I
UNDERSTAND THAT…
Il terreno era pieno di sassi che non facilitavano
di certo la salita verso la capanna di Hagrid. Ron teneva per mano Hermione da
quando aveva rischiato di scivolare a causa della pioggia continua che cadeva
dal cielo ormai da parecchie ore.
Chissà perché dovevano raggiungere Harry lì da
Hagrid proprio in quel momento.
Hermione era felice di avere l’occasione di tenere per mano Ron. Ogni motivo era un buon motivo per sentirlo vicino, anche quella pioggia battente e quel pericolo costante di ritrovarsi con il sedere a terra. Neppure il tempo di pensarlo che perse leggermente l’equilibrio su un sasso e costrinse Ron a girarsi per controllare che fosse ancora in piedi.
Ron letteralmente la cercò tra la pioggia anche da
quella breve distanza. I mantelli gocciolavano incessantemente e i cappucci non
riuscivano a coprire la faccia a meno di non tirarli così avanti da perdere la
possibilità di vedere oltre la punta delle scarpe. Ron quindi spinse leggermente
indietro la stoffa del cappuccio tenendo salda la presa sulla mano di Hermione.
Parte dei capelli era ormai zuppa d’acqua e le gocce cadevano sulla faccia.
Guardando Hermione si rese conto che non era messa molto meglio di lui. I
capelli sulla fronte erano dritti a causa dell’acqua, ma così lunghi da arrivare
fino al collo. Per poterla guardare meglio Ron allungò la mano libera e glieli
spostò dietro un orecchio. Quello sì che era caldo e asciutto. Rimase un attimo
con la mano ferma sotto la stoffa per godersi il tepore. Hermione lo guardò
sorpresa e intimidita.
“Tutto ok?” le chiese a voce
alta.
Un tuono rimbombò in
lontananza.
“Sì,” rispose lei. “Ma vorrei arrivare il prima
possibile.”
Ron fece un cenno con la testa e ripresero il
cammino.
Dalla capanna di Hagrid si alzava il fumo del camino
acceso. In effetti quando varcarono la soglia, c’era un caldo quasi fastidioso.
Erano infatti ben oltre la metà dell’ anno scolastico e la temperatura esterna
era comunque aumentata. Strano che Hagrid tenesse il camino ancora acceso.
Dentro però non c’era nessuno. O almeno nessuno di visibile. Considerato che si
trattava di Hagrid era possibile trovare ogni tipo di animale. Si guardarono in
giro attentamente, ma c’era solo un biglietto sul tavolo con la scrittura di
Harry. Era un appunto scritto in velocità che diceva:
“Umbridge in arrivo a Hogwarts con delegazione Ministero.
Mi nascondo nel castello. Ci vediamo quando avrò via libera. H.”
Pur sapendo quanto odioso poteva essere un incontro con quella donna dopo quasi un anno passato in sua compagnia, Ron e Hermione brontolarono per l’inutilità di quella camminata. Adesso dovevano rifare tutto quel tragitto!
“Dannazione!” esclamò Ron aprendosi un attimo il
mantello e buttando indietro il cappuccio a gocciolare abbondantemente sul
pavimento. “Di nuovo tutta quell’acqua. Diventerò un pesce, davvero. E poi mi
stanco.”
“Perché sono un peso?” chiese risentita Hermione che sapeva di essersi aggrappata a lui ben oltre il necessario e solo per il piacere di stare pelle contro pelle.
“Eh?” chiese confuso Ron che non stava pensando a
lei, ma solo alle sue gambe tese e tremanti per lo sforzo di non scivolare sui
sassi. “No, no, non parlo di te,” si riprese abbastanza in fretta. “Non sei un
peso. Oh, eh, un po’ maldestra si, ma niente di impossibile. Dovresti volare un
po’ per rifarti l’equilibrio.”
Hermione spalancò gradualmente gli occhi
nell’ascoltarlo. Cercava un po’ di romanticismo, (una risposta del tipo
“Tornerei fuori solo per il piacere di tenerti per mano” anche se sapeva che in
realtà non lo avrebbe fatto neppure lei, se non fosse stato necessario) e si
ritrovava maldestra e con poco equilibrio. Ma perché si ostinava a trovare così
attraente quell’orso con la sensibilità di una bacchetta di
legno?
Trattenendo ogni possibile risposta con un gran
respiro, Hermione si limitò a togliere il cappuccio e a dire: “O rimaniamo qui e
ci asciughiamo un po’, oppure partiamo subito e ci asciughiamo a
casa.”
“Andiamo, almeno nella Sala Comune saremo più
comodi.” Le rispose Ron alzando di nuovo il cappuccio. “E con un raffreddore non
potremmo neppure vedere
Hermione lo imitò e si avviarono all’esterno. Appena
usciti Ron allungò la mano per prendere quella di Hermione, senza girare lo
sguardo. Hermione gliela strinse, accontentandosi di quel gesto amico. Sempre
meglio che litigare.
