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Autore: Lord_Trancy    03/03/2012    8 recensioni
Penso che il legame di Matt e Mello non si sia sciolto nemmeno dopo la loro morte. Ma ero in vena di malinconia, quindi ho pensato cosa sarebbe successo se, sopravvissuti al caso Kira, fosse arrivato il momento di dirsi addio, quando ci si rende conto che l’amore non brucia nei cuori come un tempo.
“Eri l’ossigeno che bruciavo. Tu infinito come l’universo, io inestinguibile come la rabbia. E tu non sei soffocato. Ed io non mi sono spento.”
[M♥M]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Qualche Nota:
Uhm, sì. Questa strana shot è stata concepita in un quarto d’ora, dove la malinconia di dover studiare latino e sapere che la Mari era malata mi ha colta di sorpresa. E quindi ho pensato bene di scrivere qualcosa di malinconico, questa volta utilizzando il mio OTP. Perché sì, dai, Matt e Mello continueranno ad essere uniti (sia amore o sia amicizia, non ha importanza) anche dopo la loro morte. Ho quindi pensato come sarebbe invece un loro addio, quando ci si rende conto che l’amore non batte più come agli inizi. Ecco quindi un po’ di pensieri malinconici. Nei paragrafi a sinistra ci sono i pensieri di Matt, a destra quelli di Mello e nel centro la narrazione esterna. Credo che si possano leggere prima tutti quelli di una determinata colonna, anche se consiglio di leggere seguendo un ordine più normale la prima volta. Insomma, tanto per cambiare, non so cosa ho scritto. È per voi lettori, fatene quello che volete, poi ditemi com’era :) Io incrocio le dita.
Lally

 
 

~†~
 

 

Non ci credo sai? Vedo il mondo intorno a me, ripenso a quello che sto facendo qui e continuo a non crederci.
 

Hai deciso, quindi. Ho sempre temuto che sarebbe successo, eppure adesso che sei qui di fronte a me non ho più paura alcuna. Anzi, sono felice che stia accadendo con questa strana semplicità.

 

Matt è appoggiato al cofano della sua fedele auto rossa, malridotta dopo il fatidico ventisei Gennaio. Il piovigginare leggero sporca un poco la carrozzeria. Quella stessa pioggia inumidisce la chioma bionda di Mello, in piedi fronte a lui. Silenzioso come la pioggia.

 

Ci pensi che nemmeno sei mesi fa mi sono ritrovato circondato da una decina di fottuti uomini armati? Mi hanno sparato, cazzo, è un miracolo che riesca ancora a camminare dopo quel buco che mi hanno fatto sulla gamba. Non hanno esitato nemmeno un secondo, la mia scusa dell’essere solo un complice è servita a nulla. Magari anche loro sapevano tutto.

 
Le nuvole sono un po’ più fitte di quella mattina, colorano l’aria di un paco grigiore.
 

È esattamente così che mi sento; un po’ grigio, un po’ spento. È esattamente così che mi sentirò per tutti gli anni a venire, da questo giorno in poi. So già che se ora te ne vai – me ne vado – molti, se non tutti, i colori, le sensazioni, le sorprese della mia vita mi lasceranno. Andranno via con te e, al contempo, moriranno per sempre. Niente, nessuno, alcuna cosa o persona di questo mondo potrà mai solo sperare di immaginare tutto quello che abbiamo vissuto. Solo tu ed io.

 

Si fissano, ma non si guardano veramente. Gli occhi smeraldini di Matt e quelli zefiro di Mello sono pieni solo di quel nulla grigio che colora la statale di fianco a loro. O forse è la statale di fianco a loro che con il suo grigio e con il suo significato colora il nulla. Quante macchine saranno passate di lì? Quanti altri addii saranno stati pronunciati su quella piazzola di sosta?

 

Non che m’importi saperlo. Non ho deciso io di salutarti qui, è solo il luogo più vicino al nostro motel e alla strada verso il resto. Tutto ciò che non sia tu. È la prima volta che prendo una strada che non sia per seguirti, per trovarti, per salvarti. E non m’importa più di farlo. Ce ne siamo accorti insieme. Non era più come prima. E con “prima” intendo definire tutto quel periodo infinito durante il quale avevamo la vita contata ed era l’ultimo dei miei problemi. Quando mi fregava soltanto di riempirmi gli occhi di Mello. Volevo vivere della tua presunzione, della tua arroganza e della tua prepotenza. Volevo stringerti e guarire la fragilità che non mi hai mai veramente nascosto. Con “prima” intendo tutto quel periodo in cui bastava che tu poggiassi gli occhi sui miei per mandarmi all’inferno e farmi sentire il paradiso sulla pelle.
Abbiamo vissuto con tanta furia, prendendoci tutto il poco che la vita ci abbia miseramente offerto, per trasformarlo in un nettare prezioso, ricco di dolore e piacere, che avremo solo noi. Ma ora non è più così. Quando ti guardo manca qualcosa.

