Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: TittiGranger    05/03/2012    10 recensioni
- Vengo con te.
- No, invece. Tu non verrai - sentenziò lei, ripiegando una maglia e infilandola nella valigia appena acquistata.
Ron schioccò la lingua, scocciato. Era sdraiato sul letto di Ginny, le mani incrociate dietro la testa, lo sguardo fisso sul soffitto.
- Non te lo sto chiedendo - disse lui semplicemente, continuando a seguire con lo sguardo le venature scure delle travi.
Hermione interruppe il suo lavoro e si sedette sul letto, dandogli le spalle.
- La stai rendendo ancora più difficile, Ron! - disse, massaggiandosi la fronte.
Ron sbuffò e si alzò a sedere di scatto, avvicinandosi a lei.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La storia si è qualificata Prima al Disneyland Contest di Pallina88, vincendo anche il Premio Caratterizzazione; si è poi qual

La storia si è qualificata Prima al Disneyland Contest di Pallina88, vincendo anche il Premio Caratterizzazione; si è poi qualificata seconda all’ Accio love Contest di Nora90.

Alle Giudici vanno i miei ringraziamenti e un grande abbraccio!

 


 





Senza fiato

 

 

 

Gente che viene, gente che va
la gente che resta
è quella che dà...
Corde Oblique

 

Passi.

Valigie trascinate.

Documenti sfogliati.

E facce, tante facce.

Di nuovo passi.

Passi.

Hermione seguì con lo sguardo quell’andare confusionario di gente che correva su e giù.

Chi tornava da un viaggio, chi si accingeva a partire.

C’era un adrenalinico via- vai di persone che andavano e venivano.

Seduta sul bordo di un vaso di cemento bianco di un’elegante ed enorme pianta finta, Hermione osservava l’andirivieni di quelli sconosciuti come ipnotizzata.

Ipnotizzata dal rumore delle rotelle dei trolley sul chiaro pavimento dell’aeroporto di Londra.

Ipnotizzata dal rumore delle scarpe costose degli uomini d’affari europei, pronti a concludere importanti contratti nella City.

Ipnotizzata dall’allegro chiacchiericcio delle famiglie in visita turistica a Londra.

Guardandosi intorno, Hermione poteva scorgere il mondo, semplicemente stando ferma lì, sul finto vaso di finto granito, sotto una finta pianta, osservando persone che facevano finte partenze e finti ritorni.

Perché se c’era una cosa che Hermione aveva capito negli ultimi anni, era cosa significava davvero andare via.

Erano tanti i modi di andare via.

Aveva sperimentato sulla sua stessa pelle la sensazione che si prova a veder partire qualcuno.

A vederlo allontanarsi da te.

E mentre contemplava le centinaia di persone che, ignare, le sfilavano davanti, Hermione pensò che tutti loro non stavano andando via.

Si stavano semplicemente spostando da un posto all’altro, da un Paese all’altro, da un mondo all’altro.

Perché l’ “andar via”, non implicava un semplice movimento.

Implicava uno strappo.

Implicava un allontanamento… non fisico, mentale.

Hermione aveva provato cosa significava “andar via”.

L’andar via ti soffoca.

L’andar via ti fa sentire soppresso.

Perché ciò che ti schiaccia non è vedere qualcuno che si allontana, no.

E’ il pensiero che potrebbe non tornare.

E questo pensiero è in grado di toglierti il respiro.

Di lasciarti così, senza fiato.

Osservò un signore dai tratti orientali uscire dal bar dell’aeroporto.

Sembrava spiazzato, si guardava intorno con espressione confusa.

Hermione sorrise, seguendolo con lo sguardo, mentre con una mano si aggiustava una ciocca di capelli sfuggita dalla coda.

Trovava buffo pensare che sebbene quel signore si trovasse a vari fusi orari di distanza da casa sua, in realtà lui non si fosse mosso.

Lui non era andato via.

Lui era ancora là, a casa sua.

Con sua moglie, con i suoi bambini.

Con la sua casa.

Con la sua vita.

Continuò a guardarlo, mentre l’uomo si affaccendava a frugare nella sua valigetta, per poi estrarne dei fogli.

