It's Just My Phosphorescent Shampoo
Lo
scroscio della doccia risuonava nel bagno, dove volteggiavano dense
volute di vapore che rendevano nebbiosi e indistinti i contorni dei
mobili.
Tony
rivolse il volto al getto d'acqua bollente con gli occhi chiusi e la
bocca semiaperta, sentendo la stanchezza svanire a poco a poco.
L'acqua e il calore della doccia erano il Paradiso, dopo tre mesi
passati in una grotta lurida e gelida, e si stava completamente
abbandonando a quella vecchia e così estranea
normalità che solo
adesso riusciva ad apprezzare appieno. Poggiò la fronte
contro le
piastrelle, lasciando che le gocce gli picchiettassero sulla schiena
e sui capelli, scorrendogli sul corpo e lambendogli le numerose
ferite e lividi che lo costellavano. Tastò cautamente il
braccio
contuso, avvertendo un'ondata di dolore sordo, ma sopportabile.
Continuò a tenere gli occhi chiusi: non voleva vedere il
bagliore
azzurrino irradiato dal suo petto, nel quale si concentravano delle
fitte acute e incessanti. Aveva la netta percezione delle schegge che
puntavano verso il suo cuore, reale e perenne minaccia tenuta a bada
solo da quel cerchietto metallico.
Sapeva
di dover perfezionare al più presto il reattore arc, ma era
profondamente riluttante ad abbandonare quel piccolo attimo di quiete
dopo tutti gli scossoni della giornata.
Fuori
di lì lo aspettava la ramanzina di Pepper, e lui aveva
intenzione di
ritardarla il più possibile...
«Signor
Stark! È ancora lì dentro?»
... a
meno che non fosse stata lei a cercarlo, come da copione.
Non si
degnò di rispondere e gli sembrò di sentire i
suoi sogni di riposo
andare in frantumi con un sonoro crack.
«Avanti,
è mezz'ora che sta sotto la doccia. Non pensi di poter
sfuggire al
suo dovere: noi due dobbiamo...»
«Parlare,
lo so, non deve ricordarmelo... ma tre mesi di vita all'aperto e
dieta spartana sono duri da lavar via.» la
rimbeccò sarcastico,
sorridendo al pensiero di quanto gli fossero mancati quei
battibecchi.
Il
silenzio di Pepper lo convinse che la sua preoccupazione per lui
–
e probabilmente per il suo stato mentale – superava di gran
lunga
quella per le sue recenti riforme delle Stark Industries. D'altra
parte, lui stesso si sentiva preoccupato per se stesso, se non altro
perché aveva un pezzo di palladio nel petto e una buona
parte della
sua mente oppressa da ricordi della sua prigionia.
«Ha
ragione, dobbiamo parlare. Entri.»
«Entro?
Ma lei è...»
«...
nudo, sotto la doccia e totalmente invisibile ai suoi sensibili
occhi; avanti, non voleva parlare?»
«Ma io
non... ah, e va bene, ma non si azzardi a uscire!» lo
ammonì con
tono seccato, e Tony sentì la porta che si apriva.
Attese
di udire lo scatto della serratura prima di chiedere:
«Di
cosa voleva parlarmi, Pepper?»
«Lo sa
benissimo, ma non credo si possa affrontare l'argomento... qui.
Insomma, è...»
«Più
intimo? Più soft? Meno stressante? Ha perfettamente ragione:
trovo
che le brutte notizie dovrebbero sempre essere date sotto la
doccia.»
«...
inappropriato.»
Colse distintamente il sospiro di Pepper, che
probabilmente si stava trattenendo dallo spegnere la caldaia e farlo
morire congelato. Socchiuse gli occhi e distinse la sua sagoma
smerigliata dal vetro che si sedeva sul bordo della vasca.
«Cos'è
quella luce?» gli chiese all'improvviso, e Tony
coprì subito il
reattore col palmo della mano, smorzandone il brillio.
«Quale
luce?» ribatté innocentemente.
«Quella
azzurra.»
«Azzurra?
Oh, nulla solo un... uno shampoo fosforescente.»
inventò sfacciato,
voltandole le spalle e addossandosi al muro per nascondere meglio il
lieve riverbero.
Percepì un senso d'oppressione al petto che non
aveva nulla a che vedere col congegno impiantato in esso.
Lei non
sapeva ancora nulla.
«Sa
mentire meravigliosamente.» sbuffò Pepper, con un
velo di
perplessità.
L'uomo
si augurò che non volesse indagare oltre, e infatti lei
cambiò
argomento:
«È
sicuro della sua decisione?»
