non appena lo tirò fuori, tutte le mentine volarono in terra, tranne un paio che si incastrarono nella carta. Trattenne un’imprecazione, prendendone una e ficcandosela in bocca. Si sporse quindi da dietro un muro, guardandosi bene attorno. La strada, a quanto pare, era praticamente deserta. Dopotutto, lui era uno che i piani se li studiava a dovere! Gli occhi a quel punto si fissarono su una gioielleria che si trovava esattamente lì davanti. Masticando la mentina, si ritrasse indietro. Il suo viso venne quindi inghiottito nuovamente dall’oscurità del vicolo.
“Allora, avete fatto?” Chiese rivolto ai due. Mat mostrò un sorrisone innocente, brandendo il suo piede di porco, mentre Jimmy semplicemente annuì deciso: nella sua mano destra, una bomboletta spray.
“Molto bene…” Confermò soddisfatto l’uomo. Tutti e tre indossarono dunque un passamontagna. Il capo fece cenno al secco di avanzare. Il ragazzo quindi, con estrema agilità, lasciò il vicolo, dirigendosi proprio verso la gioielleria. Guardò poi verso alto: quel che cercava era un occhio “invisibile”, qualcosa che spiava silenziosamente la strada. Alla fine lo trovò, proprio in alto, vicino all’incavo della saracinesca abbassata. Agile com’era, complice anche il suo peso ridotto, il ragazzo si aggrappò in qualche modo alle lievi fessure presenti sul muro, salendo in altezza quel tanto che bastava per ritrovarsi a pochi centimetri dall’apparecchio. Con la bomboletta spray ed un po’ d’olio di gomito ebbe dunque cura di annerire ben bene l’obbiettivo della telecamera a circuito chiuso.
Scese quindi di nuovo a terra con noncuranza, facendo segno di proseguire agli altri due. Entrambi si guardarono bene attorno, prima di venire in strada: nessuno in vista, si poteva procedere!
Il papero grasso inserì con cura il piede di porco nell’incavo della saracinesca, prendendo a dare dei rapidi scossoni. Un casino bestiale!
Il rumore di un ennesimo buffetto rischioccò nella notte. Jimmy stavolta non poté trattenere una risata a becco stretto.
“Dico io, di tanti complici, guarda tu chi mi sono andato a cercare. Dai qua! Ora ti mostro io come si forza una gioielleria!” disse baldanzoso il capo. Prese dunque ad esercitare parecchia pressione, stando bene attento ai rumori. Si vedeva che non era la prima volta che scassinava. In ogni caso, quella saracinesca non voleva proprio saperne di cedere. “Nngh!!!” Strinse i denti, mettendoci più forza che poteva. La serranda scricchiolò, inclinandosi appena. Ma era ancora ben lontana dall’aprirsi. Alla fine, grondante di sudore, l’uomo ansimò, tenendosi sulle ginocchia.
“Anf… Anf… Grrrr!!!” Diede un violento calcione, facendosi tra le altre cose un male cane al piede. Il rimbombò fu piuttosto acuto: e menomale che voleva fare tutto in silenzio!
"Acc... Ma di che le fanno? Mi chiedo per quale motivo s'impegnino a farle tanto resistenti!" disse infine, riprendendosi dallo sforzo.
"E te lo domandi pure? Le fanno in modo da resistere ai delinquentelli come voi." disse una voce.
Il capo si volse subito verso i suoi due complici: “Chi ha parlato? Siete stati voi?”
Entrambi i paperi fecero segno di “No” con la testa. L’uomo quindi digrignò i denti, facendo saettare lo sguardo attorno a sé. I suoi occhi già lasciavano trapelare inquietudine…
 Nulla di nulla: né nel vicolo, né sulla strada. Tutto deserto…
L’uomo recuperò il piede di porco, staccandolo con un sonoro “Crack!” dalla serranda e tenendolo poi ben stretto tra le mani, mentre gli altri due presero a loro volta a guardarsi attorno. Niente, ancora nessuno.
 “Ma guarda tu che ladruncoli di bassa tacca! Avete finito di far casino? La gente a quest’ora della notte vorrebbe dormire!” disse ancora la voce.
A questo punto, non c’erano più dubbi: qualcuno li stava certamente osservando! Ma dov’era? Per strada non si intravedeva alcuna figura!
La voce riprese a parlare: “Pssss!!!”
A quel punto, il capo sollevò gli occhi al cielo. E fu allora che lo vide: il papero si trovava proprio sul tetto dell’edificio vicino a cui si erano nascosti i ladri, poco prima: era una palazzina di appena due piani. Il buio era suo complice, i lineamenti erano ben nascosti dalla notte. Tuttavia, un particolare ricondusse alla sua identità: un mantello che si muoveva, accarezzato dal vento.
"P-P-P-P-P..." Riuscì solamente a dire l’uomo, mentre i complici non fecero altro che fissare terrorizzati l’inquietante figura.
"Ehi! Non sputare! La mamma non te l'ha insegnato che è segno di maleducazione?" disse ancora il losco figuro, scendendo poi dal palazzo con noncuranza, ed atterrando a terra in modo molto elegante. I ladri non potevano saperlo, ma era merito degli speciali stivali progettati da Uno. Ma, ovviamente, quello era un particolare irrilevante! Il papero mascherato avanzò lentamente, mentre la sua figura veniva rischiarata dalla luce dei lampioni.
“PAPERINIK!!!” disse all’unisono il trio. In verità Mat non proferì parola: si limitò a spalancare ben bene la bocca, senza emettere alcun suono.
“Oh, sono lieto che vi ricordiate il mio nome…” disse il papero, facendo un bell’inchino. I ladri si guardarono l’un l’altro, indecisi sul da farsi.
“Fate pure con comodo. Tanto ho settato il registratore in modo da non perdermi la puntata della mia soap opera preferita! Ma… Aspetta un momento! –continuò Pikappa- Che mi prenda un accidente! Derek! Sei proprio tu? E voi siete… Uuuh! “Ciccio” e “Secco”! Quanto tempo…” Li aveva riconosciuti, anche se portavano un passamontagna.
L’eroe si avvicinò senza alcun timore al trio, sollevando le braccia, come se volesse un abbraccio. L’Extransformer era ben visibile sul suo braccio destro. L’uomo col maglione tremolò di rabbia, quindi sbottò: “Paperinik! Per colpa tua non sono mai riuscito a portare a termine un colpo! Ma stavolta andrà diversamente!” Non dando credito alle parole del ladro, continuò a camminare, per poi arrestarsi di botto, mostrando uno sguardo sorpreso: “Ehi, Derek a proposito di diversità: che fine ha fatto quella graziosa sciarpina che portavi l’ultima volta? Non dirmi che l’hai gettata… Sarebbe un peccato, ti donava così tanto!” concluse facendo l’occhiolino al delinquente.
Lui era paonazzo di rabbia: “Grrrr!!! Ti senti sicuro! Ma stavolta siamo preparati!!!” Detto questo, il ladro portò la mano dietro la schiena, ad estrarre un’arma dai pantaloni. Puntò quindi l’oggetto su Pikappa, mentre il piede di porco ricadde a terra, con un tonfo secco. Ed anche gli altri due non furono da meno: a quanto pare, erano tutti e tre armati di pistola.
L’eroe sbadigliò, con noncuranza: “Yawn… Ok, ragazzi... Stasera non ho proprio voglia di fare del movimento. Quindi, facciamola facile: voi ora ve ne state buoni buoni e vi fate legare, eppoi aspettiamo la polizia tutti insieme. Che ne dite?"
-BANG!- -CRANG!-
Il proiettile si abbatté sullo scudo, ovviamente non facendogli neanche un graffio: "Ugh! N-non ne sono tanto sicuro, ma credo che fosse un "No"..."
Il capo sghignazzò, mentre gli altri due gli venivano vicino. Tutti e tre dunque puntarono su Paperinik. L’eroe, abbandonata l’espressione serena e canzonatoria di poco prima, ne assunse una molto più seria: “E va bene… Ma poi non dite che non vi avevo avvertito!”
Un altro colpo arrivò in direzione di Pikappa, ma il papero fu talmente svelto da evitarlo senza problemi. Prese dunque a muoversi con estrema agilità, avvicinandosi considerevolmente ai tre.
“Colpitelo, dannazione! Colpitelo!!!” imprecò il capo.
-BANG! BANG! BANG!-
Ma Paperinik non era più quello d’un tempo: s’era fatto le ossa schivando raggi coolflamizzanti… Quei proiettili sembravano quasi veloci come lumache, al confronto.
“N-non è possibile!” disse il secco, prima di finire inevitabilmente al tappeto, colpito da un bel gancio retrattile. Il pugno ritornò poi allo scudo, risaldandosi con esso in un sonoro “Clank!”. Meno uno.
Il ciccio, vedendo la situazione farsi brutta, afferrò il piede di porco, dandosela a gambe. Intanto, il capo continuava a sparare.
-BANG! BANG!-
“Devo dirtelo, Derek…” bisbigliò Pikappa, mentre la distanza tra i due si accorciava. Evitare quei proiettili somigliava ad una strana danza. Ci stava prendendo gusto!
-BANG!-
Ma quanti ne aveva di colpi, in quella pistola? Solo dopo essersi avvicinato a sufficienza l’eroe scorse nella mano libera dell’uomo diversi caricatori carichi: questo spiegava come avesse potuto ricaricare rapidamente e sparare fino a quel momento. Ma, ora che erano uno contro uno, non gli avrebbe dato quella possibilità…
-BANG!-
 “…se c’è una cosa che apprezzo in gente come te…” disse schivando per un soffio un altro di quei colpi e gustandosi l’espressione sorpresa sul viso del ladro…
-BANG! Click! Click! Click!-
 “…è il fatto che non vi arrendete mai!” Mollò un montante dal basso verso l’alto con la mancina, ed il cranio dell’uomo si reclinò all’indietro per l’urto. Derek si trovava svenuto ai piedi dell’eroe, mentre alcune stelline gli giravano attorno alla testa.
“No, dico davvero! Ti stimo, per questo…” Continuò muovendo il palmo della mano, canzonando il povero ladro.
Tuttavia, non era tempo di rilassarsi. Mancava ancora uno all’appello… “Ciccio” era scappato: per essere di quella stazza, ne aveva di fiato!
Pikappa portò lo scudo vicino al becco: su di esso, una lucina s’illuminò e sul minischermo comparve la testa di un papero in 3D.
“Uno, mi senti?”
“Forte e chiaro, socio! Ha imboccato il vicolo che si trova proprio davanti a te, per poi procedere in linea retta… Non è molto distante. Vuoi una mappa del percorso?”
“Naaaa. E’ una gran bella notte, perfetta per la caccia. Eppoi, mi toglieresti il gusto della cattura!”
L’intelligenza artificiale ammiccò all’eroe ed il collegamento venne chiuso. Il papero mascherato si lanciò quindi all’inseguimento del ladruncolo.
 