In realtà Ron stava arrossendo sotto il cappuccio,
contento quanto lei dell’opportunità di tenerle la mano per altri 20 minuti
almeno e sperando malignamente che cadesse per poterla poi abbracciare
nell’aiutarla ad alzarsi o per sorreggerla fino al castello. Quando era da solo
riusciva a pensare tutte le frasi e a provare tutte le espressioni migliori per
dimostrare il suo amore per lei, ma quando si trovavano realmente insieme e
c’era la reale possibilità di agire, si faceva prendere dall’ansia o dalla paura
o dalla timidezza o dall’orgoglio o dall’incertezza o da tutte queste cose
insieme e se ne usciva con frasi che avrebbero fatto meglio a dire a Harry o a
Ginny. Cosa poteva esserci di romantico nel volare con una scopa per fare
esercizio di equilibrio? Sotto la pioggia, senza guardarla e solo con il tocco
caldo della sua mano contro la propria poteva fantasticare ancora su quello che
non avrebbe poi fatto.
Entrati in Sala Comune furono accolti da Ginny che
quasi sobbalzò nel trovarseli davanti.
“Ma non dovevate andare con Harry?” chiese
stupita.
“Era impegnato con altro. E pioveva troppo per
aspettare. Andiamo a cambiarci adesso.” Mentre rispondeva il fratello la superò
diretto verso il dormitorio, gocciolando ancora con il mantello nonostante
l’incantesimo che avevano fatto all’ingresso per asciugarsi i
vestiti.
Hermione lo guardò stanca e un po’ arrabbiata per
l’atteggiamento di Ron che le aveva lasciato la mano subito prima di entrare nel
castello e l’aveva preceduta per tutta la strada verso il dormitorio. Ginny
ricambiò lo sguardo e chiese: “Ma cosa è successo?”
“Harry è rientrato prima del previsto. E così siamo
rientrati anche noi.”
“Perché è rientrato prima?” chiese curiosa
Ginny.
“Arriva
Ginny seguì il suo sguardo e sorrise
triste.
“Ha fatto ancora l’orso?” le chiese
comprensiva.
Hermione assentì con il capo e si diresse verso la
sua stanza. Prima di salire si girò verso Ginny e le disse: “Comunque non
dirglielo,” e salì al dormitorio.
Qualche ora dopo Harry entrò nella Sala Comune e
trovò una gran quantità di persone impegnate a studiare e giocare. Non c’era
traccia di Ron e Hermione. Vide invece Ginny tutta concentrata con il libro di
Storia della Magia aperto sul grembo. Le si avvicinò e si mise seduto di fianco
a lei. Solo allora Ginny si accorse della sua presenza e gli sorrise. Poteva
impegnarsi all’infinto nel cercare di non pensare a quel ragazzo, ma non c’era
speranza. Anche il breve flirt con Michael non l’aveva aiutata a dimenticarlo.
Oh, si era goduta parecchio i baci e le carezze durante quel periodo, ma
continuava a fantasticare su di lui. Adesso almeno non sobbalzava ogni volta che
gli passava vicino. E riusciva a parlargli con tranquillità quasi di tutto. Un
po’ in difficoltà se erano soli, ma condividere il Quidditch era un buon terreno
di dialogo.
Harry restituì il sorriso quasi d’istinto perché
starle vicino adesso era sempre un piacere. Era davvero carina e molto sicura di
sé. Gli piaceva. Allontanò in fretta questo pensiero e
chiese:
“Hai visto Ron e Hermione?”
“Sono passati ore fa grondanti di acqua, poi sono
ridiscesi a studiare e hanno litigato per una definizione di Pozioni, mi pare, e
adesso sono nelle loro camere. Il solito…” ridacchiò.
Harry alzò un sopracciglio comprensivo e mettendole
una mano sul braccio si alzò.
“Vado a sentire come va!” e si allontanò verso la
propria camera.
Nella stanza c’era Ron che guardava dalla finestra.
Con eccessivo interesse.
Quando lo salutò lo aggredì subito chiedendogli come
era andata con
“Perché non ne hai approfittato per stare con
Hermione da Hagrid?” chiese con tono complice.
Ron arrossì. Girò di scatto la testa verso la
finestra e rimase in silenzio.
Quando ormai Harry non sperava più in una risposta
sentì Ron chiamarlo ancora con lo sguardo perso nel
panorama.
“Harry…”
“Dimmi.”
“Si accorgerà mai che esisto?”
Harry lo guardò stupito. “Lo sa, ma non sa cosa
provi per lei.”
“Come faccio a dirglielo?”
“Beh… dicendoglielo.” Ad Harry non venivano in mente
altre soluzioni possibili.
“Grazie,” lo schernì Ron, “non ci avevo
pensato.”
“Digli quello che provi…”
“Certo come no. Mentre siamo a colazione o da Piton
o studiamo mi fermo per dirle: ‘Hermione mi piaci da morire. Posso baciarti?’ Ti
sembra romantico?”
“Beh…” cominciò Harry, ma la sua voce venne superata
da un’altra.
“No, non è romantico, Ron. Ma mi piace lo stesso.”
Il tono di Hermione era dolce e sempre più sommesso.
Entrambi i ragazzi si girarono di scatto, sorpresi.
Ron in verità quasi cadde giù dal davanzale nel quale era appollaiato e spalancò
incredulo gli occhi e la bocca.
Harry velocemente passò oltre Hermione e uscì dalla
stanza chiudendosi prudentemente la porta alle spalle prima di sorridere come un
ebete per quello che era successo. Sarebbe morto di vergogna rimanendo dentro
quella stanza, ma avrebbe voluto poter guardare quello che stavano combinando
quei due.
