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Autore: Dani85    05/03/2012    12 recensioni
Mia prima Fan Fiction su Il XIII Apostolo.
Dal I Capitolo:
...e l'unica cosa che poté fare fu guardare Claudia. E a lei mancò il fiato quando incrociò di nuovo i suoi occhi, dopo settimane lunghissime in cui quello che le era venuto meglio era stato deprimersi. La mano le ricadde pesantemente sulle gambe mentre il ciondolo finiva a tintinnare contro i bottoni del cappotto: non si sentiva pronta a quello, ad essere di nuovo faccia a faccia, a ritrovarsi di nuovo sola con lui.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Amate chi v'ama - I Capitolo

 

Gabriel sbuffò per l'ennesima volta quella mattina mentre si sfilava gli occhiali e stancamente si massaggiava gli occhi. Era esausto. Erano settimane ormai che le sue notti venivano tormentate dagli incubi. E sì che non era certo una novità: aveva passato vent’anni a braccetto con gli incubi, vent’anni a svegliarsi di scatto terrorizzato da quell’enorme porta nello stesso identico modo di quando aveva dieci anni. Insomma, come lui stesso aveva preso a pensare, doveva esserci abituato ormai. E invece non era così: stavolta proprio non riusciva ad elaborare quei sogni, a metabolizzarli e digerirli. E il risultato, alla fine, era che se ne restavano lì, impantanati nella sua testa, ad echeggiare tra i suoi pensieri.

“Anche stanotte l’incubo con Serventi!?” il tono basso e musicale di Alonso ruppe appena il silenzio che riempiva la Biblioteca della Congregazione, quasi deserta in quell’inizio di giornata. “Da cosa lo hai capito?” gli chiese di rimando Gabriel con un mezzo sorriso, “Beh, un po’ dalla tua faccia – e hai un aspetto terribile ragazzo mio, fattelo dire… - e poi da questo!” esclamò allungando una mano a tamburellare sul blocco di fogli che occupava il centro del tavolo. Nella parte alta della pagina campeggiava proprio il nome di Serventi, più e più volte ricalcato e sottolineato. Gabriel osservò sorpreso la scritta: nemmeno si era reso conto di averla fatta. “Sta diventando un’ossessione!” mormorò nascondendo il volto tra le mani. Alonso posò sul tavolo la grande tazza bianca che aveva in mano e poi si tirò a sedere più vicino all’amico. “Questo è quello che vuole lui: diventare un'ossessione, la tua ossessione! Devi rimanere lucido, Gabriel!” gli sussurrò stringendogli un braccio, “Ci sto provando Alonso ma è difficile! È difficile riuscirci così, col dubbio di star davvero realizzando quello che vogliono loro...”.

La voce del giovane Antinori si spense in un sospiro triste. Era questo che davvero lo tormentava: il pensiero che il Serventi dei suoi incubi avesse ragione, che veramente l'occuparsi di quelle persone con capacità così simili al suo potere significasse realizzare l'antica profezia. “L'eletto sarà cresciuto nella Chiesa e la rovescerà dall'interno!” declamò in tono sofferto citandola, “Smettila adesso! Hai già fatto la tua scelta: sai che questo non accadrà!” lo zittì l'altro duramente mentre strappava il foglio e lo accartocciava lanciandoselo alle spalle “E comunque sono solo dei sogni!” aggiunse poi ricambiando il sorriso appena accennato dell'amico. “Mi piacerebbe fosse così ma non lo so... temo che sia una proiezione reale di Serventi e non solo una proiezione inconscia dei miei timori...” ribatté Gabriel e in fondo anche Alonso la pensava così: del resto non sapevano davvero fino a dove potesse arrivare il potere di quell'uomo. “Parlane con qualcuno, magari con un esperto, qualcuno che possa escludere che sia tutto frutto della tua mente!” propose il vecchio archivista ma Gabriel cominciò subito a scuotere negativamente la testa. “A che serve!? Abbiamo già avuto la prova che i miei incubi nascondono cose reali!”, “Magari stavolta è diverso, che ne sai! E poi, com'è che mi hai detto sempre!? Prima si esclude il razionale e poi si pensa al paranormale! Devi parlare con qualcuno Gabriel! E sai anche con chi!” ammiccò strizzandogli l'occhio. Il giovane deglutì a vuoto: aveva capito perfettamente a chi si riferiva Alonso e, insieme a quella consapevolezza, aveva anche sentito arrivare un leggero senso di panico. “Non posso parlare con Claudia!” esclamò sfuggendo lo sguardo fermo dell'amico, “Io dico di sì! E sono sicuro che ti farebbe bene sotto tanti punti di vista!”. Ma non farebbe bene a lei pensò istintivamente ricordando il loro ultimo incontro e come si erano salutati.