«Ho
preso decisioni?»
«Le
armi, signor Stark.»
«Perché
me lo chiede?»
«Si
limiti a rispondere.»
«Sono
perfettamente convinto. Al cento per cento.»
«Questo
l'avevo capito, ma è sicuro che sia la scelta giusta per
l'azienda?»
«Sa,
ripensandoci, non si dovrebbero fare discorsi così seri
sotto la
doccia. Qui si fanno riflessioni filosofiche, domande esistenziali e
roba simile; le questioni reali dovrebbero rimanere fuori da quella
porta.»
«Signor
Stark...»
«Perché
non rimaniamo così, tranquilli e in silenzio? Per quanto ne
sa lei
potrei soffrire di stress post-traumatico.» buttò
lì con apparente
noncuranza.
Strinse il reattore in mezzo al petto, chiedendosi se
fosse realmente così: i sogni della notte precedente erano
stati
abbastanza vividi da farlo preoccupare.
«Perché
non ne parliamo tra un altro paio d'ore, quando uscirò di
qui fresco
e...»
«Perché
io, in questo "paio d'ore" sarò impegnata a rimediare ai
danni che è riuscito a fare lei in due minuti.»
scandì esasperata
Pepper.
«Non
può essere clemente, per una volta?»
«È
una questione seria, dobbiamo discuterne ora.»
«Benissimo,
allora.» annunciò Tony, chiudendo l'acqua e
aprendo il vetro della
doccia.
Pepper
si coprì all'istante gli occhi, cogliendo comunque una
fugace
visione del suo capo nudo e diventando subito rossa fino alla radice
dei capelli.
«Tony!
Torni dentro!» esclamò imbarazzata e furiosa,
sentendosi le
orecchie roventi.
Lui si
prese tutto il tempo per indossare l'accappatoio e un paio di boxer,
mentre lei gli intimava a intervalli serrati di sbrigarsi.
«Mi
sto facendo bello solo per lei, signorina Potts.» la
canzonò,
allacciandosi l'accappatoio in modo che il reattore non fosse
visibile.
«Lei è
un...» ringhiò Pepper, lasciando la frase in
sospeso e schiudendo
con cautela gli occhi al segnale di Tony; constatò con
sollievo –
e con una punta di rimpianto improvvisa che annullò
all'istante –
che il suo capo era almeno parzialmente vestito.
«Ha
ragione, dopotutto. Dovremmo veramente parlare.»
esordì Tony, con
una voce che non riconobbe come propria: per una volta, non c'era
ombra di ironia o scherzo nel suo tono, e Pepper se ne accorse con
una punta di disagio.
«Perché
pensa che abbia preso quella decisione?» le chiese,
scrutandola con
strana intensità.
A quella domanda lei esitò, facendosi
improvvisamente cauta.
«Tutti
dicono che è ancora in stato confusionale, che risente del
trauma
subito e sciocchezze simili.» gli riferì, scettica.
«E lei
non ci crede, giusto?» cercò conferma lui,
tentennando appena.
«Sta
scherzando. Certo che no. È ovvio che voglia stare lontano
dalle
armi per un po' dopo quel che ha subito. Ma...» fece per
continuare,
ma Tony la interruppe:
«Quello
che sta per dire è sicuramente molto interessante, ma
lasciamo per
un attimo quest'argomento. Volevo solo essere certo che non
considerasse questa scelta come un capriccio.»
chiarì, alzando con
fermezza il palmo come a frenare le sue proteste «Ora, per
una
volta, non parliamo di me come "Anthony Stark, figlio del grande
Howard Stark e capo delle Stark Industries", ma come "Tony"
e nient'altro.» proseguì di getto.
A quel
punto Pepper rimase interdetta.
Forse
era la prima volta che riusciva a parlare seriamente con il suo capo
e soprattutto della sua vita privata. Era incredibile come conoscesse
ogni singolo aspetto della sua vita e del suo carattere, ma non fosse
mai riuscita a parlare con lui e di lui senza sarcasmo, allusioni o
superficialità.
«Di
cosa vuole parlarmi?» chiese circospetta, senza sapere di
preciso
cosa dovesse aspettarsi.
Tony
sospirò e spostò il peso da un piede nudo
all'altro,
improvvisamente restio a parlare. Fissò il pavimento e si
passò una
mano sul volto, sfiorandosi il taglietto sulla tempia con un gesto
assente. Si sentiva molto meno coraggioso di pochi minuti prima.
Infine riportò lo sguardo su Pepper e scostò
l'accappatoio,
rivelando il reattore arc impiantato nel suo petto.