 

Non è una cosa che si sceglie. Eri l’ossigeno che bruciavo. Tu infinito come l’universo, io inestinguibile come la rabbia. E tu non sei soffocato. Ed io non mi sono spento. È questo ciò che succede quando un corpo inarrestabile ne incontra uno inamovibile? Non lo so, Matt. Ti amo ancora, tanto, di questo sono sicuro. Ti devo tutta la mia vita, perché senza averti avuto per me non avrei mai imparato ad ottenere qualcosa da questa sorte beffarda. Sei diventato la mia sorte. Il mio destino lo leggevo nei tuoi occhi. Anche se adesso non provo niente di tutto questo. È meglio così, avremmo finito per consumarci a vicenda, fino allo stremo. Ho preso quello che mi hai offerto, e tu hai fatto lo stesso con me.
Non ho rimpianto alcuno. Ci sono stati momenti di fuoco, in cui ci siamo amati fino a farci male, con l’avidità di chi vuole tutto dal niente. Ci sono stati momenti di rabbia, in cui ti ho odiato più di quanto pensavo che sarei riuscito a fare, con un’intensità ben diversa da quella che mi spinge a detestare Near. Più pura, più coinvolgente. Non sorda, non giustificata dall’orgoglio. Ci sono stati momenti che, non avrei mai creduto, sono stati densi di amore dolce. Sai che una volta mi sono messo a piangere mentre mi dormivi accanto? Non ero mai stato così felice.

 
Un vento caldo muove quei pochi fili d’erba selvatica che crescono su quello spiazzo malcurato, sul terreno umido per quella dispettosa e fitta pioggerella estiva.

 
Ho sofferto molto nella mia vita. Ovviamente per causa tua. Quando mi hai abbandonato, quando non hai capito perché ti ho seguito, quando hai lasciato che mi sentissi meno di niente. Anche quando hai compreso l’intensità con cui ti amavo, le cose sono cambiate e hai continuato a farmi soffrire. Il piacere presuppone sempre il dolore, anche se non si può affermare il contrario. Cristo, mi hai sbattuto addosso tanto amore che non potevo immaginarmi, non da te, che hai sempre mostrato al mondo quanto eri bravo ad odiare. Dopo non ci siamo più lasciati nemmeno per un respiro, abbiamo sostenuto insieme il dolore della vita e il piacere della nostra vita. Le abbiamo passate tutte.
Ricordi Mello il terrore della morte la notte prima della fine? Se ci ripenso, mi vengono ancora i brividi. Ti ricordi quante volte abbiamo fatto l’amore per sovrastare la paura con le nostre urla quella notte - e tutte le altre -? Io trovo quasi buffo il fatto che la prima associazione che riesco a fare con la parola “morte” sia la parola “sesso”. Forse è solo la mia ironia insensata, o forse è semplicemente sempre stato così. Ci siamo riempiti di botte, ci siamo scopati a vicenda tante di quelle volte, fingendo di farlo solo per amore, quando il vero motivo era tenere lontano il più possibile il brutto dell’esistenza che ci attendeva. Ah, se davvero il mondo fosse iniziato e finito dentro quel letto, quel pavimento, quella vasca da bagno, quel muro con la carta da parati mezza scollata, quel qualsiasi posto dove riuscivamo a consumare la nostra voglia ardente. Ah, se il mondo fosse iniziato e finito tra i miei occhi e i tuoi, tra l’intrecciarsi delle nostre lingue. Io, te, e nient’altro in ogni altro dove. E invece eccoci qui. Inizio a odiare questo asfissiante
 

Matt sorride, amaro. Mello capisce e ricambia sorridendo con gli occhi. Chissà perché non riescono a dire nemmeno una parola, nonostante le loro menti geniali producano infinità di pensieri diversi, nonostante non avrebbero mai più avuto occasioni per una sola sillaba. Poi smette di piovere. Nell’aria aleggia

 

Ma non è così. Non lo è più. Se ci siamo goduti ogni istante di quella vita piena di tutto, ora incassiamo anche questo grigio vuoto, pieno di niente. Cos’è questa realtà dove il mio primo pensiero non sei tu, Matt? Mi spaventa un poco, preferisco averti lontano per poter incolpare di questo muto dolore la lontananza.Viverti accanto senza provare quell’indispensabile tormento che volgarmente chiamato amore non è per me concepibile.
Non mi mancherai Matt, non te lo concedo. Non voglio sapere dove andrai, non voglio sapere nemmeno il tuo nome. Voglio lavare via dalla mia pelle il tuo dolore e il tuo amore, voglio lasciare che si assopiscano per sempre nella mia anima. Per ogni volta che ti sognerò – è inutile negare che non lo farò – non voglio ricollegare il tuo volto a un nome. Preferisco così; tenermi tutto dentro senza possibilità di uscire. Perché, è noto, sono un egoista, e nessun altro deve sapere niente. Per chiunque altro, di noi non deve rimanere altro che
 

Odore di pioggia sull’asfalto bagnato.

 
  
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