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Autore: OttoNoveTre    27/02/2012    5 recensioni
- Sono stato così cafone, bimba?
- Oh, zitto e dammi qua!
Corin nascose le pagine in una cartelletta e la mise in fondo ad un cassetto. Invece salvò la versione sullo schermo del computer, e l’iconcina del file comparve nell’elenco di storie.
- Che è quel nome?
- Il titolo.
- Come mai quello?-
- E’ ciò di cui sono fatta.
Di libri, di ombra e di sangue.
[raccolta di storie incentrate sulla coppia Corin/Santiago]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corin, Santiago, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vento focoso e passionale sotto le magnolie'
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Capelli neri

A Vannagio, perché trovi sempre il suo fluff quotidiano




Aro seguì col dito la curva della coscia formosa, tratteggiata in carboncino con un’unica flessuosa linea. Sul foglio accanto, una donna dallo sguardo malizioso si sistemava la chioma  sui seni. La stessa donna, con un vestito vaporoso e coi capelli raccolti sotto una veletta, stava davanti alla sua scrivania.
- Ve  l’ho detto, mio signore, un uomo di rare capacità.
- Davvero, Adelaide. Grande dono per la tua bella Vienna. Certo, non che rimanere affascinati dal tuo corpo… - fece una pausa, fulminato da un’ispirazione – Mi domando se riesca a cogliere anche fiori più modesti. Come diceva la graziosa Emily? “Le ombre sono importanti quanto la luce”.
 
Corin aveva una certa esperienza di vampiri. Propri di queste affascinanti creature erano l’erotismo decadente, il morso fatale eppure sensualissimo, la bellezza del predatore.
Il fatto che a Palazzo dei Priori ci fosse poco di tutto ciò l’aveva sconcertata.
Caius non versava il sangue nei teschi dei suoi nemici, le finestre non erano adombrate da tende nere e ragnatele, l’organo c’era ma il signor Marcus non ci suonava cupe melodie tutto il giorno. C’era pure la bacheca degli annunci! E non erano nemmeno scritti in minacciosi caratteri gotici.
Insomma, Corin era preparata a una svolta decisamente più gotica nella sua vita, con la sua trasformazione.
- Tesoruccio, basta chiederlo. Cosa desideri? Tende rosso cupo? Acqueforti di Goya? Statue di gargolle che fissano chi entra dalla porta? Vuoi dormire in una bara di cipresso?
Le proposte di Aro le parvero uscite dal catalogo Casa Gotica del Nuovo Milennio e cancellarono tutti i rimasugli di magia che ancora sopravvivevano.
Non si sarebbe mai aspettata che il decandentismo sarebbe piombato su di lei all’improvviso, qualche anno dopo il suo arrivo a Volterra.
 
- Cosa ti turba, bimba?
- Oh insomma! Dovevate proprio usare questa occasione per decidervi a fare i sensuali decadenti?
Santiago posò il giornale e fissò Corin con discreto sconcerto. Lei gli prese di bocca la sigaretta e la spense nel posacenere sul tavolino.
- Non potevate dormire in bare di cipresso rivestite di velluto? O entrare in una stanza con una risata sguaiata e terribile?
- Bimba, tu eres loca. Ma, si quieres, basta che chiedi ad Aro.
Corin non lo ascoltò nemmeno. Andava avanti e indietro per la stanza, i capelli le si agitavano inquieti sulla schiena. Se ne portò una ciocca davanti e la pettinò con le dita.
- Non voglio fare brutta figura, – sbottò come se ricominciasse un discorso interrotto – sono qui da così poco tempo…
Santiago tirò fuori la scatola dei fiammiferi e si portò alla bocca una seconda sigaretta. La ciocca di capelli neri gliela prese e la buttò fuori dalla finestra prima che riuscisse ad accenderla. Santiago sbuffò.
- Bimba, continui a non spiegarti.
La ragazza si fermò e si sedette su un’altra poltroncina della sala comune. Si tormentava la ciocca e pareva trovare molto interessanti i disegni del tappeto persiano. Santiago accennò a tirare fuori dal pacchetto la terza sigaretta: i capelli le rimasero buoni sulla schiena, a parte la ciocca tormentata dalle dita.
Si accese la sigaretta e ancora nessuna mossa.
- Adelaide mi ha chiesto di andare con lei a Vienna e di posare per un pittore, perché lo vuole Aro. Però… - Corin sollevò lo sguardo e lo riabbassò subito sul tappeto - …devo, devo posare in condizioni particolari…
La guardò senza parlare. Lei riprese a voce bassissima.
- Devo… Aro desidera che posi secondo i costumi di questo pittore, senza… senza vestiti…-
Corin rialzò lo sguardo e lo fissò.
- Sarebbe molto grave rifiutare?
Santiago tacque, tirò una boccata dalla sigaretta e si fece serio.
- Un ordine di Aro è sacro. Ed è stato anche molto comprensivo, perché non ti ha ancora parlato dell’altra consuetudine tipica della Guardia. Per ora sei stata perdonata perché sei nuova, ma non so quanto durerà.
Corin diventò se possibile ancora più pallida e riprese a tormentarsi i capelli. Aveva una faccia impaurita.
- Di che parli? Cielo, qui mi sembra sempre di fare la cosa sbagliata!
Santiago prese un’altra boccata dalla sigaretta, con movimenti lenti e studiati, finché la tensione non fu palpabile nell’aria.
- Il vincolo di sangue con colui che ti ha creato è sacro, tra vampiri, – la guardò – e impone obblighi altrettanto sacri.
Corin si sporse in avanti, gli occhi spalancati. Santiago spense il mozzicone.
- Devi concederti a lui ogni qual volta egli lo desideri.
Lo schiaffo lo fece quasi cadere dalla poltroncina.
- Sei-un-gigantesco-IDIOTA!
 