-Poco lontano-
 
“Anf-anf…” Il povero Mat correva già da parecchio… troppo, per il suo fisico decisamente fuori allenamento. In mano stringeva ancora saldamente il piede di porco, mentre la pistola l’aveva abbandonata chissà dove. Entrato in un vicolo, batté contro uno dei cassonetti, facendosi un male assurdo alla gamba. Quindi zoppicò ancora per qualche metro, fermandosi dentro al vicolo buio. Si trovava ora poggiato ad un muro, a riprendere fiato. Il capo e Jimmy erano spacciati, lo sapeva bene. Ma lui s’era salvato! In quel vicolo, in cui l’oscurità regnava sovrana, nessuno l’avrebbe trovato… Nessuno! Nemmeno Paperinik!
Si tranquillizzò: il respiro ritornò regolare. Ora doveva pensare ad altro: tornare al rifugio, riorganizzare le idee… Il papero mascherato lo conosceva bene. Riprendere la vita di tutti i giorni non sarebbe stato possibile. Avrebbe dovuto sparire dalla circolazione, almeno fino a che le acque non si fossero calmate, eppoi…
-TOC!-
Cos’era stato?! Il piede di porco venne stretto forte tra le mani tremolanti, così tanto che non gli sarebbe stato sfilato di mano neanche volendo.
“C-chi è là?” disse timidamente. Mat non parlava mai: forse era proprio per quella dote che il capo l’aveva scelto come complice, tempo fa. Sì, era un pasticcione, ma almeno teneva la bocca chiusa… Sempre… Eppure, in quel momento, la tensione fu talmente tanta che non poté proprio fare a meno di parlare.
Era già stato rintracciato? Possibile che Paperinik fosse stato così lesto da raggiungerlo anche in quel vicolo buio? A breve avrebbe ricevuto un’ennesima battuta canzonatoria sul suo “problema di linea”? Mentre queste domande gli ronzavano nel cervello, il papero si guardò attorno assai nervosamente. Nuovamente ripiombò il silenzio…
-TLAK!-
“Waaaaah!” Il rumore di un barattolo vuoto che rotolava lo fece letteralmente sobbalzare. Le spalle andarono a spiaccicarsi il più possibile contro il muro, mentre la testa roteava a destra e a sinistra, in cerca dell’origine di quel rumore. Riprese ad ansimare. Il cuore gli batteva forte. A quel punto, pensò, poteva pure finire in prigione un’altra volta… Voleva solo che quel momento finisse.
Volgendosi, vide una figura scura vicino ai cassonetti. Era proprio la sagoma di una persona, o almeno nel buio così gli parve.
“C-chi… Paperinik?”
“Paperinik?!” ripeté l’ombra, guardandosi attorno come se fosse oltremodo agitata. Tranquillizzatasi, riprese ad avanzare.
No, non era il papero mascherato. Era qualcun altro… Qualcos’altro, a giudicare dalla strana forma del suo corpo. Mat portò il piede di porco vicino al petto, staccandosi dal muro e volgendosi proprio verso la figura: “N-non ti avvicinare, capito? Non-“ Ma ancor prima che potesse finire la frase, un lampo di luce azzurra proveniente dalla creatura gli coprì rapidamente la visuale. Appena qualche istante dopo, a pochissimi centimetri dal muso del papero, l’enorme testa di un coniglio sorridente gli gridò in faccia.
“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhh!!!!” Esordì in risposta Mat, cacciando un urlo così forte che da alcune finestre dei palazzi vicini si poté chiaramente scorgere la luce accesa delle stanze. Il piede di porco venne scagliato verso la creatura, mentre il papero in sovrappeso si lanciò in una corsa sfrenata fuori dal vicolo.
Il “Ciccio” sentiva di poter correre per chilometri. A pensarci bene, non aveva mai corso tanto. Eppure non sentì la minima fatica... Si sa, l’adrenalina fa miracoli!
Correva ed urlava allo stesso tempo, con tutto il fiato che aveva nei polmoni. E avrebbe continuato ancora, se un proiettile di gomma non lo avesse colpito ad una gamba, facendolo cadere rovinosamente a terra.
“Dico, ti sembra il modo di fare? Prima scappi lasciando i tuoi amici alla mia mercé, e poi mi svegli mezzo quartiere? Va bene che sei un delinquente, però…” disse il papero mascherato, palesandosi proprio davanti a Mat.
“Coraggio, vieni con me. Ti portò dai tuoi amici. La polizia arriverà a momenti: andrete tutti e tre in un posto molto carino, sai? Cibo, acqua e tv… Tutto pagato. L’unico problema sono i vestiti: tutti a righe… Un po’ monotematico il bianco a strisce nere, non trovi?”
“I-il coniglio…”
“Eh? “Ciccio”, ma tu non eri quello silenzioso? Ehi, non avrai mica battuto troppo forte la testa, spero…” mugugnò sorpreso Pikappa. Sollevò da sotto al braccio il ladro: non sembrava aver alcuna intenzione di scappare. Era in qualche modo… terrorizzato a morte. Non aveva neanche la forza di camminare: “Uff! Dai, su! Mi stai facendo fare più ginnastica di quella raccomandata dagli esperti…” disse il papero, tirando il delinquente per fargli fare qualche passo. E quello lo seguì, docile come un agnellino.
Il diabolico vendicatore non ci capiva più nulla. Riportato il ladro dai suoi complici, attese pazientemente l’arrivo della polizia, prima di dileguarsi.
“I-il coniglio…” ripetè ancora il ladro, lasciando ancor più perplesso l’eroe.
“Coniglio? Che vuoi dire…?” Oramai la polizia stava arrivando, dunque per Pikappa era il momento di filare. Salì nuovamente sul tetto da cui, all’inizio, scrutava i tre ladri. La Pi-kar era parcheggiata lì. Paperinik non disse una parola, montando in macchina ed avviandosi quindi verso la Ducklair Tower. Il sole stava quasi per sorgere, e dunque anche per quella notte il suo giro di ronda era terminato.
Il minischermo della Pi-kar s’illuminò: “Che ti prende, Pikappa? Ti vedo pensieroso… Il che è strano…”
“Tsk! Risparmiami le tue battute, per favore…” Il suo sguardo tornò serio, come perso nel vuoto. Fu un’espressione destinata a non durare: infatti, visti i primi raggi di sole, il papero spalancò il becco in un gigantesco sbadiglio.
“Yaaaawn!!! Sai una cosa? Sicuramente non era nulla d’importante. Voglio solo dormire per 12 ore filate…”
“Ne dubito. Ti ricordo che tra qualche ora inizia il tuo turno di lavoro…”
“Sob… No, dimmi che non è vero…” disse l’eroe, poggiando la testa sul volante.
“Dai, socio… Su con la vita! Magari oggi, vedendoti un po’ sbattuto, Angus non ti torturerà più del dovuto.”
L’espressione che Paperinik fece in risposta all’immagine del papero digitale fu tutto un programma.
E dopo questo fugace scambio di sguardi, Uno concluse: “Ehm… Ti preparo un caffè triplo.”
“Meglio…” Commentò solamente Pikappa, mentre oramai la Pi-kar entrava nell’hangar segreto della Ducklair Tower.
 
