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Autore: VioletBow    29/02/2012    1 recensioni
Prima classificata al "Vocaloid Contest" indetto da Dead Master.
La canzone è Migikata No Chou, detta anche Butterly On Your Right Shoulder, dei gemelli Kagamine.
[5996] [TYL] [Leggero OOC]
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Chrome Dokuro, G, Hayato Gokudera
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe voluto svegliarsi da quel sonno agitato invaso, come sempre, dagli incubi; lo voleva da tempo e quando lui le aveva teso la propria mano non aveva avuto migliore scelta che stringere la presa e sperare che non fosse solo un'illusione.
Quando tutto era iniziato nessuno dei due riusciva a crederci e per i primi tempi ogni qual volta Gokudera, afferrando dolcemente la sua mano, le chiedeva dove volesse andare, lei si limitava ad arrossire, senza neanche riuscire a guardare il suo volto, impreparata a reagire a tutto ciò che stava vivendo.
Dopo un po' di tempo era riuscita a vincere la sua timidezza, capendo che lui era l'unico che potesse occupare il vuoto che aveva dentro adesso che Mukuro l'aveva lasciata in balìa di quel mondo enorme e spaventoso che era costretta ad affrontare giorno dopo giorno.
Non potevano mostrarsi al resto della famiglia, l'avevano deciso di comune accordo, e mentre si passava il rossetto sulle labbra, imbronciate al pensiero di poter abbandonare l'idea di mettere l'eyeliner, Chrome sapeva che doveva prepararsi velocemente per non sprecare neanche un minuto del poco tempo che avevano a disposizione da passare insieme.
Vedendola apparire dal portone del palazzo non potè fare a meno di sorridere, notando le sue guance arrossire. Aveva dovuto aspettarla un po', in piedi sotto la pioggia, ma si rendeva conto che per lei ne valeva la pena.
Smise di tremare dal freddo e smise di sentirsi solo quando finalmente poté stringerla tra le sue braccia. Non avrebbe mai ammesso di sentirsi dannatamente debole e vulnerabile la maggior parte del tempo, soprattutto ora che aveva qualcuno a cui teneva da proteggere... anche se la loro relazione era iniziata con un secondo fine poco nobile.
Dopo dieci anni, Mukuro rimaneva il pericolo che costantemente minacciava il suo Juudaime ed aveva pensato di potersene finalmente liberare sbarazzandosi di Chrome; per questo motivo le si era avvicinato senza che gli altri ne fossero a conoscenza, sapendo che se lei fosse scomparsa nessuno avrebbe pensato a lui che, per tutto il tempo, si era sempre dimostrato disinteressato nei suoi confronti.
Alla fine, però, era caduto nella sua stessa "trappola" ed aveva dovuto abbandonare il suo piano; adesso credeva di dover svelare alla ragazza quel suo segreto per poterle far capire che i sentimenti che nutriva nei suoi confronti erano diventati sinceri con il passare del tempo.
Chrome scappò via da lui, terrorizzata dalle sue parole. Come poteva credere nel suo pentimento? Come poteva essere stata così sciocca da fidarsi?
Corse a perdifiato fino alla base dei Vongola e Gokudera sapeva che sarebbe stato inutile inseguirla, come sapeva anche che avrebbe raccontato tutto al resto della famiglia per potersi mettere a riparo sotto l'ala protettrice del boss.
Piansero entrambi: lei mentre correva lontano dall'uomo che aveva illuso e frantumato quel suo cuore, fermo ormai da tempo, e lui mentre, con gli occhi rivolti al cielo, s'infilava all'indice della mano destra un nuovo anello... ogni volta che stava per fare qualcosa di cui si sarebbe pentito, indossava un nuovo accessorio.
Non immaginava che avrebbe, in qualche modo, subito rimediato all'errore che stava per compiere.
La ritrovò esattamente dove si era immaginato: seduta allo sgabello del pianoforte a fissare il vuoto mentre le sue lacrime, dopo averle rigato le guance, andavano a bagnare i tasti bianchi su cui così tante volte lui aveva premuto.
Si sedette accanto a lei, sperando che ancora non avesse parlato a nessuno della sua confidenza, e si mise a suonare ancora una volta... un'ultima volta.
Sempre lo stesso brano, sempre lo stesso loop, quello che entrambi avevano ascoltato così tante volte da riuscire anche a sentirlo riecheggiare nelle loro teste durante i momenti di silenzio.
- Credi che abbia solo scherzato con te? - sussurrò Gokudera, lasciando che le sue mani ripetessero automaticamente le note.
Chrome trattenne i singhiozzi; voleva dimostrare di non essere più la ragazzina bisognosa di aiuto che era sempre stata, fin da quando era stata abbandonata dai suoi stessi genitori.
Si alzò, per allontanarsi un po' da lui e parlare con il tono serio che avrebbe dovuto avere la donna matura che desiderava essere.
- Finirà male, in ogni caso. - disse, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo.
La melodia si troncò improvvisamente e la ragazza, cosciente del fatto che lui le si sarebbe avvicinato, si schiacciò istintivamente il più possibile contro la parete.
- Non hai risposto. Credi che sia stato solo uno scherzo? - chiese ancora, fattosi ora così vicino da poter tenere le labbra a poca distanza da quelle di lei.
- Non lo so... non ha più importanza adesso. Ciò che è fatto è fatto. - rispose Chrome, tentando di non farsi prendere dal panico.
Il cuore del ragazzo saltò un battito. Non avrebbe dovuto sperare che tutto andasse bene, non avrebbe dovuto rivelarle quel segreto... aveva sbagliato tutto, tutto quanto, come sempre nella sua vita.
Avvicinò lentamente le labbra a quelle della ragazza, stranamente sicuro che non lo avrebbe scansato... cosa che infatti non fece, preferendo abbandonarsi completamente a lui.
"Sono una stupida", ripeteva intanto lei nella propria testa. Stupida, insicura e indecisa: erano le uniche parole che trovava per descriversi.
Poi smise di pensarlo, smise di pensare in generale.
- Scusami. - mormorò Gokudera, e fu l'ultima cosa che Chrome percepì prima di accasciarsi tra le braccia dell'altro e chiudere per sempre quell'unico occhio che era stato destinato ad una ragazza inutile ed incompleta come lei.
La strinse a sé, ignorando che non potesse sentire il calore del suo corpo, così come ignorava il sangue che continuava ad uscire dalla ferita e ad espandere la macchia che si era formata sulla sua camicia.
Un coltello, che oggetto poco consono al suo stile; eppure non aveva avuto alcuna idea migliore per togliersi da quella situazione ma ora, con il cadavere della donna di cui si era innamorato tra le braccia, non riusciva a sopportare il peso del rimpianto.
La raggiunse, con la stessa velocità con cui il pugnale passò dal petto di lei a quello di lui.
Con lo schianto del corpo contro il suolo, rotolò via dal suo dito lo stesso anello che aveva infilato poco prima... aveva rimediato al suo errore.
  
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