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Autore: tonksnape    03/10/2006    9 recensioni
Quinto anno. Ron e Hermione quando parlano, di solito litigano. Anche dopo essersi baciati! Harry ha raggiunto il limite di sopportazione. Ginny pure. E decidono di cercare di farglielo capire. Come spesso accade nelle FF. Una piccola storia per passare il tempo e sorridere. Buona lettura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I UNDERSTAND THAT…

 

Il terreno era pieno di sassi che non facilitavano di certo la salita verso la capanna di Hagrid. Ron teneva per mano Hermione da quando aveva rischiato di scivolare a causa della pioggia continua che cadeva dal cielo ormai da parecchie ore.

Chissà perché dovevano raggiungere Harry lì da Hagrid proprio in quel momento.

Hermione era felice di avere l’occasione di tenere per mano Ron. Ogni motivo era un buon motivo per sentirlo vicino, anche quella pioggia battente e quel pericolo costante di ritrovarsi con il sedere a terra. Neppure il tempo di pensarlo che perse leggermente l’equilibrio su un sasso e costrinse Ron a girarsi per controllare che fosse ancora in piedi.

Ron letteralmente la cercò tra la pioggia anche da quella breve distanza. I mantelli gocciolavano incessantemente e i cappucci non riuscivano a coprire la faccia a meno di non tirarli così avanti da perdere la possibilità di vedere oltre la punta delle scarpe. Ron quindi spinse leggermente indietro la stoffa del cappuccio tenendo salda la presa sulla mano di Hermione. Parte dei capelli era ormai zuppa d’acqua e le gocce cadevano sulla faccia. Guardando Hermione si rese conto che non era messa molto meglio di lui. I capelli sulla fronte erano dritti a causa dell’acqua, ma così lunghi da arrivare fino al collo. Per poterla guardare meglio Ron allungò la mano libera e glieli spostò dietro un orecchio. Quello sì che era caldo e asciutto. Rimase un attimo con la mano ferma sotto la stoffa per godersi il tepore. Hermione lo guardò sorpresa e intimidita.

“Tutto ok?” le chiese a voce alta.

Un tuono rimbombò in lontananza.

“Sì,” rispose lei. “Ma vorrei arrivare il prima possibile.”

Ron fece un cenno con la testa e ripresero il cammino.

Dalla capanna di Hagrid si alzava il fumo del camino acceso. In effetti quando varcarono la soglia, c’era un caldo quasi fastidioso. Erano infatti ben oltre la metà dell’ anno scolastico e la temperatura esterna era comunque aumentata. Strano che Hagrid tenesse il camino ancora acceso. Dentro però non c’era nessuno. O almeno nessuno di visibile. Considerato che si trattava di Hagrid era possibile trovare ogni tipo di animale. Si guardarono in giro attentamente, ma c’era solo un biglietto sul tavolo con la scrittura di Harry. Era un appunto scritto in velocità che diceva:

“Umbridge in arrivo a Hogwarts con delegazione Ministero.

Mi nascondo nel castello. Ci vediamo quando avrò via libera. H.”

Pur sapendo quanto odioso poteva essere un incontro con quella donna dopo quasi un anno passato in sua compagnia, Ron e Hermione brontolarono per l’inutilità di quella camminata. Adesso dovevano rifare tutto quel tragitto!

“Dannazione!” esclamò Ron aprendosi un attimo il mantello e buttando indietro il cappuccio a gocciolare abbondantemente sul pavimento. “Di nuovo tutta quell’acqua. Diventerò un pesce, davvero. E poi mi stanco.”

“Perché sono un peso?” chiese risentita Hermione che sapeva di essersi aggrappata a lui ben oltre il necessario e solo per il piacere di stare pelle contro pelle.

“Eh?” chiese confuso Ron che non stava pensando a lei, ma solo alle sue gambe tese e tremanti per lo sforzo di non scivolare sui sassi. “No, no, non parlo di te,” si riprese abbastanza in fretta. “Non sei un peso. Oh, eh, un po’ maldestra si, ma niente di impossibile. Dovresti volare un po’ per rifarti l’equilibrio.”

Hermione spalancò gradualmente gli occhi nell’ascoltarlo. Cercava un po’ di romanticismo, (una risposta del tipo “Tornerei fuori solo per il piacere di tenerti per mano” anche se sapeva che in realtà non lo avrebbe fatto neppure lei, se non fosse stato necessario) e si ritrovava maldestra e con poco equilibrio. Ma perché si ostinava a trovare così attraente quell’orso con la sensibilità di una bacchetta di legno?

Trattenendo ogni possibile risposta con un gran respiro, Hermione si limitò a togliere il cappuccio e a dire: “O rimaniamo qui e ci asciughiamo un po’, oppure partiamo subito e ci asciughiamo a casa.”

“Andiamo, almeno nella Sala Comune saremo più comodi.” Le rispose Ron alzando di nuovo il cappuccio. “E con un raffreddore non potremmo neppure vedere la Umbridge.”

Hermione lo imitò e si avviarono all’esterno. Appena usciti Ron allungò la mano per prendere quella di Hermione, senza girare lo sguardo. Hermione gliela strinse, accontentandosi di quel gesto amico. Sempre meglio che litigare.