 
-Ducklair Tower, mattinata inoltrata-
 
“Come va, socio? Il caffè sta facendo effetto?”
“Mh-mh…” commentò solamente Paperino, con il becco completamente immerso nel liquido nerastro. La tazza venne poi portata all’altezza delle gambe, dove già si trovava la maschera. L’eroe si stava godendo un attimo di pace, prima di iniziare a lavorare.
“Che ore sono?” chiese continuando a guardare davanti a sé.
“Quasi le 9.00. Dì, hai intenzione di andare a lavorare, oppure devo costringerti? Voglio ricordati che questo lavoro di copertura è l’unico modo per permetterti di rimanere qui sia nelle vesti di Paperinik che-“
“Ho capito, ho capito! Un po’ di pietà…” disse il papero, stizzito, per poi alzarsi dalla poltroncina su cui era seduto. Era tornato a lavorare come fattorino, anche se solo momentaneamente: non c'era alternativa, se voleva continuare a rimanere nella torre. Riportò la tazza al becco, bevendo in gran fretta il poco caffè rimasto. Era quasi tiepido: se l’era proprio goduto il più possibile.
Fece appena due passi, prima che davanti a lui si aprisse uno sportello speciale. Dentro, su di un attaccapanni, i suoi vestiti da Paperino. Raccolse la maschera caduta a terra, poggiando quindi la tazza sul pratico tavolino retrattile. Quindi, si avviò verso l’attaccapanni. Vestirsi lo impegnò per appena qualche secondo. Non che non volesse prendersela comoda, intendiamoci: semplicemente, non voleva più sentire le chiacchiere di Uno!
Da quando su Paperopoli non gravava più alcuna minaccia grave, le cose erano decisamente cambiate. In quel periodo, la sua doppia vita si stava facendo davvero stressante.
Non trovava quasi più lo stimolo per uscire: il pensiero di andare ad arrestare qualche insulso ladruncolo non era nemmeno paragonabile all’adrenalina data dal combattimento con un Evroniano.
Dicono che si diventi dipendenti da certe cose: Pikappa stava saggiando quanto fosse vera tale diceria.
E mentre indossava la maglia da Paperino, ed infine l’insostituibile berretto da marinaio, una domanda prese a frullargli per la testa. Una domanda pericolosa, nella sua semplicità. Una domanda che, nella sua vita di supereroe, non si era mai fatto: “Serve ancora, tutto questo?”
L’ascensore si aprì, interrompendo il flusso dei suoi pensieri e permettendogli così di raggiungere quanto prima i piani bassi della Ducklair Tower. Da lì, per non dare nell’occhio, una veloce risalita, fino al piano di Canale 00. E via che si cominciava, come ogni giorno!
“Papero! Papero! Vieni subito qua!” sbraitò sin da subito Angus Fangus. Incredibile come quel tizio lo mandasse sempre fuori di testa in pochissimo tempo. Ma, come al solito, si trattenne. Si avvicinò dunque al kiwi, dicendo semplicemente: “Ehm… So che chiedo troppo alla tua personalità burbera, ma ho un nome, sai?”
Il kiwi nemmeno lo ascoltò: “Sei in ritardo. Qua la gente viene per lavorare, per diffondere l’informazione al popolo! E tu, che fai? Dormi?”
Paperino dovette stringere forte i pugni per evitare di scattare in direzione dell’inviato. Sospirò, cercando di ritrovare la calma: “Mi dispiace, ho avuto una nottataccia. Che ci devo fare?”
“Nottataccia? Beh, non è un problema mio! Igh! Igh! Porta queste cassette alla sala di montaggio! March!” concluse indicando uno scatolone pieno zeppo di materiale giornalistico.
Sospirò, afferrando lo scatolone e muovendosi lentamente in direzione dell’uscita della stanza. Si guardò attorno, durante il tragitto: era incredibile come fossero cambiate le cose da quando Lyla se n’era andata… Al giornale avevano fatto parecchie domande, c’era stata persino un’inchiesta per un eventuale rapimento. Poi, come tutte le cose, semplicemente la vita aveva ripreso il suo corso frenetico. Lui non aveva detto una parola, lasciando che le cose scorressero… Già… Scorressero come scorre il tempo…
Sospirò: l’ultima immagine della droide, che gli tendeva la mano nel disperato tentativo di sfiorarlo, gli si palesò davanti. Quel ricordo non fece altro che aumentare il suo sconforto. Le dita spinsero forte contro il cartone della scatola, come se volessero perforarlo. Da quando lei non c’era più, il lavoro era diventato assai snervante. Era piacevole avere almeno un alleato sempre a disposizione… Anche nelle vesti di Paperino…
Cacciò via quel pensiero, come aveva ricacciato dentro di sé la domanda che s’era posto appena quella mattina. C’era ancora parecchio da lavorare e, in quel momento, aveva bisogno di tutte le energie possibili per affrontare ciò che l’aspettava.
Raggiunta la sala di registrazione, depositò lì i nastri, per poi recarsi nuovamente in redazione. Prima di entrare, si stiracchiò ben bene: “Nngh! Uff… Coraggio, Paperino… Animo e coraggio! Pensa positivo.” si disse.
Entrò appena in tempo per vedere Angus andare via: “Oh… Finalmente la giornata prende la piega giusta! Dovrei proprio essere più ottimista…” Pensò mentre il kiwi gli sfilava di fianco, indossando il suo intramontabile impermeabile unto e bisunto.
“Largo, largo! Fate largo alla notizia. Su!” Prima di uscire, Angus si guardò ben bene attorno, per poi dire con voce stridula quanto alterata: “Camera 9! CAMERA 9!!!”
“Sì, arrivo arrivo… Un attimo solo…” disse sempre con fare servizievole il tizio col volto completamente coperto dalla megatelecamera, che portava saldamente ancorata al suo cranio.
Paperino non poté che commentare a bassa voce: “Ugh… Ed io che mi lamentavo della mia mattinata…”
Angus e Camera 9 lasciarono gli studi. Il kiwi ebbe cura di chiudere la porta alle sue spalle con forza. Paperino ne approfittò dunque per avvicinarsi a Dan Woodstein, il direttore. Bisbigliò quindi: “Ehm… Che ha Angus? Lo vedo molto più euforico del solito.”
L’uomo semplicemente fece spallucce: “Ma come, non li senti i notiziari? E’ uscito per cercare altre informazioni sulla faccenda dei Beati.”
“I Beati?” ripeté a pappagallo il papero, inclinando la testa con fare perplesso. Negli ultimi tempi, vuoi per lo stress, vuoi per la mancanza di stimoli, Pk aveva smesso di guardare i notiziari, limitandosi a fare semplicemente la sua ronda notturna.
Il direttore scosse la testa: “Credo tu sia l’unico paperopolese a non saperne niente.” Poi iniziò a raccontare: “Pare che Paperopoli sia invasa da gente che fa buone azioni. Nulla di strano, se non fosse che questa gente non viene da fuori. Sono dei paperopolesi. A quanto pare, Angus ha scoperto che questi… Beati, un tempo non erano poi tanto “beati”: perlopiù si tratta di gente con la fedina penale non proprio pulita, o famosa per i suoi accessi d’ira…”
“Mmm… Buone azioni in che senso?”
“Beh, si va dal ladro che ha venduto la sua casa per ripagare le vittime dei suoi furti, al ricettatore che s’è autodenunciato alla polizia, tra l’altro facendo i nomi di tutte le persone implicate nel giro e chiedendo per sé e per gli altri il massimo della pena…”
“Beh, ma… A me sembra una notizia meravigliosa! Gente che un tempo si trovava al servizio del male e che ora sta cercando di redimersi dai suoi pec-“
Il direttore sollevò una mano, scuotendo ancora una volta la testa, come ad intimare al papero di tacere. E Paperino chiuse il becco, lasciandolo continuare.
“Non hai capito… Non è quello il problema. Il problema è che sono fin TROPPO buoni.”
“Cosa?” esclamò, come se non avesse compreso bene.
“Non c’è alcuna prova certa, però… -esitò qualche secondo, avvicinandosi appena al papero, come se dicesse un segreto d’importanza nazionale- pare che questi tizi siano cambiati così dalla notte al giorno, e che inoltre siano in qualche modo incapaci di provare emozioni… negative, per così dire. Angus ne ha ripresi alcuni sorridere persino di fronte ad uno sfratto, o roba simile. Altri pare che abbiano venduto tutto quel che avevano, per poi donare i loro averi ai passanti. Non tengono niente, per loro: neanche il cibo. L’Ospedale si sta già riempiendo di Beati debilitati dall’inedia.”
“I-inedia?” ripeté.
“Non voglio sembrarti paranoico, ma… mi sembra una cosa piuttosto strana.” concluse.
“A chi lo dici…” bisbigliò Paperino, con sguardo serio.
 
-Fognature della città, poco distante-
 
“Uff… Ehi, Trevor… Trevor! Trevor, accidenti a te e a chi t’ha dato da lavorare!!!” disse un uomo, con gli stivali infilati ben bene nella melma delle fogne.
“Che c’è?” Una testa che fece capolino dal tombino aperto.
“Vieni giù a darmi una mano, non si vede un accidente e questa luce non vuol saperne di fissarsi. E vedi di muoverti, o ti do tutte le sberle che i tuoi non t’hanno dato!” continuò.
Il ragazzo sopra al tombino, sbuffando , si armò di coraggio ed entrò nelle fogne: “Puah! Senti che schifo…” disse disgustato, guardandosi i piedi.
“Abituati a quest’odore… Fa parte del mestiere. Ed ora fammi luce, forza…” continuò il papero più vecchio. Il ragazzo sollevò la lampada, mentre l’altro sistemava alcuni cavi. Tutto andò liscio come l’olio, fino a completa riparazione del cavo: “Ecco fatto! Visto? Bastava poco…”
-Ssssssssssshhh…-
“C-cos’è stato?” disse il giovane papero, puntando la luce altrove. Niente di niente, a parte i soliti liquami fognari.
“Ehi, Trevor! Accidenti a te!!! Punta qua la luce, così finisco di fasciare tutto ed usciamo da qui!”
“N-non hai sentito niente?”
“Sentito cosa? Qua nelle fogne si sentono tanti rumori. Sarà stata l’acqua…”
“A me è parso un sibilo…” continuò preoccupato il ragazzo, puntando nuovamente la luce altrove.
“Sarà stato un topo, e… Dannazione! Ma la vuoi finire?! Dammi questa maledetta luce!” esclamò con voce alterata l’uomo, strappando di mano la lampada al giovane papero e puntandola sulla zona che gli interessava.
“Ecco… Chi fa da sé, fa per tre… -commentò, scrutando il lavoro appena compiuto- C’è voluto poco, visto Trevor? Trevor!?”
La luce venne puntata sul giovane ragazzo, mostrandolo piuttosto pallido in viso. Lui fissava impietrito alle spalle dell’uomo. Il papero più anziano, lentamente, volse lo sguardo. Non riusciva a vedere niente, a parte una gigantesca macchia scura. Era davvero buio, lì sotto, questo gli passò per la mente. Ma non appena passò il fascio di luce in quella direzione, sobbalzò. Davanti a lui, una sorta di immensa poltiglia nera disposta a velo sembrava in procinto di cadergli addosso!
“Yyyyyaaaaaaaaaaargh!!!!” Fu il grido che quella sostanza produsse, mentre la luce della lampada la sfiorava. Essa si allungò appena, rompendo la torcia. Il papero più giovane intanto pensò bene di scappare, prendendo a risalire il tombino.
“Aiuto! Aiutooooooooo!!!” gridò, cercando d’attirare l’attenzione e venendo fuori dalle fogne. Per sua fortuna, un poliziotto passeggiava da quelle parti. Visto il ragazzo fuori di sé, si avvicinò a lui, cercando di calmarlo.
“Che succede? Spiegami!”
“Io… Noi… Eravamo lì sotto e… Oh, deve aiutare il mio collega…” disse indicando il tombino aperto.
Il poliziotto si avvicinò con cautela, guardandosi attorno. Intanto, lì vicino si stava radunando parecchia gente. Si avvicinò lentamente alla botola, preparandosi a scrutare al suo interno. Un’ultima occhiata al ragazzo, in visibile stato di shock, prima di andare a portare lo sguardo verso il tombino.
-Tlam!-
“Aaaaaahhh!!!” gridò il poliziotto, assieme al ragazzo e buona parte della gente lì presente. Una mano lo aveva agguantato, e sin da subito l’agente s’era proiettato indietro, liberandosi dalla stretta. Pochi secondi, e dalla cavità sbucò fuori nient’altro che il collega del giovane Trevor. Lui si guardò attorno, come fosse sorpreso, prima di proseguire: “Oh, accidenti. Come mai tutta questa brava gente s’è radunata qui?” Portò lo sguardo su Trevor: uno sguardo sereno, fin troppo sereno, per un tipo iracondo come lui.
“Giusto cielo, Trevor… Che cos’è quello sguardo, ragazzo mio? Mi sembri agitato…” continuò rivolto al giovane papero, che a quel punto rimase ancor più sconvolto.
 