Lesse il sollievo nei suoi occhi puntati sul biglietto aereo.

Quel pezzo di carta gli avrebbe permesso di chiudere il cerchio, completando lo spostamento.

Era proprio quella la differenza con l’andar via.

L’andar via non segue nessun cerchio.

L’andar via è una tangente che sfiora il cerchio in una millesima parte…c’è solo un minimo, infimo, piccolissimo contatto.

Basta un attimo e il contatto si interrompe.

E a quel punto, non ci saranno più possibilità di completare il cerchio.

A quel punto si verrà schiacciati dal devastante peso di un non ritorno.

Quel peso che ti lascia così, senza fiato.

Hermione sospirò.

Lei aveva provato cosa voleva dire vivere senza fiato. In completa apnea.

Lei aveva provato cosa significa percepire il proprio cuore schiacciato.

Aveva visto troppe persone andare via.

Era rimasta troppe volte senza…

 

… fiato.

Annaspò, mentre le lacrime continuavano a scenderle lungo il viso pallido.

Sentiva che aveva bisogno di aria.

Si sentiva quasi soffocata dai suoi stessi singhiozzi.

Provò a fare un respiro, inspirando il profumo del corpo che la stava avvolgendo, permettendo ai suoi polmoni di nutrirsi di quell’odore.

- Shh - il suono ovattato della voce di Ron che la rassicurava giunse alle sue orecchie, mischiata al lacerante suono dei suoi lamenti - Va tutto bene… va tutto bene.

Hermione si lasciò accarezzare la testa, mentre sentiva una nuova aria farsi strada nel suo corpo.

Avvolta nell’abbraccio di Ron, si sentiva come se il nodo che le stringeva la gola le si fosse allargato quel tanto che bastava per permetterle di respirare, di nuovo.

Il semplice tocco di lui pareva essere stato in grado di donarle il fiato.

Con il respiro ancora un po’ irregolare, riemerse dal suo petto, scostandosi un po’ da lui, imbarazzata per essersi lasciata andare in quel modo.

Ron le sorrise incerto, continuando a tenere un braccio stretto intorno ai suoi fianchi.

- Meglio? - le chiese, accarezzandole il braccio.

Lei annuì, scansandosi i capelli ormai umidi dal viso arrossato, nel vano tentativo di darsi una ricomposta.

- Allora vuoi… vuoi spiegarmi meglio cosa è successo? - fece Ron, guardandola preoccupato, quasi temesse che la sua richiesta potesse turbarla ulteriormente.

Hermione tirò su con il naso. Lentamente, tirò a sé le gambe, stringendosele al petto e appoggiando delicatamente il capo sulla spalla di Ron.

Lui, impacciato, le batté delle piccole pacche sulla schiena.

- Se ne sono andati - annunciò malinconica Hermione. La voce le si incrinò, proprio mentre una nuova ondata di lacrime le offuscava la vista.

Ron annuì serio, stringendo le labbra - Questo me lo hai detto - disse, come a voler intimarle di continuare.

Hermione si prese qualche secondo, prima di parlare di nuovo: non sapeva se la voce le avrebbe retto.

- Ho fatto loro un incantesimo - disse Hermione, soffiandosi il naso - Gli ho… modificato la m-memoria…

Ron la strinse e appoggiò il mento sulla testa riccioluta della ragazza. Quando era arrivata, quel pomeriggio, era terribilmente scossa e Ron l’aveva portata in camera sua per cercare di calmarla e farsi spiegare cose era successo, sebbene immaginasse quale fosse il motivo che la turbava tanto.

- Lo hai fatto per loro - le bisbigliò lui sulla testa, accarezzandole la bassa schiena con le dita - Sei stata coraggiosa. Non tutti sarebbero stati in grado di… farlo.

Hermione trattenne il respiro. Un singhiozzo le morì in gola, mentre si rannicchiava ancora di più contro il collo di lui.

Si sentiva rigida e… dura.

Si sentiva come se niente sarebbe più riuscita ad ammorbidirla.

Non c’era niente che potesse scioglierla.