In realtà Ron stava arrossendo sotto il cappuccio, contento quanto lei dell’opportunità di tenerle la mano per altri 20 minuti almeno e sperando malignamente che cadesse per poterla poi abbracciare nell’aiutarla ad alzarsi o per sorreggerla fino al castello. Quando era da solo riusciva a pensare tutte le frasi e a provare tutte le espressioni migliori per dimostrare il suo amore per lei, ma quando si trovavano realmente insieme e c’era la reale possibilità di agire, si faceva prendere dall’ansia o dalla paura o dalla timidezza o dall’orgoglio o dall’incertezza o da tutte queste cose insieme e se ne usciva con frasi che avrebbero fatto meglio a dire a Harry o a Ginny. Cosa poteva esserci di romantico nel volare con una scopa per fare esercizio di equilibrio? Sotto la pioggia, senza guardarla e solo con il tocco caldo della sua mano contro la propria poteva fantasticare ancora su quello che non avrebbe poi fatto.

 

Entrati in Sala Comune furono accolti da Ginny che quasi sobbalzò nel trovarseli davanti.

“Ma non dovevate andare con Harry?” chiese stupita.

“Era impegnato con altro. E pioveva troppo per aspettare. Andiamo a cambiarci adesso.” Mentre rispondeva il fratello la superò diretto verso il dormitorio, gocciolando ancora con il mantello nonostante l’incantesimo che avevano fatto all’ingresso per asciugarsi i vestiti.

Hermione lo guardò stanca e un po’ arrabbiata per l’atteggiamento di Ron che le aveva lasciato la mano subito prima di entrare nel castello e l’aveva preceduta per tutta la strada verso il dormitorio. Ginny ricambiò lo sguardo e chiese: “Ma cosa è successo?”

“Harry è rientrato prima del previsto. E così siamo rientrati anche noi.”

“Perché è rientrato prima?” chiese curiosa Ginny.

“Arriva la Umbridge,” la informò distratta Hermione mentre guardava verso la scala del dormitorio maschile dove non si vedeva più nessuno.

Ginny seguì il suo sguardo e sorrise triste.

“Ha fatto ancora l’orso?” le chiese comprensiva.

Hermione assentì con il capo e si diresse verso la sua stanza. Prima di salire si girò verso Ginny e le disse: “Comunque non dirglielo,” e salì al dormitorio.

 

Qualche ora dopo Harry entrò nella Sala Comune e trovò una gran quantità di persone impegnate a studiare e giocare. Non c’era traccia di Ron e Hermione. Vide invece Ginny tutta concentrata con il libro di Storia della Magia aperto sul grembo. Le si avvicinò e si mise seduto di fianco a lei. Solo allora Ginny si accorse della sua presenza e gli sorrise. Poteva impegnarsi all’infinto nel cercare di non pensare a quel ragazzo, ma non c’era speranza. Anche il breve flirt con Michael non l’aveva aiutata a dimenticarlo. Oh, si era goduta parecchio i baci e le carezze durante quel periodo, ma continuava a fantasticare su di lui. Adesso almeno non sobbalzava ogni volta che gli passava vicino. E riusciva a parlargli con tranquillità quasi di tutto. Un po’ in difficoltà se erano soli, ma condividere il Quidditch era un buon terreno di dialogo.

Harry restituì il sorriso quasi d’istinto perché starle vicino adesso era sempre un piacere. Era davvero carina e molto sicura di sé. Gli piaceva. Allontanò in fretta questo pensiero e chiese:

“Hai visto Ron e Hermione?”

“Sono passati ore fa grondanti di acqua, poi sono ridiscesi a studiare e hanno litigato per una definizione di Pozioni, mi pare, e adesso sono nelle loro camere. Il solito…” ridacchiò.

Harry alzò un sopracciglio comprensivo e mettendole una mano sul braccio si alzò.

“Vado a sentire come va!” e si allontanò verso la propria camera.

 

Nella stanza c’era Ron che guardava dalla finestra. Con eccessivo interesse.

Quando lo salutò lo aggredì subito chiedendogli come era andata con la Umbridge e quanto si era bagnato per fare quel giro senza motivo. Harry sapeva, per esperienza, che quella rabbia era prima di tutto verso se stesso per come si era comportato con Hermione e tutto il resto era solo un pretesto. Lo lasciò sfogare e passò all’attacco.

“Perché non ne hai approfittato per stare con Hermione da Hagrid?” chiese con tono complice.

Ron arrossì. Girò di scatto la testa verso la finestra e rimase in silenzio.

Quando ormai Harry non sperava più in una risposta sentì Ron chiamarlo ancora con lo sguardo perso nel panorama.

“Harry…”

“Dimmi.”

“Si accorgerà mai che esisto?”

Harry lo guardò stupito. “Lo sa, ma non sa cosa provi per lei.”

“Come faccio a dirglielo?”

“Beh… dicendoglielo.” Ad Harry non venivano in mente altre soluzioni possibili.

“Grazie,” lo schernì Ron, “non ci avevo pensato.”

“Digli quello che provi…”

“Certo come no. Mentre siamo a colazione o da Piton o studiamo mi fermo per dirle: ‘Hermione mi piaci da morire. Posso baciarti?’ Ti sembra romantico?”

“Beh…” cominciò Harry, ma la sua voce venne superata da un’altra.

“No, non è romantico, Ron. Ma mi piace lo stesso.” Il tono di Hermione era dolce e sempre più sommesso.

