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Autore: RoSyBlAcK    04/10/2006    22 recensioni
ecco la mia nuova one-shot assolutamente R/Hr...

Hermione sente uno strano dolore alla pancia ogni volta che i suoi pensieri vergono su "una certa persona" e più i suoi sentimenti si confondono più il dolore sembra aumentare.. per fortuna ne capirà la causa e troverà un modo per stare meglio =)

Buona lettura, miei romantici Drunk =P
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TUTTO QUELLO CHE NON TI SO DIRE

Ciao!! ^^ come va?? Oggi ero a casa malata -.- e così la mia mente ha sfornato per voi una minuscola one-shot R/Hr assai romantica…

Non è niente di che, solo un passa tempo…

Se avete voglia di decarmi qualche minuto… ^^

Questa volta non ci sarà da piangere, tranquille J

Un bacione ^^

Buona lettura!!

…PERDONAMI…

*ROSYBLACK*

"Ti amo, Hermione" sospirò Ron, sprofondando nella sua poltrona e strofinandosi stancamente gli occhi. Hermione arrossì, ma disse solo: "Non farti sentire da Lavanda". "No" rispose Ron tra le mani. "O forse si... così mi pianterà... "

E poi alla fine era successo.

Si erano “piantati”.

Hermione ancora spiava Lavanda nei corridoi, in mensa, in dormitorio. Sbirciava i suoi quaderni per vedere se ancora scriveva il suo nome a bordo pagina con tanti cuoricini. Cercava di capire se ancora sospirava al suo passaggio, lo salutasse con troppo entusiasmo, ridesse sguaiatamente alle sue insulse battute. Insomma, cercava di capire se davvero fosse finita.

A quanto pareva, era così.

Basta sospiri, risatine, cuoricini, ciccipiccipiccipù.

Era finita.

Hermione si guardava allo specchio, e quello che vedeva era una ragazza sorridente, arzilla.

E si faceva schifo. Non si sopportava.

Eppure… cavolo. Ma il sole, a maggio… era sempre così… luminoso?

E il cielo? Era sempre di quel colore così… azzurro?

E tornava a guardarsi, chiedendosi se i suoi occhi fossero mai stati venati di luminose tinte mielate, e se i suoi capelli avessero mai avuto una forma così elegante.

Per la prima volta in vita sua, si sentì a posto con se stessa, nel modo perverso di quando cerchi di convincerti che le cose vanno bene, quando una parte di te sa che non vanno bene per niente.

Ma così come era entrata a far parte delle loro lunghe e grigie giornate invernali, Lavanda uscì dalle loro lunghe e soleggiate giornate di primavera.

Era come un sospiro di sollievo dopo un compito in classe.

Il compito in classe in cui Hermione era andata peggio, in tutta la sua vita.

Un compito in classe con il suo subdolo e folle cuore.

Se ci fosse stata una valutazione da dare, avrebbe preso 4. Forse 3.

Ma questa volta non era questione di voti.

E di cosa è questione allora? Si stava chiedendo quella mattina mente scendeva per fare colazione. I boccoli sempre un po’ crespi le cadevano sulla divisa ben stirata, sotto braccio aveva un libro troppo grande per stare in borsa, sulla spalla la borsa marrone che Harry e Ginny le avevano regalato all’ultimo compleanno. Di cosa è questione? Venne assorbita dalla folla di Grifondoro che scendevano nella Sala Grande. Di Lavanda, è ovvio. Di Lavanda che stava con Ron, il mio migliore amico. Una debole stretta allo stomaco al pensiero del suo amico Ron. La scacciò, abile come ormai era diventata. Forse avrebbe dovuto farsi vedere da Madama Chips. Quelle fitte si stavano facendo sempre più frequenti. È per questo che mi è sempre stata antipatica Lavanda. O per lo meno questa situazione. Perché Ron è il mio migliore amico. E non mi piace l’idea… Ecco, qua arrivava sempre il problema. Quale idea non le piaceva? Che Ron pomiciasse con una ragazza? Che Ron stesse con un’altra ragazza? Così sembrava gelosia… Riformulò la teoria: Ron è il mio migliore amico. E voglio essere sicura di essere la sua migliore amica. Non voglio che Lavanda diventi nostra amica. Insomma, mi sta antipatica Lavanda. Tutto qui. Così non era più gelosia, no?

Sorrise, tutta pimpante.

Perfetto.

Ora poteva anche far pace con se stessa.

-Ehi, Hermione! Hermione!

Una gomitata le arrivò dritta nel fianco.

