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Autore: Vattelapesca    02/03/2012    4 recensioni
Cosa vi viene in mente se dico Rita Skeeter? Acidità, tante menzogne, brutta abitudine di ficcare il naso ovunque, scarso senso della moralità e fastidioso ingegno.
Ma tutti abbiamo bisogno di qualcuno ed anche Rita, forse, ha un cuore. Ho detto forse.
Dal testo:
Lei rivolse lo sguardo al soffitto, sbuffando. «Non vorrai ricominciare con questa storia.»
«I tuoi metodi sono sbagliati. E lo sai.»
«I miei metodi funzionano.»
«Ma sono immorali e, sopratutto, illegali.»
«Ma sentilo.» Ridacchiò lei. «Denunciami, allora.»
«Non potrei mai, lo sai.»
[...]
“Baciarlo, pensò Rita, era come tornare a casa dopo tanto tempo.”
Questa storia partecipa al contest "Everybody needs somebody" indetto da Charlotte McGonagall sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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 Partecipante al contest "Everybody needs somebody" di Charlotte McGonagall
Nick efp e forum: Vattelapesca /Snoopy_4
Titolo : Lovely Rita
Genere : Introspettivo, sentimentale
Personaggi : Rita Skeeter, Norman Longwill (OC)
Rating : Verde
Pairing : Rita Skeeter/
Avvertimenti : One shot
Introduzione : Cosa vi viene in mente se dico Rita Skeeter? Acidità, tante menzogne, brutta abitudine di ficcare il naso ovunque, scarso senso della moralità e fastidioso ingegno.
Ma tutti abbiamo bisogno di qualcuno ed anche Rita, forse, ha un cuore. Ho detto forse.
Dal testo:
Lei rivolse lo sguardo al soffitto, sbuffando. «Non vorrai ricominciare con questa storia.»
«I tuoi metodi sono sbagliati. E lo sai.»
«I miei metodi funzionano.»
«Ma sono immorali e, sopratutto, illegali.»
«Ma sentilo.» Ridacchiò lei. «Denunciami, allora.»
«Non potrei mai, lo sai.»
[...]
Baciarlo, pensò Rita, era come tornare a casa dopo tanto tempo.”
 
NdA: forse da leggere dopo la storia, ci potrebbe essere qualche anticipazione.
Piccolo appunto sulle date: Rita nasce probabilmente nel 1951 e quindi esce da Hogwarts nel '69. Dopo la caduta di Voldemort del 31 Ottobre dell'81, Rita pubblica una serie di articoli sui Mangiamorte, rivelandone le identità ben prima dei processi. Ho quindi pensato che la data dell'85 potesse incastrarsi bene. Rita è ancora giovane, ha appena avuto i suoi primi successi, ed è determinata più che mai a far carriera.
Successivamente, viene ricattata da Hermione nel giugno del 1995 e come sappiamo sarà costretta ad un periodo di silenzio. Nel Febbraio del 1996 accetterà di scrivere l'articolo su Harry per il Cavillo e, fino al '97, anno della pubblicazione di “Vita e menzogne di Albus Silente” non avremo più sue notizie. Ho quindi deciso di ambientare la mia storia tra il '95 ed il '96, quando Rita se la passava proprio male.
Ho provato ad andare oltre all'impressione superficiale che abbiamo di lei ed il mio cervellino bacato ha immaginato questo. ;D
La collana di libri Cuori Stregati è di mia totale invenzione. L'immagino come il corrispettivo magico dei romanzi rosa, come gli Harmony, o qualcosa del genere. Dopotutto Rita non ce la vedevo a leggere una copia di Trasfigurazione Oggi, che poi è una rivista, ma non mi viene in mente altro di “magicamente impegnato”.
Lovely Rita è ovviamente una canzone dei Beatles, ma le strizzate d'occhio si fermano all'analogia Skeeter/ Beatle e al nome nel titolo. Insomma, in poche parole il testo della canzone non c'entra niente. Be', penso sia tutto.  
 