Entrambi i ragazzi si girarono di scatto, sorpresi. Ron in verità quasi cadde giù dal davanzale nel quale era appollaiato e spalancò incredulo gli occhi e la bocca.

Harry velocemente passò oltre Hermione e uscì dalla stanza chiudendosi prudentemente la porta alle spalle prima di sorridere come un ebete per quello che era successo. Sarebbe morto di vergogna rimanendo dentro quella stanza, ma avrebbe voluto poter guardare quello che stavano combinando quei due.

Incerto su dove andare, rimase seduto sui primi gradini ridendo per l’assurdità di quella dichiarazione. Rimase così per poco tempo: una decina di minuti dopo la porta si aprì di scatto e ne uscì Hermione con gli occhi lucidi e lo sguardo infuriato.

Non si accorse neppure di lui fino a quando gli inciampò addosso rischiando di cadere. Lo guardò attraverso un velo di lacrime e, ansimando se ne uscì con “Siete insensibili, dei maledetti insensibili maschi, dei pezzi di legno senza anima. Vi odio! Vi odio!”

Harry la guardò con gli occhi spalancati. Non aveva mai visto Hermione così arrabbiata e risentita verso qualcuno da quando aveva lasciato l’aula della Cooman il terzo anno. Continuò a fissarla mentre scendeva le scale di corsa, chiedendosi cosa fare. Decise di dare uno sguardo a Ron per vedere la sua situazione e guardando attraverso un piccolo spiraglio della porta che si era richiusa quasi del tutto alle spalle di Hermione vide l’amico di spalle, che guardava fuori della finestra.

Entrò e lo chiamò.

Silenzio.

“Ron…” riprovò.

Silenzio.

“Ron, cosa è successo?”

Ron mormorò qualcosa di incomprensibile.

“Cosa? Non ho capito.” Harry continuava ad avvicinarsi lentamente alle sue spalle. “Ron?”

Ron si girò. Aveva il segno di cinque dita stampato sulla guancia destra e gli occhi lucidi quanto quelli di Hermione.

“Ron! Ma cosa hai fatto?” esclamò Harry bloccandosi.

“Già, Ron. SEMPRE IO! SOLO IO FACCIO QUALCOSA DI SBAGLIATO?” Ron urlò con tutto il fiato che aveva in gola, lo travolse con la forza della sua rabbia, lo spinse di lato e si lanciò fuori dalla stanza.

Harry lo seguì correndo per le scale fino alla Sala Comune. C’erano ancora studenti che lavoravano e giocavano tra le poltrone, i divani e il pavimento. Tutti con lo sguardo rivolto alternativamente a Ron e ad Hermione. Ginny era dove l’aveva lasciata e Hermione era vicina a lei, impegnate in un fitto dialogo. Videro passare Ron davanti a loro e Harry che lo seguiva poco distante. Ron si accorse di Hermione e si fermò di scatto. Poi fece un piccolo passo avanti e si fermò nuovamente. Harry gli arrivò vicino e allungò una mano per toccarlo. Ron però cominciò a parlare con Hermione.

“Non provarti a dire qualcosa contro di me, adesso. Sei una dannata ragazza fatta di acciaio. Non ti interessano neppure un po’ i sentimenti degli altri. Sei orgogliosa e egoista. Merlino, Hermione, perché devi prenderti gioco proprio di me?”

Hermione lo aveva ascoltato in silenzio. Poi sentendosi accusare era scattata in piedi, le mani strette a pugno e le braccia rigide lungo i fianchi, gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo sempre più incredulo.

“Acciaio? IO? Ma se sei tu…”

“ZITTA! Mi hai spiegato bene come sono io, molto bene.” Ron la superò con la voce urlando. Ormai tutta la Sala Comune aveva gli occhi puntati sui due ragazzi. “Zitta,” ripeté quasi bisbigliando Ron guardandola con gli occhi stretti in una fessura. “Io ho detto qualcosa, ma tu hai pensato solo a te e non mi hai neppure ascoltato.” Ron aveva sussurrato tutto a mezza voce. Hermione sentì aumentare l’incertezza e qualcosa passò sulla sua faccia perché Ron aggiunse “Vedi? Non ti ricordi neppure cosa ho detto. Grazie, Hermione, grazie. Amicizia? Questa? Non prendermi in giro.” E se ne uscì dalla Sala.

Harry guardò prima la sua schiena e poi Hermione. Che ricambiò lo sguardo incredula e smarrita. Lentamente gli passò a fianco e se ne andò verso le scale del suo dormitorio e le salì lenta. Harry rivolse la sua attenzione a Ginny che alzò leggermente le spalle e lo guardò con aria interrogativa dicendogli: “È scesa piangendo e l’ho abbracciata un po’, ma non mi ha raccontato nulla se non che è un orso e che ha la sensibilità di un pezzo di legno. Mi stava dicendo le solite cose. Poi siete arrivati voi.”

Rimasero in piedi guardando alternativamente verso l’uscita della Sala Comune e le scale dei dormitori.

 

Quando scesero per la cena non c’era ancora traccia di nessuno dei due. Hermione era chiusa in camera a piangere, mentre Ron non si era più visto. Ginny avrebbe provato a portare qualcosa alla sua amica, mentre Harry, raccolta una notevole quantità di cibo, si sarebbe occupato di ritrovare Ron. Si accordarono per ritrovarsi in Sala Comune con tutti e due e chiarire la situazione prima di domani mattina. Per la tranquillità di tutti.