-Ducklair tower, qualche ora dopo il tramonto-
 
“C’è qualcosa che non mi torna...” disse Paperino, rivolto alla gigantesca testa digitale.
Una poltroncina spuntò dal nulla, battendo contro il posteriore del papero e costringendolo così a sedersi.
“Sssh! Sta per cominciare.” gli rispose Uno. La tv era sintonizzata da un po’ su 00 Channel. Entrambi attendevano con ansia che il servizio su Angus venisse lanciato. In verità, Uno l’aveva già visto ben bene in basse frequenze, ma volle sentire le “reazioni a caldo” del suo socio in becco e piume.
«E passiamo ora la linea al nostro inviato Angus Fangus, con gli ultimi sviluppi sul caso dei Beati…»
La telecamera dunque inquadrò il kiwi, il quale, seduto sulla sua bella scrivania, si preparò ad illustrare quanto scoperto.
«Grazie, regia. Buonasera, cari telespettatori! –esordì Angus- Abbiamo parlato in questi giorni dell’affascinante quanto strano caso dei Beati, fenomeno che sta letteralmente dilagando tra le strade di Paperopoli. Chi sono queste persone? Perché fanno quel che fanno? Vocazione? Rimorso? O semplice e pura benevolenza?»continuò muovendo le braccia, come fosse un grande oratore.
“Certo che si sa proprio vendere bene, eh? Ce lo vedrei in uno di quegli spot pubblicitari sui detersivi.”
“Sssh! Fallo parlare, adesso arriva il meglio. Ascolta con attenzione.” lo rimproverò Uno.
«La verità, cari telespettatori, è che probabilmente ci troviamo di fronte a qualcosa di incomprensibile, di malvagio!–fece un’altra breve pausa, portando le mani avanti e chiudendo gli occhi, per poi continuare- So bene che quel che ho detto può apparire contraddittorio, ma lasciate che vi mostri cos’ha da dire in proposito un ragazzo che pare fosse presente al momento dell’”ascesa” di uno di questi Beati…»
Il servizio partì: Angus, in impermeabile, si trovava ad intervistare un poliziotto notturno, ancora visibilmente scioccato, ed il suo collega, che portava stampato in faccia un sorriso a trentadue denti.
Il giovane papero prese a parlare, con la voce appena strozzata in gola: «I-i-io e Gus eravamo lì, nel vicolo ad inseguire un delinquente… quando… Quando “qualcosa” lo ha catturato per noi… Eppoi ci si è rivoltata contro… Oh, so che può sembrare pazzesco, ma… quella cosa, quell’”essere”… Non so come descriverlo! N-non aveva forma, era tutto nero e lucido, come se fosse fatto di petrolio… Lui… Lui ha preso Gus e…»
«Ma che dici, ragazzo? Stavamo inseguendo quella canaglia di Jones eppoi lo abbiamo arrestato nel vicolo, ricordi? Forse dovresti riposare di più, hai l’aria stanca…»lo interruppe il collega.
Il giovane portò gli occhi fissi su di lui, per poi fissare dritto verso Angus: «S-so che può sembrare pura follia, ma è vero! Lo giuro! Quell’essere ha fatto qualcosa a Gus... Ed anche a Jones! E lui… ora… è così!»
Il serviziò terminò proprio su quella frase, con un bel primo piano del ladro che, mentre veniva caricato sulla volante, mostrava un sorriso più che mai solare.
Paperino era senza parole: certo, poteva trattarsi di una montatura, da Angus se lo sarebbe aspettato, ma lo sguardo dell’intervistato lo dissuase dal pensare una cosa del genere. La regia ritornò sull’inviato, che continuò a ciarlare, ma l’eroe non gli diede più ascolto.
“Che cosa ne pensi, socio? Volevo sentire una tua idea in proposito.”
Il papero inspirò profondamente, per poi prendere a parlare: “Ti dirò, Uno. Quando ho sentito dei Beati, il mio primo pensiero è andato a degli esseri capaci di risucchiare l’energia emozionale...”
“Gli Evroniani, già!” tuonò l’intelligenza artificiale, facendo sbucare una delle sue tante “teste” proprio davanti a Paperino.
L’eroe sobbalzò: “G-gulp! Esatto… Però… Quei tipi nel video non sembravano mostrare i classici segni di semi-coolflamizzazione…” concluse, reclinando la testa in avanti.
“Corretto…” aggiunse Uno.
Non ci capiva niente: non aveva prove, né indizi… Il che, per qualche strano motivo, lo rendeva euforico. Un leggero sorriso gli si stampò sul becco: finalmente aveva qualcosa di nuovo su cui lavorare! Qualcosa che tenesse a bada i cattivi pensieri…
«E passiamo ora al prossimo fatto di cronaca. Ancora sconosciuta la causa del terrore collettivo che sta stringendosi come una morsa attorno alle periferie di Paperopoli. Continuano le dichiarazioni di testimoni che giurano di ritrovarsi, nella notte, davanti ad un enorme Coniglio rosa urlante...»
“CONIGLIO???” Gridò Paperino, scuotendo la poltrona su cui era seduto.
Stavolta fu Uno a rimanere sorpreso: “Pikappa, ti ha dato di volta il cervello? Ma che ti prende?”
«Il vostro assistito, qui, è arcisicuro che vi sia lo zampino di un noto vendicatore mascherato…»
«Grazie, Angus. Ovviamente, se ci saranno aggiornamenti in proposito, saremo ben lieti di farvelo sapere. E passiamo ora allo sport…»
Il papero spense la tv, rimanendo a fissare lo schermo spento con gli occhi sgranati: “Il ladro… Il ladro della scorsa notte. Anche lui mi ha parlato di un coniglio… Ma io sul momento non gli ho dato retta…”
“Mmm… Davvero?” disse con voce calma l’intelligenza artificiale.
“Uno… Delinquenti che si trasformano in santi, creature scure nel buio, conigli urlanti in periferia…” disse Pikappa, mentre la voce si riduceva ad un lieve bisbiglio e lo sguardo andava ad incrociare quello del suo alleato: “Che cosa sta davvero succedendo… tra le vie di Paperopoli?”
 