 
Lovely Rita

24 Dicembre 1995
 
«Signora, io dovrei proprio chiudere. »
La donna alzò lo sguardo dal bicchiere ormai vuoto, accorgendosi improvvisamente di essere l'unica cliente rimasta. Il barista la stava guardando con una certa diffidenza mista a commiserazione.
«Non mi riconosci, Tom? Dopotutto non è passato molto da quando ero una cliente abituale...» Riuscì a biascicare lei con immenso sforzo.
Ci fu un attimo in cui lui la squadrò silenzioso, poi una scintilla illuminò i suoi occhi e lei seppe di essere stata riconosciuta.
«Rita Skeeter!» Esclamò sorpreso. Subito, ogni traccia di compassione sparì dal suo volto. Forse non era uno dei suoi fan, si disse mentre un ghigno le si apriva sulle labbra scoprendo lo scintillio dei denti d'oro.
C'erano una serie di ottimi motivi per cui non avrebbe dovuto essere lì. Prima di tutto, quella situazione era veramente squallida. Stava passando la vigilia di Natale da sola ad un tavolo del Paiolo Magico a sorseggiare – anche se il termine più appropriato sarebbe stato ingollare – dell'Ogden Stravecchio che era ben al di sopra delle sue possibilità economiche. La questione dei soldi, poi, era senza dubbio un altro di quegli ottimi motivi da aggiungere alla lista. Nonostante la mente annebbiata dall'alcool, era riuscita a calcolare di aver smesso di potersi permettere le consumazioni più o meno al secondo bicchiere. Ma lei era andata oltre. Molto oltre.
Tom posò sul tavolo un foglietto con il conto che lei guardò appena, continuando a sorridere.
«Su,Tom, andiamo...» Provò a blandirlo con voce strascicata.
In quel momento la porta del pub si aprì e Rita, che era piuttosto vicina all'entrata, avvertì il gelido spiffero del vento soffiarle sulla faccia accaldata.
«Mi dispiace Signore, ma sto per chiudere.» Disse subito Tom per fermare quel cliente ritardatario.
«Che peccato. Speravo di poter rimanere a fare quattro chiacchiere con questa mia vecchia amica...»
Al sentire le parole di quell'uomo, Rita ebbe l'impulso naturale di allungare il collo per scoprire chi fosse questa vecchia amica. Ma l'uomo era solo e la stava guardando con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra. Le ci volle un attimo per riconoscere quel sorriso e un altro attimo per capire che la persona a cui si stava riferendo era lei. Immediatamente, la sua presenza la fece sentire imbarazzata come una ragazzina alla prima cotta. Non le serviva uno specchio per dirle quanto male fosse ridotta. Sapeva perfettamente come i capelli le ricadessero piatti e sciupati sulla nuca, come le unghie fossero scheggiate e come alla montatura degli occhiali mancasse qualche strass.
«Norman?» Chissà perché, suonò come una domanda.
«Mi dispiace, ma devo chiudere. Perché non la porta via?»
«Capisco.» Assentì l'altro, ignorando il richiamo della donna. Poi, data un'occhiata al foglietto con il conto, si frugò nelle tasche e depositò un paio di monete scintillanti sul tavolino.
Quasi senza accorgersene, Rita si ritrovò in piedi e, sorretta da Norman, in pochi traballanti passi fu fuori dal pub.
 