- Se… se ne sono andati… - mormorò, sospirando, lasciando che una lacrima le scendesse lenta e sola su una guancia - E non torneranno più…

- Sì, che torneranno, Hermione! - fu la pronta risposta di Ron. La scostò da sé per far si che lo guardasse in viso - Appena tutto questo… Hermione, stammi a sentire! Appena tutto questo sarà finito, loro potranno tornare! E’ per il loro bene…

- I miei genitori non si ricordano neanche di me! Non sanno neanche… - Hermione si portò le mani davanti al viso, trattenendo il respiro.

Aveva voglia di piangere e piangere, piangere ancora.

Voleva piangere ed essere talmente stanca da non avere la forza di fare nient’altro, neanche pensare.

Avrebbe voluto che le lacrime cancellassero ogni pensiero, ogni immagine, ogni ricordo.

Avrebbe voluto eliminare il ricordo di sua mamma che, allegramente serena, preparava la borsa.

Avrebbe voluto dimenticare lo sguardo vacuo e spaesato di suo padre, un attimo prima che chiedesse a sua moglie dove avesse messo le guide turistiche di Melburne che avevano comprato anni prima.

Avrebbe voluto cancellare dalla sua testa l’immagine dei suoi genitori che, entusiasti e felici, si chiudevano la porta alle spalle, senza voltarsi indietro.

Voleva scordare il passato ed evitare di vedere il presente.

Voleva piangere e basta.

Ma due mani decise le afferrarono i polsi, scoprendole il viso.

- Torneranno - Hermione socchiuse gli occhi nell’ascoltare quel sussurro che sembrava essere più forte di un qualsiasi urlo - Torneranno - ripeté Ron, appoggiando la fronte a quella di lei - Altrimenti li andremo a riprendere noi. Non… non appena sarà tutto finito. Va bene?

Hermione annuì, percependo il proprio battito cardiaco rallentare, fino a tornare normale…

Si appoggiò sulla spalla di Ron e si lasciò cullare dal suo abbraccio.

E di nuovo, aria nei polmoni.

Sapeva ancora respirare.

 

 

Sono riva di un fiume in piena
Senza fine mi copri e scopri
Come fossi un'altalena

 

Buffo come una persona possa regalarti il respiro e togliertelo con altrettanta facilità.

Con un unico sguardo può farti sentire leggera come una nuvola.

Con un unico sguardo può strapparti il cuore.

Hermione si sedette meglio sulla superficie liscia del marmo, mentre un gruppetto di spensierate hostess le passava davanti, tutte elegantemente fasciate nel loro completo scuro.

Si chiese se almeno una di quelle ragazze fosse davvero mai andata via.

No, probabilmente.

Andare via o vedere qualcuno andarsene è qualcosa che ti marchia dentro.

E’ un pensiero fisso che ti si legge negli occhi, che occupa la mente, che distrugge il cuore.

Che ti lascia senza fiato.

E spesso, l’unica persona che può ridartelo, è proprio quella che te l’ha tolto…

 

 

- Per favore, torniamo indietro… - disse lei, singhiozzando - Ti supplico, Ron… per favore… Non puoi andartene… noi… dobbiamo ancora cercare gli Horcrux che rimangono…

Ron irruppe in una risatina isterica - E io per questa “impresa” sono indispensabile, vero? Mi sembra che fin’ora tu ed Harry ve la siate cavata benissimo anche senza di me, o sbaglio?

- Non dire sciocchezze, Ron! - fece lei, mentre sul viso bagnato da acqua e lacrime si dipingeva un’espressione decisa - Certo che sei indispensabile! Devi smetterla con queste stronzate!

- Perché per te io dico solo stronzate, no? - urlò Ron, rabbioso - Tanto c’è Harry con cui fare le conversazioni serie! Perché voi due siete sulla stessa lunghezza d’onda, no?

Lei scosse la testa - Come… come ti viene in mente? - gridò di rimando lei, nello sforzo di sovrastare il rumore dell’acqua - Che diavolo stai dicendo? Siamo i suoi amici… abbiamo promesso…

- E ALLORA VAI! - le gridò - VAI! Torna da lui! Torna da Harry! Ci sei tu ed Harry non poteva avere di meglio, no?