Harry provò nella Sala Comune e nel dormitorio.

Ron non c’era.

Provò nella guferia.

Ron non c’era.

Provò nel campo di quidditch, guardando bene in alto, guardò negli spogliatoi, guardò da Hagrid, ma la capanna era vuota, guardò nella zona del lago, guardò dalla parte del Platano Picchiatore, ma non c’era traccia. Era trascorsa un’ora e il cibo era freddo e pesante dentro la borsa che Harry si tirava appresso. Dove diavolo era il suo amico?

Sotto il Mantello dell’Invisibilità faceva anche caldo. Però non poteva rischiare di farsi prendere dalla Umbridge. Dove accidenti era finito?

Provò a pensare ad ogni alternativa possibile. Dove sarebbe andato lui per non farsi trovare? Nel posto meno scontato, in un posto che nessuno userebbe. Provò a cercare nella Stanza delle Necessità, ma la richiesta di vedere Ron non diede risultato. Provò nelle aule, dai piani alti fino all’aula di Piton.

Stava per uscire quando nel buio uscì una voce.

“Immagino che tu abbia portato la cena.”

Harry quasi gridò per la sorpresa. Poi guardando con attenzione riuscì a intravederlo seduto sulla cattedra con le gambe incrociate che lo guardava. Avvicinandosi vide che aveva pianto e che i capelli erano scompigliati da diversi passaggi delle mani.

Senza dire nulla mise la borsa sul tavolo e ne tirò fuori tutto quello che aveva preso, anche se le condizioni non erano delle migliori, mentre Ron lo scaldava leggermente usando la bacchetta.

“Credevo che mi avresti trovato prima. Stai diventando un po’ scarso…” disse Ron cominciando a mangiare. “Chissà chi è quel cretino che ha detto che le pene d’amore tolgono l’appetito. Io sto morendo di fame.”

Harry attese in silenzio fino a quando non finì tutto quello che c’era sulla cattedra. Poi azzardò una domanda: “Cosa è successo?”

 

Nel dormitorio del quinto anno Ginny aveva consolato a lungo Hermione accarezzandole i capelli, parlandole sottovoce per chiarire come il fratello fosse da sempre disattento e insensibile, per rassicurarla che qualsiasi cosa fosse accaduta avrebbero potuto risolvere il problema. Hermione aveva continuato a piangere. L’unica cosa che aveva ripetuto a Ginny era che non ricordava cosa avesse detto a Ron che poteva averlo fatto arrabbiare così tanto. Hermione era stata colpita soprattutto dall’ira del suo amico. Non aveva mai visto Ron così arrabbiato e neppure Ginny, in verità, si ricordava di averlo visto aggredire qualcuno con quella forza. Neppure i gemelli quando gli facevano degli scherzi. Si limitava ad insultarli. Ginny le chiese di raccontare cosa era successo.

Hermione prese un gran respiro e cominciò dal momento in cui aveva varcato la soglia del dormitorio maschile.

Nell’aula di Piton, Ron iniziava invece dal momento in cui Harry era uscito dalla stanza.

E per un po’ i racconti furono quasi identici.

 

Hermione

Mi sono stancata di starmene in camera, dopo il litigio con Ron questo pomeriggio e avevo deciso di scendere a scusarmi. Non era in Sala Comune e sono salita nel suo dormitorio. La porta era socchiusa e ho sentito la voce di Harry. Ero quasi entrata quando ho sentito tuo fratello dire ad Harry che gli piaceva una ragazza. Cioè gli chiedeva se lei si sarebbe mai accorta di lui, che è lo stesso. Mi sono pietrificata sulla soglia, Ginny. Davvero. Lui non ha fatto nomi e io… non sapevo cosa pensare. Cioè… ho pensato al peggio. Che fosse Lavanda o Padma. Avevo il cuore che martellava, Ginny. Non sapevo cosa fare. Voleva sapere, ma avevo paura. Poi Harry gli ha consigliato di parlarne con questa persona e allora Ron ha detto che era un consiglio stupido e che non poteva semplicemente aspettare la lezione di Piton o il momento di studiare per dire “Hermione mi piaci da morire, posso baciarti?”  Parlava di me, Ginny, proprio di me. Ron stava pensando a me. Credevo di essermi sbagliata, soprattutto dopo il ballo dell’anno scorso. E invece era lì sulla finestra che pensava a me. Ed era dolce e tenero, così carino, mentre lo diceva. Volevo solo sentirglielo dire ancora e sono entrata, dicendogli che avevo sentito e che mi piaceva quello che aveva detto. Harry è scappato fuori dalla stanza. E siamo rimasti noi due.

Ron

“Quando sei uscito mi sono sentito un perfetto cretino, Harry. Cosa potevo dirle ancora? Ormai avevo fatto il peggio. Le avevo detto che mi piaceva senza nessun romanticismo. Perché le ragazze vogliono quello, no? E non sapevo cosa pensava lei. Lo so che tutti dicono che le piaccio. Ma non lo credevo davvero. Siamo amici da anni e non mi ha mai fatto capire come le altre quello che pensa. Cioè lo so che Lavanda mi segue sempre e che Padma mette in mezzo la sorella per passare del tempo con me. Ma Hermione… non ha mai fatto niente. E me la ritrovo là. E lo sai che adora quelle cose sdolcinate anche se non lo dice. Non sapevo cosa dirle. A parte ripetere quello che avevo già detto. Sono rimasto zitto a guardarla. Il cervello non lavorava per niente. E allora lei è arrivata vicino a me e ho fatto un gesto stupido, forse, ma mi sembrava una buona idea. Ho allargato le braccia, sai come fa mia madre quando vuole che l’abbracciamo. Ho fatto così e Hermione mi è arrivata addosso. Harry, sai cosa significa il corpo di una ragazza che ti si appiccica addosso? Ero senza fiato. Sentivo tutto quello che ha, Harry, tutto. Tu arrossisci solo a sentirlo dire, pensa io che la sentivo addosso a me.”