“Mentre decidi, bevi questo, avanti!”

Nuovamente Alonso aveva interrotto i suoi pensieri e gli aveva fatto scivolare davanti la tazza che aveva portato con sé. Gabriel gli sorrise mentre la prendeva tra le mani. Certo, dal tempo che stava lì il caffè doveva essere di sicuro freddo e quasi sicuramente, viste le dimensioni della tazza, era anche una di quelle cose tremendamente allungate che mai e poi mai un italiano definirebbe caffè… però portarglielo, bisognava ammetterlo, era stato un pensiero carino. E proprio per questo, aveva deciso che lo avrebbe bevuto lo stesso.

“Alonso!” biascicò Gabriel dopo appena un sorso, le labbra arricciate in una smorfia perplessa e gli occhi spalancati a fissare la tazza e il suo contenuto, “Che c’è!? sì lo so, avrei dovuto portartelo in un bicchiere ma, sai, qui bisogna arrangiarsi. E poi, se lo metto nelle tazze, Isaia pensa che sia caffè e non mi dice niente!” spiegò il sacerdote sudamericano, evidentemente orgoglioso del suo stratagemma. “Ma è un mojito!” fece incredulo Gabriel, “Buono, vero!? L’ho fatto io!” e l’espressione di Alonso fu di pura soddisfazione, “Sì, ma… un mojito, alle nove di mattina!?”, “Claro que si! Fa meglio del caffè: sveglia di più!” esclamò deciso mentre si alzava lisciando con le mani la lunga tonaca, “Dovresti vederti: hai già un altro colorito!” rise dando una pacca a Gabriel e lui ridacchiò di rimando, osservandolo sfilare verso l’archivio. Il vecchio Alonso non sarebbe cambiato mai.

 

***

 

“Fratello Alonso, aspetta... non credo che dovremmo essere qui...” azzardò timidamente Isaia parandosi davanti al collega, “Non temere padre Morganti, stiamo facendo la cosa giusta!” replicò lui con un sorrisino complice, “Non credo! Non credo proprio che parlare con la dottoressa Munari sia la costa giusta: non dopo tutto quello che è successo tra lei e Gabriel, non ora che lui fa parte del Direttorio!” insistette il più giovane dei due, “Uff!” sbuffò Alonso poggiando entrambe le mani sulle spalle dell'altro, “È proprio per Gabriel che siamo qui! Ha bisogno di qualcuno che lo aiuti ad affrontare i suoi incubi e le sue paure e lo sai anche tu che questa persona può essere solo Claudia...”. Isaia abbassò gli occhi e sospirò. Non aveva nessuna intenzione di dire a quello strampalato di Alonso che aveva ragione, ma non poteva negare a sé stesso che era così. Per quanto fosse inappropriato e scomodo, sapeva benissimo anche lui che l'unica che poteva aiutare Gabriel nella sua personalissima battaglia a Serventi era proprio la Munari. “E va bene...” sbuffò alla fine spostandosi di lato e guadagnandosi una sonora pacca di Alonso su una spalla, “Sei un uomo ragionevole, amico mio!” ridacchiò accanendosi contro il campanello dello studio di Claudia.

