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Autore: Nerida R Black    06/03/2012    5 recensioni
Sono la divina Ecate, trina, Signora della Notte, della magia, dei lupi e dei cani selvatici.
Sono la divina Ecate e ho donato il mio cuore al Dio...
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questo racconto non vuole essere né accurato né “vero” dal punto di vista mitologico. Solo, ho voluto raccontare qualcosa di una dea che amo molto, Ecate, donandole una storia che la vede il più vicina possibile al dio al quale fa riferimento il suo potere.

Buona lettura.


… … ...


Ecate


Siamo centinaia ai piedi del trono. Centinaia tra creature, ombre e divinità. Tutti prostrati al suo cospetto, tutti in attesa di eseguire i suoi ordini.

C'è movimento. Un'onda eterna di membra agitate. Un essere notturno mi striscia davanti, ma io lo blocco e gli dilanio un'ala coi miei artigli. Calpesto una ninfa e guadagno un metro, no, solo quindici centimetri. Strazio un'ombra. Mi faccio più vicina. Ecco, ora sono quasi arrivata ai suoi piedi.

Il trono del Signore degli Inferi è posizionato nel centro del Tartaro, sulla terrazza più alta della piramide a gradoni. Tutto intorno alla struttura sprofonda un abisso in cui il dio precipita le anime dei defunti. Sui gradoni c'è un vorticoso brulichio. Siamo tutti sui servitori. Obbedire ai suoi ordini, anticipare i suoi desideri è il nostro dovere. Noi tutti lo adoriamo e lottiamo per essere notati.

Nessuno è mai stato costretto a servirlo, siamo qui per nostra volontà. Io per prima.

Sono la dea degli incantesimi e dei lupi, la Regina degli Spettri. Proteggo le Arti Magiche e accompagno i viaggiatori tra i diversi mondi. Sono da sempre, per così dire, una habitué dell'Aldilà.

Per un'eternità sono stata l'unica divinità alla quale Ade abbia mai concesso l'onore di un dialogo, di una semplice chiacchierata.

Il Signore dei Morti è molto potente, più dei suoi divini fratelli. Per paura è stato confinato con l'inganno nel Regno di Sotto, ma la sistemazione si è rivelata incredibilmente congeniale: poiché egli è l'Unico quaggiù, e le regole del Tartaro sono sciolte da ogni vincolo con quelle della superficie. 

Per un'eternità mi sono beata delle sue parole, ansiosa di abbandonare la volta celeste e fargli visita. Così a lungo ho riso delle sue trame ai danni di muse, ninfe, driadi e umani che non ho creduto di poterne essere io stessa vittima. Del resto, a me rispondeva la magia. Non sarei mai stata sfiorata da alcun incanto, pensavo con divina superbia.

Ho continuato a godere della sua augusta compagnia fino a quell'infausto giorno in cui lo vidi rapirla. Ade il Glaciale irretito da una bella bambolina.

Accecata da un sentimento fino ad allora sconosciuto corsi da Demetra, madre della giovane rapita. La avvertii della triste sorte a cui era stata condannata la figlia e, di fronte alla collera di Zeus, credetti di aver vinto la mia battaglia.

Ma forti sono le arti del mio Signore. Ottenne che Proserpina vivesse tra due mondi, lei stessa in grado di viaggiare tra vita e morte. Ora che una nuova creatura era in grado di portare notizie e novità riguardo il mondo dell'Olimpo, la mia presenza era diventata inutile e sgradita.

Gli chiesi quindi udienza, la ottenni. Ma non mi accolse più col solito ghigno velato, no. Quando mi inchinai per l'ennesima volta al suo cospetto non udii alcuna frase di benvenuto.

Traditrice”, mi disse. E i suoi occhi erano neri come le profondità dell'Abisso.

Fuggii sulla terra, ma la lontananza dal mio Signore mi uccideva. Sbagliai le malie, persi il controllo sulle creature notturne, mi trovai senza alcuno scopo. A chi raccontare le malefatte e i malefici? Con chi trattare delle Materie Oscure?

Tredici mesi vagai senza meta.

Quindi tornai nel Tartaro. Guardai la moltitudine strisciante ai suoi piedi. “Bentornata” fu il suo saluto. Quindi alzò lo scettro e venni scaraventata sul primo gradino del trono. Grida, sibili e stridii mi avvolsero, ma non poterono nulla contro di me: conservavo ancora il mio potere. Alzai gli occhi verso il dio. Avrei potuto combattere, magari sarei riuscita a fuggire. Ma la volta celeste non era più nulla per me. Sarei sempre voluta tornare.

Con lo sguardo fisso sul suo volto mi inchinai. Mi inchinai per le sue labbra, per il suo viso, per i suoi capelli, le sue mani, i suoi occhi.

Quindi attesi gli ordini.

Una nuova eternità è passata. La nuova regina Proserpina viene quaggiù per sei mesi, quindi scappa nel suo mondo profumato. Io languo nel fetore della morte, con gli occhi invasi dall'orrore e dalla putrefazione, ma con il cuore stravolto e l'anima colmata dall'immagine del dio.

Sono sempre qui ai suoi piedi, pronta ad anticipare ogni suo desiderio. Lui si è dimenticato di me ormai. Ma io gli sarò sempre accanto. E forse, in un'altra eternità, si ricorderà di una strega, una dea, con la quale amava discorrere nella fredda oscurità del Tartaro.


… … …


Come penso sia per tutti gli scrittori, gradirei poter leggere i pareri di voi lettori. Quindi fatemi sapere se il racconto vi è piaciuto o meno... sono aperta alle critiche, purché costruttive.

Grazie. Bacioni a tutti!

NRB

   
 
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