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Autore: SkyScraperI3    27/02/2012    27 recensioni
-Ti amo, Becca- -Ti amo, Louis-
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Auschwitz, Dicembre 1942

Fa freddo anche quest'anno ad Auschwitz. Lo scorso anno non era così freddo; c'era neve ma non era così tanto freddo. La donna che ci sorveglia non sa che sto scrivendo, non sa che ho dei fogli, ma ho lavorato e dato il mio pasto per ottenere questo pezzo di carta e una matita. Fa freddo, tanto freddo.
Ho paura che mi venga la febbre, se così fosse sarei morta.
Arriva qualcuno, devo smettere.

Rebecca”

Il fumo usciva denso dagli edifici in fondo al campo.
Rebecca aveva appena finito di sentire bambini reprimere singhiozzi e ingoiare lamenti. Erano così piccoli. Incantati dalla musica con cui erano stati accolti, ora erano stati catapultati nel vero campo. Urlavano di volere le madri, pregavano per un peluche, richiedevano un bacio sulla manina ferita.
Rebecca chiuse gli occhi per non vedere, ancora una volta, quella scena infernale.
Ma tutto lì era un inferno.
Le porte vennero richiuse con uno scatto secco che rimbombò nel campo. Ci vollero pochi minuti prima che il fumo iniziasse ad uscire. Rebecca nascose il viso esile fra le mani e il tocco dolce di una ragazza la fece sussultare. Quel posto era un inferno.

Oggi c'è tumulto, o meglio per me c'è. Mi cambiano lavoro, mi passano alle mense dei generali; c'è bisogno di una ragazza giovane e che sappia cucinare, per questo mi sono proposta. Conto di riuscire a portare avanzi a mamma o alle altre donne con cui dormo.

Rebecca”

Un rossore apparve sulle guance di Rebecca non appena mise piede negli “edifici dei ricchi”. Inspirò il profumo del cibo caldo, apprezzò il tepore dei fornelli e trovò un po' dell'energia che le era rimasta. Un minuto di piacere prima che una donnona dal faccione bonario segnato dalle fatiche la riscuotesse dalla beatitudine di un minuto.
-Ti conviene lavorare o sopravviverai poco qua- Becca la guardò confusa per poi chiedere con un filo di voce cosa dovesse fare, la donna indicò una divisa attaccata al muro e in seguito un vassoio.
-Cambiati- ordinò – e servi là- si allontanò lasciando la ragazza in cucina. Mentre si vestiva Becca pensò a quanto quel posto avesse potuto cambiarla. Non era da lei chiedere le cose con poca voce, in modo insicuro e flebilmente. Si apprestò a portare il cibo in sala da pranzo, indossando una divisa sicuramente appartenuta a qualcuno magro come lei.
La stanza rettangolare, riccamente arredata, era ancora più calda della cucina.
“Bastardi” penso Rebecca sulla soglia della porta “noi rischiamo di congelarci e loro hanno camini e stufe”
Fece un passo nella stanza ad occhi bassi. I generali e le loro donne urlavano ridevano e bevevano. Chi parlava di politica, chi di alcool o di donne. Tutti gridavano, eccetto uno.
Era seduto in un angolo, lontano dai più vecchi e vicino ad una prostituta che sembrava provocarlo ma non ottenere nulla.
Il ragazzo aveva la mascella contratta, gli occhi fissi e lo sguardo fisso su Becca che impacciata serviva gli uomini qualche grado più in alto di lui.
Doveva essere Natale, il cibo era tipico della festa cristiana e nell'angolo c'era un abete addobbato con nastri rossi ed oro.
-Buon Natale- le sorrise viscido un generale -sei nuova?- continuò perlustrando il fragile corpo di Becca con uno sguardo divertito; lei tenne gli occhi bassi e annuì senza enfasi continuando a servire.
Fu il turno del giovano ragazzo in disparte, a cui servi l'arrosto:
quattro fette come a tutti. Stava per mettere la terza quando lui le toccò la mano, lei la ritrasse veloce e spaventata. Gli altri avevano visto?Il ragazzo le fece segno di avvicinarsi e le parlò senza farsi vedere
-Mangiale te- disse con un forte accento inglese, Becca scosse la testa – sono serio, non voglio incastrarti- Rebecca però non poteva fidarsi di uno di quelli che l'avevano portata là. Si ritrasse velocemente continuando a servire, ma lasciando quelle due fette di arrosto rifiutate dal giovane generale sul vassoio.
Non appena finì di distribuire la carne uscì dal salotto e ritornando in cucina si voltò, senza farsi scorgere, a guardare il giovane che ancora la seguiva con lo sguardo e che fece un segno di saluto con la testa senza farsi vedere.