“Beh!?” la giovane segretaria spalancò con furia la porta sicura che si trattasse di qualche ragazzino in vena di scherzi e, invece, restò esterrefatta quando si ritrovò davanti due uomini, o meglio, due sacerdoti che la osservavano sorridenti con le mani incrociate sulle lunghe tonache nere. “S-sì, posso esservi utile!?” balbettò, “Vorremmo parlare con la Dottoressa Munari!” esclamò Alonso mentre la ragazza lo squadrava con un'occhiata indagatrice. “Sì... chi devo annunciare!?” chiese sospettosa, “Amici!” e il sorriso di Alonso si allargò da un orecchio all'altro mentre lo diceva. La segretaria indietreggiò piano nello studio facendo strada ai due uomini e poi scomparve in quello che presumibilmente era l'ufficio di Claudia. Ne riemerse un paio di minuti dopo insieme alla psicologa. “Alonso! ...Padre Morganti!” il saluto della Munari suonò sinceramente sorpreso, “Reggimi il gioco!” bisbigliò il sudamericano dando di gomito ad Isaia per poi andare incontro a Claudia con le mani tese e un caldo sorriso. “Dottoressa Munari, è un piacere rivederla!” esordì stringendole le mani “Siamo qui perché abbiamo bisogno del suo aiuto! Padre Isaia sta seguendo un caso per conto della Congregazione e io sono sicuro che il suo aiuto potrebbe essergli molto utile!”. “Davvero!?” esclamarono in coro Claudia e Isaia: lei sorpresa, lui sbiancando. “Sì, si tratta di un giovane ossessionato da incubi...” aggiunse Alonso guardando di sottecchi il collega su cui si posò anche lo sguardo intenso ed indagatore di Claudia. “Oh... sì ecco, in realtà più che incubi sono... sì, sono quasi esperienze extra sensoriali che paiono sfociare in una realtà parallela dove ciò che accade è una premonizione di ciò che accadrà...”. Isaia aveva appena messo su un caso che non esisteva, o per meglio dire, aveva appena spacciato Gabiel per un fantomatico e misterioso caso che non esisteva.

Claudia prese a giochicchiare con il ciondolo che portava sempre al collo mentre provava a star dietro ai due sacerdoti. C’era qualcosa nella loro presenza lì che la insospettiva e molto più di qualcosa che non la convinceva in quel caso. Isaia soprattutto, le sembrava a disagio, quasi stesse nascondendo qualcosa, in evidente contrasto con Alonso che invece era il ritratto della calma. “E io come potrei aiutarvi!?” chiese dopo un attimo di silenzio, avvicinandosi al gesuita più giovane: tra i due il punto debole era lui e, se quella storia nascondeva qualcosa, proprio lui era quello più a rischio di un passo falso. “Ehm...” Isaia esitò un momento cercando di raccogliere le idee “...beh lei potrebbe aiutarci a stabilire se si tratta di proiezioni inconsce di un qualche disagio piuttosto che di manie di persecuzione, oppure se siamo di fronte ad un fenomeno di natura diversa!” argomentò alla fine e Alonso sorrise compiaciuto: era suonato piacevolmente convincente. Claudia si rigirò il ciondolo tra le dita mentre squadrava ancora l'uomo di fronte a lei. Continuava a non convincerla: nonostante avesse pronunciato il discorso con invidiabile fermezza faceva di tutto per evitare di incrociare il suo sguardo. La sua mente razionale ed analitica aveva già catalogato quel comportamento come sospetto, complici proprio quegli occhi sfuggenti e quelle mani che tormentavano ora gli occhiali, ora la tonaca. Se si fosse dovuta basare sul linguaggio del corpo avrebbe messo la mano sul fuoco che Isaia le stava mentendo, di contro c'era pur sempre il fatto che fosse un sacerdote e questo la faceva quasi sentire in colpa per quel suo pensar male.

“Allora Claudia!? Possiamo contare sul suo aiuto!?”