Incerto su dove andare, rimase seduto sui primi
gradini ridendo per l’assurdità di quella dichiarazione. Rimase così per poco
tempo: una decina di minuti dopo la porta si aprì di scatto e ne uscì Hermione
con gli occhi lucidi e lo sguardo infuriato.
Non si accorse neppure di lui fino a quando gli
inciampò addosso rischiando di cadere. Lo guardò attraverso un velo di lacrime
e, ansimando se ne uscì con “Siete insensibili, dei maledetti insensibili
maschi, dei pezzi di legno senza anima. Vi odio! Vi odio!”
Harry la guardò con gli occhi spalancati. Non aveva
mai visto Hermione così arrabbiata e risentita verso qualcuno da quando aveva
lasciato l’aula della Cooman il terzo anno. Continuò a fissarla mentre scendeva
le scale di corsa, chiedendosi cosa fare. Decise di dare uno sguardo a Ron per
vedere la sua situazione e guardando attraverso un piccolo spiraglio della porta
che si era richiusa quasi del tutto alle spalle di Hermione vide l’amico di
spalle, che guardava fuori della finestra.
Entrò e lo chiamò.
Silenzio.
“Ron…” riprovò.
Silenzio.
“Ron, cosa è successo?”
Ron mormorò qualcosa di
incomprensibile.
“Cosa? Non ho capito.” Harry continuava ad
avvicinarsi lentamente alle sue spalle. “Ron?”
Ron si girò. Aveva il segno di cinque dita stampato
sulla guancia destra e gli occhi lucidi quanto quelli di
Hermione.
“Ron! Ma cosa hai fatto?” esclamò Harry
bloccandosi.
“Già, Ron. SEMPRE IO! SOLO IO FACCIO QUALCOSA DI
SBAGLIATO?” Ron urlò con tutto il fiato che aveva in gola, lo travolse con la
forza della sua rabbia, lo spinse di lato e si lanciò fuori dalla
stanza.
Harry lo seguì correndo per le scale fino alla Sala
Comune. C’erano ancora studenti che lavoravano e giocavano tra le poltrone, i
divani e il pavimento. Tutti con lo sguardo rivolto alternativamente a Ron e ad
Hermione. Ginny era dove l’aveva lasciata e Hermione era vicina a lei, impegnate
in un fitto dialogo. Videro passare Ron davanti a loro e Harry che lo seguiva
poco distante. Ron si accorse di Hermione e si fermò di scatto. Poi fece un
piccolo passo avanti e si fermò nuovamente. Harry gli arrivò vicino e allungò
una mano per toccarlo. Ron però cominciò a parlare con
Hermione.
“Non provarti a dire qualcosa contro di me, adesso.
Sei una dannata ragazza fatta di acciaio. Non ti interessano neppure un po’ i
sentimenti degli altri. Sei orgogliosa e egoista. Merlino, Hermione, perché devi
prenderti gioco proprio di me?”
Hermione lo aveva ascoltato in silenzio. Poi
sentendosi accusare era scattata in piedi, le mani strette a pugno e le braccia
rigide lungo i fianchi, gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo sempre più
incredulo.
“Acciaio? IO? Ma se sei tu…”
“ZITTA! Mi hai spiegato bene come sono io, molto
bene.” Ron la superò con la voce urlando. Ormai tutta
Harry guardò prima la sua schiena e poi Hermione.
Che ricambiò lo sguardo incredula e smarrita. Lentamente gli passò a fianco e se
ne andò verso le scale del suo dormitorio e le salì lenta. Harry rivolse la sua
attenzione a Ginny che alzò leggermente le spalle e lo guardò con aria
interrogativa dicendogli: “È scesa piangendo e l’ho abbracciata un po’, ma non
mi ha raccontato nulla se non che è un orso e che ha la sensibilità di un pezzo
di legno. Mi stava dicendo le solite cose. Poi siete arrivati
voi.”
Rimasero in piedi guardando alternativamente verso
l’uscita della Sala Comune e le scale dei dormitori.
Quando scesero per la cena non c’era ancora traccia
di nessuno dei due. Hermione era chiusa in camera a piangere, mentre Ron non si
era più visto. Ginny avrebbe provato a portare qualcosa alla sua amica, mentre
Harry, raccolta una notevole quantità di cibo, si sarebbe occupato di ritrovare
Ron. Si accordarono per ritrovarsi in Sala Comune con tutti e due e chiarire la
situazione prima di domani mattina. Per la tranquillità di
tutti.
Harry provò nella Sala Comune e nel
dormitorio.
Ron non c’era.
Provò nella guferia.
Ron non c’era.
Provò nel campo di quidditch, guardando bene in
alto, guardò negli spogliatoi, guardò da Hagrid, ma la capanna era vuota, guardò
nella zona del lago, guardò dalla parte del Platano Picchiatore, ma non c’era
traccia. Era trascorsa un’ora e il cibo era freddo e pesante dentro la borsa che
Harry si tirava appresso. Dove diavolo era il suo amico?
Sotto il Mantello dell’Invisibilità faceva anche
caldo. Però non poteva rischiare di farsi prendere dalla Umbridge. Dove
accidenti era finito?
Provò a pensare ad ogni alternativa possibile. Dove
sarebbe andato lui per non farsi trovare? Nel posto meno scontato, in un posto
che nessuno userebbe. Provò a cercare nella Stanza delle Necessità, ma la
richiesta di vedere Ron non diede risultato. Provò nelle aule, dai piani alti
fino all’aula di Piton.