-Hermione!
Si voltò, spostandosi velocemente, visto che l’ultima gomitata era stata particolarmente dolorosa.

-Ho capito… dimmi Ron, che c’è?

Lui sbuffò e indicò Harry, che entrava ora nella Sala Comune affollata del primo pomeriggio. Il sole batteva dolcemente sulle fragili vetrate del palazzo, riversando nelle stanze una luce calda e piena.

Harry arrancò a fatica nella calca di persone.

-Ha un’aria strana.- si preoccupò subito lei. Ron alzò gli occhi al cielo.

-Silente l’avrà chiamato di nuovo.

-Oddio… Le lezioni diventano sempre più frequenti, non ti pare?

Non ebbe tempo di rispondere.

-Ciao ragazzi.

-Ciao!- lo salutarono velocemente i due in coro.

Harry alzò un sopracciglio, sorpreso dalla reazione. Poi si strinse nelle spalle.

-Allora?

-Allora cosa?- chiese, stupito.

-Ma sì, ha quella faccia.

Harry si toccò la guancia. –Tipo… la mia faccia?

Ridacchiarono. –No scemo. Hai la faccia di quando ti arriva la lettera delle “lezioni segrete”.

-Ahh… Allora credo di dover iniziare ad avere paura di voi.

Ron mise in borsa il libro prima ancora di averlo aperto. –Paura di Hermione? Io ce l’ho da una vita…

Lei alzò gli occhi al cielo si rivolse a Harry. –Allora è vero? È arrivata, sì?

Harry annuì. –Stasera vi lascio soli…- si abbandonò sulla poltrona e chiuse gli occhi. –Vi prego ditemi che alla prossima non abbiamo Piton… vi supplico!

-Tranquillo. La prossima avete un’ora buca. E poi abbiamo Pozioni.

Lui sospirò. –Grazie, grazie, grazie!

-A che ora devi andare stasera?- chiese Ron, sedendosi accanto a Hermione.

-Alle 8, come sempre. Poi ci vediamo qui che vi racconto, no?

Hermione annuì. –Sì, noi faremo i compiti.

-Che noia…- commentò Ron.

-Ti faccio paura, no?

Ron annuì.

-Bhè, allora non dire cose del genere, o potrei dartene un reale motivo!

Harry rise. Ron le tirò un colpo sulla spalla.

Ed Hermione provò ancora quella strana, terribile fitta nella pancia…

Buttò la camicetta stropicciata e usata nel cestino delle cose da lavare e aprì l’armadio. Dietro a tutte le identiche camice della divisa c’erano quelle che usava per le occasioni speciali, e ancora più infondo, in ordine cromatico e di dimensione, quelle che usava per stare la sera in Sala Comune a studiare.

Ne prese una leggera, un po’ aderente, azzurro polvere. La infilò, e lei si adagiò comodamente sul suo seno e sui suoi fianchi. Tolse le collant e la gonnellina e mise un paio di pantaloni della tuta blu, anche loro morbidi e aderenti sulle sue gambe sottili. Legò i capelli in una coda alta e prese tutto il necessario per studiare.

Sorrise.

Era tutto il pomeriggio che le fitte avevano smesso di perseguitarla.

Forse era una specie di virus, ma stava guarendo.

-Ecco Hermione in tenuta studio!- Rise Ron al suo arrivo.

Fitta. Oddio… sbuffò.

-Ho detto qualcosa di male?

Hermione scosse il capo. –No, affatto. È solo che ho dei continui crampi nella pancia, e non capisco cosa sia.- si toccò il punto che le faceva male, a destra dell’ombelico, lasciando cadere i libri sul tavolo.

-Oh, mi spiace.- Fece lui, sgranando gli occhi. –Vuoi che ti porti da Madama Chips?

Che dolce…

Un altro crampo.

-No, tranquillo. Forse… devo solo prendere una boccata d’aria.

-Niente compiti? Sì. È definitivo: Sei malata.

Hermione rise.

E Ron sgranò ancora di più gli occhi.

-No, davvero, sei sicura di stare bene?

Lei si morse il labbro. –A dire la verità non lo so.- Disse, lentamente. –Ma credo che un po’ d’aria mi farebbe veramente bene.

-Allora prendiamo questa aria!- disse lui, sorridendo, sempre più sorpreso. La prese per un gomito e se lo tirò dietro fuori dalla Sala Comune affollata.

-Ron sono in tenuta da studio e…

-Stai benissimo, non rompere. Andiamo.

Fitta. Gemette appena.