Lei scosse la testa, cercando di combattere la paura, l’ansia, l’acqua che la stavano schiacciando da ogni punto.

Tentò di rimanere ancorata all’ultimo sospiro che le bruciava in gola…

Sospiro che le si dissolse tra i denti quando vide la figura di Ron sparire in un vortice davanti a lei.

 

 

Scivolando tra i miei passi
Sono sassi dentro te – dentro me
Se non sei tu a muoverli
Come fossi niente
Come fossi acqua dentro acqua



- Vengo con te.

- No, invece. Tu non verrai - sentenziò lei, ripiegando una maglia e infilandola nella valigia appena acquistata.

Ron schioccò la lingua, scocciato. Era sdraiato sul letto di Ginny, le mani incrociate dietro la testa, lo sguardo fisso sul soffitto.

- Non te lo sto chiedendo - disse lui semplicemente, continuando a seguire con lo sguardo le venature scure delle travi.

Hermione interruppe il suo lavoro e si sedette sul letto, dandogli le spalle.

- La stai rendendo ancora più difficile, Ron! - disse, massaggiandosi la fronte.

Ron  sbuffò e si alzò a sedere di scatto, avvicinandosi a lei.

- Hermione, miseriaccia, ne abbiamo già parlato! - si lamentò.

- Appunto! - replicò lei, voltandosi per guardarlo in faccia - E mi pare che fossimo giunti alla conclusione che questo non è il momento più adatto per lasciare la tua famiglia.

- Questa era la tua conclusione, non provare a fregarmi - disse lui, tornando a sdraiarsi.

Hermione alzò gli occhi al cielo, sentendo l’ultimo granello di pazienza evaporare via dal suo corpo. Si alzò e prese una piccola pila di indumenti sulla scrivania per sistemarli nella valigia.

- Non potevi usare la borsetta di perline? - le chiese Ron, gettando uno sguardo ai mucchietti di roba posati in giro per la stanza.

- Sarebbe stato alquanto sospetto se mi fossi presentata per un volo intercontinentale con una misera borsetta, non trovi? - rispose lei - Ma tanto l’ho incantata - aggiunse, indicando il piccolo trolley rosso aperto sul letto - Dovrebbe entrarci tutto il… necessario.

Ma quanto sarebbe stato necessario?

Necessario per quanto poi?

Pochi giorni?

Settimane?

Mesi, forse?

- Giusto - intervenne lui, schioccando le dita ed annuendo serio - Forse dovrei comprarne una anche io.

Hermione sbuffò. Cominciava ad essere stanca di quella lotta - Tu non verrai.

Ma Ron non le badò affatto - Passano il pranzo sull’aereo? - chiese, tornando a sedersi d’improvviso, facendo cigolare il letto.

- Cos-…? S-sì! - rispose Hermione, divertita dall’assurdità della domanda - Sono quasi sedici ore di volo. Dovrebbero…

- Quindi non ne sei sicura? - incalzò Ron, come se la questione fosse di vitale importanza.

- Ron, io… ma sì! Sì, lo passano! - lo accontentò lei.

Ron la guardò con le sopracciglia inarcate, in attesa di un’ulteriore conferma.

- Forse è il caso che ci portiamo qualche panino… - disse infine - Per sicurezza.

- No, no… noi non ci portiamo proprio niente! - protestò lei - Primo perché tu non vieni, secondo perché…

- …e del succo di zucca! -  proseguì lui, imperterrito, contando sulle dita, tra sé e sé - I babbani non bevono succo di zucca, vero?

Hermione si mise le mani tra i capelli, esasperata. Sapeva benissimo a che gioco stava giocando lui, e non aveva alcuna intenzione di dargliela per vinta. Ma, allo stesso tempo, sentiva che la situazione le stava sfuggendo di mano.

L’insistenza di Ron.

Il dolore della famiglia Weasley.

Il suo sentirsi egoista per il fatto di doverli lasciare.

La preoccupazione per i suoi genitori.

Tutto questo la soffocava.

Le toglieva il respiro.

La sensazione di non avere una soluzione a cui aggrapparsi la tormentava.

Si sentiva annientata dal vortice di emozioni che l’aveva travolta.