Stava per uscire quando nel buio uscì una
voce.
“Immagino che tu abbia portato la
cena.”
Harry quasi gridò per la sorpresa. Poi guardando con
attenzione riuscì a intravederlo seduto sulla cattedra con le gambe incrociate
che lo guardava. Avvicinandosi vide che aveva pianto e che i capelli erano
scompigliati da diversi passaggi delle mani.
Senza dire nulla mise la borsa sul tavolo e ne tirò
fuori tutto quello che aveva preso, anche se le condizioni non erano delle
migliori, mentre Ron lo scaldava leggermente usando la
bacchetta.
“Credevo che mi avresti trovato prima. Stai
diventando un po’ scarso…” disse Ron cominciando a mangiare. “Chissà chi è quel
cretino che ha detto che le pene d’amore tolgono l’appetito. Io sto morendo di
fame.”
Harry attese in silenzio fino a quando non finì
tutto quello che c’era sulla cattedra. Poi azzardò una domanda: “Cosa è
successo?”
Nel dormitorio del quinto anno Ginny aveva consolato
a lungo Hermione accarezzandole i capelli, parlandole sottovoce per chiarire
come il fratello fosse da sempre disattento e insensibile, per rassicurarla che
qualsiasi cosa fosse accaduta avrebbero potuto risolvere il problema. Hermione
aveva continuato a piangere. L’unica cosa che aveva ripetuto a Ginny era che non
ricordava cosa avesse detto a Ron che poteva averlo fatto arrabbiare così tanto.
Hermione era stata colpita soprattutto dall’ira del suo amico. Non aveva mai
visto Ron così arrabbiato e neppure Ginny, in verità, si ricordava di averlo
visto aggredire qualcuno con quella forza. Neppure i gemelli quando gli facevano
degli scherzi. Si limitava ad insultarli. Ginny le chiese di raccontare cosa era
successo.
Hermione prese un gran respiro e cominciò dal
momento in cui aveva varcato la soglia del dormitorio
maschile.
Nell’aula di Piton, Ron iniziava invece dal momento
in cui Harry era uscito dalla stanza.
E per un po’ i racconti furono quasi
identici.
Hermione
Mi sono stancata di starmene in camera, dopo il
litigio con Ron questo pomeriggio e avevo deciso di scendere a scusarmi. Non era
in Sala Comune e sono salita nel suo dormitorio. La porta era socchiusa e ho
sentito la voce di Harry. Ero quasi entrata quando ho sentito tuo fratello dire
ad Harry che gli piaceva una ragazza. Cioè gli chiedeva se lei si sarebbe mai
accorta di lui, che è lo stesso. Mi sono pietrificata sulla soglia, Ginny.
Davvero. Lui non ha fatto nomi e io… non sapevo cosa pensare. Cioè… ho pensato
al peggio. Che fosse Lavanda o Padma. Avevo il cuore che martellava, Ginny. Non
sapevo cosa fare. Voleva sapere, ma avevo paura. Poi Harry gli ha consigliato di
parlarne con questa persona e allora Ron ha detto che era un consiglio stupido e
che non poteva semplicemente aspettare la lezione di Piton o il momento di
studiare per dire “Hermione mi piaci da morire, posso baciarti?” Parlava di me, Ginny, proprio di me. Ron
stava pensando a me. Credevo di essermi sbagliata, soprattutto dopo il ballo
dell’anno scorso. E invece era lì sulla finestra che pensava a me. Ed era dolce
e tenero, così carino, mentre lo diceva. Volevo solo sentirglielo dire ancora e
sono entrata, dicendogli che avevo sentito e che mi piaceva quello che aveva
detto. Harry è scappato fuori dalla stanza. E siamo rimasti noi
due.
Ron
“Quando sei uscito mi sono sentito un perfetto
cretino, Harry. Cosa potevo dirle ancora? Ormai avevo fatto il peggio. Le avevo
detto che mi piaceva senza nessun romanticismo. Perché le ragazze vogliono
quello, no? E non sapevo cosa pensava lei. Lo so che tutti dicono che le
piaccio. Ma non lo credevo davvero. Siamo amici da anni e non mi ha mai fatto
capire come le altre quello che pensa. Cioè lo so che Lavanda mi segue sempre e
che Padma mette in mezzo la sorella per passare del tempo con me. Ma Hermione…
non ha mai fatto niente. E me la ritrovo là. E lo sai che adora quelle cose
sdolcinate anche se non lo dice. Non sapevo cosa dirle. A parte ripetere quello
che avevo già detto. Sono rimasto zitto a guardarla. Il cervello non lavorava
per niente. E allora lei è arrivata vicino a me e ho fatto un gesto stupido,
forse, ma mi sembrava una buona idea. Ho allargato le braccia, sai come fa mia
madre quando vuole che l’abbracciamo. Ho fatto così e Hermione mi è arrivata
addosso. Harry, sai cosa significa il corpo di una ragazza che ti si appiccica
addosso? Ero senza fiato. Sentivo tutto quello che ha, Harry, tutto. Tu
arrossisci solo a sentirlo dire, pensa io che la sentivo addosso a
me.”
Hermione
“Era così incerto, con quelle braccia aperte.