Oggi è Capodanno, da quel che ho capito. Nella cucina dei grandi edifici stiamo preparando un sacco da mangiare. Sono passati, se ho fatto bene i conti, sette giorni dal giorno di Natale, il primo giorno che ho visto quegli occhi blu. Da quel giorno quel ragazzo ha sempre dimezzato la sua cena per lasciare qualcosa da mangiare a me, senza dire mai nulla o pretendere qualcosa da me.
Inizio a riacquistare un po' di colore e se riesco porto del cibo alla mia mamma, ma non riesco a prenderne molto.

Rebecca”

Il veglione di Capodanno era una serata come un'altra caratterizzata da più alcool e risate, giustificate per buttarsi alle spalle il vecchio anno e sperare nel nuovo.
La casa dei ricchi era in grande allestimento e talvolta i generali andavano a controllare che fosse tutto in ordine.
-Controlliamo che questi sporchi non rubino nulla- avevano giustificato a gente in visita.
Rebecca aveva imparato a stare a volto basso, non guardare nessuno o parlare con nessuno: aveva imparato a non essere più una persona, ma un animale da lavoro.
La sera del veglione i ricchi non indossavano le divise e le donne davano il loro meglio per vestirsi bene e elegantemente.
Il ragazzo dagli occhi blu, così Becca lo aveva rinominato, indossava uno smoking nero che gli stava bene. Si vedeva che era allenato e che si teneva in forma, perchè per quel poco che Rebecca si permise di guardare, lo smoking lo fasciava benissimo.
Becca quella sera si limitò a servire ad occhi bassi la cena, come faceva sempre.
E anche quella sera il ragazzo si dimezzò la cena per dare da mangiare a lei.
Il loro ormai era diventato un rapporto muto ma complice. Per il poco che Becca lo conosceva lo riteneva una persona d'oro. Piano piano aveva iniziato a dargli fiducia e non temeva più che potesse incastrarla.
Credeva di amarlo, o comunque di provare un sentimento molto forte per quel generale che diceva di non avere mai fame per darle da mangiare.
E quella sera era veramente fantastico. Non lo biasimava per far parte di quel corpo di soldati, perchè lui era diverso.
-Rebecca- la chiamò la cuoca non appena tornò in cucina dopo aver servito il dolce – ti spiace andare a prendere del carbone sul retro? C'è bisogno di alimentare il fuoco- Rebecca sorrise debolmente e dopo aver posato il vassoio si recò all'esterno.
Nel frattempo il più vecchio dei comandanti aveva alzato un po' troppo il gomito e aveva bisogno di aria per riprendersi. Per quanto loro avessero il potere, essere ubriaco marcio non era mai una buona cosa. Aveva bisogno d'aria, uscì.
Becca cercava il deposito di carbone al buio. Faceva freddo, era il 31 Dicembre e la neve era alta almeno un metro. La ragazza si strinse nei suoi abiti sgualciti e strinse gli occhi per mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Non appena i suoi occhi si abituarono all'oscurità si mosse verso il mucchio di carbone. Si chiuse una porta, ma non se ne curò. Chiunque poteva uscire dalla cucina per andare a prendere del materiale per il fuoco, per cucinare, una qualsiasi cosa.
Un forte odore di vodka e wishky giunse al naso di Rebecca. Si allarmò, ma senza farsene accorgere continuò a raccogliere carbone. Qualcuno rise, si mosse, barcollò e le finì vicino.
-Chi c'è qui?- proferì con voce tremante. Rebecca trattenne il fiato e non rispose, l'uomo si avvicinò.
-Rispondi, chi sei? Sei la cameriera vero?- lei annuì, nonostante il buio non avrebbe permesso al vecchio di vederla. Lei lo riconosceva, era abituata a sentire la sua voce sovrastare quella degli altri, sapeva che spesso beveva più del normale e sapeva lo sguardo che posava su di lei ogni volta che entrava nella stanza. Era il più vecchio e il più alto in gradazione.
-Sì sei la cameriera, ti riconosco- le afferrò un braccio e la scosse violentemente facendo cadere il carbone che la ragazzina aveva raccolto. La scosse un'altra volta, la spinse verso il muro. Sbatté la schiena forte sul muro di mattoni e le sfuggì un gemito di dolore.
L'uomo si avvicinò e la spinse di nuovo contro il muro con più forza di prima. Becca sentiva la schiena scrocchiarle, o rompersi? Le sfuggì un singhiozzo che provò a soffocare, inutilmente.
Il generale le bloccò un braccio al muro afferrandola per il polso e le si avvicinò al viso.
Lei riusciva a sentire il forte odore di alcool che proveniva dalla sua bocca.
-La prego- sussurrò senza farsi sentire, era più una preghiera a qualcuno lassù, a qualcuno che la potesse aiutare.
L'uomo spinse una gamba in mezzo alle sue e le si avvicinò, sbattendo ancora una volta la schiena della ragazza al muro, lei chiuse gli occhi e decise di non opporsi a qualunque cosa lui avesse fatto. Si abbandonò inerme alle mani burbere di quel rozzo uomo.
-Generale- chiamò una voce che non aveva mai sentito parlare così forte -non crede che la partita a poker abbia bisogno di lei?- l'uomo ubriaco si riscosse e allentò la presa al braccio della ragazza.
Colto con le mani nel sacco si allontanò velocemente e rientrò in casa a testa bassa.
Becca si lasciò sfuggire un singhiozzo più rumoroso e si abbandonò sulla neve, incurante di quanto poi il vestito sarebbe stato bagnato.
Non le importava che avrebbe potuto prendersi la febbre. Una settimana prima pregava di non averla per non finire nelle camere a gas, ora pregava di morire, velocemente, con una botta sola. Un colpo di pistola.
Due braccia calde e gentile la aiutarono ad alzarsi, la abbracciarono e in silenziò il ragazzo dagli occhi blu la cullò.
-Stai bene? Ti ha fatto male?- lei scosse la testa e si asciugò le lacrime – rientra, ti stavano cercando- annuì e si alzò, preceduta dal ragazzo dagli occhi blu – come ti chiami ragazza a cui do da mangiare?- lei sorrise debolmente e gli rispose con un sussurro
-Ciao Rebecca, sono Louis-


