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Autore: Denki Garl    01/03/2012    4 recensioni
«Fammi la tigre siberiana!», proclamò con gli occhi che arridevano, entusiasta come un bambino. «La tigre siberiana?!»
«Sì, bianca a strisce nere!»
«Masa...»
«Io faccio il domatore!»
«No, tu sei il pagliaccio.»
* * * *
Una storia così bella com'era finora stata la loro, non poteva di certo finire così banalmente. Una storia così incredibile non poteva semplicemente svanire nel tempo senza lasciare alcuna traccia di sé nei cuori dei suoi protagonisti. Una cosa meschina come la distanza fisica, non poteva avere la meglio sul loro amore, non poteva rovinare il ritmo della melodia dei loro battiti sincronizzati.
I personaggi non mi appartengono, nulla si ispira a fatti realmente accaduti.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: miyavi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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gc1
01. 03. 2009 - 01. 03. 2012
http://apollofan.deviantart.com/gallery/7970601#/d2ukfbb


I won't say "goodbye",
I just need you beside me a little longer.

(Tiny Circus, LM.C)









Restò lì immobile, Takamasa, sul ciglio della strada. Le braccia pendevano lungo il suo corpo, le gambe lo reggevano in piedi per un puro automatismo. L'unica cosa che avvertiva in quel momento era un fastidio al petto, come se il suo cuore si stesse celermente gonfiando più di quanto la sua gabbia toracica poteva permettersi di fare, schiacciando i suoi polmoni e dandogli così la sensazione di non riuscire a respirare correttamente. E quell'insolito peso in eccesso gravava sulle sue spalle, concedendogli a stento di tenere alzata la testa, facendolo rischiare di crollare al suolo da un momento all'altro. Forse sarebbe successo, se i suoi occhi non fossero stati irremovibilmente puntati sulla schiena sempre più lontana di Masahito.
Avrebbe voluto che si voltasse, ora, e che gli rivolgesse uno di quei sorrisi raggianti e un po' impacciati che riservava solo a lui, che lo facevano sentire così speciale e felice. Tuttavia, si sentì in parte sollevato nel vederlo muovere i suoi passi in avanti, uno dopo l'altro, senza alcuna fretta; sapeva che, se Masahito si fosse girato a guardarlo un'ultima volta, avrebbe visto solo i lineamenti di quel bel viso deturpati dalla tristezza o, ancor peggio, dalla delusione, e ne sarebbe uscito dilaniato.
Tra tutto quel dolore, ad una fulminea scheggia di odio riuscì di farsi spazio fino alla sua mente, puntandosi in essa come uno spillo, ed un pensiero iniziò a vagare solitario e indisturbato. Sei uno stupido, diceva quella voce, è tutta colpa tua e della tua immensa stupidità, continuava poi, e Takamasa non poteva certo darle torto.
«Ishihara-san...» le parole d'un uomo alle sue spalle giunsero alle sue orecchie, facendolo tornare bruscamente alla realtà. Abbassò il capo, corrucciando le sopracciglia, poi lasciò che l'autista aprisse lo sportello dell'auto davanti a loro, e prese posto dietro a quello del conducente, in modo che se avesse portato gli occhi fuori dal finestrino, avrebbe potuto scorgere la figura di Masahito. Quello, però, doveva aver svoltato in una stradina secondaria quando lui non stava guardando, perché una volta girata la testa, non lo vide più.
Abbassò nuovamente lo sguardo, accompagnando l'azione con un sospiro sconsolato, mentre infilava i pugni nelle tasche della felpa. Quando sentì la pelle entrare in contatto con la fredda superficie dell'i-pod, ebbe un guizzo al cuore, ed improvvisamente ricordò dello scambio avvenuto con l'altro cantante. La musica era ciò che di più importante entrambi avevano, lo era a tal punto da esser riuscita a scavalcare la loro relazione. Sorrise mestamente nel riascoltare il più grande esporre quel suo pensiero secondo il quale le canzoni che uno porta sempre in tasca lo rispecchiano pienamente. L'aveva sostenuto prima di separarsi, circa due mesi addietro, e subito dopo gli aveva proposto questo momentaneo baratto. «Così sarà come se fossimo ancora insieme.», aveva detto. Takamasa ricordava ancora nitidamente il brillio che, in quel momento, sembrava un dettaglio caratteristico di quelle iridi ambrate che tanto amava, così come il leggero brio che trasparì da quelle parole. Nascondeva un lato così romantico, Masahito, era un tale sognatore. Aveva una grande fantasia, ed un altrettanto grande cuore, ma spesso sembrava quasi vergognarsene. La verità era che in lui si poteva trovare pure una sproporzionata timidezza, Takamasa lo sapeva bene, e risultava tremendamente addolcito da questi aspetti di quella persona che era l'ex-chitarrista della sua band di supporto.
A dire il vero, non è che in quel momento gli andasse più di tanto di ascoltare musica. O, meglio, ne aveva voglia, ma conoscendosi sapeva che sarebbe andato alla ricerca di canzoni che sicuramente non avrebbero migliorato il suo umore. Ma comunque accese l'i-pod e mise le cuffiette, vagando tra le varie cartelle e sperando che la batteria si scaricasse d'improvviso o che l'autista fosse preso da un isolito impulso loquace, cose che non accaddero. Quando i suoi occhi lessero la scritta LM.C, non poté far a meno di ridacchiare, sentendosi sciogliere il cuore e annodare le interiora. Gli venne in mente la prima volta in cui constatò che Masahito aveva la discografia della sua band nel suo i-pod, e la sorpresa che gli provocò tale scoperta.



