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Autore: Alchbel    04/03/2012    3 recensioni
La soddisfazione che stava provando in quel momento, il sentire il potere che scorreva nelle sue vene come fosse sangue, il sorrisetto superiore che restava stampato sul viso come marchio della sua essenza: Sebastian Smythe non era mai apparso tanto raggiante mentre camminava per i corridoi della Dalton con fare maestro nonostante stesse in quella scuola da meno tempo della maggior parte dei ragazzi che incontrava.
Thadastian - Klaine - Niff e chi più ne ha più ne metta :D
Partendo da "On my way" e provando ad inserire qualcosa di un po' diverso, una nuova long ^^
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Thad Harwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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My universe will never be the same

 

 

~ 1°_  Just a joke ~

 

La soddisfazione che stava provando in quel momento, il sentire il potere che scorreva nelle sue vene come fosse sangue, il sorrisetto superiore che restava stampato sul viso come marchio della sua essenza: Sebastian Smythe non era mai apparso tanto raggiante mentre camminava per i corridoi della Dalton con fare maestro nonostante stesse in quella scuola da meno tempo della maggior parte dei ragazzi che incontrava.

La certezza di avere la partita nelle sue mani e di sapere precisamente quale sarebbe stata la prossima mossa degli avversari gli dava una tranquillità superiore che gli sia addiceva in maniera quasi inquietante.

Con fare degno del red carpet di una delle più importanti stelle della serata, il nuovo capitano dei Warblers entrò nella biblioteca della scuola, tracolla in spalla ed un macchiato appena preso alla caffetteria dell'istituto – al “Lima Bean” era stato troppo l'entusiasmo per potersi ricordare una simile sciocchezza.

Si sedette al primo tavolo libero e tirò fuori il libro di trigonometria ed un quadernino su cui svolgere gli esercizi assegnati – non che ne avesse bisogno, lui: la matematica non era mai stata un problema, ma anzi si era sempre vantato di capirla al primo colpo e di saperla applicare con facilità. Insomma era un po' come organizzare le proprie mosse in uno dei piani che di solito architettava per vincere: una serie di incognite che andavano risolte e poi i calcoli andavano da sé in modo prevedibile e scontato. La matematica era scontata: c'era la possibilità di una sola soluzione e lui di solito la conosceva sempre prima degli altri.

Per questo, quando una mano sbatté con forza sul suo tavolino, alzò uno sguardo praticamente annoiato su quelli che il suo campo visivo individuò come Jeff, Nick e Thad. Non ne fu sorpreso ed era certo del motivo per cui erano lì.

Che diavolo c'è che non va in te? anticipò mentalmente.

«Che diavolo c'è che non va in te?», chiese furioso Thad.

Oh, quanto era scontato! Forse era quasi meglio la matematica. Sospirò in modo teatrale e fece una smorfia esasperata.

Come ti è saltato in testa di continuare questa farsa con le Nuove Direzioni?

«Come ti è saltato in testa di continuare questa farsa con le Nuove Direzioni? È già stato sufficiente il casino che hai fatto con Blaine», continuò Jeff con lo stesso tono.

Wow. Elemento inatteso: sentimentalismo. Non si sarebbe mai abituato a quel soffice, roseo, ammasso zuccheroso che avevano tutti lì, al posto di un normale cuore. Perché anche lui aveva un cuore, sia chiaro, ma ringraziando in cielo non così.

«Quanto sono pettegoli quelli! Lo avete saputo prima da loro che da me» si lamentò.

«Questa non è di certo una gara a chi sparge prima la voce, Sebastian! E con le tue continue macchinazioni stai solo infangando il nome del Warblers!».

Il diretto interessato scattò in piedi, stizzito: ne aveva abbastanza di tutta quell'ingratitudine! Lui stava solo cercando di assicurarsi quella vittoria e se per farlo avrebbe dovuto mettere i bastoni fra le ruote a due o tre dei coristi avversari, di certo non si sarebbe tirato indietro: il fine giustifica i mezzi, no? E ad ogni modo, loro avrebbero dovuto sostenerlo in quanto capitano, senza fiatare.

«Invece di starvene qui a lamentarvi come poppanti, dovreste mostrare un briciolo di riconoscenza per quello che sto facendo!».