-Mi preoccupi, lo sai?- Fece lui, inclinando il capo per guardarla in faccia.

Aveva le gote rosse, gli occhi un po’ lucidi, più brillanti del solito.

Hermione gli sorrise appena. Aveva i capelli tutti spettinati e indossava un maglione di lana a collo alto, verde scuro, un paio di jeans ereditati da qualche fratello e le scarpe un po’ slacciate. Il sorriso le si allargò, senza un vero motivo. Lo aveva visto vestito così (quasi a caso cioè) un milione di volte. Tutte le volte che non aveva la divisa, in effetti. E anche con la divisa era così. Eppure quella sera, lo trovò… Giusto. Giusto? Che pensiero stupido, Hermione. Bhè, non ci poteva fare nulla. Lo guardava, e pensava: è giusto.

-E perché?

L’aria fresca dei corridoi in effetti un po’ la stava aiutando.

-Se è per la mia pancia, stai tranquillo. Sono sicura non sia niente.

Lui sospirò. –Boh… forse non mi preoccupa tanto la tua pancia, ma proprio tu.

Fitta.

-Non ti devi preoccupare per me. Non ho niente che non va’.

-è un anno che sei strana invece. Cioè, più strana. Più del solito.

-E cosa faccio di strano?- Chiese piano. Si portò un dito in un boccolo che scappava dalla coda e prese a torturarlo. –Cosa?- Oltre alla fitta, ora il cuore aveva preso a batterle forte in petto.

Erano arrivati sulle scale. I passi d’entrambi rimbalzavano nel silenzio. Hermione respirava appena, senza spiegarsene il perché.

-Ma sì… Sei un po’ strana.

-Questo l’hai già detto!- fece, dura adesso. Burbera.

-Non fare l’arrabbiata ora. Non sto dicendo nulla di male.

-Mi stai dicendo che sono “strana”!- si innervosì.

-Tutti dicono che sei strana, Hermione. E non te la sei mai presa con nessuno.

-Ah, tutti dicono che sono strana! Perfetto! Questo mi fa stare meglio. Grazie Ron.

-Io…

-Stai zitto, dai. Che è meglio.

Ron sbuffò.

Lei si avvicinò al portone e lo spinse con forza.

-Cosa fai?

-Te l’ho detto, ho voglia di uscire. Sto diventando claustrofobica qui dentro.

L’aria fredda le sferzò le guance. Rabbrividì, ma respirò meglio. A fondo. Le stelle luccicavano nella cupola buia del cielo, limpide e ammiccanti. –Vieni anche tu?- Fece un debole e duro sorriso. Con un’alzata di spalle, Ron la seguì.

-Mi odi?- Chiese, quando la raggiunse sul prato.

-Non so… Molte persone me l’hanno detto, in effetti. Che sono strana. L’hanno sempre fatto, sempre. Da quando ero bambina, sai? Quando me ne stavo seduta su una panchina a sognare di non essere lì invece che giocare nel cortile con gli altri bambini. E i bambini sono perfidi. Ti guardano, ti indicano, ridono e dicono, lei è Hermione Granger. Quella strana.- Rise amaramente.

-Sei solo… diversa.

Il sorriso si addolcì sulle sue labbra rosse.

-Vorrei essere uguale agli altri, ogni tanto. Ma non so cosa fanno quelli normali. Non sono proprio capace di essere uguale.

-Non è un difetto questo, Hermione. Non lo è affatto.- Ron le sorrise. Si sedette nell’erba umida e fredda.

-Però da fastidio. A tutti, anche a te.

Gli si sedette accanto.

Le stelle baluginarono nei suoi occhi scuri e profondi, con il rimorso che le sue parole non riuscivano a trasmettere.

-In passato, forse ho pensato male di questa tua “diversità”. Ma insieme, è lei a portarmi sempre indietro da te. Sei l’unica per cui torno indietro, sui miei passi, in un modo o nell’altro.

Lei sorrise ancora. La fitta era diventato un costante e implacabile dolore che si stava lentamente spostando ad attenagliarle il cuore.

-Quando ci siamo conosciuti mi pensavi pazza.

Lui rise. –e, in effetti, non mi hai mai dato prova del contrario!

Anche Hermione scoppiò a ridere.

-Ma, di certo, non ho mai ritenuto la tua follia un problema.

Lei annuì.

-E di tutti gli altri poi, che ce ne frega?- Chiese Ron.

Hermione scosse il capo. –Proprio niente.- Affermò roca. –Degli altri proprio niente. In effetti, mi importa solo cosa pensa una persona.- Abbassò gli occhi, e iniziò a giocherellare con un filo d’erba.