Fu Alonso a riscuotere la donna da quell'intrico di ragionamenti distogliendo così l'attenzione da Isaia, che lasciò andare le spalle in un leggerissimo sospiro di sollievo. Per la prima volta da quando quell'inaspettato e strano discorso era iniziato, fu la Munari a distogliere lo sguardo. Si sottrasse agli occhi piccoli e vivaci di Alonso mentre decideva cosa fare. Al di là di tutto, le avevano appena offerto di lavorare ad un caso che sembrava avere tutte le caratteristiche di un vero e proprio viaggio nella mente umana per sondarne limiti e capacità. E questo risvegliava tutto il suo interesse di psicologa. “D'accordo, vediamo di cosa si tratta!” concesse alla fine sorridendo più a sé stessa che a loro: in fondo non aveva molto da perdere e, al massimo, se si fosse trattato di una bufala non c'avrebbe rimesso più della camminata a vuoto e di un po' del suo tempo.

“Molto bene!” esclamò soddisfatto Alonso “Allora ci vediamo tra un'ora alla Congregazione!” aggiunse avviandosi verso l'uscita ma lei lo afferrò per un braccio. “Alla Congregazione no! Lì c'è lui...” fece notare con una vaga nota di allarme nella voce, “È in Università, tranquilla!” ribatté il sacerdote. Nessuno dei due aveva fatto nomi, eppure sapevano benissimo entrambi chi era il Lui in questione. Isaia chiuse per un attimo gli occhi: si stava già pentendo di aver assecondato la messinscena orchestrata dal collega.

Quando Claudia fu completamente scomparsa dall'altra parte della porta, oltre la quale li aveva accompagnati, Isaia poté finalmente concedersi un lungo e profondo sospiro.

“Ti rendi conto di cosa abbiamo fatto, Alonso? Abbiamo mentito, abbiamo violato un sacramento importantissimo e...” il gesuita era agitato e aveva preso a parlare rincorrendo le parole, una sfumatura di colpevolezza nella voce. “Calmo fratello, calmo! Non abbiamo mentito, in fondo!” lo zittì l'altro prendendolo sotto braccio “Non abbiamo detto nulla che non sia vero: Gabriel è davvero perseguitato dagli incubi, davvero non sappiamo se quello che vede è opera della sua mente o di quella di Serventi e davvero ha bisogno che qualcuno lo aiuti a scoprirlo... abbiamo solo omesso alla dottoressa Munari che si tratta di lui!”. Mentre parlava, l'uomo aveva tirato con sé Padre Morganti fino alla macchina per poi spingerlo un paio di volte per il gomito, finché non gli fu chiaro che doveva aprire la portiera. “Abbiamo sbagliato lo stesso: anche l'omissione è un peccato!” esclamò Isaia quando si fu finalmente seduto in auto, “Isaia, la tua presa di coscienza è lodevole anche se la tua coscienza non molto tempo fa ti ha permesso cose ben peggiori!” commentò Alonso e il giovane prete si sentì punto nel vivo. “Ho già chiesto perdono al Signore e a Gabriel per il mio comportamento scorretto: non serve che tu me lo ricordi!” sibilò con tono piatto e aveva detto una cosa vera. Isaia aveva già chiesto scusa, nel segreto della confessione e a Gabriel, per aver tramato contro di lui, eppure la cosa continuava a pesargli. Nonostante il perdono cristiano. Nonostante l'amicizia con con Antinori fosse tornata come quella di prima, se non non più solida e salda. “Non volevo infierire: ti chiedo scusa! ...volevo solo dire che anche se il modo non è dei più giusti, lo stiamo comunque facendo per una buona causa!” e le parole di Alonso riempirono l'abitacolo mentre la strada scorreva caotica e colorata attorno ad essi.

“Voglio sperare che tu sappia già cosa fare quando la Munari arriverà in Congregazione!”.

