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Autore: fantasie    04/10/2006    2 recensioni
Ancora una volta il richiamo di Sephiro...e i cavalieri magici sono pronti a farvi ritorno per aiutare il pianeta e ritrovare se stesse. Amare sorprese, però, attendono Anemone!
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cinque anni dopo

PREMESSA

 Questa fanfic è dedicata ad uno dei miei cartoni preferiti: Magic Knight Rayearth, apparsa in tv col titolo di “Una porta socchiusa ai confini del sole”. Non ho letto tutto il manga, ma credo sia superiore, quanto a qualità, all’anime. Sto ancora reperendo alcuni numeri.

Comunque la mia storia è successiva alla fine della seconda serie, quando Luce, Marina e Anemone ritornano sulla Terra. So che il manga è un po’ diverso, anche nel finale. Io mi atterrò principalmente all’anime, anche se non escludo di tener conto, nel corso della storia, di alcune parti del manga.

Come avrete capito utilizzerò i nomi dell’anime sia per le protagoniste che per gli altri personaggi.

Questa fanfic sarà incentrata attorno alla figura di Anemone.

Spero possa piacervi!

Magic Knight Rayearth e tutti i suoi personaggi sono di proprietà delle Clamp. Questo spazio è stato creato senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno visitarlo. Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa.

 

- Fantàsie -

 

 

DA TE….. SOLO DA TE

 

CAPITOLO I

CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO - Prima Parte

 

Un terribile senso di oppressione … è come se un macigno schiacciasse il suo petto … comprimendo i suoi polmoni … impedendo all’aria di seguire il suo percorso naturale …

Dalla fronte piccolissime gocce di sudore scendevano lentamente, lasciando un senso di gelo sulla sua pelle …

E davanti a lei uno scenario terrificante: la terra spaccata da profonde ferite da cui uscivano lingue di fuoco che avvolgevano corpi già dilaniati dalle spade; alberi già spogliati dall’inverno più rigido; case ormai ridotte a pochi cumuli di macerie.

Il respiro diventava corto … ormai i sensi erano offuscati … la bocca arsa … le mani tremanti.

“No… non è possibile…qualcuno mi aiuti…fermi tutto questo…….vi prego!”

In quel momento Anemone aprì gli occhi. Il sole era già sorto e con i suoi raggi non ancora potenti dell’albeggiare penetrava dalle sottili tendine della sua stanza.

Si toccò la pelle del viso: ancora fredda; ancora addosso il ricordo di quelle sensazioni dolorose; ancora il cuore che non riusciva a riprendere il suo ritmo normale.

“Che strano sogno” pensò fra sé e sé “sembrava così reale…beh forse del resto come tutti i sogni.

I sogni…non si era mai fermata a riflettere su quella parola che normalmente era usata per indicare qualcosa di bello e desiderato.

“Chissà perché…in fondo quelli brutti possono lasciare un senso di dolore e di sgomento come quello che ho appena fatto…e quelli belli ti danno un attimo di finta felicità…ma che ti lascia l’amaro in bocca quando ti rendi conto che era solo…un sogno!”

Mah… forse stava diventando un po’ troppo negativa! In fondo non era mai stata una ragazza svampita o che prendeva le cose alla leggera…ma a 19 anni non poteva iniziare quella bella giornata d’estate con i pensieri di una bacucca di ottant’anni, inacidita dalle troppe delusioni della vita.

Decise così di alzarsi, anche se erano le sei del mattino e cercare qualche rimedio per i suoi sensi ancora intorpiditi. Spalancò la finestra e subito si sentì ferire dolcemente dalla fresca brezza mattutina, che accarezzava con vigore la sua pelle bianca e delicata. E di lì subito sotto la doccia; per portare via ogni residuo di quella notte piuttosto tormentata.

 

Per il resto fu un inizio di giornata come i soliti: Anemone, per sua buona abitudine, preparò la colazione per la sorella e la madre, per poi uscire con passo svelto, per non far tardi ai corsi che per quell’anno volgevano a conclusione.

Eh sì! Chiunque l’avesse vista, con la sua aria semplice, ma allo stesso tempo raffinata, con i suoi modi dolci e il suo sorriso gentile, avrebbe pensato che proprio nulla le mancasse: quegli anni l’avevano trasformata da quattordicenne adolescente in una giovane donna; avevano riempito la sua figura, ammorbidendone le forme e donandole un’aria seducente, che non immaginava, neanche lontanamente, di avere.