- Dice che puoi girare come più ti pare, non vuole forzarti, - Adelaide tradusse in fretta dal tedesco la frase del pittore. Corin annuì, sbirciando da sotto i capelli lo studio. Vide il vestito leggero di Adelaide scivolare in terra e le gambe lunghe della vampira che si allontanavano. Alzò lo sguardo fino a intravedere una donna con i capelli corti e ricci, seduta sul divano. Nello studio c’erano anche altre due ragazze, coperte solo da vestagliette. Corin si strinse nel suo vestito, desiderando di essere più invisibile del solito. Almeno quel pittore strano pareva assorto nella contemplazione di Adelaide, di cui stava riproducendo, in tratti marcati e sensuali, le ciglia lunghe e le palpebre pitturate di ombretto. Era davvero bellissima.
Distolse lo sguardo dal lavoro e riprese a guardarsi attorno. Pur con le sue bizzarrie, l'ambiente con i quadri era suggestivo: la villa con l’atelier era poco fuori città, circondata da un giardino bellissimo. Corin lasciò il pittore con Adelaide e la riccia e andò a guardare i fiori dalle vetrate. Si passò i capelli sopra la spalla e prese a pettinarli con le dita.
 
Adelaide si chinò, ancora nuda, sul tavolo della stanza. Prese gli ultimi disegni di Gustav e rimirò la sua figura impressa sui fogli bianchi. Gustav si stava alzando dal letto in quel momento.
- Sono davvero così bella?
- Lo chiedi solo perché non sei mai sazia di sentirtelo dire, tanto sei sicura della mia risposta.
- Ma certamente, mio caro.
Adelaide vide con la coda dell’occhio che Gustav aveva preso in mano un foglio e la stava ritraendo così, china sul tavolo.
- Sono solo questi i disegni di oggi?
- Sì.
C’era lei in quattro disegni, poi uno di Emilie e l’ultimo con le due ragazze abbracciate.
- E la mia amica?
- La tua amica?
- Seguimi.
Lo prese per mano e lo accompagnò di sotto. Corin stava leggendo un libro, seduta composta vicino alla finestra. Lo studio era ormai vuoto e quieto, il sole verso il tramonto. Gustav la rimirò da lontano, fermo sull’ultimo gradino della scala. Poi prese un foglio e cominciò a schizzare una lunga e serpentina massa di capelli neri. Aggiunse l’aria assorta del viso e uno sbuffo del vestitino bianco.
Dopo l’ultimo tocco di carboncino, si avvicinò a Corin e le porse il disegno. La ragazza sussultò quando l’ombra di Gustav coprì il libro, ma un attimo dopo guardò con ancora più stupore il suo ritratto.
- Sono così bella? – mormorò. Gustav rise.
- Impara a dirlo con questa faccina, Adelaide, e te lo ripeterò tutta la notte.
 