«Cioè, per cosa? Illuminami, Sebastian, per cosa dovremmo ringraziarti?», gridò Nick che finora aveva cercato di mantenere la sua solita calma e compostezza «Per aver quasi accecato uno dei nostri amici? Per averci coinvolti in questa specie di guerra fredda con le Nuove direzioni? O per l'ultima idiozia che hai fatto e che ha di nuovo messo a rischio la nostra credibilità e il nostro onore?».

Per un attimo il Warbler rimase in silenzio, contemplando mentalmente tutte le azioni che erano state menzionate. Avrebbe dovuto sentirsi in colpa? Beh... sarebbe stato un peccato se un bocconcino tanto carino come Blaine avesse perso un occhio, ma cavolo, quante volte avrebbe dovuto ripetere che la granita era per Kurt e che non voleva accecare l’ex-Warbler?. E per il resto... faceva semplicemente parte del pacchetto “mettersi contro Sebastian Smythe”, quindi non c'era perfettamente nulla di cui dovesse pentirsi. Ne andava invece fiero: stava facendo un ottimo lavoro ed ormai era quasi certo che la partita fosse conclusa. Ovviamente a suo favore.

«Sapete una cosa? Siete una noia. Più della matematica» sbuffò, alzandosi e riponendo libri nella borsa a tracolla «Mi ringrazierete quando avremo il trofeo del primo premio e la possibilità di andare a New York» fece superiore e si incamminò con il suo macchiato ancora intatto: gli era passata la voglia di studiare e soprattutto sapeva che sarebbe stato pressoché impossibile staccarsi di dosso quei tre e la loro filippica moraleggiante.

Oh, no. Che non si dica che Sebastian Smythe stava fuggendo! Più che altro cercava di preservare la sua salute mentale e quella era una cosa più che giusta.

«Non è altro che uno scherzo per te, giusto? Noi non siamo altro che uno scherzo per te»

La voce di Thad, tanto ferma, solenne bloccò il Warbler che era ormai arrivato alla porta.

«Ma sai cosa? Non vorrei essere nei tuoi panni quando ti renderai conto che lo scherzo finisce» concluse.

Per un attimo Sebastian rimase fermo, la mente che tentava di riflettere sul significato di quelle parole, sul perché sembravano averlo colpito, quasi inconsciamente, fin nel profondo – dove solitamente non permetteva che arrivassero. Poi si costrinse a smettere di pensare.

«Bravo, Harwood! Devo dire che le tue parole sono quasi commoventi. E che pathos: ho i brividi» lo schernì – senza ammettere a se stesso che forse aveva detto quelle cose solo perché la sua testa lasciasse perdere le parole del suo compagno di stanza.

Poi uscì, il solito sorriso beffardo sul volto e l’animo calmo – almeno in superficie.

 

***

 

«Direi... direi che sei stato fenomenale», sentenziò Kurt, non appena la musica si concluse e Blaine lo raggiunse.

Alcune goccioline di sudore gli bagnavano la fronte ed aveva ancora l'espressione concentrata che lo aveva accompagnato per tutta la performance. Kurt si chiese cosa lo stesse turbando – o meglio, quello lo sapeva, ma avrebbe voluto che gliene parlasse, che si sfogasse con lui al di là della canzone. Ma Blaine se ne stava lì, di fronte a lui, senza dar parvenza di voler accennare alla rabbia che si portava dentro.

«Vinceremo», cercò allora di rassicurarlo, alzandosi «al di là di tutte le macchinazioni che ci sono contro di noi, vinceremo. Perché lo meritiamo».

Blaine lo abbraccio stretto, con un bisogno che Kurt non aveva capito fino in fondo.

«Qualunque cosa faccia, riesce ad irritarmi. È pazzesco!», sussurrò rabbioso sulla spalla del suo ragazzo, evitando anche solo di ripetersi in mente quel nome, perché non avrebbe portato che altra rabbia «Guarda ora che si è inventato! Minacciare Rachel e Finn in questo modo!».

Kurt lo strinse più forte: sapeva quanto tutta quella faccenda lo stesse turbando – dopotutto, nonostante l’intervento fosse andato bene, di certo non si era ancora del tutto liberato dal trauma per quello che era successo.

«Quello che mi chiedo è…» riprese senza lasciarlo «prepara i suoi piani malefici di notte?».

Blaine si scostò da lui sorpreso: ci scherzava su?