I capelli erano diventati lunghi, anche se per lo più le piacevano raccolti in una coda alta, quasi per camuffare quell’eccessiva femminilità che le donavano; il magnetismo dei suoi occhi verdi e profondi poteva ora esprimersi in tutta la sua forza, avendo detto addio, dopo l’intervento con laser, agli occhiali.

Bella sì… ma anche intelligente: lo sapevano bene i suoi compagni di corso, che non riuscivano però ad invidiarla e a malignare sul suo conto, come normalmente capita quando ci si trova di fronte ad un intelletto superiore. La disponibilità della ragazza, pronta sempre a dispensare consigli ed aiuti, tenevano a freno anche le lingue più biforcute.

Ma come spesso accade l’apparenza è spesso fonte di inganno: un senso di vuoto attanagliava il suo cuore, il suo animo, la sua mente e l’incedere del tempo acuiva il suo malessere. Qualcosa allora mancava nella sua vita.. o meglio qualcuno!

 

Quel giorno, al termine dei corsi, sapeva che avrebbe passato un pomeriggio diverso dal solito.

“Ciao Marina, che bello vederti!” esclamò la ragazza correndole incontro e abbracciandola calorosamente.

“Anemone! Da quanto tempo… sono quasi tre mesi che non ci vediamo. Grazie di averci concesso questo onore!” disse Marina, accompagnando le parole con un inchino reverenziale.

“Smettila, dai!” rispose, ridendo e ricordandosi di come l’allegria di quella ragazza fosse sempre estremamente contagiosa.

“Senti Anemone” esordì Marina con un tono minaccioso “ti stai facendo troppo bella per i miei gusti: insomma Luce è sempre stata il maschiaccio della situazione, tu la cervellona e io la bomba sexy: non vorrai sconvolgere tutto e rubarmi la scena per caso?”

“Non mi permetterei mai, mia Biancaneve” ricambiando l’inchino prima ricevuto “resterai sempre tu la più bella del reame”.

E scoppiarono in una sonora risata, che fu però interrotto da un “hey, ragazze” molto familiare che le aggredì non solo auditivamente, ma anche fisicamente. Luce si lanciò addosso con la delicatezza di un elefante africano e le strinse così forte da spezzar loro il fiato. “Calma Luce” esclamò Anemone ancora soffocata da quell’abbraccio “altrimenti il nostro incontro si concluderà all’ospedale”.

 

Erano davvero contente di rivedersi: più divenivano grandi e più le occasioni di passare un po’ di tempo assieme erano rare.

La loro amicizia, in fondo era speciale: avevano sofferto e gioito assieme, avevano corso pericoli inimmaginabili per il resto del mondo ed erano dovute crescere più rapidamente delle loro coetanee. E ritrovarsi riportava inevitabilmente alle menti i ricordi di Sephiro, di quel regno fantastico che aveva per sempre cambiato le loro esistenze.

“Io propongo un bel gelato” gridò Luce.

“Va bene” disse Marina “ma io lo prendo alla frutta: questa settimana ho messo su400 grammi”.

“Cavolo” fece Anemone con fare ironico “dicevo io che ti trovavo ingrassata!”.

Marina si rivolse a lei con uno sguardo tagliente “Vedi, avevo ragione io, stai attenta ai miei passi falsi perché vuoi rubarmi la scena!”

“Ormai mi hai scoperta” disse con fare solenne Anemone portandosi le mani al volto per simulare un atteggiamento disperato – ma in realtà solo a celare la risata incombente-

“Hey ragazze, mi sono persa qualche puntata?”disse un po’ imbronciata Luce, ma non avrebbe avuto risposta, perché Anemone tirandola per mano esclamò: “Allora lo andiamo a mangiare questo gelato?”

 

Le tre ragazze entrarono nella più bella gelateria di Tokjo: era proprio il caso di dire che ce n’era per tutti i gusti, tanto che gli intenti di Marina furono subito messi da parte. Non sapevano che di lì a poco quelle leccornie sarebbero state il loro ultimo pensiero.