Hermione

“Era così incerto, con quelle braccia aperte. Sembrava non capire cosa avrei fatto. E allora l’ho abbracciato io, Ginny. Tuo fratello è enorme, davvero. Mi sembrava strano abbracciarlo così. E lui era fermo, con le braccia ancora aperte. È duro e morbido allo stesso tempo, sai? Cioè lo sai benissimo dopo Dean. Però Ron è più alto e più grande. L’ho stretto un po’ troppo forse. E poi l’ho guardato per capire cosa stava pensando. Era arrossito Ginny come fa sempre lui. Mi ha abbracciato lentamente. Ci ha messo un po’ per stringermi.

Ron

“L’ho abbracciata dopo un po’, quando mi sono risvegliato. E lei mi guardava, lì dal basso. Era bellissima Harry. Aveva gli occhi che splendevano. E l’ho baciata. Piano, naturalmente. E lei ci è stata.”

Hermione

“Un bacio così leggero, Ginny. Come una piuma. Ma intenso. Non so come spiegarti. È stato un primo bacio perfetto. Almeno per me.”

Ron

“È stato perfetto fino a quel momento, Harry. Perfetto. Anche il bacio, così breve. Ma bello, Harry. E lei sorrideva dopo.”

Hermione

“Capivo che lui non sapeva cosa dirmi. Che l’avevo preso alla sprovvista. E allora ho pensato di parlare io, di dirgli cosa provavo, dato che lui aveva fatto il primo passo, anche se non del tutto volontariamente. Gli ho detto che mi piaceva anche lui, da molto tempo e che non avevo capito che gli piacevo anch’io. Che ero felice di questo. E lui mi ha sorriso, un po’ incerto.”

Ron

“Mi ha detto che le piacevo, da molto e non aveva capito che lei piaceva a me. Ho sorriso senza pensarci Harry. Era troppo bello. Ho provato a parlare. Le ho detto che era bella, anche quando studiava o mi sgridava era bella e che a volte non riuscivo a studiare con lei così vicino. Mi ha sorriso anche lei, sembrava felice di questo. Poi non ho capito cosa è successo.”

Hermione

“E dopo avermi detto che ero bella anche quando litigavamo e che quasi non riusciva a studiare con me vicino, ha fatto lo stupido.”

 

Flash-back

Erano ancora abbracciati e si stavano guardando l’uno l’altro sorridendosi. Ron la strinse un po’ di più e abbassò la testa per baciarla di nuovo. Hermione allungò la sua per raggiungerlo. E il secondo bacio fu ancora più bello.

“Non credevo che avrei trovato il coraggio di dirtelo, sai? Per molto tempo ancora, se tu non avessi ascoltato di nascosto.” Ron le fece un gran sorriso.

“Non volevo spiarti. E poi perché non me lo avresti detto?” gli sorrise lei.

“Non sapevo se era solo un’idea mia. Non riesco mai a capire bene voi ragazze. Mi sento un imbranato in queste cose.”

“Non mi pare di essere uguale alle altre…” disse dubbiosa Hermione.

 

Sentendo il racconto Harry e Ginny si irrigidirono. Ecco in arrivo il litigio. Ma possibile che non capissero quanto erano scontati quei due?

 

“No, non sei come le altre. Tu sei più decisa. Ma non sapevo bene come fare, ci pensavo, ma avevo paura di fare peggio… piacciono anche a te quelle cose romantiche e io sono un imbranato. Stavo ancora pensando quale fosse il momento per dirtelo.”

“Sono decisa?” chiese Hermione.

“Sì,” la guardò perplesso Ron sentendola irrigidirsi tra le sue braccia. “Sai quello che vuoi, non fai tutte quelle smorfie cretine.”

“Ah…” gli sorrise Hermione.

“Con Lavanda o Padma sarebbe stato più facile, tu rendi le cose un po’ più difficili.”

 

Ginny si domandò se davvero Ron non capiva che non doveva MAI paragonare Hermione ad altre ragazze che lo seguivano come il miele.

Harry si chiese perché le ragazze devono sempre arrabbiarsi se uno le paragona alle altre, anche quando sanno, e lo sanno con certezza, che sono le più importanti.

 

Hermione si sciolse dall’abbraccio e incrociando le braccia lo guardò arrabbiata.

“Rendo le cose difficili?”

“Sei più difficile da accontentare, volevo fare tutto al meglio per te, ma ho sempre paura di sbagliare. Sai, non dai quei segnali come le altre… cioè guardarmi un po’ di più o sorridere un po’ di più. Mi parli solo quando facciamo i compiti e solo di quello. Eserciti poco la tua femminilità.”

 

Harry nascose la faccia tra le mani.

 

“Allora potevi provare prima con Lavanda o Padma!”