Sembrava non capire cosa avrei fatto. E allora l’ho abbracciato io, Ginny. Tuo
fratello è enorme, davvero. Mi sembrava strano abbracciarlo così. E lui era
fermo, con le braccia ancora aperte. È duro e morbido allo stesso tempo, sai?
Cioè lo sai benissimo dopo Dean. Però Ron è più alto e più grande. L’ho stretto
un po’ troppo forse. E poi l’ho guardato per capire cosa stava pensando. Era
arrossito Ginny come fa sempre lui. Mi ha abbracciato lentamente. Ci ha messo un
po’ per stringermi.
Ron
“L’ho abbracciata dopo un po’, quando mi sono
risvegliato. E lei mi guardava, lì dal basso. Era bellissima Harry. Aveva gli
occhi che splendevano. E l’ho baciata. Piano, naturalmente. E lei ci è
stata.”
Hermione
“Un bacio così leggero, Ginny. Come una piuma. Ma
intenso. Non so come spiegarti. È stato un primo bacio perfetto. Almeno per
me.”
Ron
“È stato perfetto fino a quel momento, Harry.
Perfetto. Anche il bacio, così breve. Ma bello, Harry. E lei sorrideva
dopo.”
Hermione
“Capivo che lui non sapeva cosa dirmi. Che l’avevo
preso alla sprovvista. E allora ho pensato di parlare io, di dirgli cosa
provavo, dato che lui aveva fatto il primo passo, anche se non del tutto
volontariamente. Gli ho detto che mi piaceva anche lui, da molto tempo e che non
avevo capito che gli piacevo anch’io. Che ero felice di questo. E lui mi ha
sorriso, un po’ incerto.”
Ron
“Mi ha detto che le piacevo, da molto e non aveva capito che lei piaceva a me. Ho sorriso senza pensarci Harry. Era troppo bello. Ho provato a parlare. Le ho detto che era bella, anche quando studiava o mi sgridava era bella e che a volte non riuscivo a studiare con lei così vicino. Mi ha sorriso anche lei, sembrava felice di questo. Poi non ho capito cosa è successo.”
Hermione
“E dopo avermi detto che ero bella anche quando
litigavamo e che quasi non riusciva a studiare con me vicino, ha fatto lo
stupido.”
Flash-back
Erano
ancora abbracciati e si stavano guardando l’uno l’altro sorridendosi. Ron la
strinse un po’ di più e abbassò la testa per baciarla di nuovo. Hermione allungò
la sua per raggiungerlo. E il secondo bacio fu ancora più
bello.
“Non
credevo che avrei trovato il coraggio di dirtelo, sai? Per molto tempo ancora,
se tu non avessi ascoltato di nascosto.” Ron le fece un gran
sorriso.
“Non
volevo spiarti. E poi perché non me lo avresti detto?” gli sorrise
lei.
“Non
sapevo se era solo un’idea mia. Non riesco mai a capire bene voi ragazze. Mi
sento un imbranato in queste cose.”
“Non mi
pare di essere uguale alle altre…” disse dubbiosa
Hermione.
Sentendo il racconto Harry e Ginny si irrigidirono.
Ecco in arrivo il litigio. Ma possibile che non capissero quanto erano scontati
quei due?
“No, non
sei come le altre. Tu sei più decisa. Ma non sapevo bene come fare, ci pensavo,
ma avevo paura di fare peggio… piacciono anche a te quelle cose romantiche e io
sono un imbranato. Stavo ancora pensando quale fosse il momento per
dirtelo.”
“Sono
decisa?” chiese Hermione.
“Sì,” la
guardò perplesso Ron sentendola irrigidirsi tra le sue braccia. “Sai quello che
vuoi, non fai tutte quelle smorfie cretine.”
“Ah…” gli
sorrise Hermione.
“Con
Lavanda o Padma sarebbe stato più facile, tu rendi le cose un po’ più
difficili.”
Ginny si domandò se davvero Ron non capiva che non
doveva MAI paragonare Hermione ad altre ragazze che lo seguivano come il
miele.
Harry si chiese perché le ragazze devono sempre
arrabbiarsi se uno le paragona alle altre, anche quando sanno, e lo sanno con
certezza, che sono le più importanti.
Hermione
si sciolse dall’abbraccio e incrociando le braccia lo guardò
arrabbiata.
“Rendo le
cose difficili?”
“Sei più
difficile da accontentare, volevo fare tutto al meglio per te, ma ho sempre
paura di sbagliare. Sai, non dai quei segnali come le altre… cioè guardarmi un
po’ di più o sorridere un po’ di più. Mi parli solo quando facciamo i compiti e
solo di quello. Eserciti poco la tua femminilità.”
Harry nascose la faccia tra le
mani.
“Allora
potevi provare prima con Lavanda o Padma!”
“Hermione…” Ron sapeva che aveva detto qualcosa di
sbagliato, lo vedeva dallo sguardo dell’amica, ma non capiva di cosa doveva
scusarsi. “Mi spiace se ho detto qualcosa di sbagliato Hermione… non volevo
farti arrabbiare. Solo spiegarti perché non te l’ho detto prima. Anche perché
non sapevo se c’era ancora Krum…”
“Accidenti
Ron! Devi sempre rovinare tutto!” alzò la voce
Hermione.