Isaia non rispose alla precisazione del collega o almeno non lo fece direttamente, perché quella frase altro non era che il segno della sua disponibilità a proseguire in quella specie di pantomima per far incontrare Gabriel e Claudia. “Tranquillo, ho già tutto qui!” ridacchiò Alonso mentre si picchiettava due dita sulla testa, “Basta che non mi coinvolgi di nuovo!” ribatté lui sfilandosi gli occhiali e prendendo a strofinarne le lenti con un fazzoletto, “Ma ormai ci sei dentro e poi, mi serve ancora il tuo aiuto hermano!” replicò deciso facendo svoltare l'auto un po' troppo bruscamente. E a quel punto sarebbe stato impossibile stabilire se l'occhiata di panico di Isaia fosse dovuta a quella brusca manovra di guida o alla consapevolezza di essere ancora parte della folle idea di Alonso.

 

***

 

Isaia camminava senza sosta davanti all'ingresso della Congregazione, il breviario in mano e continue occhiate all'orologio. Claudia sarebbe arrivata da un momento all'altro e a lui sarebbe toccato intrattenerla fino a quando Alonso non fosse riuscito a condurre Gabriel a quell'incontro inconsapevole. Tornò ad aprire il breviario e riprese a leggere la stessa ed identica pagina che aveva iniziato almeno un quarto d'ora prima. Aveva letto appena due righe quando buttò l'ennesima occhiata all'orologio, impaziente. Fortunatamente nel momento stesso in cui alzò lo sguardo dalle piccole lancette, incrociò un'auto scura che si fermò parcheggiando di traverso: l'attesa era finita. La Munari scese dalla macchina e dopo qualche passo sul ciottolato si ritrovò di fronte ad Isaia, la mano tesa per una stretta che entrambi avvertirono incerta e vagamente diffidente.

“Padre Alonso ci raggiungerà in giardino con il ragazzo!” disse subito il gesuita, ben sapendo che Claudia si sarebbe decisamente trovata più a suo agio con il vecchio collega che con lui, “Va bene!” gli sorrise lei, visibilmente sollevata all'idea che non avrebbe dovuto passare poi così tanto tempo sola con Padre Morganti. Che poi sarebbe anche stato inutile provare a fingere il contrario: d'altronde lui l'aveva sempre vista come qualcosa di molto simile a fumo negli occhi. E ora, come in fondo era prevedibile, camminavano l'uno accanto all'altro, in un silenzio interrotto solo dal rumore delle scarpe sul marmo chiaro della passeggiata che stavano percorrendo e che, dopo aver girato tutto intorno alla Congregazione, li avrebbe condotti al giardino interno della struttura.

Quando sboccarono nel piccolo chiostro, Claudia fu costretta a chiudere gli occhi per un un attimo, il tempo necessario ad abituarsi al pieno sole che illuminava il giardino, così in contrasto con l'ombra che li aveva accompagnati fin lì. Isaia salutò con un cenno della testa un sacerdote che si avviava a rientrare in Congregazione e poi andò a sedersi sul muretto di una siepe laterale. Claudia lo seguì e si sedette mantenendo una certa distanza che si sarebbe quasi potuta definire di sicurezza.

“Io...” iniziò Isaia schiarendosi la voce “credo di doverle delle scuse, dottoressa!” esclamò spingendo gli occhiali indietro sul naso. Claudia aveva alzato di scatto la testa a fissarlo, sorpresa da quelle parole. Sapeva di che scuse parlava e sapeva che le aveva già fatte a Gabriel ma che, ora, le facesse anche a lei proprio non se lo aspettava. “Sì beh, ecco... delle scuse per come mi sono comportato con lei e Gabriel! Per quanto ritenessi di avere buoni motivi per farlo, il coinvolgerla è stato comunque un comportamento riprovevole!” si affrettò ad aggiungere, nel remotissimo caso che la donna non avesse afferrato al volo quello a cui lui si stava riferendo. La Munari si lasciò andare ad un lieve sorriso, mentre scostava i lembi del cappottino e tirava fuori il ciondolo appeso al collo e che cominciò a rigirarsi tra le dita. Il rigido e ortodosso Padre Morganti che le chiedeva scusa: non avrebbe scommesso un solo centesimo che sarebbe mai accaduto, eppure ora l'aveva fatto e la cosa che più l'aveva colpita era che a prevalere non era il senso di avvenuta rivalsa ma quasi un sottile divertimento. Sì, in fondo la divertiva il disagio e il pizzico di confusione che leggeva in Isaia e nei suoi gesti, tanto lì al chiostro quanto nel suo ufficio solo poche ore prima.