“Hermione…” Ron sapeva che aveva detto qualcosa di sbagliato, lo vedeva dallo sguardo dell’amica, ma non capiva di cosa doveva scusarsi. “Mi spiace se ho detto qualcosa di sbagliato Hermione… non volevo farti arrabbiare. Solo spiegarti perché non te l’ho detto prima. Anche perché non sapevo se c’era ancora Krum…”

“Accidenti Ron! Devi sempre rovinare tutto!” alzò la voce Hermione.

“Ti sto solo spiegando il coraggio che mi serve per dirti quello che provo!” rispose lui con lo stesso tono.

“Beh, non farlo se fai così tanta fatica!”

 

Ginny nascose la faccia tra le mani.

 

Ron si irrigidì e spalancò gli occhi, come se lo avessero colpito dritto al petto.

“Sei un insensibile, Ron. Non ti accorgi neppure quando…”

“Io? IO?” gli urlò lui.

“Sì, tu!” urlò lei.

“Ma guarda quello che stai facendo tu!”

Hermione, presa dalla rabbia allungò la mano e gli diede uno schiaffo fermandosi subito dopo con la bocca spalancata e lo sguardo triste e colpevole.

“Ron, mi dispiace, ho sbagliato, io… scusami.”

“Forse ho sbagliato io a parlare, Hermione, fin dall’inizio.”

Con le lacrime agli occhi Hermione era corsa fuori dalla stanza.

 

Harry e Ginny rimasero entrambi in silenzio. Era disperante la capacità di quei due di parlarsi senza capirsi. Ma non era possibile continuare in quel modo. Riuscivano a litigare anche dopo essersi baciati.

 

Harry decise che ormai aveva raggiunto i limite massimo della sopportazione. Non ne poteva più di ascoltare sempre le stesse stupidaggini da entrambi. La sua pazienza aveva un limite e durante quell’anno era stata ampiamente sollecitata. Prese Ron per un polso e lo fece scendere, con scarsa gentilezza, dal tavolo. Quando cominciò a protestare si limitò a fermarsi e a guardarlo con gli occhi spalancati e irati.

“Senti, non ne posso più. Siete due cretini. Davvero Ron, due cretini. Adesso la finiamo qui con questa storia. Vi siete baciati, accidenti. Baciati. E siete riusciti a rovinare tutto. Basta. Adesso la concludo io la faccenda.”

Trascinò un Ron perplesso e preoccupato fino alla Sala Comune. Data l’ora c’erano rimaste pochissime persone che vedendolo entrare quasi di corsa, strattonando Ron, lo guardarono meravigliati.

“Decidete gente. O state qui e vi prendete tutti gli insulti del caso da questo qui,” e indicò Ron, “e da quella lì,” e indicò genericamente il dormitorio femminile, “oppure andate a letto e dormite sogni d’oro.”

Tutti si alzarono ridacchiando e salirono nelle loro camere. Non temevano le urla di Ron o Hermione, ma la determinazione di Harry.

Harry intanto si mise in fondo alla scala del dormitorio femminile e, con voce ferma e scandendo bene le parole, ma senza urlare, disse rivolto verso l’alto: “Ginny, fai scendere Hermione. Adesso.”

Mentre lo diceva vide l’ombra dell’amica delinearsi contro il muro e Hermione scendere con lo sguardo basso, gli occhi rossi. Ginny era subito dietro a lei e rispose: “Adesso, Harry. Adesso. Io non ce la faccio più con questi due.”

Harry annuì e anticipò Hermione nella Sala Comune. Ron era ancora in piedi vicino al fuoco e stava guardando l’amico. Hermione lo vide e fece per ritornare sui suoi passi. Ron se ne accorse, come pure Ginny e subito esclamò: “Bene. Neppure vuoi guardarmi. Bene.”

Mentre Harry si guardava attorno per capire cosa era successo, Hermione gli rispose: “Non credo di avere niente da dire e niente da ascoltare.”

“Silenzio!” tuonò la voce di Harry, alta e decisa. Ron e Hermione lo guardarono con gli occhi sgranati. Ginny sorrideva.

“Adesso,” proseguì Harry, “vi sedete sul divano qui davanti e guardate quello che vediamo Ginny ed io, e anche tutti gli altri, ogni giorno da cinque anni. Muovetevi!”

Ron lo guardò perplesso, ma riconoscendo il tono da capitano di Quidditch gli obbedì prontamente. Hermione mise le mani sui fianchi pronta a dare battaglia, ma Ginny, alle sue spalle, le disse: “Andiamo, Hermione, non fare storie. Siediti e facciamola finita.”

Sorpresa dal tono di comando dell’amica si girò a guardarla, ma Ginny si limitò ad indicarle il divano dove già era seduto Ron. Hermione seguì l’indicazione sedendosi il più possibile distante dall’amico, con le braccia incrociate. Ron si schiacciò contro l’angolo opposto del divano.

“Allora, chiariamo la situazione. Primo, siete amici da cinque anni. Secondo, litigate da cinque anni,” Harry puntava il dito alternativamente dall’uno all’altra. “Terzo, noi due siamo stanchi del secondo punto. Quarto, tutti sanno che vi piacete da stare male. E non ci sono commenti in merito,” li bloccò vedendo un tentativo di entrambi di parlare. “Quinto, ve lo siete detti qualche ora fa, e vi siete baciati. Due volte. Esatto?” Li guardò pronto ad urlare se avessero smentito una sola delle sue logiche osservazioni.