- Chiede se puoi coprirti solo con i tuoi bei capelli, oggi.
Erano tornate anche il giorno successivo. Lo studio era più affollato, una specie di arcadia piena di ninfe scapigliate e ridenti. Ma la domanda di Adelaide la spiazzò.
- Se potessi, io rimarrei così…
Il pittore disse ancora qualcosa in tedesco, poi tirò fuori un foglio da un raccoglitore e glielo porse. C’erano disegnati un uomo e una donna incinta. L’uomo le cingeva le spalle con affetto, lei guardava il suo pancione come se al mondo non esistesse altro. Adelaide tradusse di nuovo.
- Dice che è tuo, se lo desideri.
Corin guardò ancora il disegno, poi il pittore. Lui lasciò la presa sul foglio e fece un’espressione supplichevole e furba allo stesso tempo.  Lentamente, con i capelli che le cadevano in faccia, abbassò la spallina del vestito.
 
- Però, guarda la nuova che culetto d’oro!
Santiago non stava facendo molto caso ai disegni che Adelaide aveva sparso sulla scrivania, regali di quel pittore viennese. Ma dopo l’esclamazione di Felix, scoccò un’occhiata al tavolo. C’era Adelaide in varie pose, morbida e sensualissima, assieme al suo mare di onde rosse. Felix invece aveva un mano un disegno che ritraeva una modella diversa: puntava il naso verso l’alto, guardando qualcosa di bello a giudicare dagli occhi sereni e stupiti. Teneva i capelli, lunghi e neri, tirati sopra una spalla, la mano sinistra affondata dentro. Il corpo magro era preso di tre quarti, una posizione che metteva in bel risalto un – come diceva Felix – “culetto d’oro”.
Santiago aspetto che Felix si concentrasse di nuovo sui disegni con Adelaide. Allora prese la morena e se la rimirò.
 
Si rigirò nel letto e appoggiò la testa contro il braccio. Corin si era alzata poco prima e stava in piedi davanti alla finestra, ancora nuda, con i capelli tirati da una parte e uno sguardo sereno rivolto verso la luce.
Santiago scivolò fuori dal letto senza far rumore e la raggiunse alle spalle. Le baciò il collo dove i capelli lo avevano lasciato libero. Con la mano le percorse il fianco fino alla curva del sedere.
- Il señor Klimt ci sapeva fare, ma dal vivo è molto meglio.
Corin gli prese l’altra mano e la appoggiò sulla sua pancia.
- Cosa intendi?
Santiago si sciolse dall’abbraccio e andò verso un cassettone. Il foglio era ingiallito, ma la figuretta a carboncino aveva la stessa freschezza di cent’anni prima.
Corin guardò la se stessa del disegno.
- Quando lo hai preso?
- Appena siete tornate da Vienna, nel 1906.
- Lo conservi da così tanto tempo?
- Avevi gli occhi belli, - Santiago le mise una mano tra i capelli e si avvicinò con la bocca al suo orecchio - ma anche il culo.
Gli arrivò uno scappellotto in testa.
- Cretino.
Corin tornò a guardare il disegno.
- Sono davvero così bella?
- Molto di più, bimba.










La tana di Otto
Data la produzione immane di storie che mi vengono su questi due, ho deciso di inaugurare con questa storiella una raccoltina a parte, così faccio ordine e non tedio chi non si interessa alla coppia.
Io e la signorina Dragana ci siamo recate a vedere la mostra di Klimt a Milano. Affascinate dai bozzetti esposti, ecco che la storia è venuta fuori.
Il titolo significa, in tedesco, "capelli neri": Klimt ha fatto molte figure di donne con capelli neri lunghissimi e sinuosi. Ovviamente la modella è stata Corin. Heidi (che nella storia ho scelto di chiamare Adelaide, fa più inizio secolo) si è prestata per le rosse. Emilie (la donna nell'atelier con i capelli ricci) era la compagna di Klimt. Per le modelle nude, ebbene, pareva che il signor pittore avesse queste usanze, tanto da lasciare 14 figli in giro per Vienna. Bravo lui.
Emily Jane Brontë è la Emily citata da Aro. La frase viene dal suo romanzo Jane Eyre.
   
 
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