Pensiero stupendo
Era
il secondo incontro con Mary.
O il terzo? Non che avesse importanza per lui. Tea
room in centro, stavolta, occasione meno formale e tempo di
permanenza più breve: così forse avrebbero
limitato danni. Forse.
Sogghignò ripassando una gamma
discretamente vasta di frecciatine preparate apposta per
l’occasione e si mise
a osservare i commensali in attesa che il suo collega e la
sua…‘fidanzata’
arrivassero. “Signore con fare
distinto
nel tavolo di fronte: abito elegante, sorriso all’apparenza
disinvolto ma
sguardo inquieto sulla sala, mmh…di certo la sua
accompagnatrice non è la
moglie. Donna sulla destra: trucco leggermente troppo pesante,
volutamente
vistoso, profumo intenso ed aria nervosa, sguardo
all’orologio continuo…primo
appuntamento, senza dubbio. E con ogni probabilità, il suo
uomo è quello che
esita all’entrata cercando di darsi un tono senza trovare il
coraggio di
entrare. Il cameriere dietro di me invece…”.
Fu interrotto dall’arrivo
della coppia, sorridente a braccetto. Quest’ultimo
particolare lo irritò
profondamente.
Si alzò con fare cerimonioso e li
salutò con un sorriso esageratamente marcato.
Notò solo allora l’abito che
indossava Watson: un completo carta zucchero con orli dorati,
confezionato di
recente data l’assoluta perfezione con cui lo vestiva
esaltando il fisico
atletico ben strutturato, curato in ogni dettaglio. Sentì la
bocca seccarsi e
si affrettò a distogliere lo sguardo. Si sedettero.
– Perfetto per abbandonare il lavoro e darsi alla vita mondana – rincarò Holmes con malcelata ironia – Completo nuovo, dottore? –
– Le piace? – chiese lui e al detective parve di percepire una nota di malizia nei suoi occhi.
– Assolutamente perfetto su di lei – rispose fingendo un tono neutro – A parte per questo capello che ha sulla spalla… – glielo tolse accorgendosi subito del suo inconfondibile colore dorato.
– Temo sia mio – ridacchiò la giovane gettando un’occhiata complice al fidanzato, ricambiata.
Holmes sorrise tirato.
Vorrei, non so, che lei, o no...
– Per la verità è molto migliorato, la ringrazio signor Holmes – rispose lei cortese sollevando la sua tazza di the – La sua famiglia progetta ora di trasferirsi a Bath, pare che l’aria sia più salubre di quella londinese –
Un lampo attraversò gli occhi del detective – E lei pensa di seguirli come sua educatrice? –
Lo chiese con tutta la premura possibile, ma non poté evitare un tono leggermente troppo marcato per apparire disinteressato. La domanda la colse evidentemente alla sprovvista. Abbassò lo sguardo, confusa, riappoggiando la tazza – Io…beh…per la verità non ci ho ancora pensato – mormorò guardando incerta verso Watson. La mente di Holmes assaporò quell’eventualità per un attimo, ma la risposta del dottore lo costrinse a rivedere le sue priorità.
– Non pensarci tesoro. Se dovesse succedere io verrei con te – le disse allungando la mano sul tavolo per prendere con delicatezza la sua, accarezzarla protettivo.
Per qualche motivo Holmes si ritrovò a fissare la scena, ipnotizzato.
Le mani, le Sue…pensiero stupendo.
Nasce un poco strisciando…
La sua mente logica non riusciva a richiamare nessun altro momento in cui le avesse viste così. Di solito erano calme e calcolate, oppure rudi quando, infuriato, lo afferrava per il bavero della camicia; decisamente dure, pensò poi, ricordando le volte in cui si era preso un pugno -meritato, ma ovviamente non lo avrebbe mai ammesso -.
Soltanto quando lo medicava era diverso. Le sue mani allora diventavano delicate, quasi dolci nonostante il tono brusco con cui era solito accompagnare i gesti. Vi era una sorta di premura particolare, unica, con la quale ricomponeva i suoi pezzi dopo ogni scontro, nel modo in cui alleviava il dolore. Come aveva fatto a non pensarci prima? A dispetto di tutto il suo orgoglio, avvertì una fitta di vuoto.
Si
potrebbe trattare di bisogno d'amore…
Meglio non dire.
E tu, e noi, e lei fra noi
Vorrei, vorrei…e lei adesso sa che vorrei
Non sapeva da cosa l’aveva dedotto, ma aveva la certezza che sapesse. Aveva capito tutto.
Si obbligò a ragionare lucidamente: un’istitutrice senza particolari doti intellettive non poteva aver capito le sue intenzioni solo da un tocco o da uno sguardo. Era ridicolo, non avrebbe potuto. Eppure ora lo fissava in maniera tutt’altro che ottusa, con una strana luce negli occhi. Indagatrice.
Decise che non si sarebbe sottoposto a quello sguardo un secondo di più.
Si alzò quasi di scatto, facendo sobbalzare Watson ancora concentrato sulla futura sposa.
– Holmes, ma cosa…? –
– Perdonatemi se vi lascio sul più bello – disse con un sorriso falsamente affettato – ma io…attendo un telegramma urgente, chiave del mio ultimo caso, e non posso trattenermi oltre… –
Un leggero tremore lo costrinse ad esitare sorreggendosi allo schienale della propria sedia. Qualcosa non andava, ma non riusciva a focalizzare cosa.
