Avanti e indietro
Siamo arrivati qua. Ci siamo arrivati con la spinta che ci hanno fornito gli alberi grondanti d’autunno in quel giardino che non avevamo mai visto. Ondeggiavano avanti e indietro, anche se non potevamo in nessun modo rendercene conto, lo facevano solo per noi, solo perché in questo momento ce ne ricordassimo e capissimo quanto la caduta di quelle foglie colorate di morte rossa sia stata fondamentale per trovare la rincorsa nella prima salita. Se ci penso però, io le vedo cadere dietro di me, le vedo con gli occhi della probabilità e con la voglia di abbracciare una canzone che non ricordo. Forse, è quella che speravo avresti abbracciato quando sarei sparito.
Siamo arrivati qua, e se ci siamo riusciti lo dobbiamo
sicuramente anche a quel vento che ci attaccava con la voglia di sentire i
nostri corpi più uniti di quanto non potessero essere in quel momento. La
voglia di tradire il tempo, di non mantenere le promesse fatte qualche giorno
prima dell’inizio, il profondo e radicato desiderio di donare i nostri corpi ad
una pila ardente che avrebbe rappresentato la nostra porta per l’apoteosi. Quel
vento ondeggiava avanti e indietro tra gli alberi rossi, ed arrivò in poche
settimane a privarli anche di quell’ultimo avviso sparuto, soffiando via quel
rosso. Lo cercai per giorni e giorni, nutrendo la segreta speranza di trovarlo
sepolto sotto la tua angoscia, la sola che in men che non si dica può scolorire
gli alberi e donare loro il più morbido degli schiaffi. Lo stesso con cui mi
hai costretto a rendermi conto che eri arrivato.
Qua ci siamo giunti, e parte del merito va anche alle
nuvole. Non hanno smesso un attimo di passarci sopra la testa, pensando che
fossimo totalmente insensibili ai loro movimenti e alle loro parole, sperando
che nelle loro forme non saremmo riusciti a ravvisare la presenza della
bellezza. Si sono augurate per tanto tempo che non riuscissimo a trovare
l’uscita dai loro campi elisi una volta che vi fossimo entrati. Era un augurio
che dipingevo spesso anche io su un vetro appannato, baciandolo col cuore e
timbrandolo col sangue, affidandolo ad una canzone che abbracciavo e che adesso
non ricordo. Le nuvole, quelle stupende nuvole percorrevano i nostri cieli
avanti e indietro, senza mai stancarsi, senza mai fermarsi, senza mai voltarsi
a guardare quello che si erano lasciate indietro. Avremmo dovuto fare lo stesso
anche noi, prima di salire ognuno su uno sputo di cielo diverso.
Ti accorgi che siamo qua? Siamo sullo stesso ponte, in
attesa di cadere o morire. Se fin qui abbiamo dato retta alla convenienza è
anche merito della strada che abbiamo seguito. Non sai quanto ho desiderato di
ringraziare chi l’avesse costruita. È una strada salda, lambita dagli alberi
che rosseggiano e muoiono, e rumore di percosse. Nuvole che la seguono e la
percorrono insieme con i viaggiatori, accompagnandoli e assecondandoli senza
dar troppo peso alla fatica. Ma è una strada dove gli angoli sono trasparenti,
dove il sangue è preceduto dal riso, dove la visione è preceduta dalla
consapevolezza, dove non ci sono buche e dove ogni ostacolo scompare al nostro
passaggio. È una bella strada, quella che abbiamo percorso insieme. Percorre
queste nostre terre avanti e indietro, senza mai tornare sui suoi passi. Senza
mai guardare indietro, come decisa a prendersi gioco di noi.
Se adesso siamo qua, se ci siamo arrivati gloriosi e carichi
di medaglie, io voglio accennare la giusta gratitudine al tempo. Con meraviglia
e stupore ci ha guidati, sorpreso dal nostro incontro, incapace di comprendere
il perché delle nostre azioni. Ci ha visti in due posizioni diverse. È fuggito
mentre lo rincorrevo col cuore in gola, mentre respiravo benzina e divoravo il
vento per raggiungerti in tempo; ogni volta si compiaceva di quanto fosse più
rapido di me, di quanto dovessi faticare per impiegare il doppio del tempo che
impiegava lui a compiere lo stesso tragitto. E tu eri sempre sulla collina,
stabile sulla montagna, al sicuro nel trofeo. Ti ha visto riposare e svegliarti
di soprassalto mentre finalmente lo guardavi in faccia e capivi che stava
superando anche te.
Il tempo ci ha giocati, ci ha plagiati, correndo avanti e
indietro, a passi alterni ed eterni. A tratti ci è sembrato correre a velocità
mai neppure sognate, altre volte siamo stati sul punto di credere che ci
volesse prendere per mano e portare a passeggio. Ma il tempo sa fare per natura
qualcosa che noi non impareremo mai. Il tempo sa vivere senza stancarsi.
E adesso, osservando tutti questi chilometri, non è forse il
caso di ringraziare anche noi stessi?
I protagonisti che non si sono mai incontrato, quelli che
hanno recitato ognuno la propria parte senza cogliere l’approvazione o lo
sdegno dell’altro. Gli stessi che senza accorgersene si sono arrampicati alla
ricerca di metalli preziosi in una discarica, proprio quei due che si sono
accordati per non vedersi guardandosi. Siamo stati eroi e reduci di guerra,
siamo passati avanti e indietro tra alberi, venti inebrianti, strade lisce e
ingannevoli, cieli in fuga verso nuvole più lontane, tempi mai vissuti e
paradossalmente venturi. Persone stupefatte e preoccupate sono state il nostro
contorno, viaggi silenziosi e dolcezze che un’anima stanca non coglie sono
stati il sollievo del ragazzino sfinito. Canto ancora quella canzone, la stessa
che speravo avresti abbracciato quando sarei sparito, quando i miei capelli non
sarebbero più rimasti tra le tue dita, anche solo per errore.
La nostra strada perfetta, meteora indomata, ci ha graziati
con un bivio.
Ascolta la nostra ultima canzone prima che diventi un
successo.