“Visto che siamo in tema di scuse, a questo punto anche io ho di che scusarmi con lei!” ridacchiò attirandosi l'occhiata confusa del suo interlocutore. “Sa, oggi in ufficio, mi sembrava ci fosse qualcosa di strano in lei ed Alonso e io – e le sembrerò pazza, lo so – avevo pensato mi steste prendendo in giro con questa storia del caso!” spiegò continuando a far scivolare il ciondolo lungo il laccetto di caucciù. Isaia chiuse e riaprì gli occhi, colpevole. “Dottoressa, purtroppo a questo proposito...” provò a interromperla ma lei fu più rapida e riprese subito la parola. “No ma lo capisco che per lei soprattutto non deve essere facile e piacevole rivolgersi a me e da qui il suo disagio!”. Avrebbe voluto aggiungere che quel disagio lo sentiva molto suo, che essere lì, in Congregazione, con il rischio altissimo di incontrare Gabriel – magari anche solo per caso, in fondo ad uno dei tanti corridoi – era tutto ciò che voleva strenuamente evitare perché era ciò che più le faceva paura.

Un paio di colpi di tosse, rochi e strisciati, interruppero il filo dei suoi pensieri e la fecero voltare mentre Isaia scuoteva impercettibilmente la testa. Di fronte a loro, Alonso e uno stupito Gabriel. In perfetto sincrono sia lui che lei guardarono i loro accompagnatori come a chiedere che ci facesse l'altro lì. Isaia sfuggì all'occhiata dura e spiazzata della donna mentre Alonso spingeva avanti Gabriel per un braccio.

“Fratello Alonso, andiamo! Ci aspettano in archivio e sono sicuro che la dottoressa Munari saprà occuparsi da sola del nostro caso!” sentenziò Alonso raggiungendo Isaia e allontanandosi con lui così tanto velocemente da non lasciare a nessuno il tempo di replicare.

“Alonso!? Alonso!?”

Gabriel provò a richiamarlo un paio di volte ma i due sacerdoti si erano già allontanati e l'unica cosa che poté fare fu guardare Claudia. E a lei mancò il fiato quando incrociò di nuovo i suoi occhi, dopo settimane lunghissime in cui quello che le era venuto meglio era stato deprimersi. La mano le ricadde pesantemente sulle gambe mentre il ciondolo finiva a tintinnare contro i bottoni del cappotto: non si sentiva pronta a quello, ad essere di nuovo faccia a faccia, a ritrovarsi di nuovo sola con lui. Improvvisamente si pentì di essere lì e si sentì molto stupida per non aver dato retta ai suoi dubbi su tutta quella faccenda. Se lo avesse fatto ora non si sarebbe trovata in quella situazione che aveva tenacemente evitato fino ad allora. Perché no, lei lo amava e nessun rapporto diverso dall'amore sarebbe potuto essere possibile tra loro. E quello davanti al quale Alonso ed Isaia li avevano messi non sarebbe mai potuto essere amore, lo sapeva fin troppo bene. Claudia ingoiò a fatica quella consapevolezza, la mano che si serrava a pugno.

“Beh direi che siamo stati ingannati tutti e due!” e la voce di Gabriel le risuonò calda come il sole che le picchiava addosso, seduta lì su quel muretto di marmo da cui non riusciva o non aveva la forza di alzarsi.

“Come stai?” e di nuovo la sua voce, un sussurro dolcissimo, un brillio di affetto negli occhi e tutte le certezze di Claudia su quello che non sarebbe potuto essere che scivolavano via da lei, lasciando spazio al primo vero sorriso da nemmeno lei avrebbe saputo dire quanto.

...continua...

  
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