- No, non lo so Ron. Cioè, no… no… - rispose confusamente.

- Perfetto, ne farò preparare una bottiglia da Ginny - proseguì Ron.

- Tu- non- verrai! - protestò con l’ultimo briciolo di forza che le rimaneva.

- Certo che no - fece lui, alzandosi dal letto e fermandosi accanto a lei.

Quando i loro sguardi si incrociarono, Hermione comprese che l’unico appiglio che le rimaneva per sopravvivere a quel vortice era lui.

L’unica soluzione a cui aggrapparsi per non soffocare… era lui.

- A che ora abbiamo l’aereo domani? - le chiese Ron, senza distogliere gli occhi da quelli di lei.

- Alle tre e venti - fu la flebile risposta di Hermione.

Ron nascose un mezzo sorriso, chinandosi per posare le labbra sulla fronte della ragazza - Vedi? Non è stato difficile.

 

Senza peso, senza fiato, senza affanno
Mi travolge e mi sconvolgi
Poi mi asciughi e scappi via
Tu ritorni poi mi bagni
E mi riasciughi e torni mia
Senza peso e senza fiato
Non son riva senza te


 

 

Ron sfogliò lentamente l’ennesima pagina del tomo a cui dedicava la propria attenzione ormai da parecchio.

- Nel mio mondo i libri sarebbero fatti solo di figure - commentò a mezza voce, scorrendo la lunga lista di nomi e indirizzi.

Hermione, seduta al bancone da cucina, proprio di fronte a lui, chiuse di scatto l’elenco telefonico di Sidney, che stava analizzando, e si strofinò gli occhi, stanca - Nel tuo mondo i libri non esisterebbero affatto - disse lei di rimando, facendogli un sorrisetto.

Anche Ron chiuse il volume, su cui campeggiava la scritta “Melburne” a caratteri cubitali e gli diede una spintarella, come a volerlo allontanare da sé - Se potessi scegliere, sarebbe molto probabile, in effetti - disse, stiracchiandosi e tentando di non cadere giù dai moderni sgabelli della cucina di casa Granger.

- Bè, in ogni caso… è inutile continuare a torturarsi - fece Hermione, scendendo agilmente dallo sgabello e raccogliendo i volumi - Come va, va… - disse, sconsolata, mentre un’ombra le si abbassava sul viso già pallido.

- Andrà bene - intervenne subito Ron, seguendola con lo sguardo, mentre lei infilava gli elenchi in un grande armadio a parete - Abbiamo tutto quello che ci serve, Hermione. Cerca di stare tranquilla.

Hermione aprì la bocca per parlare, ma subito si trattenne.

Era strano per lei trovarsi là, dopo così tanto tempo.

Per mesi e mesi aveva desiderato di poter tornare a casa. Non sapeva quantificare quanto le fossero mancate quelle stanze, quei mobili, quegli oggetti…

Ma quando, quello stesso pomeriggio, lei e Ron erano finalmente tornati per prendere dei documenti e dei vestiti che sarebbero serviti per il viaggio, Hermione si era accorta che quel posto le era stranamente sconosciuto.

Perché ciò che le era mancato tanto di casa sua, non era le stanze, i mobili e gli oggetti.

Erano coloro che avevano reso quel posto una “casa”.

- Cosa c’è? - la incoraggiò Ron.

Hermione si appoggiò al ripiano dell’ampia cucina di sua madre, sfiorando con le dita il legno liscio del piano.

- Se non… - disse, ma le parole le morirono in gola. Ron appoggiò entrambe le braccia sulla lucida isola da cucina, mettendosi in ascolto e invitandola a continuare con lo sguardo.

Hermione ingoiò il vuoto, prima di passarsi nervosamente una ciocca di capelli dietro le orecchie.

- Se non… volessero ritornare? - disse con un filo di voce, fissando il pavimento.

Ron aggrottò la fronte - Stai scherzando - disse, atono. La sua non era una domanda.

La ragazza fece un respiro, cercando il coraggio per guardarlo - Cosa faccio se li trovo felici?  Come posso sconvolgere di nuovo la loro… - si morse le labbra, riuscendo a trattenere le lacrime -…vita?