*
 
 
30 Agosto 1985
 
Puntellandosi sui gomiti, giaceva distesa a pancia in giù sul letto disfatto con il mento sorretto dal palmo di una mano. Accanto a lei Norman, seduto con la schiena appoggiata alla testata del letto, giocava distrattamente con uno dei suoi boccoli biondi.
«Ti ho spettinata.» Le fece notare con un sorrisetto.
Come per riflesso, anche le sue labbra si incurvarono. Chiuse gli occhi, assaporando sulla schiena nuda il calore del sole morente che trapelava dalla finestra.
«A proposito di capelli... come mai questo colore?»
«Aiuta a farmi sembrare innocua. Tutti credono che le bionde siano stupide, no?»
Lui ridacchiò sommessamente. «Credimi, sembri tutto meno che innocua.»
Lei si girò su un fianco per riuscire a vederlo meglio in volto. Non era mai stato veramente bello, Norman. Le spalle erano sempre state troppo piccole e cascanti, il petto troppo scarno ed il naso troppo lungo. Da ragazzo, forse, quando portava i capelli lunghi e rispetto ai suoi compagni sembrava alto come una pertica, aveva posseduto un certo fascino. O, almeno, lo aveva posseduto su di lei.
«Raccontami del Ministero.» Chiese la donna.
«Ancora? Perché ti interessa tanto? È solo un noiosissimo lavoro.»
«Oh, andiamo. Come se fosse il lavoro ad interessarmi... E poi, se è così noioso, perché non lasci tutto e vieni a lavorare con me? Da quando ho scritto gli articoli sui Mangiamorte il Profeta mi ha dato sempre più spazio. Una giornalista ha bisogno del suo fotografo, no?»
«Te l'ho già detto, sto bene così. E poi non hai Bozo?»
«Bozo è un idiota, Norman. Lo tengo solo perché non fa domande sui miei metodi e mi segue come un cagnolino.»
«Ecco, appunto. Io, invece, qualche domanda sui tuoi metodi ce l'avrei.» Rispose lui alzando le sopracciglia con fare eloquente.
Lei rivolse lo sguardo al soffitto, sbuffando. «Non vorrai ricominciare con questa storia.»
«I tuoi metodi sono sbagliati. E lo sai.»
«I miei metodi funzionano.»
«Ma sono immorali e, sopratutto, illegali.»
«Ma sentilo.» Ridacchiò lei. «Denunciami, allora.»
«Non potrei mai, lo sai.»
«Appunto. E adesso basta con questi discorsi noiosi. Raccontami cosa combinate al Ministero. Voglio qualche gossip fresco e succoso, mi raccomando. Non le storielle dell'altra volta.»
Lui parve rifletterci un attimo, poi, guardandola con fare serio, disse: «Una cosa ci sarebbe, ma devi promettermi che non la racconterai a nessuno. Se si viene a sapere potrei finire nei guai...»
«Cos'è?»
«Prima prometti!»
«Prometto, prometto! Ma ora racconta!»
Norman sorrise un'ultima volta prima di iniziare la sua storia.
 
Il giornale sbatté sul tavolo con tanta violenza da far volare tutte le pergamene sulle quali Rita stava lavorando.
«Norman!» Esclamò sorpresa. «Potevi bussare.»
In tutta risposta lui le infilò il settimanale sotto al naso. Le ci volle un attimo per capire il perché di quell'entrata così furiosa. Ben visibile nella prima pagina, il titolo recitava:
 
CRONACA DI UNO SCANDALO: QUANDO LA CATASTROFE AVVIENE IN FAMIGLIA
di Rita Skeeter
Chi ha detto che al Ministero della Magia non ci si diverte? Mervyn Dorey, capo del Dipartimento Catastrofi ed Incidenti Magici, sembra star portando avanti da mesi una storia con un'altra dipendente del Ministero, impiegata presso il Comitato Scuse ai Babbani.
«Lui dice alla moglie di dover fare gli straordinari al lavoro, invece passa il tempo con quella donna. Sono mesi che lo copro con la povera Denee.» Afferma una fonte certa, che mi ha rivelato in esclusiva questa torbida storia.
SEGUE A PAGINA 16
 