– Parla del caso Ritter? – chiese il dottore senza accorgersi apparentemente di nulla – Non mi aveva detto di aver fatto progressi! –
– Con ogni probabilità era troppo impegnato per darmi retta – rispose con una certa fatica, la voce ugualmente intrisa di sarcasmo amaro – Ora se volete scusarmi… –
Si avviò per la sala, ma dopo pochi passi fu costretto a sorreggersi a una colonna. La testa gli girava violentemente e i brividi si erano accentuati. Improvvisamente ricordo: veleno.
Aveva sospettato che il Signor Ritter fosse stato ucciso dall’azione combinata di due sostanze, un veleno allo stato latente e un attivatore: e quale attivatore migliore del the? Ucciderlo in questo modo sarebbe stato un gioco da ragazzi, l’assassino non avrebbe nemmeno dovuto essere presente. E l’ora della morte avvalorava la sua tesi. Inutile aggiungere che aveva condotto degli esperimenti per rilevare la sostanza, ottenendo la probabile soluzione solo la mattina stessa. Usare Gladstone come cavia era illogico -quale cane, poi, beve il the?- e così l’aveva presa lui stesso…dimenticandosi completamente dell’appuntamento del pomeriggio.
Costatò che, di fatto, non ne conosceva nemmeno gli effetti. Morte a parte. Ma tecnicamente non doveva aver assunto una dose così forte da ucciderlo. Tecnicamente.
– Dannazione – rantolò cercando di far presa sul marmo liscio.
Perdeva forze troppo rapidamente e si sentiva sempre più frastornato. Di questo passo non sarebbe nemmeno riuscito a raggiungere l’ingresso.
– Holmes! –
La voce del dottore gli sembrò provenire da chilometri.
Le
mani le Sue... prima o poi…
Poteva accadere sai…
Si può scivolare se così si può dire
…questioni
di cuore.
Sentì
due braccia forti
sorreggerlo, impedendogli di cadere.
– Holmes! Che le succede,
accidenti…?–
Al detective venne quasi da
ridere. Sentiva le sue mani stringerlo ed allentare il colletto per
farlo
respirare meglio, passargli sulla fronte per verificarne la
temperatura. Buffo
che dovesse rischiare la morte per ottenere simili attenzioni.
– È il…veleno
Ritter…– sussurrò
debole. Sentiva la bocca impastata e sapeva di star perdendo conoscenza
–…serve
un…calmante –
L’ultima cosa che gli sentì urlare
fu di portare della camomilla. Camomilla! Anche quello gli parve
incredibilmente buffo. Poi scivolò nel buio…
E poi un’altra volta noi due
Erano solo loro due. Lui e Watson. Pensiero stupendo…
E lei un’altra volta fra noi
– Mi giuri che non l’ha fatto di proposito –
Il tono era inaspettatamente tranquillo, come se la risposta dopotutto non potesse irritarlo.
– Intende cercare di morire avvelenato? – ribatté Holmes cercando faticosamente di mettersi seduto.
– No, intendo rovinare anche il secondo incontro con la mia futura moglie e costringermi a lasciarla alla Tea room per restare con Lei –
– No, non era premeditato – ammise lui con una smorfia – Ma in ogni caso mi sento meglio, grazie di avermelo chiesto. Può tranquillamente ritornare della sua donna, dottore –
Non riuscì a mascherare un tono leggermente amareggiato. Si sentiva offeso, ferito dal non essere più il primo pensiero del compagno, si sentiva messo da parte come qualcosa di vecchio e inutile.
E Watson lo percepì distintamente.
E lei a poco a poco di più, di più
– Perché con Lei dev’essere tutto così maledettamente difficile – mormorò quello con tono sommesso – Io voglio sposarla. Sposarla, capisce? Perché non può semplicemente lasciarmi andare, essere felice per me? –
– Non le pare evidente…? – rispose il detective stirandosi in un mezzo sorriso.
Watson rimase in silenzio, per un attimo sembrò quasi avere paura.
– …lei è il mio collega. Non la lascerò abbandonarmi tanto facilmente – concluse Holmes allargandosi in un vero e proprio sorriso. Non gli avrebbe rivelato nulla. Nemmeno stavolta.
L’altro rise, sentendo la tensione sfumare.
– Lei, è estremamente infantile, lo sa Holmes? –
– Au contraire mon amì! Cerco di salvarla dal più irrecuperabile degli errori –
– Invecchiare sereno davanti a fuoco con una persona accanto? –
– Impiegare metà vita a fuggire dalla gonna della propria madre per poi passare la restante metà dietro quella di un’altra donna!–
– Non parli così della mia futura moglie! –
Finirono ad azzuffarsi come monelli di strada fino a che Holmes non crollò di nuovo sul materasso, totalmente privo di energie. Watson gli si stese accanto ridendo e addormentandosi con lui poco dopo. Durante la notte, inconsciamente, si cercarono.
L’alba li colse abbracciati, il petto che si alzava e abbassava all’unisono in un respiro sereno.
Le mani intrecciate.
…pensiero
stupendo
Nasce un poco strisciando…
Si potrebbe trattare di bisogno d'amore…
…meglio
non dire.