«Intendo… sai, me lo immagino: chino nel suo antro buio, con fogli e quadernini pieni di calcoli e schemi».

Per qualche istante, il moro lo guardò, scorgendo il suo sorriso. Stava provando a farlo ridere: in un attimo, semplicemente standogli accanto, lo aveva calmato e fatto sentire meglio. Non avrebbe mai smesso di sorprendersi di quanto Kurt fosse speciale, di quanto lo facesse stare bene.

Scoppiò a ridere, quasi più del dovuto – in fondo la battuta non era poi così esilarante – ma ne sentiva il bisogno, doveva liberarsi almeno di una parte di tutta quell’irritazione e ridere con Kurt era fin troppo facile. Lo strinse a sé, senza perdersi la leggera sorpresa del suo ragazzo.

«Grazie… Io… ti amo così tanto».

Kurt semplicemente lo strinse a sé con maggiore forza e rimasero così per un po’, prima di accorgersi di non essere soli sul palco. Si voltarono, staccandosi, per scorgere un imbarazzatissimo Finn che, appena all’entrata dell’auditorium, a testa basta, si torturava le scarpe pestandosele, senza sapere che fare.

Blaine sorrise, prendendo la mano dell’altro per un istante e poi facendo qualche passo verso il nuovo arrivato.

«Come ti senti, Finn?», chiese inclinando un po’ la testa.

Il più alto scrollò le spalle senza rispondere. Come si sentiva? Non ne aveva la minima idea! Insomma, non sapeva neanche come prendere una cosa del genere: tutto, tutto si sarebbe immaginato che potesse accadergli, ma non una cosa del genere. Era… irritato, tremendamente irritato. Ok, era furioso. E deluso. Per Rachel, per quello che aveva detto. E… confuso.

Sbuffò, sedendosi sconsolato a bordo del palco e lasciando che gambe e braccia come senza forze. Kurt lanciò uno sguardo incerto al suo ragazzo che fu eloquente e chiaro nel dirgli che avrebbe dovuto parlare a suo fratello. Lui annuì e gli si sedette accanto.

«Ehi… con me puoi parlarne, lo sai…», tentò, ma Finn non si mosse, né diede segno di averlo sentito.

Come avrebbe potuto parlare con suo fratello se lui per primo non sapeva cosa dire o anche solo che cosa pensare? Forse stava esagerando a prendersela in quel modo? Forse, dopotutto, non era così grave e per passare le Regionali occorreva fare questo sacrificio? Perdere la faccia e reputazione? In fondo, peggio di così non poteva stare, no? Continuava ad essere abbastanza sfigato e – riflettendoci – non è che avesse una qualche reputazione da salvare, in fondo…

Allora forse Rachel…

«Posso sentire gli ingranaggi del tuo cervellino sforzarsi a tal punto da bloccare tutto per un sovraccarico. Ne parli?».

Stavolta il più alto si voltò verso suo fratello, accorgendosi subito che aveva assunto l’espressione tipica da in-un-modo-o-nell’altro-parlerai-quindi-perché-soffrire-inutilmente?  e che quindi non aveva scampo.

«Ho esagerato? Intendo… nel reagire così al ricatto e alle parole di Rachel…», chiese incerto.

«Affatto. Credo sia il minimo che potessi fare: insomma, è una situazione assurda! E per Rachel… beh… sai com’è fatta…».

Kurt davvero non sapeva in che modo giustificare le parole dell’amica, né se volesse davvero farlo. Era stata egoista… ed era più che normale che Finn si sentisse così.

«Dovrei essermi abituato ai suoi modi da prima donna, al fatto che la sua reputazione e il suo successo vengono prima di tutto e tutti, che io non…».

La voce gli si bloccò in gola – o meglio la fermò non appena si accorse che avrebbe tremato da un momento all’altro e no, non avrebbe fatto la figura del piagnucolone: aveva imparato da tempo che non c’era nulla di sbagliato nel piangere, ma di certo non lo avrebbe fatto adesso…

Una mano si posò sulla sua spalla, ma non proveniva dal lato di Kurt. Alzando la testa vide Blaine che lo osservava serio, ma con un accenno di sorriso sulle labbra.