«Si può sapere cosa ti dice il cervello?! Avevi promesso!» Urlò lui.
Lei si alzò dalla sedia per raccogliere i fogli sparsi a terra, guardandolo appena.
«Non vedo il motivo per farne una tragedia.»
«Te l'avevo detto in confidenza! Mi avevi promesso che non l'avresti detto a nessuno e invece l'hai spiattellato sulla prima pagina di un dozzinale giornaletto scandalistico!»
«Se proprio volevi mantenere il segreto, allora non dovevi dirmelo. Non fingere di non saperlo, mi hai servito la notizia su un piatto d'argento.» Sibilò lei, infastidita dai toni esagitati dell'altro.
«Pensavo che non saresti arrivata a mettermi in mezzo! Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ero uno dei pochi a conoscere quella storia, se non l'unico. Adesso mi ritroverò in un mare di guai!»
«In un mare di guai? Ma per favore! Non c'è neanche il tuo nome su quell'articolo, Norman. L'unico che passerà un mare di guai, qui, è il tuo amico Dorey. Quanto credi che ci vorrà prima che rinunci al posto?»
Lui spalancò la bocca, spiazzato dalla risposta. Poi prese a misurare la stanza a grandi passi.
«Non senti neanche un briciolo di rimorso? Hai rovinato un matrimonio, una carriera, anzi... due carriere, e per cosa? Una sacchetto pieno di Galeoni, un maggior numero di lettori? Spiegamelo, Rita, perché non capisco.»
«Come se fossi io la colpevole, qui! Mi sono solo limitata a far saltar fuori la verità, ecco tutto. Questo è il mio lavoro, nel caso non te ne fossi accorto.»
«Be', forse è questo il problema. E' sempre il tuo lavoro. E' il tuo lavoro quando sparisci per settimane, quando passi le notti a scrivere articoli. Tutto questo finirà per consumarti, non lo capisci? Tutte quelle cattiverie, quelle falsità... alla fine la gente si vendicherà in qualche modo. Non ce la faccio più a dover far finta di non sapere.»
Aveva abbassato il tono di voce e si era avvicinato a lei, rivolgendole uno sguardo intenso.
D'improvviso, Rita si mise a ridergli in faccia. Non era una vera risata, ovviamente. Il gesto sarebbe potuto passare come di scherno, ma in realtà nascondeva una profonda tensione.
«Sul serio? Ho capito bene? Mi stai chiedendo di scegliere tra te ed il mio lavoro? Andiamo, non essere ridicolo.»
«Ti prego, Rita.»
«Ti prego?! Adesso fai il santerellino, vero? Hai forse dimenticato come il lavoro che tanto disprezzi ti abbia fatto comodo, al tempo dei processi contro i Mangiamorte? Se io non avessi infangato quella storia a quest'ora non saremmo qui a parlarne. E' grazie a me che nessuno ha saputo quanto tu fossi attratto dalle arti oscure, all'epoca.»
«Quella storia non c'entra assolutamente niente...» Provò a difendersi lui.
«Eccome se c'entra. Ti vado bene solo quando ti sono utile, solo quando hai voglia di un letto caldo nel quale infilarti, non provare a negarlo.»
«Ma... ma come fai a pensare una cosa del genere?! Non è affatto così, credimi. Se solo tu mi ascoltassi, potremmo avere la vita che vogliamo, una vita tranquilla.»
«Ma è questa la vita che voglio! E sai una cosa? Non ho bisogno di te. Puoi andartene, se vuoi.»
«Non sai cosa dici.»
«Eccome se lo so. Vattene, Norman! Non ho bisogno di te nella mia vita.»
«Non mi puoi buttare fuori, questa è anche casa mia.»
«Non lo è affatto. Sono i miei Galeoni a pagare l'affitto, ricordi?»
La guardò sbalordito, la faccia rossa per la rabbia e le mani tremanti. Continuando a fissarlo truce lei gli fece ancora segno di andarsene. Allora lui, lentamente, si mosse verso la porta.
«Te ne pentirai.»
«Va' via!» Urlò lei, stridula.
«Un giorno capirai che hai bisogno di me.» Le disse abbassando la maniglia. Poi rimase sulla soglia per un po' di tempo, come per darle la possibilità di fermarlo. Lei, però, non lo fermò. Rimase lì a guardarlo con aria di sfida finché la porta non sbatté con violenza, facendo tremare i quadri appesi alle pareti. Poi aspettò di sentire i suoi passi risuonare giù per le scale e, infine, il tonfo sordo del portone. Allora, solo allora, scoppiò a piangere.
 