-Sera-
 
“Accidenti! A quanto pare, il servizio di Angus ha fatto davvero scalpore! Non vedevo le strade così deserte da… Non sono nemmeno sicuro di averle mai viste così!” Commentò Pikappa, dall’alto della sua Pi-kar. Stava sorvolando la città… La sua città! Vederla semideserta, con quasi tutte le saracinesche abbassate e le luci spente, lo riempì d’inquietudine. In ogni caso, gli ci vollero pochi secondi per superare l’agglomerato di palazzoni e ritrovarsi finalmente in periferia… La SUA periferia! Ancora poco, ed avrebbe sorvolato la cara “casa, dolce casa”.
“Beh, socio… Sai com’è la gente, no? Si lascia impressionare e trae delle conclusioni affrettate.”
“Sentiamo… La tua mente in silicio che cosa ne pensa di tutta questa storia, Signor So-tutto-io?”
“Ehi, rinfodera gli artigli. Dico solo che non è detto che ci sia qualcosa d’innominabile, dietro tutto questo. Dobbiamo ricercarne la causa. Inoltre, vedine il lato positivo: il fatto che ci sia gente per bene in giro, non fa che alleggerirti un po’ il lavoro. Oltretutto, a quanto sembra, erano quasi tutti dei delinquenti o dei piantagrane. Avresti preferito doverli combattere ogni sera, come al solito?”
“Touché, forse hai ragione. Comunque non vedo niente di niente… Credo che questa ronda si risolverà in un ennesimo buco nell’acqua… Uh?”
-Aaaaaaah!!!-
Alle orecchie dell’eroe giunse il grido di una persona. Sterzò di botto, volgendo il veicolo volante e partendo a tutta velocità verso l’origine del suono: “Ecco, le ultime parole famose!”
La figura in fuga era oramai vicinissima. Paperinik fermò la macchina a tagliarle la strada, ergendosi poi in piedi sulla Pi-kar, mentre la stessa atterrava: “Che succede? Serve aiuto?”
“Aiutami, ti prego! Aiutami!” diceva la donna che si mostrò a lui, sconvolta dal terrore. Il papero mascherato balzò giù dalla macchina, avvicinandosi.
“Che è successo? L’hanno aggredita? Mi parli!”
Lei si accasciò a terra, e l’eroe le cinse le spalle con le mani, appena in tempo: “Q-qualcuno mi stava inseguendo. N-non so cosa volesse… Accidenti, che spavento…”
“Non è riuscita a vederlo in faccia? Comunque, non si preoccupi: ora è al sicuro…”
Alcuni sottili viticci neri sbucarono da sotto il colletto del maglione di lei, avvicinandosi pericolosamente alle dita del papero mascherato: “N-no, era troppo buio! Ero in quel vicolo laggiù, quando… Non so nemmeno come sia possibile, di colpo mi è comparso vicino e… Ooooh…”
“Ehi, ehi! Che le prende?” disse Pk, scuotendola.
“E’ svenuta…”gli arrivò in risposta dalla Pi-kar.
In quel momento, Paperinik scorse proprio davanti a lui, a qualche metro di distanza, un’ombra strana che si sporgeva da un vicolo. Forse era diventato paranoico ma, a giudicare dalle orecchie, gli sembrò proprio la sagoma di un gigantesco coniglio, quella che vide.
“Uno! Stalle vicino e chiama i soccorsi!” disse poggiando il corpo svenuto a terra e staccando le dita da esso, in tempo in tempo per evitare che i viticci lo toccassero.
“Va bene, socio!”
Il papero mascherato si lanciò dunque all’inseguimento, correndo più veloce che poteva. Ma quella figura scura aveva già parecchi metri di distacco. Superò il vicolo, ritrovandosi dunque nella via parallela. Tutto deserto… Prese a guardarsi attorno, inutilmente.
“Accidenti! M’è scappato…” commentò infine, facendo per tornare indietro. Rimase invece ad osservare per un po’ la strada in cui si trovava: “Uhm…” Mugugnò prima di riprendere la via del ritorno.
“Com’è andata?”gli domandò Uno dal display della Pi-kar, vedendolo di ritorno.
 “Secondo te? E’ piuttosto veloce, il farabutto… Ma… E la nostra “bella addormentata”? Che fine ha fatto?” Commentò volgendo la testa in ogni dove.
“S’è ripresa qualche secondo dopo che sei sparito tu. A quanto pare, doveva averne di forza di volontà: è fuggita via senza dire una parola.”
Paperinik rimase silenzioso per qualche secondo, per poi fare spallucce: “Bah, sai com’è: la paura fa miracoli. Sarà il caso di andare, prima che ci arrestino per aver chiamato i soccorsi senza motivo…”
Balzò in macchina, giunto in tempo per sentire le sirene dell’ambulanza in avvicinamento. Afferrò quindi il volante, decollando e scomparendo alla vista dei presenti.
Nell’abitacolo calò un silenzio tombale. Nessuno dei due si decise ad aprire bocca. Alla fine, fu il super-computer a rompere il silenzio: “Mi chiedo che senso abbia tutto questo. Perché spaventare in quel modo la gente?” domandò, mentre Paperinik sterzava verso casa sua: “Ma… torni a casa così presto?”
“Già… Ho un piano: e mi serve un cambio d’abiti e giusto un pizzico del tuo aiuto per portarlo a termine…”
 

-Un’ora dopo, in un vicoletto-
 
“Sei proprio sicuro di quel che fai? Potresti fare la stessa fine degli altri, non c’hai pensato? Inoltre, chi ti dice che quello fosse proprio il Coniglio? Ma, soprattutto: cosa ti fa credere che non sia implicato nella faccenda dei Beati? Non hai nessuna prova certa, solo il tuo istinto.”
La voce era leggermente attutita: dopotutto il comando densomorfico era attivo, e dunque l’Extransformer aveva la forma di un pratico zainetto grigio. Pikappa aveva usato uno dei suoi tanti travestimenti per apparire ad un eventuale osservatore nei panni di un ladruncolo, con tanto di passamontagna.
“Stai tranquillo, Uno. L’hai vista quella donna, no? M’è parsa tutto fuorché “beata”… -sollevò i palmi all’altezza delle spalle- Eppoi, ragiona… Siamo molto vicini a casa mia: qualunque cosa abbia attaccato lei, potrebbe fare del male anche a qualche mio conoscente! E’ dunque mio dovere intervenire… In ogni caso, se avessi ragione tu, vorrà dire che da domani questa città sarà protetta da un paladino della giustizia che scaglierà margherite invece di raggi paralizzanti…”
“Tsé! Umorismo biologico… Cerca di fare attenzione, almeno.”gli rispose secca la voce dell’intelligenza artificiale, proveniente dallo zaino.
“Oh-oh! Cosa odono le mie orecchie. Dì un po’, socio: non ti starai mica mettendo a fare il sentimentale, spero?”
“M-ma che vai dicendo, socio? E’ chiaro che mi preoccupo per te: sei sempre così avventato…”
“Va bene, mammina. Prometto che da domani non farò più tardi la sera e non mi fermerò a parlare con gli sconosciuti… Eheh!” continuò il papero mascherato, per poi ritornare serio: “Piuttosto, Uno… Hai fatto la ricerca che ti avevo chiesto?”
“Sì, Paperinik. Ed è incredibile! E’ esattamente come pensavi: si sta muovendo. Tutti i casi di avvistamento del “Coniglio rosa” si sono pian piano spostati, nel tempo. E’ come se scegliesse una zona e vi restasse per un po’, prima di cambiarla. Secondo le ultime testimonianze, ora gli avvistamenti si sono concentrati in un ristretto numero di viuzze. Tu ora ti trovi proprio in una di quelle. Ma come hai fatto ad intuirlo?”
“Eh…” sorrise baldanzoso il papero: “E’ semplice: ieri, mentre inseguivo “il nostro uomo”, sono finito casualmente nella stessa via dove ho fermato “Ciccio”. E tu sai che non credo alle coincidenze… Comunque ora passo e chiudo, Uno… Se ci saranno novità, ti farò sapere.”
“Va bene, Pikappa… Io ti seguirò dall’alto con la Pi-kar, avendo cura di non dare nell’occhio. Buona fortuna!”
Già, fortuna… Una parola con cui non era mai andato pienamente d’accordo…
E cadde dunque il silenzio. Un silenzio che normalmente l’avrebbe confortato, messo a suo agio… e che invece quella sera lo rendeva nervoso. Ripensò alle dichiarazioni: un coniglio rosa urlante. Che razza di creatura poteva mai essere? Da dove era mai uscito? Eppoi, perché gridava in quel modo? Un fruscio di vento lo fece tremolare dal freddo e dalla paura.
“Glom! Ora che ci penso… Non so nemmeno contro chi sto per scontrarmi! E se… E se Uno avesse ragione? Potrei… Potrei davvero diventare anche io un Beato…” pensò, mentre nel suo animo si faceva spazio la paura. A quanto pare, tutto il coraggio dimostrato poco fa era semplice baldanza! Tremò ancora come una foglia: non per il freddo… Intanto, da lontano, qualcuno o qualcosa sembrò scrutarlo con estrema attenzione. Il bagliore di un lampione non riuscì a illuminarlo che per pochi attimi: troppo pochi, per scorgerne i lineamenti. Ma erano ben visibili due grosse orecchie sulla sommità della testa.
Passarono secondi, attimi interminabili.
Da quanto tempo era lì? Minuti? Ore? … Giorni? Il tempo perdeva di significato, quando si provava paura. E quale peggior paura di quella per l’ignoto?… Non aveva niente! Nessuna certezza, nessuna sicurezza, a parte il finto zaino che saldamente teneva per le cinghie.
-TOC!-
“Un rumore!” Sobbalzò, guardandosi di colpo attorno. Lo fece con talmente tanto impeto che si ritrovò a chiedersi se davvero stesse recitando, o se la paura si fosse oramai impadronita di lui.
In ogni caso, niente di niente. Ritornò vigile: “Probabilmente, sarà stato solo un rumore casuale…” pensò.
-TLACK!-
“Però, quanti rumori casuali, questa notte!” constatò, visibilmente agitato. Ok, era ufficiale: se la stava facendo addosso dalla paura!... Lui, l’eroe! Lui, il diabolico vendicatore! Lui, Paperino…
Uno aveva ragione: che accidenti s’era messo in testa?! Il suo piano era troppo avventato, troppo stupido… troppo…
-STONK!-
Un ennesimo rumore, stavolta piuttosto vicino.
I battiti del cuore presero ad accelerare, mentre il respiro aumentava d’intensità. Volse gli occhi di colpo e la vide: la sagoma scura si trovava a circa quattro metri da lui.
La figura avanzò, con noncuranza, fino a rendersi ben visibile. Era proprio un Coniglio rosa!
Provò a gridare, ma il fiato gli si fermò in gola. Quindi, paralizzato dal terrore, arrancò di qualche passo. Quell’essere era lì! Era davvero reale! Non era il frutto della fantasia di qualche paperopolese visionario. Stava per scappare, era inevitabile. Osservò ancora la creatura: un coniglio rosa gigante che gli sorrideva sinistramente. Ma… C’era qualcosa d’insolito. Qualcosa fuori posto. Quel viso era davvero troppo inespressivo, troppo inumano… Troppo finto!
“Uh?” Ad un più attento esame, Pikappa poté notare che, chiunque si trovasse davanti a lui, indossava chiaramente la testa di una mascotte da lunapark.
Assodato questo, il papero riprese un bel po’ di calma. Tuttavia, qualcosa di strano c’era eccome! La maschera stava in testa ad un essere decisamente non umano: i lineamenti del corpo erano fin troppo deformi, per appartenere ad un papero comune, senza contare l’altezza… Ma il paladino mascherato non ebbe il tempo di investigare ancora di più, visto che l’essere gli puntò contro quella che sembrava un’arma. Troppo buio per capire cosa fosse, ma Paperinik non esitò un secondo di più: “Scudo!!!” disse in tempo in tempo per vedere un raggio di luce azzurra abbattersi direttamente sull’Extransformer.
-ZZZZZZZAAAPPPSCRANG!-
L’impatto non fu particolarmente violento, ma bastò per ridestarlo dal suo stato di torpore. Ed ora che aveva quantomeno la certezza di poter difendersi con la sua arma, Pk riprese coraggio.
“Bene bene. A quanto pare hai fallito, mio caro Coniglio rosa!” disse poi, dimostrando più a sé stesso che all’avversario di essere pronto a combattere .
L’essere inclinò la testa di pezza, facendo un passo indietro.
“Sai, non sei il solo a portare un travestimento…”
Con una rapida mossa, il paladino della giustizia si liberò del travestimento, rivelando il costume che portava proprio sotto ai vestiti.
“Uff… Così va meglio. Come vedi, mi sono cambiato d’abito per la festa! Pronto a cominciare?” Sollevò lo scudo all’altezza del becco, per ben mostrarlo alla creatura.
“Paperinik?!” disse il coniglio con voce interrogativa, lasciando l’eroe basito.
“Eh? Ma allora sai parlare…”
“Waaaaaaaahhhh!!!” sbottò gridando in risposta il coniglio, per poi darsi alla fuga.
Pikappa rimase per qualche secondo immobile, come intorpidito: “E sarebbe questo il mostro che terrorizzava le vie di Paperopoli? Se penso che stavo per farmela addosso per colpa di un tizio simile… Beh, in ogni caso… -attivò il propulsore dello scudo, prendendo a volare- Si parte all’inseguimento!”
La creatura, per quanto rapida nei movimenti, non poteva sfuggirgli: il propulsore dell’Extransformer gli permise di tener testa alla velocità dell’essere. Ad un certo punto, una spia lampeggiò proprio sullo scudo.
Pikappa premette un tasto subito sotto: “Ti sento, Uno.”
“Non perderlo di vista, socio! A pochi metri da voi c’è un vicolo cieco. Spingilo in quella direzione. Io sarò lì con la Pi-kar quanto prima.”
“Eh, non credo sia un problema…” commentò il papero, quando oramai era ben vicino al coniglio. Un singolo pallino di gomma sparato volontariamente al suolo, e Pk convinse il tizio mascherato a finire dritto in trappola: esso imboccò il vicolo cieco, ritrovandosi quindi di fronte ad una montagna di rifiuti, senza via di scampo.
“Game over! Beccati questo: Paralizzatore bradionico!” Attivò il comando sullo scudo, e subito un raggio di colore giallastro saettò verso la creatura. Ma l’essere fu più furbo di quanto potesse credere: toltasi la maschera, la lanciò in direzione del raggio, che dunque investì in pieno quella, salvandolo da paralisi certa… l’ultima difesa disperata, prima di accasciarsi su una serie di rifiuti urbani. Paperinik poté chiaramente sentirlo ansimare dalla fatica. Portò lo scudo al becco, chiamando l’intelligenza artificiale: “Uno! Uno, mi ricevi? Dove sei?”
Nello stesso istante, la Pi-kar atterrò esattamente davanti all’entrata del vicolo: “Proprio dietro di te, socio!” disse la voce che uscì dagli altoparlanti del veicolo. Lo spostamento d’aria fece ondeggiare il mantello, che si gonfiò ben bene.
La creatura, nel buio, cercò di farsi il più indietro possibile, annaspando tra i sacchi dell’immondizia e rimanendo costantemente con la schiena premuta su di essi e lo sguardo rivolto in avanti. Nell’oscurità, il papero mascherato poteva ben vedere due grandi occhi azzurri che lo scrutavano, terrorizzati. A quanto pare, la situazione s’era invertita… Ma non bastava! Così sollevò lentamente il braccio sinistro: “Beh… Vediamo un po’ chi è che sta terrorizzando le strade della mia città.” Schioccò le dita: “Luci!”
Subito i fari della Pi-kar si accesero, illuminando l’essere che, accecato, si portò una mano a proteggere gli occhi.
Non appena lo vide, Paperinik spalancò il becco in un’espressione di sorpresa piuttosto ben marcata: un altro po’, e gli si sarebbe slogata la mascella.
“Non posso crederci…” commentò Uno, osservando la scena dall’interno della Ducklair Tower.
 