Vide
gli occhi di Pepper sbarrarsi per la sorpresa e sentì salire
un
profondo senso di disagio, misto a vergogna e inadeguatezza.
«Di
questo.» sussurrò, abbassando lo sguardo per non
incrociare il suo,
inorridito.
«Cos'è?»
riuscì a chiedere lei dopo un lungo momento, tirando un
respiro
profondo per riprendersi dallo shock.
«Il
mio cuore.» rispose ancor più piano Tony, e fu
scosso da un brivido
per aver espresso quel pensiero ad alta voce.
Pepper
fece per dire qualcosa, ma la anticipò:
«Lo
so, è innaturale. Ed è sbagliato e mostruoso
ma... non l'ho voluto
io!» si passò una mano tra i capelli, mentre il
suo tono si alzava
senza che se ne rendesse conto, ma non riusciva a stare calmo o
fermo.
Le voltò le spalle e fece un paio di passi, solo per
tornare indietro, abbattuto, senza riuscire ad esprimere la
contrastante sensazione di disgusto e folle conforto che provava ogni
volta che pensava a quell'oggetto estraneo ormai parte di
lui.
«Tony...»
«Non
l'ho voluto io.» ripeté lui, interrompendola
«Io non... non avrei
neanche dovuto mostrarglielo.» concluse, e
desiderò che lei
sparisse all'istante per non farsi vedere mentre era preso dal panico
e dal disgusto per se stesso «Non lo deve dire a nessuno. A
nessuno,
mi ha capito?» aggiunse concitato, improvvisamente apprensivo.
«Tony,
come potrei...»
«Cosa
succederebbe se si venisse a sapere che sono diventato un... una
specie di fenomeno da baraccone?!» continuò senza
ascoltarla,
affannato.
«Se
non si fida di me io...»
«Certo
che mi fido di lei, ma il punto è che non può
capire!» esplose
infine, senza sapere perché se la stesse prendendo con
l'unica
persona che potesse aiutarlo.
«Questo
perché non vuole farmi capire.» ribatté
la donna, stranamente
calma.
Forse pensava che stesse avendo una crisi isterica, ipotesi
che non era del tutto da escludere, a giudicare dal battito impazzito
del suo cuore. Lo sentiva pulsare violentemente nella gabbia toracica
e riverberare nel cilindro metallico che la occupava.
«No, è
lei che non vuole ascoltarmi.» riprese, rifugiandosi dietro
quelle
parole, desiderando solo di chiudere il discorso.
In realtà non
voleva parlare, non voleva ricordare tutto quel che era accaduto, il
dolore, la solitudine e quel profondo senso di confusione che ancora
lo attanagliava. I suoi pensieri furono troncati da un improvviso
dolore al petto che lo fece piegare in avanti, annaspando in cerca
d'aria: agitarsi non era stata la mossa migliore e adesso il battito
si era fatto irregolare, ogni contrazione era come una pugnalata nel
petto.
Pepper
gli fu subito accanto per sorreggerlo, la preoccupazione dipinta sul
volto.
«Tony?
Tony! Sta bene? Mi risponda!»
Per
tutta risposta la abbracciò, sorreggendosi a lei, incapace
di
esprimere a parole il turbamento che stava provando, sia fisico che
mentale.
Lei
rimase sorpresa per un istante, poi ricambiò esitante
l'abbraccio,
se possibile ancor più preoccupata di prima.
«Pepper,
non ha idea di cosa...» si bloccò,
sospirò affranto e poggiò la
testa sulla sua spalla, spingendo da parte ogni remora per quel gesto
avventato nel sentirsi già più calmo, avvolto in
quell'abbraccio.
«Io
voglio ascoltarla.» mormorò lei, scostandosi
appena per guardarlo
negli occhi, più profondi del solito e venati di tristezza.
«Ha
già abbastanza problemi senza doversi accollare anche i
miei.»
Tony
sembrava voler sfuggire a tutti i costi il suo sguardo, così
gli
posò una mano sul volto per costringerlo a fissarla. Gli
scostò
alcune ciocche di capelli umide dalla fronte e sorrise appena.
«Le
ricordo che i miei problemi sono tutti suoi. Per un giorno posso
anche lasciare da parte il ruolo di assistente e farle da
confidente.»
«O
strizzacervelli.» borbottò lui con un accenno di
sorriso, ma il
resto del volto rimase tirato.