*
 
Il sole le ferì gli occhi troppo presto, facendola raggomitolare sotto le coperte. Sentiva la testa pesante come un bolide, la lingua era gonfia e le labbra secche reclamavano disperatamente un bicchiere d'acqua. Fu il proposito di andarlo a prendere in cucina che la fece – sebbene con estremo sforzo – alzare dal letto. La testa le girò per un attimo, costringendola a chiudere gli occhi per evitare un attacco di nausea. Improvvisamente, i ricordi della sera passata la colpirono con la forza di un Troll di montagna. Le giunsero frammentati e confusi, ma alla fine riuscì a riordinarli con una parvenza di logica. Norman Longwill era entrato al Paiolo Magico, aveva pagato il conto per lei e poi l'aveva accompagnata a casa. L'ultima cosa che ricordava era lui che apriva la porta, poi c'era solo buio. Ma poco importava. Si era svegliata nel suo letto con addosso i vestiti della sera prima, tanto bastava per ricostruire il resto della nottata. L'unico vero interrogativo era un altro: Norman era ancora lì?
Per scoprilo non le ci volle molto, giusto il tempo di alzarsi e fare qualche passo che fu in salotto. Lo trovò seduto sul divano intento a sorseggiare una tazza di caffè, proprio come se quella fosse stata casa sua.
«Buongiorno.» La salutò con un sorriso.
Diffidente, lei rimase sulla soglia, appoggiata allo stipite.
«Vedo che la usi ancora. Te l'ho regalata per il tuo primo articolo, ricordi?» Disse indicando la borsa verde di coccodrillo che lei aveva abbandonato su una delle poltrone. E come avrebbe potuto dimenticarlo? Ricordava molto bene quel giorno. Assieme al pacchetto che lui le aveva consegnato c'era un biglietto che diceva: “Alla mia adorabile Rita.”
«Che ci facevi in un pub la vigilia di Natale?»
«Cercavo te.» Rispose semplicemente lui.
Lei non poté impedire alle sue sopracciglia di alzarsi vistosamente.
«Ero andato agli uffici del Profeta per cercarti, mi hanno detto che non lavoravi più, ma che probabilmente potevo trovarti lì.»
«Vecchi impiccioni.» Bofonchiò Rita, accorgendosi solo un momento dopo quanto quella frase potesse risultare assurda detta da lei.
«Comunque,» riprese lui «ho notato che è da Giugno che non scrivi più un pezzo.»
«Che fai, controlli il giornale tutti i giorni?» Domandò lei, acida. In realtà, sperava in una risposta affermativa, anche se non gliel'avrebbe mai confessato. Quant'era che non parlava con Norman? Anni. Tanti, troppi anni. La verità era che, dopo quel giorno di molto tempo prima, il loro rapporto si era incrinato in maniera irreparabile. Certo, ogni tanto avevano continuato ad incontrarsi in maniera più o meno casuale, se non altro per urlarsi contro. Alla fine, semplicemente, si erano persi.
Lui, si disse Rita, poteva anche essersi sposato. Magari adesso aveva tutto quello che voleva. Una bella casa, una moglie che lo amava e, magari, dei bambini. Sarebbe stato giusto, equo. Ma le cose non erano affatto andate così, e lei lo sapeva.Poteva continuare a prendersi in giro quanto voleva, ma la verità era un'altra. Il fatto che per tutto quel tempo avesse controllato ogni sua mossa e ascoltato ogni voce sul suo conto era qualcosa che non poteva negare.
Norman aveva passato quei dieci anni da solo, proprio come lei.
«Sì. Aspettavo il giorno in cui avresti smesso ed a quanto pare è arrivato. O sbaglio?»
All'udire quelle parole le parve di sentire il cuore fare una capriola. Forse era il tono con cui lui le aveva dette, forse era il modo in cui continuava a guardarla o, ancora, era semplicemente il fatto che fosse lì, seduto nel suo soggiorno come se il tempo tra loro non fosse affatto trascorso.
In quel momento si rese conto di avere davanti due scelte ben definite: poteva dirgli che sì, era come pensava lui, aveva appeso la sua acida penna al chiodo, oppure poteva raccontargli la verità. Ma Rita Skeeter non aveva mai avuto un buon rapporto con la verità. Per lei fu facile annuire silenziosamente in modo da lasciargli credere quello che voleva. In fondo, si disse, quello che Norman le aveva detto quel giorno di dieci anni prima era vero. Aveva bisogno di lui.
 