“Ti sto
solo spiegando il coraggio che mi serve per dirti quello che provo!” rispose lui
con lo stesso tono.
“Beh, non
farlo se fai così tanta fatica!”
Ginny nascose la faccia tra le
mani.
Ron si
irrigidì e spalancò gli occhi, come se lo avessero colpito dritto al
petto.
“Sei un
insensibile, Ron. Non ti accorgi neppure quando…”
“Io? IO?”
gli urlò lui.
“Sì, tu!”
urlò lei.
“Ma guarda
quello che stai facendo tu!”
Hermione,
presa dalla rabbia allungò la mano e gli diede uno schiaffo fermandosi subito
dopo con la bocca spalancata e lo sguardo triste e
colpevole.
“Ron, mi
dispiace, ho sbagliato, io… scusami.”
“Forse ho
sbagliato io a parlare, Hermione, fin dall’inizio.”
Con le
lacrime agli occhi Hermione era corsa fuori dalla stanza.
Harry e Ginny rimasero entrambi in silenzio. Era
disperante la capacità di quei due di parlarsi senza capirsi. Ma non era
possibile continuare in quel modo. Riuscivano a litigare anche dopo essersi
baciati.
Harry decise che ormai aveva raggiunto i limite
massimo della sopportazione. Non ne poteva più di ascoltare sempre le stesse
stupidaggini da entrambi. La sua pazienza aveva un limite e durante quell’anno
era stata ampiamente sollecitata. Prese Ron per un polso e lo fece scendere, con
scarsa gentilezza, dal tavolo. Quando cominciò a protestare si limitò a fermarsi
e a guardarlo con gli occhi spalancati e irati.
“Senti, non ne posso più. Siete due cretini. Davvero
Ron, due cretini. Adesso la finiamo qui con questa storia. Vi siete baciati,
accidenti. Baciati. E siete riusciti a rovinare tutto. Basta. Adesso la concludo
io la faccenda.”
Trascinò un Ron perplesso e preoccupato fino alla
Sala Comune. Data l’ora c’erano rimaste pochissime persone che vedendolo entrare
quasi di corsa, strattonando Ron, lo guardarono
meravigliati.
“Decidete gente. O state qui e vi prendete tutti gli
insulti del caso da questo qui,” e indicò Ron, “e da quella lì,” e indicò
genericamente il dormitorio femminile, “oppure andate a letto e dormite sogni
d’oro.”
Tutti si alzarono ridacchiando e salirono nelle loro
camere. Non temevano le urla di Ron o Hermione, ma la determinazione di Harry.
Harry intanto si mise in fondo alla scala del
dormitorio femminile e, con voce ferma e scandendo bene le parole, ma senza
urlare, disse rivolto verso l’alto: “Ginny, fai scendere Hermione.
Adesso.”
Mentre lo diceva vide l’ombra dell’amica delinearsi
contro il muro e Hermione scendere con lo sguardo basso, gli occhi rossi. Ginny
era subito dietro a lei e rispose: “Adesso, Harry. Adesso. Io non ce la faccio
più con questi due.”
Harry annuì e anticipò Hermione nella Sala Comune.
Ron era ancora in piedi vicino al fuoco e stava guardando l’amico. Hermione lo
vide e fece per ritornare sui suoi passi. Ron se ne accorse, come pure Ginny e
subito esclamò: “Bene. Neppure vuoi guardarmi. Bene.”
Mentre Harry si guardava attorno per capire cosa era
successo, Hermione gli rispose: “Non credo di avere niente da dire e niente da
ascoltare.”
“Silenzio!” tuonò la voce di Harry, alta e decisa.
Ron e Hermione lo guardarono con gli occhi sgranati. Ginny
sorrideva.
“Adesso,” proseguì Harry, “vi sedete sul divano qui
davanti e guardate quello che vediamo Ginny ed io, e anche tutti gli altri, ogni
giorno da cinque anni. Muovetevi!”
Ron lo guardò perplesso, ma riconoscendo il tono da
capitano di Quidditch gli obbedì prontamente. Hermione mise le mani sui fianchi
pronta a dare battaglia, ma Ginny, alle sue spalle, le disse: “Andiamo,
Hermione, non fare storie. Siediti e facciamola finita.”
Sorpresa dal tono di comando dell’amica si girò a
guardarla, ma Ginny si limitò ad indicarle il divano dove già era seduto Ron.
Hermione seguì l’indicazione sedendosi il più possibile distante dall’amico, con
le braccia incrociate. Ron si schiacciò contro l’angolo opposto del divano.
“Allora, chiariamo la situazione. Primo, siete amici
da cinque anni. Secondo, litigate da cinque anni,” Harry puntava il dito
alternativamente dall’uno all’altra. “Terzo, noi due siamo stanchi del secondo
punto. Quarto, tutti sanno che vi piacete da stare male. E non ci sono commenti
in merito,” li bloccò vedendo un tentativo di entrambi di parlare. “Quinto, ve
lo siete detti qualche ora fa, e vi siete baciati. Due volte. Esatto?” Li guardò
pronto ad urlare se avessero smentito una sola delle sue logiche
osservazioni.
Entrambi annuirono con
fastidio.
“Qualcosa da aggiungere all’elenco Ginny?” chiese
gentilmente Harry. La guardò con dolcezza.