«Rachel non lo pensa, non davvero… è stato istintivo, ma sono certo che non intendesse offenderti o ferirti. Insomma, lei ti ama, sei la cosa più importante e non credo tu non ne sia consapevole…»

Finn guardò il ragazzo quasi sorpreso da quelle belle parole: non che lo credesse capace di dirle – anzi, era risaputo che Blaine fosse una ragazzo socievole e simpatico con tutti e lui stesso aveva potuto testare quanto grande fosse la sua bontà – ma sentirsi dire quelle cose su Rachel era stato… illuminante. Era andato via, senza discutere con lei, senza lasciarsi spiegare perché avesse detto proprio quelle cose. Dovevano parlarsi.

«Grazie, Blaine», fece risoluto, alzandosi e sorridendo «E grazie anche a te, Kurt», poi uscì velocemente, alla ricerca della sua ragazza.

I due ragazzi tornarono vicini, sorridendosi lievemente.

«Sai», interruppe quel silenzio Blaine «Credo che dovremmo parlare con Sebastian» e Kurt notò che non era scattato nervosamente come si sarebbe aspettato a quel nome «E credo anche di sapere chi dovremmo portare con noi…», concluse il più basso.

L’altro lo guardò con fare interrogativo, per poi seguirlo fuori.

 

***

 

«Tu come lo hai saputo?».

«Ormai la notizia è ovunque, Nick».

«Ma… ma è vivo, no?».

«Sì, è vivo – il padre è arrivato in tempo – ma questo non toglie che quello che ha fatto… Insomma, è una cosa tremenda…».

Il vocio dei Warblers nella sala comune si interruppe bruscamente quando Sebastian entrò nella stanza con la sua solita altezzosità falsamente mascherata. Per un attimo il nuovo arrivato guardò tutti, sorpreso dall’improvviso silenzio e gli altri risposero al suo sguardo con incertezza a dirla tutta forse anche immotivata.

«E allora? Che succede?», chiese, stranamente innervosito da quegli sguardi puntati su di lui pur non avendoli richiesti.

Jeff guardò prima Nick, poi quelli che gli erano più vicini, indeciso sul da farsi. Nessuno di loro era certo del perché stesse avendo tanta esitazione nel comunicare anche a lui la notizia… eppure la sala restava in silenzio.

Insomma, non era una bella cosa da dire… e poi quel ragazzo era gay e lo era anche Sebastian… e magari – che ne potevano sapere loro? – finiva che quei due si conoscevano e loro ci avrebbero fatto una pessima figura ad informarlo in modo tanto leggero di una simile notizia… E poi, e poi, e poi…

«Un ragazzo… un ragazzo ha tentato di suicidarsi. È sopravvissuto, ma è in ospedale», si decise alla fine a parlare uno dei ragazzi e per un attimo la mancanza di un sostanziale cambiamento nell’espressione di Sebastian, fece sperar loro che la cosa gli fosse più o meno indifferente.

«Era… è gay. Hanno cominciato ad insultarlo ed infastidirlo… non ha retto» azzardò ancora uno di loro, stavolta però guadagnandosi un’istintiva occhiataccia da parte di Thad: certo, Smythe poteva anche essere uno stronzo – e lo era, uno davvero bravo – ma l’indelicatezza di quelle parole era a prescindere eccessiva.

 Il nuovo Warbler sussultò appena, ma non si scompose: non era certamente la prima volta che gli capitava di sentire qualcosa del genere e sicuramente non avrebbe fatto una scenata per–

«Si chiama David Karofky».

Sebastian non si rese conto di quale delle voci presenti in sala avesse detto quel nome – non importava. Sgranò gli occhi e sussultò, stavolta visibilmente. David Karofsky. Conosceva quel nome. Lo conosceva…

«Quindi… cosa deve fare un ragazzo per piacerti?»

«Tu, piacere ad un ragazzo? Ma per favore…»

«Perché? Che cos’ho che non va?»

«Per prima cosa, sei circa 50 chili in sovrappeso. Smettila di farti la ceretta alle sopracciglia, sembri Liberace. In definitiva... semplicemente resta nello stanzino, amico»

Improvvisamente sentì l’aria nella stanza mancargli, come se l’avessero risucchiata e stesse respirando a vuoto. Si maledisse: quanta debolezza tutta in un solo istante! Avrebbe decisamente attirato l’attenzione di tutti i presenti… Già li immaginava: “Che ti succede?” “Stai male?” “È per quel ragazzo?” e poi sarebbero arrivate le scuse di chi aveva parlato e…

No, era troppo. Si sentiva male e non ne capiva il perché – in quelle condizioni di certo non avrebbe avuto la forza di affrontare tutte quelle domande e gli sguardi di pietà.