Sedute al tavolino, la logorroica Marina stava tenendo banco con uno dei suoi interminabili monologhi sulle sue pene d’amore: “… e così amiche mie non so proprio come comportarmi con lui, sono notti che non dormo e ora mi stanno venendo pure gli incubi…ne ho fatto uno stanotte spaventoso… però non mi arrendo voglio insistere con lui perché…”

Anemone che fino a quel momento aveva ascoltato l’amica distrattamente, conoscendo la sua incostanza in amore e il suo enfatizzare le cose, si fece immediatamente seria ed attenta alla parola incubo e notò come lo stesso era accaduto a Luce, anch’essa scossa come da un brivido lungo la schiena.

Le due ragazze si fissarono negli occhi per alcuni secondi, mentre Marina continuava imperterrita il proprio chiosare.

“Che genere di incubo hai avuto?” la interrupe Anemone con un tono serio, dopo essersi ripresa da quel momento di sbigottimento.

“Cosa?” rispose Marina, che non era riuscita a capire subito a cosa facesse riferimento l’amica. “Ah sì… il sogno di stanotte…strano e pauroso…ma forse dipende dalla stanchezza e dallo stress di questi giorni…mi sono allenata parecchio per una gara di scherma e…”

“Insomma che hai sognato?” la incalzò Luce.

Vedendo lo sguardo accigliato delle amiche, Marina abbandonando il suo tono ridanciano, cominciò: “Ecco, non so bene come spiegare. Era piuttosto confuso non so dove mi trovavo…era l’interno di un castello…c’erano delle figure avanti a me…non riuscivo a vedere i loro volti…erano come sbiaditi…ma li vedevo parlare fra loro…e, non so perché, ma per quanto non sentissi le loro parole mi incutevano paura…fino ad allora sembravano non aver percepito la mia presenza. Uno di loro però voltatosi cominciava ad avanzare verso di me, era mostruoso, e senza che me ne rendessi conto mi si avventava addosso, gettandomi le mani alla gola, impedendomi di respirare…mi sembrava di soffocare. Quando mi sono svegliata ero sudata e il cuore mi batteva a mille”.

“Sai” disse Luce “te l’ho chiesto perché anch’io ho fatto un sogno strano. Ero in un prato bellissimo: gli animali correvano intorno a me, insieme a dei bambini che gridavano felici. Ma ad un certo punto, tutti, nel medesimo istante si fermavano. L’allegria che mi circondava, svaniva ed era sostituita da un senso di angoscia”. Luce si fermò, con un’aria un po’ sbigottita. “Eh beh…il mio sogno finisce come il tuo.. uno dei bambini mi si avventava contro.. cercando di soffocarmi. Anche lui aveva subito una trasformazione mostruosa. Non c’è bisogno che dica come mi sono svegliata”.

Per tutto quanto il tempo Anemone era rimasta in silenzio. Nonostante fino a un attimo prima stava gustando il suo gelato, aveva la gola secca; trasalì quando le due compagne si voltarono verso di lei.

Raccontò quanto la stessa notte aveva sognato, pur essendo stato anche il suo un incubo confuso e indecifrabile: “E’ successo anche a me, anch’io venivo assalita da un uomo con strane sembianze…un mostro, che stava per schiacciarmi con il suo peso!”

Ci fu un minuto di silenzio surreale, che Marina decise però di interrompere: “Dai ragazze, non ne facciamo una tragedia…sarà stato un caso…in fondo il nostro legame è speciale”. Ma quelle parole non convinsero neanche chi le aveva proferite.

“Non può essere una semplice casualità” fece Luce “un sogno… o meglio un incubo, molto simile…fatto la stessa notte da tutte e tre…”

“E credo ci siano altri due dettagli su cui riflettere e a cui credo anche voi stiate già pensando” disse gravemente Anemone.

Marina abbassò lo sguardo: “Non era un castello qualsiasi o una roccaforte medievale quello del mio sogno…era il castello di Clef. Così come immagino fossero di Sephiro i verdi prati del sogno di Luce. Allo stesso modo quella terra devastata e sul punto della distruzione che hai sognato tu Anemone, l’abbiamo vista nel nostro secondo viaggio… quando l’assenza della colonna portante stava mettendo a rischio l’esistenza di Sephiro. Sempre e solo Sephiro!”.

Senza soluzioni di continuità, Luce proseguì: “E proprio stanotte cadeva il quinto anniversario del nostro ritorno da Sephiro e cioè da quando liberai per sempre i suoi abitanti da quelle regole che già troppe vittime avevano fatto”.

Anemone sospirò: “Già!”

 

- continua -

 

  
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