Ron si alzò scuotendo la testa. Fece il giro del tavolo e quando le fu davanti, afferrò entrambe le mani di Hermione, stringendole forte. Non parlò, finchè lei non si decise ad alzare lo sguardo per guardarla negli occhi.

- Tu sei loro figlia, Hermione - disse semplicemente, accarezzandole il dorso della mano con i pollici.

Ed eccola di nuovo, quella sensazione che ti attanaglia lo stomaco.

Che ti fa stringere il cuore.

Che ti chiude i polmoni.

Che ti toglie il fiato.

- I miei non sanno neanche di avere una figlia - face Hermione e le sembrò quasi che a parlare fosse un’estranea. Alzò lo sguardo verso l’alto, ma questo non fu sufficiente ad impedire che due lacrime traditrici le scivolassero sulle guance - Non sanno di aver avuto un’altra vita, non… non sanno che ci sono io, qui. Potrei semplicemente andare là… - si interruppe, sentendo nel petto un peso ormai consueto, un peso che la otturava, che le toglieva il respiro - Vedere come stanno, assicurarmi che… siano… felici e tornare, senza dire niente, senza sconvolgere la loro vita, ancora…

- No - disse Ron, tranquillamente, continuando a scuotere la testa. Le prese il volto fra le mani, per assicurarsi che lei lo guardasse - Hermione… loro sono tuo madre e tuo padre. Cioè… che importa se adesso hanno un’altra vita? Miseriaccia, io mi farei sconvolgere la vita mille volte pur di riaverti! - disse con enfasi - Credi davvero che ai tuoi importi cambiare città? Che gli importi di dover fare le valigie e di dover tornare indietro? Pensi davvero che per i tuoi genitori tutto questo sia più importante… di te?

- Oh, Ron… - Hermione chiuse gli occhi e, sospirando, appoggiò la fronte al petto di Ron, lasciandosi abbracciare dalle goffe e titubanti braccia di lui.

E di nuovo, aria in lei.

Buffo come un’unica persona con un semplice gesto o una semplice parola possa donarti aria.

Buffo come spesso questa sola persona possa farti affondare oppure tenerti a galla con uno sguardo.

Buffo come talvolta vi sia una sola persona a determinare la nostra felicità, senza neanche esserne consapevole…

Ron le posò un baciò sui capelli, continuando a stringerla - Io ti rivorrei sempre…

Fu soltanto un bisbiglio.

Probabilmente pronunciato tra sé e sé, magari spontaneo, non riflettuto.

Ma fu proprio la spontaneità nascosta nelle parole di Ron a scuotere Hermione, più di un qualsiasi uragano.

Si sentì inondata dall’aria che la circondava, pronta a non lasciarsi sopraffare.

Il suo cuore correva, il suo respiro anche.

Correvano i suoi pensieri.

E anche le sue labbra correvano, quando si alzò sulle punte dei piedi alla ricerca di quelle di Ron.

Fu un piacevole rincorrersi di labbra, mani e fiato.

Dopotutto, loro si rincorrevano da una vita.

Lo avevano fatto per anni, in tutti i modi possibili.

Si rincorrevano, senza però riuscire mai a raggiungersi.

Era un continuo andare.

Un continuo tornare.

Adesso, invece, avevano trovato il loro perfetto equilibrio.

Continuavano a rincorrersi, ma lo facevano mano per mano.

Bocca contro bocca, pelle su pelle,  fiato per fiato…

 

Se brillando in silenzio resti accesa dentro me
Se bruciando e non morendo tu rivampi e accendi me
Stop burning me!
Dentro esplodi e fuori bruci
E ti consumi e scappi via
Stop burning me!

Mi annerisci e ti rilassi e mi consumi e torni mia
Stop burning me!


 

- Oh, dall’Inghilterra? Che meraviglia! - disse gioviale la signora Granger, intenta a ricercare, nell’ordinario archivio dello studio dentistico in cui lavorava con il marito, il finto fascicolo richiesto da Hermione - Sono sempre stata attratta dal vostro Paese - continuò, dando loro spalle, ancora immersa nel cassetto di legno chiaro - Anche se non ci sono mai stata, penso sia un posto in cui mi troverei bene… - ridacchiò - A volte mi sento come se non facessi parte di qui, come se dovessi stare in un posto diverso - si voltò verso di loro, con un sorriso, per poi proseguire la sua ricerca - Buffo, vero?