Scattò verso l’uscita come se ne andasse della sua vita e non sentendo nulla, sperò quasi che quella sua fuga – Miseria! Fuggiva? – non avesse destato alcuna reazione.

Dio, l’improvvisa debolezza ora ti rende anche stupido?, si chiese rabbioso, non appena riconobbe la voce di Thad che lo rincorreva. Che diavolo voleva ora Harwood da lui? Da quando si preoccupava per lui?

«Sebastian, aspetta! Stai male? Sei sbiancato, fermati un secondo e riprendi fiato!», gli stava continuando a gridare il compagno di camera, in un modo che gli dava sui nervi quasi quanto la sua reazione alla notizia del tentato suicidio.

Si voltò di scatto per rispondergli a tono, quando si accorse che aveva il fiato corto – e sarebbe stato sciocco dire che fosse a causa dell’improvviso passo veloce con cui si stava allontanando. Sospirò e provò a respirare con calma, senza però perdere il suo nervosismo.

«Stammi a sentire, Harwood: non ho idea di quando ti abbiano promosso a mia balia, ma ti assicuro che se ti troverò ancora dietro di me la prossima volta che mi girerò, non mi farò problemi a stenderti con un pugno», fece minaccioso.

Thad restò per un istante spiazzato da tanta rabbia, ma non si fece da parte.

«Sei impallidito di colpo… Sicuro di stare bene? Conoscevi quel ragazzo…?», insistette.

Sebastian stava per perdere il controllo: si sentiva fremere – no, non avrebbe detto che stava tremando – e se quello stupido fosse andato avanti così, a breve non avrebbe risposto delle sue azioni.

«Harwood. Lasciami. In. Pace», scandì, prima di girare i tacchi e andarsene.

Thad restò a guardarlo, senza capire che diavolo fosse successo: non aveva mai visto Sebastian in quello stato e la cosa – per quanto non volesse ammetterlo – lo inquietava e rattristava nel profondo. Ma gli aveva detto di starne fuori e lui lo avrebbe fatto: in fondo, che diavolo aveva da spartire lui con l’ultimo arrivato? Il fatto che fossero compagni di stanza non significava nulla, considerato anche che passavano la maggior parte del tempo ad insultarsi e il restante semplicemente ad ignorarsi.

«Lascialo stare», gli si accostò Trent «Magari vuole solo stare da solo per un po’».

Annuì, tornando con lui nella sala comune. Quando vi entrò, capì come doveva essersi sentito Sebastian: tutti gli sguardi erano puntati su di lui con così tanta insistenza che si sentì tremendamente a disagio. Cosa volevano adesso? Di certo non era una novità il fatto che litigasse con Smythe…

La cosa lo infastidiva – più del dovuto.

«Pensavamo…», si fece avanti Nick «Sia Kurt che Blaine conoscono questo Karofsky. Kurt particolarmente bene… Forse sarebbe il caso di fare una telefonata, giusto per chiedere come stanno…».

Sottinteso: non è che puoi chiamarli tu, Thad caro?

Il ragazzo sospirò: l’inquietudine che gli si era insidiata in petto alla vista di Sebastian, rischiava seriamente di aumentare, ma pensandoci si sarebbe sentito ancora più in colpa a non chiamarli, considerato che era a conoscenza delle loro implicazioni.

Si sedette su uno dei divanetti e prese il cellulare, scorrendo con velocità la rubrica alla ricerca del numero del suo amico. Quando l’ebbe trovato, avviò la chiamata e attese che qualcuno rispondesse.

 

La vibrazione del cellulare sulla scrivania, fece sussultare Blaine lasciandolo per qualche istante indeciso sull’alzarsi o meno per rispondere. Kurt era tra le sue braccia – entrambi semidistesi sul letto della camera di quest’ultimo – ed aveva appena smesso di tremare: non voleva lasciarlo, ma la vibrazione insisteva e dopo qualche altro istante, il riccio sospirò con un sorriso verso il suo ragazzo e si alzò per prenderlo e tornare velocemente sul letto.