-Qualche momento prima, molto più distante-
 
Mentre l’attenzione di Pikappa era completamente focalizzata sull’inseguimento del Coniglio rosa, si udì uno scricchiolio provenire da una delle tante stradine del centro. Dire stradina era anche troppo: era più un semplice collegamento, nel quale spiccavano un grosso cassone dei rifiuti con tanto di ciarpame buttato qua e là… Un vicolo come tanti: silenzioso, tranquillo… buio. Il tombino scricchiolò ancora, prendendo poi a sollevarsi appena. Sotto di esso, una massa scura premeva con forza, uscendo quel tanto che bastava per dare “un’occhiata” in giro, anche se di occhi non ne aveva. Le fogne iniziavano a starle strette, tuttavia era inevitabile: non poteva far altro, se voleva sopravvivere. O meglio, agli inizi era stata costretta dalle esigenze a cacciare solo di notte, rimediando appena qualche passante. Dei piacevoli spuntini: ora ci volevano dei pasti completi… Avvertì un rumore, irrigidendosi e prendendo la forma di una sorta di cactus spinoso. Da dietro il vicolo spuntò la strana donna di poco prima. E visto che, a questo punto, la sua presenza risulta importante per lo svolgersi degli eventi… vediamo di descriverla sommariamente!
 Era una giovane papera piuttosto snella, con un paio di occhi freddi e penetranti, per nulla intimoriti dalla presenza di quell’essere amorfo. Quella sera indossava un maglione di lana a collo alto, di colore azzurro scuro, piuttosto in tinta con i lunghi capelli neri che scendevano fino a coprirle le spalle e buona parte delle scapole. La massa nera, vedendola, gorgogliò. Lei non disse una parola, avvicinandosi alla creatura che, nel mentre, riprese il suo aspetto originario.
“Ho fallito.” Esordì, rompendo il suo silenzio, la giovane papera dopo essersi inchinata. L’essere amorfo non rispose, tuttavia continuò ad uscire dalle fogne, sollevando il tombino di almeno un metro buono. Quindi, fece come per liquefarsi superficialmente, mentre dalla sua massa cominciò a staccarsi una minuta porzione, grande più o meno come una palla da baseball. Essa, a contatto col suolo, emise un sonoro “Ploc!”, spiaccicandosi ben bene a terra e prendendo poi a scivolare verso una direzione sconosciuta.
-Ssssssssssshhh…-
Un ennesimo verso provenne dalla creatura… Verso a cui la donna rispose reclinando in avanti la testa, prima di rialzarsi da terra ed andare anche lei per la sua strada, come se niente fosse.
La massa amorfa rimase lì immobile, attendendo che la “creaturina” e la papera scomparissero alla sua vista. Quindi, così com’era comparsa, si dissolse: ridivenne di colpo liquido nero, rientrando nelle fogne, mentre il tombino ricadeva pesantemente nel suo alloggio.
Ed il vicolo ritornò silenzioso come tanti altri…
Ma… Non abbiamo lasciato qualcosa in sospeso?! Ah, sì…
 

-Stesso momento, nel vicolo illuminato-
 
Sia Pikappa che Uno rimasero interdetti vedendo ciò che si mostrava ai loro occhi. Il misterioso Coniglio rosa urlante, che nei giorni precedenti aveva fatto così tanta notizia al tg, altri non era se non…
“Un guerriero Evroniano!!!” disse il papero mascherato, mostrando perplessità.
Si grattò dietro la zucca: “Non è possibile… Non dovrebbero più essercene in giro.”
E mentre sia Paperinik che il super-computer cercavano di capire come fosse possibile una cosa del genere, l’alieno si mosse appena. Un’espressione di terrore era dipinta sul suo volto. Spinse con le braccia sulla montagna di rifiuti, facendo per alzarsi in piedi.
L’eroe però non si fece cogliere impreparato: sollevò di scatto l’Extransformer, puntandolo direttamente sull’Evroniano: “Fermo dove sei! Non ti muovere o ti rifaccio il becco a suon di Crasher!”
“Attento, socio! Ha una Evrongun.”
“Lo so, l’ho vista…”
Di fronte a quella reazione, l’alieno viola chinò la testa verso il basso, ad osservare l’arma che teneva ben stretta in mano. Nella fretta di fuggire, nemmeno si era reso conto di avere ancora la pistola con sé…
Pikappa strinse ben bene il pugno meccanico, pronto a scagliarlo alla minima reazione ostile dell’alieno. Anche se appariva indifeso, non c’era da fidarsi: gli Evroniani erano infidi...
Il papero spaziale tuttavia pensò bene di mollare la presa, e l’Evrongun rotolò su alcuni sacchi, prima di ricadere a terra e quindi scivolare almeno a mezzo metro da lui. Quindi, portando le mani a coprire il viso, disse solamente: “N-non farmi del male …”
Bene, almeno aveva alzato bandiera bianca. Uno, dalla sua postazione all’interno del piano segreto, rimase assai silenzioso e cogitabondo. Il papero mascherato, al contrario,  avanzò di un passo e batté con fragore lo stivale a terra: “Oh, no… Non te ne farò, non preoccuparti… Almeno fino a quando non saprò il motivo della tua insulsa pagliacciata: a quel punto penso che ti darò una lezione tale che la ricorderai per parecchi “cicli”, come dite dalle vostre parti!”
Udendo quelle parole, lui iniziò a tremolare, richiudendosi ancor di più a riccio e non riuscendo a distogliere lo sguardo dal diabolico vendicatore: “Iiiiihhh! Pietà…”
“Pietà? Come quella che hai avuto per tutti quei poveri disgraziati che hai terrorizzato a morte? E per cosa, poi? Ti sei nutrito della loro paura? Rispondi!” Avanzò ancora, fino a ritrovarsi quasi a sfiorare il becco dell’alieno col suo pugno metallico.
La voce di Uno uscì ancora una volta dagli altoparlanti della Pi-kar: “Dobbiamo vederci più chiaro, Pikappa! Ci servono tempo e, soprattutto, nervi saldi… Temo ci sia una sola alternativa: devi portare “il nostro amico” qui, alla Ducklair Tower.”
Non poteva credere alle sue orecchie. Si volse verso la macchina, dimostrandosi scettico: “Dì, Uno… Ne sei proprio convinto? Ti ricordo che è un Evroniano.”
Gli altoparlanti risuonarono ancora: “Appunto, Paperinik! La faccenda è alquanto strana. Tutto ciò non fa che andarsi ad aggiungere alla serie di eventi singolari che stanno accadendo a Paperopoli… Non capisci? Forse quest’Evroniano ci fornirà dei tasselli utili per risolvere questo gigantesco grattacapo!”
Il papero mascherato ascoltò tutto in silenzio, senza batter ciglio. Certo, avrebbe potuto controbattere, ma alla fine Uno era sempre stato più razionale di lui: e se diceva che non c’era proprio alternativa… Chinò la testa, sospirando. Lo sguardo poi si alzò, a rifissare dritto nel becco l’extraterrestre: “Ehi, Evroniano!”
“S-sì?” disse timidamente lui, che per tutto quel lasso di tempo non aveva smesso di osservare con terrore il gigantesco pugno metallico a pochi centimetri dalla sua faccia.
“Mettiti in posa!” Esordì facendo qualche passo indietro e girando l’Extransformer in posizione orizzontale. Il dito del papero si mosse rapidamente a premere un bottone.
 “Ok, fermo così… Non ti muovere… E ricordati di dire: “Cheese”!” concluse, sparando col suo Paralizzatore bradionico.
L’Evroniano vide solo un fascio di luce gialla investirlo, ma non sentì dolore: tutto, semplicemente, si fece buio…
 