«Tu ti ascolti le vostre canzoni?», chiese con le sopracciglia inarcate dallo stupore.
«Certo! Perché, non dovrei?», ribatté allora l'altro, con innocenza, sorpreso a sua volta.
«No, figurati. È che mi fa strano, tutto qui.»
«A te non viene mai voglia di ascoltarti?»
«No.», ridacchiò. «Mai!»
«Ma tu sei strano!», lo giustificò in qualche modo, divertito. «Ah, io sarei quello strano?»
«Certo! Io sono solo egocentrico...»
Takamasa scoppiò a ridere, dovendo poi dargli ragione. «E fai bene...», sussurrò avvicinandosi al suo orecchio, passando delicatamente la punta del naso sulla sua guancia, posandogli infine un lieve bacio sulla tempia. «Eh, lo so!»
«Ora metti via quell'aggeggio, da bravo, su!»
«No, taci. Il mio ragazzo sta cantando, non interferire!», e di nuovo Takamasa rise di gusto. «Come sei scortese, Masa-shi...», lo prese in giro, mettendo su un falso broncio, e allora anche lui non poté trattenersi. «Stai a cuccia, dai, mancano trenta secondi alla fine della canzone.»
«Miao!», fece quindi, aggiungendo poi delle fusa, sperando che Masahito finalmente si decidesse a dedicargli le sue piene attenzioni.
«Miao?»
«Miao!», annuì, lasciando che le sue labbra si arricciassero all'insù. «Mi dispiace deluderti, ma tu sei tutto meno che un gatto, Taka!», esclamò levandosi finalmente la cuffietta dall'orecchio sinistro, avvolgendo poi distrattamente il filo attorno all'i-pod, che ripose conseguentemente in tasca.
«E di quel tutto che sono, cos'è che ti piace di più?»
«Fammi la tigre siberiana!», proclamò con gli occhi che arridevano, entusiasta come un bambino.
«La tigre siberiana?!»
«Sì, bianca a strisce nere!»
«Masa...»
«Io faccio il domatore!»
«No, tu sei il pagliaccio.»
Masahito corrucciò le sopracciglia con sdegno, lasciando che le sue labbra si schiudessero involontariamente, e prese a fissarlo con aria offesa e contrariata. «Oh, e va bene, e va bene! Ora vieni qui, domatore dei miei stivali, che sono una tigre affamata!», cedette Takamasa, gettandosi di peso sul cantante, finendo sdraiati uno sopra all'altro sul divano, avvinghiati e innamorati.