Entrambi annuirono con fastidio.

“Qualcosa da aggiungere all’elenco Ginny?” chiese gentilmente Harry. La guardò con dolcezza.

“No, c’è tutto direi. Potrei aggiungere solo qualche commento personale sulla loro imbranataggine, ma nient’altro.” Ron e Hermione la guardarono con rabbia. Harry le sorrise. Poi riportò l’attenzione sui quei due imbranati.

“Adesso, per spiegarvi meglio quanto siete ostinati, ho pensato di farmi aiutare da Ginny per mostrarvi quello che siamo obbligati a sorbirci ogni giorno. Quindi, se Ginny si sente pronta a fare la parte di Hermione, io mi occupo di Ron. Reciteremo le vostre parti. Vi faremo vedere come siete per chi vi guarda. Voi fate da spettatori. Silenziosi.” Incrociò le braccia sul petto, sfidandoli a fare osservazioni sulla proposta.

Ginny sorrise divertita. Le piaceva il gioco. Le piaceva l’idea di farlo con Harry.

Si guardò attorno e prese un libro a caso abbandonato su un tavolino, si mise seduta sulla poltrona e fece finta di studiare. Harry si mise seduto di fronte a lei sistemandosi una scacchiera sul tavolino con i pezzi messi a caso.

Poi alzò lo sguardo verso Ron e Hermione, ancora nel divano davanti a loro e intimò il silenzio.

“Ron, Harry. Dovete studiare.” Disse Ginny con il tono direttivo di Hermione.

“Andiamo, Hermione. Ancora cinque minuti.” Disse Harry con il tono lamentoso di Ron.

Rimasero in silenzio alcuni secondi. E poi ripresero il dialogo.

“Ron, sono passati cinque minuti. Prendi il libro di Pozioni.”

“Hermione, andiamo. Non c’è Pozioni domani, posso fare altro. Non essere così rigida.”

“Ron, non sono io che dovrò perdere il fine settimana sui compiti. Fai come ti pare, ma non chiedermi aiuto, dopo.”

“Oh, Merlino. Hermione si tratta solo di qualche minuto. Lo sai che li faccio i compiti.”

“Sono passati venti minuti Ron. E io non rimarrò sveglia per correggere i tuoi.”

“Quanto sei autoritaria!”

“Lo dico per il tuo bene, Ron!” Entrambi cominciarono ad alzare la voce.

“Per il mio bene accetteresti che il mio ritmo.”

“Il tuo non è un ritmo, Ron. Sei al rallentatore nei compiti!”

“Accidenti a te, sempre a dare giudizi!”

“Io? E tu cosa hai fatto finora?”

“Ti ho solo detto la verità, quello che dicono tutti.”

“Arrangiati Ron. Non ne voglio più sapere.”

“Sei permalosa Hermione!”

Si fermarono e guardarono Hermione e Ron che li avevano seguiti sempre più interessati. Sembravano più rilassati anche se, forse, un po’ arrabbiati.

“Commenti?” chiese Ginny.

“Non sono così insistente!” puntualizzò Hermione immediatamente.

“E io non sono così fastidioso!” disse Ron subito.

“Ah, no?” ribatté Harry sarcastico. “Non abbiamo esagerato. È uno dei vostri normali dialoghi. Quando non litigate.”

“Non è vero!” dissero insieme. E si guardarono.

“Ah, si? E allora Hermione, cosa ho sbagliato nel fare Ron?” le chiese colpito all’improvviso dall’idea che forse si sarebbero difesi a vicenda.

“Ron? Beh… non è svogliato così tanto.” Hermione si mise seduta più dritta e decisa. “Ha il suo ritmo. Diverso dal mio. E non mi da tutti quei giudizi. Forse li pensa, ma non me li sbatte in faccia così.”

“E io cosa ho sbagliato nel fare Hermione?” chiese Ginny al fratello con lo stesso tono di Harry, mentre Ron guardava incredulo l’amica.

“Hermione non è così petulante, dice solo quello che pensa sia meglio per me. E comunque lo farei anch’io Hermione,” disse rivolgendosi direttamente a lei. “Se penso qualcosa di te, lo dico, non te lo nascondo. Sarebbe stupido farlo ad un amico.” Hermione accennò timida ad un sorriso.

Harry si fermò chiedendosi se doveva ripetere l’esperimento. Si erano difesi un po’ tra loro, ma ancora pochino… Ma Ginny lo anticipò dicendo: “Allora, se non siamo stati proprio corretti rifacciamo la scena del dormitorio di prima. Come l’avete raccontata. Ok, Harry?” lo guardò in attesa di conferma.

Harry annuì deciso. Ci sapeva fare la ragazza. “Da dove?” le chiese.

“Beh…” Ginny pensò velocemente come evitare la scena del bacio. Baciare Harry davanti ad altri proprio no.  “Da quando hanno cominciato a fare il confronto con gli altri.”

Harry le sorrise. Anche se un po’ gli dispiaceva saltare il momento del bacio. Gli dispiaceva, si chiese sorpreso. Beh, sì, disse di nuovo a se stesso, gli dispiaceva. Ed era una piacevole scoperta.

“Non è facile capire quello che ti piace.” Cominciò Harry.

“Davvero? Perché?” chiese sorridendo Ginny.