-Casa di Angus-
 
L’inviato aprì la porta, stanco per via della dura giornata lavorativa… Era rimasto in ufficio fino a tardi per mettere insieme il materiale, sperando in un colpo di fortuna, un qualcosa che potesse dargli modo non solo di far luce sulla serie di strani eventi degli ultimi giorni, ma anche di poter incastrare Paperinik una volta per tutte… Già, magari fosse così semplice. Unico evento gioioso della nottata: l’incontro con una strana donna. Essì, come dimenticarla… Quegli occhi di ghiaccio avevano già fatto breccia nel suo cuore. Oltretutto, gli era stata parecchio utile: diceva di conoscere dei particolari sulla faccenda dei Beati. Al loro prossimo incontro, glieli avrebbe resi noti… Assolutamente fantastico!
Gettò l’impermeabile su una sedia, visto che sul tavolo c’erano i residui del pasto del giorno prima: la pulizia in quella casa, come al solito, lasciava parecchio a desiderare. Non disse una parola, né emise alcun suono. Semplicemente, si recò nella stanza adiacente buttandosi sul suo letto ed agognando solamente un po’ di riposo. Scrutò il soffitto per qualche secondo, quindi si volse sul fianco: “Ho bisogno di riposare. Stanotte ho fatto decisamente tardi… E domani devo essere in forma smagliante per la mia intervista… Yawn!”
Sbadigliò, cacciandosi sotto le coperte senza nemmeno togliersi i vestiti, e cadendo quindi in un sonno profondo. Talmente profondo che, in quel momento, niente e nessuno avrebbe potuto disturbarlo: nemmeno il piccolo grumo di massa nera che, facendosi strada fuori dall’impermeabile unto e bisunto, lentamente penetrò in camera da letto…
 

-Ducklair Tower, qualche piano sottoterra.
 