Tre giorni fa il generale ha provato a farmi violenza ora è stato spostato ad un altro campo, non so come mai. Al posto suo ne è arrivato un altro che forse non è così alcolizzato ma è ancora più violento e severo. Ho paura. Da quanto c'è lui non riesco più a farmi dare da mangiare dal ragaz... da Louis. In cambio se non mi dà del cibo, ci nutriamo di amore. Sono due notti che ci vediamo di nascosto, lui è dolce. Non è qui per cattiveria, non vorrebbe essere qui. Louis scrive, come me. Non appena questa guerra finirà tornerà in Inghilterra e scriverà un libro a cui sta già lavorando. Ma lui è sicuro che tornerà. Lui non è ebreo. Io ho paura. Non sopravviverò. L'inverno è rigido, e ho paura, troppa paura.

Rebecca”

Mancava da servire soltanto il dolce e anche quella quarta giornata del nuovo anno si sarebbe conclusa. Rebecca finì di servire il dolce italiano portato da alcuni alleati e si ritirò in cucina, leggendo l'ennesimo bigliettino che il suo amante le aveva lasciato nel grembiule. Lo schiuse
“Ci vediamo fuori fra mezz'ora”. In dieci minuti tutti se ne sarebbero andati a dormire.
E così fu.
Mezz'ora dopo i due innamorati erano l'uno nelle braccia dell'altra, si abbracciavano e scambiavano baci leggeri.
Entrambi sapevano la pericolosità della loro relazione, però ci provavano comunque, speravano che la guerra sarebbe finita presta e che sarebbero tornati in Inghilterra presto.
Abbassarono la guardia per qualche secondo, lo stretto necessario per scambiarsi un bacio con un po' più di passione e quello fu l'errore più grande della loro vita.
Spesso il destino è avverso all'amore. Spesso il destino è geloso dell'amore che due giovani provano l'uno per l'altra, così geloso che li vuole dividere.
Forse il destino è malvagio, cattivo.
E quella sera il destino, infame, consigliò ai due di abbassare la guardia per un attimo, per abbandonarsi ai piaceri dell'altro.
-Chi va là?- un fascio di luce li colpì in pieno, nel mezzo del loro peccato, il lieve riflesso della luce illuminò il viso al nuovo generale che aveva uno sguardo disgustato per la scena appena vista: un inglese e un'ebrea insieme? Una detenuta e un soldato?
Mise mano alla fodera e Louis si alzò per andargli incontro
-Aspetti- lui fece un segno con la testa e gli ordinò di ritornare a spalle al muro accanto a Rebecca che tremava come una foglia.
Non voleva morire, non ora che aveva trovato una causa per cui sopravvivere.
Tirò fuori la pistola e la puntò lentamente sui due amanti.
-Louis- sussurrò Becca – moriremo?- lui non rispose e la strinse più forte a sé, chiuse gli occhi e la cullò come tre giorni prima – rispondimi, moriremo?- sentì una lacrima del ragazzo caderle in testa e capì da sola la risposta, si lasciò sfuggire qualche lacrima.
-Ti amo Becca-
-Ti amo Louis-
Bum. Bum.

I colpi di pistola sono assordanti, tolgono l'udito per un attimo.
Ma ti fanno morire veloce, come Becca aveva desiderato pochi giorni prima, una morte veloce tra le braccia di qualcuno che amava.



Erre's space:
ciau :3 allora questa è la mia.. quarta (?) one-shot ma devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta. E' personalissima, la sento dentro e ci ho messo tantissimo a scriverla, perchè l'ho scritta metà a scuola e metà in due ore e chi mi conosce sa che per un capitolo in media io ci metto un'ora scarsa ahahahhaha.
Comunque, recensite anche solo per dire che fa schifo, e grazie.<3

  
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