Ron non sapeva che rispondere.

Strana, strana forte.

-Ron… Perdonami, ti prego.

Lui alzò un sopracciglio. –Cosa?- scosse il capo, come a scacciare quella frase. –Perdonarti? E per cosa?

Hermione agitò la mano. –Per averti preso in giro, tutto questo tempo. E per aver preso in giro anche me.

Ron non capiva. Si appoggiò sulle mani, come se fosse pronto ad alzarsi e a correre via.

-Cosa stai dicendo, ‘Mione?

Lei si portò una mano al viso e asciugò una lacrima che, calda, le scivolava sulla guancia.

-Hermione… ma tu… stai piangendo?- Fece, titubante.

Assentì. Annuì. Assentì. Si strinse nelle spalle.

-è ridicolo, non è vero? È da folle, è strano, non è normale.- Disse, singhiozzando. –Bhè io sono così. Ridicola, folle, strana, anormale.

Lui le appoggiò una mano sulla spalla.

Fitta. Cuore che martella. Guance rosse. Lacrime agli occhi.

Aggrottò la fronte.

E capì.

Per un secondo si vergognò, poi improvvisamente le lacrime che le scivolavano nello sguardo divennero di un sollievo al di la di ogni immaginazione.

Era così chiaro.

Così ovvio.

Troppo, e lei non lo aveva mai nemmeno pensato.

-Hermione? Cosa c’è? Tutto bene? Stai male?

Lei rise. –No, no, non sto male. Non sono mai stata meglio, in effetti.

-Allora… allora perché…?

-Piango?- si sfregò gli occhi. –Non lo so. Anzi, sì. Forse spero che troverai più semplice scusarmi vedendomi debole. Forse. O forse piango e basta.

-Scusarti? Ti prego. Hermione. Non ti seguo.

Lei sorrise. Cercò la sua mano sulla propria spalla, la prese tra le sue, piccole e fredde.

Le orecchie di Ron divennero rosse. Lei la lasciò in fretta.

-Per tutti questi stupidi giochi da adolescente, i canarini e McLaggen, e per i malumori, e perché prima piango poi sono felice… e tutte queste stupide cose qua. E scusami se me la prendo quando dici le cose, e me la prendo ancora di più se non le dici affatto. È così impossibile essere mia amica, e io non me ne rendo nemmeno conto.- si leccò le labbra, cercando di non rimettersi a singhiozzare.

-Ma non c’è niente che non va’, davvero. A me sta bene così. Certo, i canarini potevi evitarli. E anche McLaggen… Ma… Cosa centra?

Lei rideva.

E lui non capiva.

Ma le stelle luccicavano con tale forza quella notte, e la luna sembrava sorridere, incitando il destino. E il fruscio del vento nelle foglie sembrava bisbigliare parole di conforto.

-Perdonami, davvero. Per essermi innamorata di te.- sussurrò, gli occhi spalancati davanti a quella verità così immensa, così dolorosa eppure dolce, così candida eppure colorata. Un’ultima lacrima si spense sul suo viso.

A Ron mancò il respiro.

Si sentì precipitare, e poi improvvisamente, non vide più nulla.

Il cielo, l’erba, la luna, il castello.

Solo il viso di Hermione, morbido e così vicino, così sincero e limpido, come non era mai stato. I suoi occhi bagnati e amareggiati, eppure pieni e felici.

Le sue guance rosse.

I boccoli morbidi e crespi.

E quelle piccole labbra dolci e rosse piegate in un sorriso, simile ad una supplica…

-e di cosa ti devo perdonare, scusa? Penso di non aver capito bene…-

E invece aveva capito. E non solo la sua frase.

Improvvisamente quegli occhi, quelle guance, quei capelli, quelle labbra avevano un senso.

Pericoloso e intimo. Sensuale e proibito. Dolce e meraviglioso. Come la verità. La loro verità…

Si sporse verso il suo sorriso, e le donò qualcosa di meglio che qualche inutile scusa. Qualcosa che per una volta non le avrebbe fatto male. E che entrambi desideravano.

Una carezza. Un sorriso. Uno sguardo. Un bacio…

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito a SOLO MOMENTI e anche a I NEED YOU… grazie davvero!! Spero che abbiate apprezzato la mia nuova opera…! Recensite!!

… e naturalmente i personaggi appartengono a zia Row e questo scritto non è a fine di lucro!

Vi voglio bene e… alla prossima ^^

  
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