Il buio pian piano smise di avvolgere tutto: la sua mente si fece meno offuscata, così come il suo udito. Non aveva idea di quanto tempo avesse trascorso in quello stato, o se fosse nel frattempo regredito allo stato di spora. Era tutto assolutamente confuso e vago… Udì qualche voce, mentre lentamente riprendeva conoscenza.
“Ma quanto ci mette a riprendersi? Deve proprio essere una mozzarella, questo Evroniano…”
“Beh, la durata dell’effetto del raggio varia da persona a persona…”
“Uff… Uno, avrai veramente fatto una cosa sensata, decidendo di portarlo qui?”
“Ti ricordo che raramente sbaglio i miei calcoli! Comunque: fa silenzio, sta per riprendersi…”
“Oooh…”Aprì gli occhi lentamente, sollevando la testa davanti a sé... Per il momento, vedeva poco e niente… Giusto qualche ombra.
“Ah! Si sta svegliando! Ehi, alla buon ora… Pensavo ci volesse il bacio del Principe…” commentò sarcastico Pikappa.
L’Evroniano non poteva ancora vedere con chiarezza il papero, ma gli effetti del raggio ci misero pochi secondi a svanire. Si ritrovò così a tu per tu con uno dei suoi peggiori nemici.
“Ah…” Provò a muoversi, scoprendo solo in quel momento di essere legato ben bene con una serie di catene che gli tenevano bloccate braccia, torso e gambe. Sulla testa aveva invece diverse ventose, collegate con dei fili ad un apparecchio che in ogni momento mostrava le sue condizioni fisiche. Tentò inutilmente di liberarsi quantomeno delle catene che gli tenevano inchiodate le braccia, senza successo: “Per Evron! Che cos’è questa roba? Io… devo liberarmi!” sbraitò, fuori di sé.
Un pistola gli venne puntata in pieno becco: “Piano, mister “Coniglietto”! Vedi di rilassarti… E’ inutile che ti agiti: quelle catene hanno retto persino contro un Evroniano di Casta Alta come Gorthan… Speri davvero di riuscire a spezzarle? Ok che l’apparenza inganna, ma ti vedo piuttosto mingherlino, al confronto…”
Lui non diede assolutamente peso alla battuta, rimanendo però piuttosto scioccato da quel che sentì dire prima: “I-il supremo Gorthan è stato fatto prigioniero?” (*Eggià. Per chi non se lo ricordasse, si vada a rileggere PKNA#20: “Mekkano”)
“Ehi! Calma, Evroniano… Sono io qui a fare le domande!”
Una mano robotica si protese in avanti, abbassando l’arma di Paperinik quel tanto che bastava per tranquillizzare un poco l’alieno: “Rilassati, socio… Mi sembra già piuttosto agitato, senza che tu gli punti addosso quell’arma…”
“Ma… E’ un nostro prigioniero, Uno! Ha combinato un bel casino per Paperopoli, con la storia del Coniglio rosa! Senza contare che gli Evroniani nemmeno dovrebbero più esserci, sulla Terra… Ha infranto il trattato di pace!”
“Appunto! Però, a rigor di logica, non mi è parso di vedere Coolflames in giro, né Favi da invasione… Quindi, potremmo dedurne che stia agendo da solo… in quel modo buffo. –continuò Uno, mostrando un viso perplesso- O potrebbero essercene altri, come dici tu. Cosa più importante, in ogni caso, è cercare di capire il motivo della sua presenza qui. Voglio trovare una risposta a parecchi quesiti. Lascia provare me, ok?”
“Mh… Ok.” disse il papero mascherato, infilando la pistola nella fondina e facendosi indietro di qualche passo.
La sfera verde si spostò quindi in avanti, avvicinandosi all’Evroniano, il quale tremolava ancora come una foglia: “Salve. Io mi chiamo Uno. Tu come ti chiami?”
L’alieno continuò a tremare, guardando ora fissamente l’intelligenza artificiale e non spiccicando tuttavia alcuna parola.
“Ti conviene parlare, prima che decida di rifare a cambio! Se non l’hai ancora capito, non sono io quello che fa la parte del “poliziotto buono”, qui!” Tuonò, schizzando in avanti verso l’Evroniano legato. Uno lo ammonì nuovamente: “Ssssh! Accidenti, Pk! Rimani un attimo al tuo posto, per favore… Se continui così, non parlerà mai.”
“Non mi sembra che abbia comunque tanta voglia di parlare, sai?” ribadì il papero mascherato.
“Lo credo bene! Non hai ancora capito che le maniere forti sono inutili, con lui? Se vogliamo-“
“Z-Zheron…” uscì ad un certo punto dal becco del papero spaziale.
Uno e Paperinik si voltarono verso l’alieno, dicendo all’unisono: “Che cosa hai detto?”
Lui tacque nuovamente, portando la testa in basso, quindi riprese: “Il m-mio nome è Z-Zheron…”
L’intelligenza artificiale osservò sarcastica Paperinik, il quale portò le braccia al petto, volgendosi dall’altro lato: “Sgrunt!”. Quindi, riprese a parlare con l’alieno: “Molto bene. Ora che abbiamo fatto le presentazioni, che ne diresti di dirmi un po’ di cose?”
“N-non ho fatto niente di male! Ho preso solo il necessario per la mia sopravvivenza! Sono solo, qui sulla Terra! Lo giuro!” prese istericamente a dire lui.
“Necessario per la tua sopravvivenza? Te lo do io, il necessario!!!” starnazzò al seguito Pk, agitando i pugni al cielo.
“SILENZIOOOOOO!!!” Tuonò la voce imperiosa di Uno. Entrambi i paperi tacquero, mentre la sfera verde si riportò di nuovo in prossimità dell’Evroniano: “Oh… Così va meglio. Dunque, dicevamo… Forse mi sono posto male io. Cominciamo dal principio, ok? Allora… Come sei arrivato qui sulla Terra?”
Zheron rimase in silenzio per qualche secondo, portando lo sguardo su Paperinik. Lui lo squadrò ben bene, per poi prendere a guardare da un’altra parte, sbuffando di nuovo. Uno intanto si avvicinò un poco, così da rifocalizzare l’attenzione su di lui. L’alieno prese dunque a parlare:
“Mi trovavo sulla nave spaziale dell’Ammiraglio Monodon… Sapete, mi occupavo delle comunicazioni. Uno dei tanti, insomma… -Divenne ancor più triste- Uno dei tanti condannati! Non potevamo mai dire la nostra, né arrischiarci a trasgredire qualche ordine: l’ammiraglio Monodon era sempre stato chiaro, su questo punto… Più volte ho seriamente corso il rischio di esser regredito a spora, e devo dire che in alcuni casi ho davvero invidiato i guerrieri che combattevano in prima linea… Comunque, fu quando giungemmo sulla Terra che le cose cambiarono drasticamente in peggio…”
A quelle parole, lo sguardo di Paperinik tornò serio: si ricordava bene della brutta esperienza passata sulla nave spaziale, quando si era finto Coolflame per passare inosservato.(*Assolutamente da vedere! PKNA#35: “Clandestino a bordo”)
“L’Ammiraglio s’era accorto sin da subito della presenza di Paperinik sulla nave, tuttavia decise di far finta di niente... Col senno di poi, direi che non sia stata una buona pensata. Trascorse un po’ di tempo… N-non so dire quanto… Poi… La distruzione!”
Ancora una volta, Pk aggrottò la fronte, sorridendo appena: sapeva bene di chi stava per parlare l’alieno.
“Xadhoom! Distrusse la nostra flotta e penetrò nella nave dell’Ammiraglio, come una meteora incandescente… I-i Capibranca scientifici dicevano che non c’era niente da temere. Che l’avrebbero catturata… S-si sbagliavano. Sob… Vedendo la situazione farsi tragica… Oh, non so nemmeno dove trovai le forze per fare quel che feci… N-nessuno me lo aveva ordinato, eppure…” Chiuse gli occhi.
“Continua.” Lo intimò Pikqppa, senza farsi intenerire dal racconto appena ascoltato. Finora l’Evroniano aveva detto tutti fatti a loro già noti. Quel che gli interessava era il seguito.
“Uff… E-entrai in una navetta di salvataggio, scagliandomi fuori… Giusto in tempo per vedere la nave esplodere. La rotta era già impostata, non ebbi il coraggio di cambiarla…”
“Il pianeta Terra…” bisbigliò Uno.
“Esatto! Tornare su Evron mi sarebbe costato la regressione a spora: lo intuivo… Così, smisi semplicemente di pensare, come avevo del resto sempre fatto… Arrivai sulla Terra parecchio tempo dopo, col serbatoio praticamente vuoto… Purtroppo la navetta di salvataggio era danneggiata, quindi ci misi davvero parecchio a raggiungere il vostro pianeta. Mi nutrii con avidità degli ultimi residui di emozione, prima di vedere la mia fine farsi vicina. Niente di tutto ciò accadde… Atterrai in una campagna, poco distante da Paperopoli… Quando riaprii gli occhi, notai di esser stato sparato fuori, sull’erba… Lì vicino c’era un fattore. N-non dissi una parola: agii d’istinto! Gli puntai l’Evrongun contro e… -tacque qualche secondo, quindi continuò- In ogni caso, mi ripresi quanto bastava per attivare il comando di autodistruzione…”
Il papero mascherato si fece di nuovo avanti: “Prima che tu continui, dimmi una cosa. Dove tieni tutti i Coolflames?”
“Eh? Coolflames?” rispose in rimando lui.
“Non cercare di fregarmi! Il fattore è stato solo il primo… Avrai pur continuato a nutrirti! Quindi, dove tieni “i recipienti vuoti”? E vedi di dire la verità, altrimenti…”
“Ma… N-non ci sono Coolflames!” riprese stizzito lui.
“Ti sembro un’idiota? Non sarò certamente un genio, ma so fare due più due! Allora, dove li tieni?”
“Ti ho detto che non ci sono!”
“Balle!”
“Ehm… Ragazzi…” disse ad un certo punto Uno, avvicinando il globo verde ai due: “Devo intimarvi nuovamente di far silenzio?” Entrambi tacquero: “Molto bene… Ora, Zheron: hai detto che non ci sono Coolflames, eppure voi Evroniani, nutrendovi delle emozioni di un individuo, lo prosciugate totalmente… Quindi, come fai a dire che non ce ne sono?”
L’alieno tacque di nuovo, per poi bisbigliare: “N-non ce ne sono perché non ho coolflamizzato alcun terrestre…”
Uno e Paperinik si scambiarono un’ennesimo sguardo carico di perplessità.
“L-lasciate che vi spieghi… N-non è un caso che io abbia adottato quel buffo travestimento...”
L’eroe mimò di guardare l’orologio: “Sai una cosa? Non so da voi, ma qui sulla Terra a quest’ora in genere si dorme… Quindi, questa ce la racconterai un’altra volta! Piuttosto, vorrei farti un’altra domanda…”
L’Evroniano tacque, attendendo in silenzio. Passò qualche altro secondo, quindi Paperinik riprese: “Dimmi: il costume da coniglio è la tua unica trovata? O hai adottato altri travestimenti?”
“Eh? N-no, è stato l’unico, anche perché mi serviva per-“
“Ok-ok-ok… Ora taci.”
La testa verde si avvicinò al papero mascherato, che si grattava la testa con fare energico: “Che cosa c’è che non va, Pikappa?”
“C’è qualcosa che non mi torna, Uno. Il poliziotto nell’intervista ha parlato di “qualcosa di scuro”… Pensavo che fosse il nostro amico, qui… Ma ora non mi sento tanto convinto. Voglio dire: potrebbe mentire, ma a che pro? Non ci capisco più nulla… Tu hai qualche idea?” disse sconsolato.
“Beh… L’unica è interrogare per bene il nostro Zheron, qui. E’ la sola traccia che abbiamo. Comunque ho capito dove vuoi andare a parare… Gli avvistamenti del Coniglio sono concentrati in periferia, mentre l’invasione di “brava gente” interessa solo il centro di Paperopoli… Forse il Coniglio non è collegato alla faccenda dei Beati, ma tentar non nuoce, non credi?”
Sentendo quella parole, Paperinik sbadigliò: “Interrogarlo ancora? Yawn! Va bene… Però pensaci tu, per favore. Io ho un sonno pazzesco, e domani mi aspetta un’altra levataccia…”
“Ma certo, socio. Conta su di me!” concluse Uno, ammiccandogli.
L’eroe lasciò dunque la stanza, prendendo l’ascensore che l’avrebbe condotto ai piani superiori. Non vedeva decisamente l’ora di ficcarsi sotto alle coperte: i suoi occhi erano così pesanti che a stento riuscì a tenerli aperti. Un sorriso gli si stampò però in faccia: le routine noiose erano finite. Quella sera si era sentito di nuovo soddisfatto della sua vita di supereroe, dopo tantissimo tempo…
Rimasto solo, Uno si volse quindi verso Zheron, sorridendo: “Bene! Che ne dici di continuare?”
L’alieno annuì, rilassando appena il volto: con quei modi gentili, era difficile sentirsi realmente preoccupati.
“Che cosa vuoi sapere, macchina?” disse quindi con noncuranza.
Sulla testa tridimensionale comparve un’espressione corrucciata: “MACCHINA!?” tuonò quindi Uno, stizzito.
“Iiiiihhh… S-scusa, scusami!”
Un’altra testa, leggermente più piccola, spuntò lì vicino: “Ti scusi un po’ troppo per i miei gusti, Evroniano. Te l’ho detto, mi chiamo Uno.”
“V-v-va bene, Uno… N-non farmi del male.”
“Tsk! Intelligenze biologiche… Non te ne farò, per così poco. Però ora voglio che mi racconti il resto della tua storia, per filo e per segno…” continuò, mentre la sua faccia riprendeva un’espressione serena.
“V-va bene… Tanto oramai non ho più nulla da perdere…”
L’Evroniano ci mise qualche altro secondo a riprendere la calma, ma alla fine cedette e riprese a parlare. E via via che le parole gli uscivano dalla bocca, anche la sua espressione pian piano mutò: da impauriti quali erano, i suoi grandi occhi azzurri ripresero una forma più morbida e rotondeggiante. Uno ascoltava ogni parola di quel lungo racconto, interrompendo raramente solo per chiedere qualche ulteriore chiarimento. Zheron, dalla sua, parve non riuscire più a tenere a freno la lingua. Gli sembrò incredibile: quell’interrogatorio si stava forse trasformando nel primo dialogo concreto che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Dall’altro lato, per Uno fu un’occasione in più per ottenere nuove informazioni sugli Evroniani, razza aliena di cui aveva avuto modo di analizzare solo il comportamento in guerra. Anche se oramai non sembrava più essercene bisogno, trovò la cosa piuttosto piacevole. Anche per lui, quel semplice interrogatorio divenne dopo poco un pretesto per dialogare con qualcuno che non fosse il “vecchio mantello”… Oltretutto, il lessico dell’Evroniano era piuttosto infantile, così come il suo modo di trattare gli argomenti narrati: in pratica, sembrava più di dialogare con un bambino delle elementari, entusiasta d’essere ascoltato. In breve tempo, la conversazione si spostò su argomenti decisamente più frivoli, del tipo: “Ma tu sai cos’è uno Xarghon?” o “Hai mai provato un frullato di emozioni di Beepo?”
 
E la notte passò: molto lentamente per qualcuno, troppo in fretta per altri.
Il sole stava già sorgendo su Paperopoli: era l’inizio di un nuovo giorno!
 

-Continua...-
  
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