“No, c’è tutto direi. Potrei aggiungere solo qualche
commento personale sulla loro imbranataggine, ma nient’altro.” Ron e Hermione la
guardarono con rabbia. Harry le sorrise. Poi riportò l’attenzione sui quei due
imbranati.
“Adesso, per spiegarvi meglio quanto siete ostinati,
ho pensato di farmi aiutare da Ginny per mostrarvi quello che siamo obbligati a
sorbirci ogni giorno. Quindi, se Ginny si sente pronta a fare la parte di
Hermione, io mi occupo di Ron. Reciteremo le vostre parti. Vi faremo vedere come
siete per chi vi guarda. Voi fate da spettatori. Silenziosi.” Incrociò le
braccia sul petto, sfidandoli a fare osservazioni sulla
proposta.
Ginny sorrise divertita. Le piaceva il gioco. Le
piaceva l’idea di farlo con Harry.
Si guardò attorno e prese un libro a caso
abbandonato su un tavolino, si mise seduta sulla poltrona e fece finta di
studiare. Harry si mise seduto di fronte a lei sistemandosi una scacchiera sul
tavolino con i pezzi messi a caso.
Poi alzò lo sguardo verso Ron e Hermione, ancora nel
divano davanti a loro e intimò il silenzio.
“Ron, Harry. Dovete studiare.” Disse Ginny con il
tono direttivo di Hermione.
“Andiamo, Hermione. Ancora cinque minuti.” Disse
Harry con il tono lamentoso di Ron.
Rimasero in silenzio alcuni secondi. E poi ripresero
il dialogo.
“Ron, sono passati cinque minuti. Prendi il libro di
Pozioni.”
“Hermione, andiamo. Non c’è Pozioni domani, posso
fare altro. Non essere così rigida.”
“Ron, non sono io che dovrò perdere il fine
settimana sui compiti. Fai come ti pare, ma non chiedermi aiuto,
dopo.”
“Oh, Merlino. Hermione si tratta solo di qualche
minuto. Lo sai che li faccio i compiti.”
“Sono passati venti minuti Ron. E io non rimarrò
sveglia per correggere i tuoi.”
“Quanto sei autoritaria!”
“Lo dico per il tuo bene, Ron!” Entrambi
cominciarono ad alzare la voce.
“Per il mio bene accetteresti che il mio
ritmo.”
“Il tuo non è un ritmo, Ron. Sei al rallentatore nei
compiti!”
“Accidenti a te, sempre a dare
giudizi!”
“Io? E tu cosa hai fatto
finora?”
“Ti ho solo detto la verità, quello che dicono
tutti.”
“Arrangiati Ron. Non ne voglio più
sapere.”
“Sei permalosa Hermione!”
Si fermarono e guardarono Hermione e Ron che li
avevano seguiti sempre più interessati. Sembravano più rilassati anche se,
forse, un po’ arrabbiati.
“Commenti?” chiese Ginny.
“Non sono così insistente!” puntualizzò Hermione
immediatamente.
“E io non sono così fastidioso!” disse Ron
subito.
“Ah, no?” ribatté Harry sarcastico. “Non abbiamo
esagerato. È uno dei vostri normali dialoghi. Quando non
litigate.”
“Non è vero!” dissero insieme. E si
guardarono.
“Ah, si? E allora Hermione, cosa ho sbagliato nel
fare Ron?” le chiese colpito all’improvviso dall’idea che forse si sarebbero
difesi a vicenda.
“Ron? Beh… non è svogliato così tanto.” Hermione si
mise seduta più dritta e decisa. “Ha il suo ritmo. Diverso dal mio. E non mi da
tutti quei giudizi. Forse li pensa, ma non me li sbatte in faccia
così.”
“E io cosa ho sbagliato nel fare Hermione?” chiese
Ginny al fratello con lo stesso tono di Harry, mentre Ron guardava incredulo
l’amica.
“Hermione non è così petulante, dice solo quello che
pensa sia meglio per me. E comunque lo farei anch’io Hermione,” disse
rivolgendosi direttamente a lei. “Se penso qualcosa di te, lo dico, non te lo
nascondo. Sarebbe stupido farlo ad un amico.” Hermione accennò timida ad un
sorriso.
Harry si fermò chiedendosi se doveva ripetere
l’esperimento. Si erano difesi un po’ tra loro, ma ancora pochino… Ma Ginny lo
anticipò dicendo: “Allora, se non siamo stati proprio corretti rifacciamo la
scena del dormitorio di prima. Come l’avete raccontata. Ok, Harry?” lo guardò in
attesa di conferma.
Harry annuì
deciso. Ci sapeva fare la ragazza. “Da
dove?” le chiese.
“Beh…” Ginny pensò velocemente come evitare la scena
del bacio. Baciare Harry davanti ad altri proprio no. “Da quando hanno cominciato a fare il
confronto con gli altri.”
Harry le sorrise. Anche se un po’ gli dispiaceva
saltare il momento del bacio. Gli dispiaceva, si chiese sorpreso. Beh, sì, disse
di nuovo a se stesso, gli dispiaceva. Ed era una piacevole
scoperta.
“Non è facile capire quello che ti piace.” Cominciò
Harry.
“Davvero? Perché?” chiese sorridendo
Ginny.
“Beh, perché non è facile capire voi
ragazze.”
“Sono come le altre?” disse irrigidendosi
Ginny.