Ron, che fino ad allora aveva cercato, con poche parole di reggere la conversazione con la signora Granger, dato che Hermione era riuscita a spiccicare giusto qualche sillaba, strinse la mano alla ragazza con fare incoraggiante - Adesso - le bisbigliò nell’orecchio.

Hermione annuì e lentamente sollevò la bacchetta, puntandola alle spalle della madre - F-finit- finite… I-incantatem…- non successe nulla - F-fini-… - scosse la testa, senza riuscire a proseguire. Percepiva il respiro accelerare e mangiarsi tutta l’aria che aveva nei polmoni.

E se qualcosa fosse andato storto?

Se avesse fatto male l’incantesimo e suoi avessero riportato dei danni?

- Non ci riesco - disse, abbassando la bacchetta - Non ci riesco - ripeté con voce tremante.

Ron la guardò qualche secondo poi, con lentezza, sfilò la propria bacchetta dallo zaino e la fissò, quasi in attesa della sua autorizzazione.

Hermione annuì debolmente, grata.

Senza lasciarle la mano, Ron ingoiò il vuoto e, teso, punto la propria bacchetta verso la signora Granger - Finite Incantatem.

Un fascicolo di fogli cadde a terra, sparpagliandosi sul caldo pavimento di legno.

Due cuori persero un battito, stretti nella morsa dell’ansia.

Due occhi si spalancarono, colmi di stupore e stordimento -Hermione!

E di nuovo aria nel petto.

 

Tell me now
Tell me how am I supposed to live without you
Want you please tell me now
Tell me how am I supposed to live without you



 

Gli addetti alla sicurezza proseguivano nei loro attenti controlli, mentre file e file di persone, bambini, anziani scorrevano sotto lo sguardo distratto e pensoso di Hermione.

Quanta gente aveva visto partire quell’aeroporto?

Quanta gente aveva visto tornare?

Forse milioni.

Forse migliaia.

Centinaia.

Ottantanove.

Forse trenta e diciassette.

O magari nessuno.

- Eccomi! - una voce interruppe i suoi pensieri. Hermione si voltò e sorrise - Scusa se ci ho messo tanto, ma questi babbani sono alquanto lenti quando si tratta di andare in bagno - disse Ron, grattandosi la testa, mentre si guardava intorno - Ma dove sono i tuoi?

Hermione si alzò, afferrando la borsa - Hanno preso un taxi e le valigie, ci aspettano a casa.

Lui annuì, tendendo la mano - Pronta ad andare, allora?- le chiese - Oppure vuoi restare? - aggiunse, scherzando.

Hermione fissò la mano e sentì il respiro bloccarglisi quando le dita di Ron sfiorarono le sue.

Dopo un momento di esitazione, fece un passo in avanti e incrociò le sue mani con quelle di Ron - Io resto. E tu? - disse, guardandolo negli occhi.

Lui ricambiò lo sguardo, confuso. Poi sorrise.

Non disse nulla.

Si limitò a stringerle forte la mano e a condurla verso l’uscita.

 

 

 

Tell me how am I supposed to live without you
No, please, don't tell me now (touch me)
Tell me how am I supposed to live without you
No
Please
Don't.




 

 

 

 

Le note su cui si basa la storia appartengono alla canzone “Senza Fiato”, dei Negramaro.

La canzone parla di due innamorati che si inseguono continuamente e riescono a sentirsi completi soltanto l’uno con l’altra: l’ho trovata semplicemente perfetta per Ron ed Hermione.

Punto due: il fatto che sia Ron a sciogliere l’incantesimo di memoria dei signori Granger non è una mia idea: in realtà, appartiene ai cosiddetti “Romione facts”. Per chi li conosce saprà che sono delle “brevi notizie” che la Rowilng ha dato sulla storia dei due personaggi. Ovviamente, non posso garantire che siano vere al 100%!

 

Spero che vi sia piaciuta <3 <3

Titti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: TittiGranger