Pepper
non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire a sua volta un
sorriso
più ampio a quello sfoggio di sarcasmo e finta sicurezza, ma
si
accigliò di nuovo quando riportò gli occhi sul
reattore. Si
arrischiò ad avvicinare una mano al congegno, scrutando la
reazione
di Tony; lui non si ritrasse, così sfiorò con la
punta delle dita
la sua superficie lucida, senza poter fare a meno di notare la
cicatrice ancora fresca che lo circondava e i numerosi tagli e lividi
che gli solcavano la pelle dalla base del collo in giù.
«Cosa
le hanno fatto?» chiese senza rendersene conto, e
sentì montare
dentro di sé una rabbia feroce per i responsabili.
Tony le
prese il polso e lo scostò con delicatezza dal suo nuovo
"cuore".
Fece un sorriso triste prima di lasciarsi scivolare lentamente a
terra: si sentiva ancora molto debilitato e il petto continuava a
fargli male. Pepper si sedette accanto a lui, notando con orrore
crescente altre ferite ed ustioni sull'addome di Tony, rivelate
dall'accappatoio ora leggermente allentato. Non osò
immaginare in
che condizioni dovesse essere la sua schiena. Lui notò la
direzione
del suo sguardo e si affrettò a raccostare i lembi
dell'indumento e
a riallacciarlo strettamente in vita.
Poi
cominciò a parlare, partendo da quella bomba maledetta che
lo aveva
privato di un corpo normale, passando a descrivere con inquietante
schiettezza quei tre mesi di privazioni e prigionia.
Spesso
incespicava nelle parole e si bloccava a lungo, incapace di rievocare
quei momenti, ma non si astenne dai dettagli e più di una
volta
Pepper trasalì nel sentirlo raccontare con crudezza delle
torture
subite quando si era rifiutato di sottostare al volere dei
terroristi.
«Anche
quando ho accettato la loro proposta hanno continuato a picchiarmi,
per sfregio e ripicca, credo. Ieri ho sognato di essere di nuovo
là
dentro, e ho avuto la certezza che questi ricordi non mi
abbandoneranno mai.»
Lei gli
stringeva gentilmente la mano, scivolata con naturalezza nella sua,
senza chiedere nulla né interromperlo mai, mentre lui
iniziava a
spiegare con forzato distacco la consapevolezza di doversi ora
affidare a una macchina per vivere.
«Quando
mi sono svegliato, ho pensato che mi avessero ucciso e che quello
fosse un qualche delirio agonizzante, perché sentivo
esattamente lo
stesso dolore di quando ero svenuto. Invece ero vivo e avevo un
magnete ficcato nel petto. All'inizio andavo in giro con una batteria
per mantenerlo in funzione. Sapere che quell'affare poteva spegnersi
o cadere da un momento all'altro, che la mia vita era collegata a una
batteria... era terribile. È terribile.» aggiunse,
picchiettando
col dito sul dischetto metallico che riluceva di azzurro.
Pepper
non commentò, ma gli strinse con più forza la
mano e lui le rivolse
un'occhiata colma di gratitudine. Non avrebbe mai voluto raccontarle
nulla di tutto ciò, ma sentiva l'assoluto bisogno di farlo,
di avere
qualcuno accanto in quel momento così confuso.
Arrivato
alla costruzione dell'armatura, si chiuse all'improvviso nel
silenzio.
«Così
sono fuggito. Ed eccomi qui.» terminò con fatica e
a sguardo basso,
ma Pepper capì che aveva omesso qualcosa.
«Quel
dottore che l'ha salvata...» iniziò, aspettandosi
già la risposta.
L'uomo
sussultò e si fece scuro in volto.
«È
morto.» rispose asciutto, e sembrò voler chiudere
lì il discorso,
ma poi continuò:
«Ha
guadagnato tempo per me. Si è fatto uccidere
perché io potessi
fuggire.» continuò rabbiosamente, il volto
distorto da
un'espressione sdegnata.
«Tony,
lo so cosa sta pensando, ma non è...»
«Colpa
mia? Ho prodotto io le armi che hanno causato tutto questo. La
famiglia di quel medico è morta per colpa mia, migliaia di
persone
sono morte per colpa mia, e non me ne sono mai reso conto
finchè non
ho rischiato io stesso la vita. Sono un egoista.»
affermò,
rialzando gli occhi per fissare Pepper, che non trovò
argomenti
validi per contestare quella conclusione.
Vide
con sgomento la delusione negli occhi di Tony: delusione per se
stesso. Conosceva il suo carattere, sapeva quanto amasse essere il
primo, venire adorato e quanto soprattutto si tenesse in
considerazione. Vederlo divorato da dubbi in proposito indicava
quanto profondamente l'avesse turbato quell'episodio.