«Pronto?», sussurrò, quasi non volesse disturbare Kurt che, rimessa la testa sulla sua spalla, aveva chiuso gli occhi.

«Ehi, Blaine», fece la voce familiare del suo vecchio compagno della Dalton – a Blaine non sfuggì l’insicurezza di quelle due parole.

«Thad, ciao!», lo salutò con una nota più colorita nella voce «È bello sentirti: come… come va?».

L’ulteriore esitazione nella risposta dell’amico, stavolta fece nascere qualche preoccupazione in Blaine: non sapeva come avrebbe reagito a nuovi problemi – Kurt così sconvolto era sufficiente…

«Mh, ce la caviamo». Blaine egoisticamente tirò un istintivo sospiro di sollievo. «E a te come va?», volle sapere poi l’amico.

Il ragazzo ci rifletté un istante. Avrebbe dovuto raccontare loro tutto? Parlarne in presenza di Kurt forse non era la mossa migliore e in definitiva non aveva motivo di angustiare anche loro con una simile notizia, dato che, in ogni caso, non conoscevano Karofsky.

«Emh… non male», mentì sentendo, tuttavia, che forse non avrebbe dovuto…

Dall’altro lato della chiamata, gli parve di sentire che Thad avesse sospirato con pesantezza. Di nuovo l’allarme scattò nella sua testa: quella chiamata era strana, ancora più se considerava chi lo aveva chiamato: Thad era raramente angustiato e nonostante avesse aperto lui la comunicazione, sembrava non avesse nulla da dire, considerati gli attimi che passavano, dopo le domande di routine, nel silenzio scandito dai sospiri.

«Ehi, amico: sicuro che vada tutto bene?», si decise a chiedere.

L’altro esitò ancora a rispondere, ma prima che Blaine potesse continuare ad incitarlo, rispose con tono stranamente stanco.

«Devo darti una notizia… e non è nulla di buono».

Il riccio cercò davvero di non farsi prendere dal panico dai pochi attimi di cui ebbe bisogno l’amico per riprendere a parlare: strinse istintivamente a sé Kurt che si destò, guardandolo negli occhi con curiosità.

«L’abbiamo saputo da poco qui alla Dalton… e… Oh, Blaine, si tratta di Karofsky, il bullo che infastidiva Kurt. Dicono abbia tentato il suicidio…».

Il riccio poteva sentire chiaramente il disagio con cui Thad aveva dato la notizia e quasi ne sorrise: era stato sempre un ragazzo a modo e dalla grande sensibilità.

«Oh, io… noi lo abbiamo saputo, sì», si affrettò a dire, nonostante rendesse evidente la sua iniziale omissione – come si aspettava, sentì Thad sospirare, stavolta sollevato.

«Come… come state?», esitò il ragazzo in divisa, comunque preoccupato per l’impatto che una simile notizia aveva potuto avere sui due – soprattutto su Kurt.

Blaine sospirò, guardando il suo ragazzo e sfiorandogli con delicatezza una guancia.

«Noi… scossi. Abbastanza scossi, Thad», confessò «Non è una cosa semplice… nonostante tutto».

Il Warbler non sapeva più che dire e forse sarebbe stato inopportuno continuare, per questo – sapendo che l’amico avrebbe capito – salutò con garbo e chiuse la chiamata, riferendo ai compagni quel po’ che aveva saputo.

Dall’altro lato, i due ragazzi restarono sul letto, Kurt accoccolato sul petto di Blaine e questi che lo stringeva a sé con fare protettivo.

Ogni volta che il primo sussurrava qualcosa di vagamente familiare a “è colpa mia”, l’altro gli baciava i capelli. Aveva provato a spiegargli che non era vero, che non poteva sapere cosa volesse in realtà Karofsky e che considerati i precedenti nessuno avrebbe agito diversamente, ma Kurt non ne aveva voluto sapere e continuava a colpevolizzarsi come un disco rotto. Allora Blaine aveva capito che l’unica cosa da fare era stargli vicino e aspettare che si calmasse.

 

***

 

Tremo per il freddo. È solo il freddo. Il freddo e nient’altro.

Sebastian non sapeva da quanto stesse andando avanti con quella cantilena nella sua testa. Era fuori, seduto su una panchina nel parco che precedeva la struttura della Dalton, i gomiti poggiati sulle ginocchia ed il volto fra le mani.