“No, sei più sicura di te, più decisa. Sai quello
che vuoi.”
“Oh, grazie.”
“Non sei come le altre, sai non mi mandi quei
segnali come le altre, i sorrisini, le occhiate…”
“Ehi!” li fermò Ron arrabbiato. “Io le ho anche
detto che non sarebbe stato facile per me trovare il coraggio per parlarle
perché sono imbranato in queste cose.”
“Lo hai detto prima,” sottolineò
Harry.
“Quando?” chiese Hermione guardando sorpresa
Ron.
“Prima di baciarti, allora,” disse Ron
pensieroso.
“Me lo hai detto?” chiese ancora
Hermione.
“Ma allora non mi ascolti!” esclamò infastidito Ron.
“L’ho ripetuto due volte.”
“Veramente hai ripetuto più volte che con le altre è
più facile…” disse sostenuta Hermione.
Harry e Ginny cominciarono a preoccuparsi, prima che
ad arrabbiarsi. Ma poi, qualcosa cambiò.
“Hermione, ma secondo te, io dico a te che mi piaci
per poi guardare un’altra?” Ron l’aveva presa per le spalle trattenendola seduta
e girata verso di lui. Hermione arrossì visibilmente.
“No…” mormorò titubante.
“Hermione! Ma hai dei dubbi?” esplose irritato
Ron.
“Fermi tutti!” si intromise Harry, prima che
scoppiasse un’altra discussione. “Riprendiamo la recita. Ginny,” e la guardò,
“rispondi alla domanda come se fossi Hermione.”
Ron stava ancora tenendo le mani sulle braccia di
Hermione, ma entrambi guardavano gli amici, senza capire il motivo di tutta
quell’insistente intromissione nei fatti loro.
“A me piace Ron, e molto,” Ginny guardò direttamente
Hermione, che arrossì nuovamente, sfidandola a dire qualcosa di diverso, “ma non
capisco se io piaccio a lui. E poi ci sono solo ragazze più belle di me qui ad
Hogwarts e a Ron piacciono le belle ragazze come Fleur,” e Ron arrossì, anche se
avrebbe incenerito la sorella, “così non so se gli piaccio come desidero, tanto
da starci male, oppure se sono solo la sua migliore
amica.”
“E io, e con “io” intendo Ron,” cominciò Harry
immediatamente dopo, per evitare qualsiasi commento, “penso che Hermione sia la
ragazza più perfetta che esista. Anche se è così insistente con i compiti e le
regole, anche se vuole tutto perfetto. Ma sono imbranato e mi sembra impossibile
che possa piacerle io, che non so fare nulla.”
“Non è vero che Ron non sa fare nulla!” esclamò
Hermione arrabbiata.
“Grazie,” le disse Ron, con un sorriso. “E non sono
tutte più belle di Hermione!” disse guardando la sorella con
stizza.
“Davvero?” gli sussurrò
Hermione.
“Certo,” disse Ron come se fosse evidente, girandosi
a guardarla, “sei bella. Non sei una Veela, ma di certo sei più attraente.” E
arrossì violentemente.
“Oh, Ron!” Hermione gli si buttò addosso
abbracciandolo. “Non sei imbranato, Ron. Sei solo timido. È per questo che ti
sei arrabbiato, vero? Non pensavo che ci soffrissi tanto.” Lo guardò con
dolcezza, accarezzandogli una guancia. “Mi piaci come sei, Ron. Compresa la
timidezza.”
Ron si lasciò accarezzare la guancia rossa e
accaldata. Poi la strinse a sé con forza.
Harry guardò Ginny sospirando. Forse c’era ancora
speranza che riuscissero a combinare qualcosa da soli. Fece cenno all’amica
(“Amica?” -chiese ironico a se stesso- “Ma non prenderti in giro!”) di
andarsene. Ginny annuì convinta, facendo segno che avrebbe vomitato guardando
suo fratello baciare in quel modo la sua amica. Harry rise. E le propose, con un
cenno, di uscire dalla Sala Comune. Ginny rispose mimando il volo di un gufo,
per proporre
Poi si fermò incerto chiedendosi perché aveva
sprecato mezza giornata a sistemare i problemi degli amici, mentre i suoi
crescevano senza sosta. Ma che senso aveva aspettare? Ginny lo stava guardando
in attesa che si muovesse.
Nel frattempo Ron e Hermione erano passati
dall’abbraccio ad un bacio che aveva richiesto tutta la loro concentrazione e il
loro fiato. Fiato che finì poco prima che terminassero le giravolte mentali di
Harry.
Così entrambi furono distratti, mentre cercavano di
respirare, dal gesto repentino di Harry, che aveva preso una mano di Ginny e le
aveva sorriso prima di cominciare a parlarle con la bocca vicino al suo
orecchio. Ginny aveva spalancato gli occhi, aveva sorriso incerta. Harry aveva
alzato la testa e l’aveva guardata come in attesa di risposta. Ginny aveva
allargato il suo sorriso e si era morsa il labbro inferiore, arrossendo
dolcemente. Allora Harry aveva cominciato a muoversi verso l’uscita della
stanza, tenendola per mano.
“Ehi!” esclamò Ron. “Dove stai andando?” Hermione li
guardò sorniona.
Harry si girò un attimo verso Ron e Hermione. E,
guardando Ginny, rispose sorridendo.
“A baciare tua sorella.”