Trascorsero quel Natale assieme. Lui insistette per portarla a mangiare fuori e Rita non si fece pregare troppo prima di accettare. Dopo qualche giorno, lui tornò a trovarla, e così fece il giorno successivo, e quello dopo ancora, e ancora. Finché i giorni non divennero settimane e le settimane mesi.
Tra loro c'era una sorta di tacito accordo per cui potevano parlare di tutto tranne che della loro relazione. Era evidente come quello non fosse altro che un tentativo di ricucire un rapporto sfilacciato dal tempo. Tuttavia, nessuno dei due aveva provato a chiarire la situazione. Per Rita tutto era incerto e confuso. Il fatto che lui l'avesse aspettata così a lungo andava contro ogni logica. Eppure, quasi ogni giorno, Norman si presentava alla sua porta. Con discrezione – in modo da non offenderla – le portava sempre qualcosa da mangiare. Così la sua casa si era riempita di stecche di cioccolato marcate Mielandia, Zuccotti di Zucca e Api Frizzole.
«Perché fai tutto questo?» Si decidette a domandargli in un ventoso giorno di Febbraio, dopo settimane passate a raccontarsi di tutto e di niente. Erano usciti fuori per fare una passeggiata ed adesso lui la stava accompagnando a casa.
«Che vuoi dire?»
«Perché mi aiuti, Norman? Non me lo merito, e lo sappiamo entrambi. Ti ho trattato in un modo orribile, eppure tu sei ancora qua. Non capisco come fai. Io non potrei riuscirci.»
Lui si prese un attimo per rispondere. Poi, alla fine, abbassando lo sguardo le disse: «Ti aiuto perché hai finalmente capito di averne bisogno. E' questo quello che fanno gli amici.»
«Noi non siamo amici. Non lo siamo più da tanto tempo.»
«E allora cosa siamo?» Le domandò lui, guardandola con la coda dell'occhio.
In tutta risposta lei lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi. Poi, come fosse la cosa più naturale del mondo, gli prese il volto fra le mani e lo baciò. Dovette alzarsi sulla punta dei piedi per farlo, lui era sempre stato molto più alto di lei, fin da quando erano ragazzini. Norman le cinse la vita per avvicinarla a sé ancora di più. Baciarlo, pensò Rita, era come tornare a casa dopo tanto tempo. Sentire il sapore delle sue labbra, affondargli le dita tra i capelli e percepire il calore del suo corpo contro il proprio erano cose che non aveva affatto dimenticato. Quante volte, nel corso di quei dieci anni, le era mancato quel contatto? Troppe per essere contate, molto probabilmente.
Alla fine, fu lui ad interrompere quel lungo bacio. Si staccò da lei con un espressione spaesata ed il fiatone.
«Io... io devo andare.»
«Tornerai, vero?» Fu l'unica cosa che chiese lei. Per quanto lo volesse, sapeva di non potere trattenerlo.
Lui se ne andò senza rispondere, lasciandola sola al freddo vento di Febbraio.
 
Qualche giorno dopo Norman tornò a bussare alla sua porta. Teneva in mano una copia del “Cavillo” con in copertina una grande foto di Harry Potter.
«Era fantastico.» Disse semplicemente. Era una cosa piuttosto stupida da dire, in effetti. L'articolo affermava che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era realmente tornato e, esclusi i Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban, nessuno sano di mente avrebbe potuto trovare fantastica una notizia del genere. Tuttavia, Rita aveva esattamente capito cosa Norman intendesse con quelle parole. Credeva che lei avesse fatto la scelta giusta mettendo la sua penna a servizio della verità, poco importava se ciò non le aveva fruttato neanche mezzo Zellino.
Stapparono una bottiglia di Vino Elfico per brindare e passarono la serata a discutere di cose che sarebbero potute apparire stupide, paragonate al fatto che una seconda Guerra Magica era alle porte. Poi, quando ormai le bottiglie erano vuote e le loro palpebre avevano cominciato a farsi pesanti, lui la baciò. Per la prima volta dopo tanto tempo, trascorsero la notte insieme.
 
 
Guardandolo dormire disteso al suo fianco nell'oscurità, Rita si chiese se fosse giusto nascondergli la verità. Molto probabilmente non avrebbe mai potuto dirgli che la sua scomparsa dai quotidiani non era affatto una scelta personale, ma solo un subdolo ricatto. Quindi, che fosse onesto o meno, per lei non faceva differenza. Per lei era giusto, tanto bastava. Poco le importava di dover mentire, se quello era l'unico modo per farlo rimanere con lei. Aveva sempre vissuto grazie alle menzogne, una in più non avrebbe fatto male a nessuno.
Si sporse per aprire il cassetto del comodino e prendere un vecchio libretto della collana Cuori Stregati. Con sicurezza lo aprì a metà estraendo dalle pagine un foglietto di pergamena. Non le fu necessario far luce per sapere cosa ci fosse scritto. Diceva: “Alla mia adorabile Rita.” e con sé portava l'odore dei ricordi.



PS ( in verde acido, perché fa più Rita XD ) : il contest consisteva nello scegliere un personaggio secondario, quelli di cui la Row ci ha detto poco, e trovare loro un qualcuno da amare. Appena ho visto il nome di Rita Skeeter, la mia immaginazione ha cominciato a cavalcare a briglia sciolta, tanto che il progetto originale era lungo
 almeno il doppio di questa O.o  Devo dire che il personaggio di Rita (speriamo di averla resa bene) mi ha stregata. Avrei intenzione di sviluppare, partendo da qui, una long su di lei. Fatemi sapere cosa ne pensate. Le recensioni, anche e soprattutto quelle critiche, sono graditissime e fanno bene alla salute :D
Merlino, con tutto questo verde mi fanno male gli occhi a guardare lo schermo.
  
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