Tremava. Leggermente, ma tremava. E non per il freddo.

Nella testa regnava il caos puro. Che cosa gli stava succedendo? Perché, perché si sentiva così… male? Non ne aveva alcun motivo! Mai come questa volta, lui non aveva fatto nulla! Non c’entrava con quel suicidio, non gli aveva detto di farlo, né lo aveva aiutato. E certamente non era una cosa che avrebbe voluto che accadesse. Quindi, se il più delle volte non si faceva scrupoli quando era coinvolto, perché adesso stava male?

Sai di esserci dentro. Non puoi negarlo.

Ma non era così! Aveva detto quello che pensava, fine della storia! Era la verità, in fondo: quel tipo non era bello, neanche lontanamente e lui non aveva fatto altro che metterlo di fronte alla verità –  prima o poi se ne sarebbe accorto da solo, tanto valeva facilitargli le cose.

Non ha tentato di suicidarsi per le mie parole. Non sono stato io, continuò a ripetersi, ma le parole ripetute in quel modo sembravano perdere consistenza di volta in volta, consumandosi.

In breve non ne rimase nulla. Era colpa sua almeno quanto di tutti gli altri che lo avevano insultato. Non si aspettava di certo che sarebbe finita così, ma ciò non toglieva che fosse coinvolto.

«Non vorrei essere nei tuoi panni quando ti renderai conto che lo scherzo finisce»

Sussultò. Le parole di Thad gli vennero alla mente con violenza. Era questo che stava succedendo? Lo scherzo era appena finito? Ma lui non voleva, maledizione! Non voleva che finisse, non voleva sentirsi così male, così vulnerabile…

Sebastian si strinse con forza la testa fra le mani. Non sapeva che fare e più cercava di non pensarci, più finiva per ritrovarsi con quella scena davanti agli occhi: il suicidio, che la sua immaginazione aveva ricostruito così bene, si sviluppava davanti ai suoi occhi con crudeltà.

«Sei qui, allora».

Quella voce lo fece girare di scatto. Thad. Ancora Thad. Ma che diavolo voleva da lui? Da quando si preoccupava per lui o semplicemente gli girava intorno? Insomma non si erano mai sopportati ed ecco che ora non si scollava da lui?!

«Che diavolo vuoi?», gli chiese senza alzare la testa.

«Non c’eri a cena e allora mi sono chiesto dove fossi», spiegò.

«E da bravo boy scout ti sei messo alla mia ricerca, i miei complimenti!», fece con irritata ironia il nuovo Warblers.

«Qual è il tuo problema?!», sbottò allora quello, improvvisamente innervosito dall’atteggiamento talmente stronzo di Sebastian «Mi stavo preoccupando per te, ma a quanto pare non serve, spreco il mio tempo!»

«Assolutamente! E poi, ho da fare, quindi non seccarmi!» e con ciò, il più alto si alzò e si avviò a grandi falcate verso l’entrata della scuola, lasciando Thad interdetto.

Sospirò: perché si stava facendo tanti problemi per un tipo del genere? Non si erano mai sopportati, perché tanti scrupoli? Sentiva di doverlo fare: cercarlo era stato istintivo ed ora, stranamente, un simile comportamento da parte sua non lo irritava.

Lo feriva.

 

 

 

 

 

___________________________________________

 

Ok, sono approdata anche io alla Thadastian (o Thastian?). Non so come, quando o perché… so solo che un giorno prima stavo bene (per quanto io possa stare bene) e il giorno dopo ero in fissa con loro! Ovviamente il primo amore non si scorda mai, quindi ci sarà anche del Klaine ♥ e chissà, altri xD

Tutto, come spero si capisca, parte dal ricatto di Sebastian poco prima delle Regionali e seguirà la vicenda del telefilm fino alle esibizioni, poi… vedrete! Ci andrò un po’ pesante con gli avvenimenti (parte risata malefica) e spero davvero che vogliate provare con me a seguire la vicenda!

Ringrazio la mia controparte Pachelbel ♥ che pur non essendo così in fissa con i due, mi ha sostenuto leggendo in anticipo tutto il cap ^^

Un grazie anche a chiunque presterà attenzione ^^

 

A presto! ♥

   
 
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