«Non
ha scelto lei di produrre armi. Si è limitato a portare
avanti
l'azienda dopo suo padre, e può ancora farlo, se
vuole.»
«Mio
padre non è stato catturato dai terroristi, non è
stato torturato
per costruire le sue armi e non ha mai perso nessuno davanti ai suoi
occhi. Ha fatto ciò che ha fatto perché era
ignorante, perché non
si rendeva conto che per ogni nuova arma che inventava si scatenavano
guerre sempre più violente e sanguinarie! E soprattutto non
gli è
mai esploso un missile col suo nomesopra in faccia, che lo ha
costretto a tenere il suo stramaledetto reattore in mezzo al petto
per vivere!» terminò la frase quasi gridando, col
volto acceso
dalla rabbia: trovava sempre nuovi motivi per detestare suo padre.
Pepper
non parlò, aspettando che fosse lui a farlo di nuovo per
primo.
«Non
voglio più produrre armi.» mormorò
infine, e chinò la testa come
svuotato.
Pepper
lo prese per il mento e gli sollevò il viso, vincendo la sua
resistenza.
«Ha
sofferto troppo ed è cambiato troppo perché io
possa dirle cosa
fare. Faccia ciò che ritiene giusto, Tony. Io
sarò con lei.» lo
rassicurò, cercando di usare il tono più dolce
che poteva.
Un
lieve sorriso si formò sulle labbra di Tony, e a giudicare
dal
luccichio insolito dei suoi occhi Pepper avrebbe quasi pensato che si
fosse commosso, se non l'avesse conosciuto così bene.
Sembrava
un po' più sereno adesso, dopo aver finalmente confidato a
qualcuno
come si sentiva realmente.
«Quindi...
ho vinto di nuovo io.» affermò di colpo,
riacquistando il suo
solito tono leggero, e il suo sguardo si ravvivò.
«Di
nuovo? Non credo proprio, perché adesso andrà
dritto filato in
ufficio e...»
«Signorina
Potts, sento un improvviso e violento malessere; lavorare potrebbe
essermi fatale.»
«Correrò
il rischio.»
«Vuole
lasciarmi...»
Pepper
mise a tacere le sue proteste con un bacio sulla guancia.
«Questo
significa "per oggi la esonero dai suoi impegni"?» chiese
lui, piacevolmente stupito e speranzoso.
Lo sguardo severo di
Pepper lo convinse di aver mal interpretato il gesto.
«Allora
lo prendo per un no... quindi potrei avere un altro
"incentivo"?»
continuò innocentemente con un sorriso accattivante,
inclinando la
testa di lato con fare giocoso.
Pepper
lo baciò sull'altra guancia e Tony la avvicinòe a
sé, sfioradole
il braccio in una carezza.
«Sono
finite le guance.» osservò ammiccando in tono di
finto dispiacere
mentre si avvicinava alle sue labbra socchiuse.
Si
fermarono un soffio prima di incontrarsi e si scambiarono un sorriso
complice.
Note Dell'Autrice
Buonsalve!
Questa è la prima FF che scrivo su Iron Man (e non credo sarà l'ultima), per cui sono un po' incerta sulla resa dei personaggi... mi sembra di essere sfociata nell'OOC (il fluff non è il mio forte), e vorrei un parere a questo proposito :)
Questa coppia mi ispira tantissimo e sono semplicemente perfetti insieme, anche se mi sembra tanto una relazione cane-gatto... Tony è il gatto u.u (E sì, mi piace lasciare ambigue le cose...)
Il titolo... eheh... sono negata coi titoli. Però questo mi sembrava strano, insolito e appariscente, come Tony, quindi l'ho scelto. No, non è vero, è tutto merito della mia Beta :3 <3
A parte i miei scleri, spero veramente che vi sia piaciuta e che lascerete un commentino ;)
Grazie alla mia Beta MoonRay, che in questo periodo sto sommergendo di lavoro dopo una lunghissima pausa ^^
E grazie a chiunque leggerà e/o recensirà!
-Light-
[Storia revisionata il 05/05/2018]: Devastata e imbarazzata dalla rilettura delle mie vecchie storie, mi dedico alla loro revisione in toto, correggendo per lo meno gli errori di battitura, grammatica e/o continuità con le mie altre storie, visto che mi piacerebbe rendere coerente il mio headcanon riguardante Iron Man. Questa storia in particolare stride in parte con la visione del reattore che do altrove, ma può essere considerata una reazione "a caldo" al trauma del rapimento e di ciò che ne è conseguito.
Per altri mirabolanti avventure nella psiche di Tony durante il trimestre formativo in Afghanistan, la storia fa parte di questa serie -> Newborn
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