“Beh, perché non è facile capire voi ragazze.”

“Sono come le altre?” disse irrigidendosi Ginny.

“No, sei più sicura di te, più decisa. Sai quello che vuoi.”

“Oh, grazie.”

“Non sei come le altre, sai non mi mandi quei segnali come le altre, i sorrisini, le occhiate…”

“Ehi!” li fermò Ron arrabbiato. “Io le ho anche detto che non sarebbe stato facile per me trovare il coraggio per parlarle perché sono imbranato in queste cose.”

“Lo hai detto prima,” sottolineò Harry.

“Quando?” chiese Hermione guardando sorpresa Ron.

“Prima di baciarti, allora,” disse Ron pensieroso.

“Me lo hai detto?” chiese ancora Hermione.

“Ma allora non mi ascolti!” esclamò infastidito Ron. “L’ho ripetuto due volte.”

“Veramente hai ripetuto più volte che con le altre è più facile…” disse sostenuta Hermione.

Harry e Ginny cominciarono a preoccuparsi, prima che ad arrabbiarsi. Ma poi, qualcosa cambiò.

“Hermione, ma secondo te, io dico a te che mi piaci per poi guardare un’altra?” Ron l’aveva presa per le spalle trattenendola seduta e girata verso di lui. Hermione arrossì visibilmente.

“No…” mormorò titubante.

“Hermione! Ma hai dei dubbi?” esplose irritato Ron.

“Fermi tutti!” si intromise Harry, prima che scoppiasse un’altra discussione. “Riprendiamo la recita. Ginny,” e la guardò, “rispondi alla domanda come se fossi Hermione.”

Ron stava ancora tenendo le mani sulle braccia di Hermione, ma entrambi guardavano gli amici, senza capire il motivo di tutta quell’insistente intromissione nei fatti loro.

“A me piace Ron, e molto,” Ginny guardò direttamente Hermione, che arrossì nuovamente, sfidandola a dire qualcosa di diverso, “ma non capisco se io piaccio a lui. E poi ci sono solo ragazze più belle di me qui ad Hogwarts e a Ron piacciono le belle ragazze come Fleur,” e Ron arrossì, anche se avrebbe incenerito la sorella, “così non so se gli piaccio come desidero, tanto da starci male, oppure se sono solo la sua migliore amica.”

“E io, e con “io” intendo Ron,” cominciò Harry immediatamente dopo, per evitare qualsiasi commento, “penso che Hermione sia la ragazza più perfetta che esista. Anche se è così insistente con i compiti e le regole, anche se vuole tutto perfetto. Ma sono imbranato e mi sembra impossibile che possa piacerle io, che non so fare nulla.”

“Non è vero che Ron non sa fare nulla!” esclamò Hermione arrabbiata.

“Grazie,” le disse Ron, con un sorriso. “E non sono tutte più belle di Hermione!” disse guardando la sorella con stizza.

“Davvero?” gli sussurrò Hermione.

“Certo,” disse Ron come se fosse evidente, girandosi a guardarla, “sei bella. Non sei una Veela, ma di certo sei più attraente.” E arrossì violentemente.

“Oh, Ron!” Hermione gli si buttò addosso abbracciandolo. “Non sei imbranato, Ron. Sei solo timido. È per questo che ti sei arrabbiato, vero? Non pensavo che ci soffrissi tanto.” Lo guardò con dolcezza, accarezzandogli una guancia. “Mi piaci come sei, Ron. Compresa la timidezza.”

Ron si lasciò accarezzare la guancia rossa e accaldata. Poi la strinse a sé con forza.

Harry guardò Ginny sospirando. Forse c’era ancora speranza che riuscissero a combinare qualcosa da soli. Fece cenno all’amica (“Amica?” -chiese ironico a se stesso- “Ma non prenderti in giro!”) di andarsene. Ginny annuì convinta, facendo segno che avrebbe vomitato guardando suo fratello baciare in quel modo la sua amica. Harry rise. E le propose, con un cenno, di uscire dalla Sala Comune. Ginny rispose mimando il volo di un gufo, per proporre la Guferia. Harry annuì.

Poi si fermò incerto chiedendosi perché aveva sprecato mezza giornata a sistemare i problemi degli amici, mentre i suoi crescevano senza sosta. Ma che senso aveva aspettare? Ginny lo stava guardando in attesa che si muovesse.

Nel frattempo Ron e Hermione erano passati dall’abbraccio ad un bacio che aveva richiesto tutta la loro concentrazione e il loro fiato. Fiato che finì poco prima che terminassero le giravolte mentali di Harry.

Così entrambi furono distratti, mentre cercavano di respirare, dal gesto repentino di Harry, che aveva preso una mano di Ginny e le aveva sorriso prima di cominciare a parlarle con la bocca vicino al suo orecchio. Ginny aveva spalancato gli occhi, aveva sorriso incerta. Harry aveva alzato la testa e l’aveva guardata come in attesa di risposta. Ginny aveva allargato il suo sorriso e si era morsa il labbro inferiore, arrossendo dolcemente. Allora Harry aveva cominciato a muoversi verso l’uscita della stanza, tenendola per mano.

“Ehi!” esclamò Ron. “Dove stai andando?” Hermione li guardò sorniona.

Harry si girò un attimo verso Ron e Hermione. E, guardando Ginny, rispose sorridendo.

“A baciare tua sorella.”

 

  
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