Fece partire Tiny Circus, canzone che Maya aveva scritto solo qualche giorno dopo quel pomeriggio di risate e coccole. A Takamasa mancavano quei tempi in cui tutto andava bene tra di loro. Gli mancava tornare a casa dopo una sfiancante mattinata passata in sala di registrazione e trovare Masahito sepolto sotto le coperte, ancora dormiente come quando l'aveva lasciato. Gli mancava tornare a casa la sera e trovare l'appartamento vuoto, ordinare qualcosa al take-away cinese e attendere l'arrivo dell'altro. Gli mancava, infine, il sorriso stanco e pieno di gratitudine che si adagiava sul suo volto delicato in quelle stesse serate. Cosa non avrebbe dato, purché tutto tornasse com'era. E cosa non avrebbe dato, anni addietro, pur di non dover mai più riattraversare un periodo duro com'era stato quello in cui l'Ishihara Gundam si era sciolta e Maayatan aveva intrapreso una carriera tutta sua. Ciò che più lo atterriva, però, era il pensiero che forse questa era una crisi pure peggiore. Quella volta sarebbero stati pronti a dare le loro anime affinché funzionasse. Quella volta diedero le loro anime, e funzionò. Ma questa volta non era rimasto loro nulla da dare, questa volta Takamasa sentiva di non avere più la forza per evitare che ciò che li univa continuasse ad allentarsi, rischiando sempre più di finire con lo spezzarsi definitivamente. E aveva una tremenda paura, perché ogni singolo e minimo sforzo che stava facendo pareva essere vano. Per non parlar del fatto che persino Masahito sembrava stesse perdendo le speranze sempre più, lui che credeva fermamente che tutto sarebbe in un modo o nell'altro sempre finito bene, lui che era così pieno di gioia, ora dava l'impressione che questa si stesse affievolendo. Ma una storia così bella com'era finora stata la loro, non poteva di certo finire così banalmente. Una storia così incredibile non poteva semplicemente svanire nel tempo senza lasciare alcuna traccia di sé nei cuori dei suoi protagonisti. Una cosa meschina come la distanza fisica, non poteva avere la meglio sul loro amore, non poteva rovinare il ritmo della melodia dei loro battiti sincronizzati.



























DE
's:

Guitar Chord, forse ad alcune di voi il titolo dice qualcosa.
Questa è un'altra di quelle fic che ho cancellato e sto rivedendo, precisamente, sì.
Direi di iniziare dal titolo, perché non ha nulla a che vedere con la storia. L'ho scelto semplicemente per quella leggenda giapponese sul filo rosso del destino. Ho pensato che sia maya che Miyavi sono degli ottimi chitarristi, ho immaginato che a legare loro fosse una corda di chitarra, dunque, piuttosto che un banale filo rosso. Tutto qui, sì. Devo dire che comunque a me piace moltissimo, come idea. Mi sa di qualcosa di speciale, che riguarda solo loro, ecco. Poi va be', a ognuno la sua opinione.
L'immagine lissù, invece, non è mia. È un disegno che la precedente versione di Guitar Chord ha ispirato ad ApolloFan, ed io lo amo con tutta me stessa.
In ogni caso, a questa fic ci sono molto affezionata, e sono felice come non mai di averla ripresa in mano, quindi spero che vi ci affezionerete anche voi, almeno un po'. E, in caso l'aveste già letta tempo fa e ricominciaste a seguirla, spero che così vi piacerà di più. In più non è un caso che posti proprio oggi, no. Tre anni fa mi iscrivevo su questo sito e iniziavo proprio da qui, da questo fandom. Tre anni fa facevo forse la prima nottolata della mia vita leggendo fic su maya, Aiji e Miyavi - caso vuole, fu proprio ApolloFan l'autrice di quella meraviglia. Quindi riparto nuovamente da qui, augurandomi tante belle cose. Proprio come quella notte, anche questa fic ha a suo tempo segnato l'inizio di qualcosa di nuovo - cosa di preciso, non ha importanza.
Comunque, vi assicuro a partire da ora, che avrà un lieto fine, anche se potrà non sembrarlo quasi fino all'ultimo. Diciamo che, semplicemente, quella malinconia tipica di questo pairing sarà molto presente anche in questa storia, ecco.
Questa volta ho deciso di raccontare della relazione tra i due dopo la nascita degli LM.C. Una sorta di what if, sì, anche se, non sapendo cosa ci sia realmente stato tra maya e Miyavi, non mi è sembrato il caso di metterlo come avvertimento. Però è per variare un po', ecco, al posto delle solite cose strappalacrime sulla loro rottura, ho voluto dar loro un'opportunità, LOL. E, già che ci sono, chiedo scusa per questo capitolo così breve, il prossimo assicuro sarà più lungo - e spero pure i successivi, farò del mio meglio (y).
Detto questo vi lascio, perché ciò che è successo tra i due prima dell'inizio della narrazione lo scoprirete più avanti *sogghigna*
Naturalmente, se decideste di farmi sapere che ne pensate, mi rendereste una donnina felice e, altrettanto naturalmente, sono bene accette anche tutte le critiche costruttive.
Al prossimo capitolo 


de-
   
 
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