ATTENZIONE! Questo
è l’ultimo capitolo di Fino
all’ultimo
momento e, prima di andare alla lettura, vorrei che leggeste
queste due
righe che mi accingo a scrivere. È importante per me
ringraziare tutti coloro
che mi hanno seguita e, anche se non ho né miliardi di
recensioni o di lettori
per questa storia, mi sono sentita veramente lusingata.
Ora, ho da dire solo altre due cosette: questo è
l’ultimo capitolo e non è stato facile
completarlo. Un po’ per essermi affezionata ai personaggi, un
po’ perché non
volevo farne uno schifo e rovinare tutto ciò che avevo
scritto in precedenza.
Spero possiate apprezzarlo comunque!
Infine, questa storia farà
parte di una serie ( sto
già scrivendo un’altra storia, per questo sono in
ritardo
J)
e domani pubblicherò il primo capitolo di un racconto nuovo,
quindi se volete
passare a dare un’occhiata mi farebbe molto piacere.
Piccola curiosità: non ho
resistito a non inserire Callie
anche nel nuovo racconto, ma avrà un ruolo fondamentalmente
marginale!
Ora, mi scuso per il papiro, vi
abbraccio tutti e vi lascio
leggere in pace! J
Sweet Pink
“Mi ami,
ragazzina?”
“Non dirmi che hai fatto
l’amore con me solo per farmelo
ammettere!”
L’uomo sorrise, divertito:
“Non mi hai ancora risposto,
Callie.”
La ragazza si prese un
po’di tempo prima di dargli una
risposta. Non perché fosse indecisa ma, piuttosto, per
lasciargli tutto il
tempo di bollire nel suo brodo. Infine rispose, arrossendo leggermente: “Lo sai che
è così.”
“Così
come?”
Il tono ironico di Alexander la fece
sbuffare irritata: ecco
di ritorno il damerino che se la godeva a prendere per i fondelli la
povera
signorina Honeycombe!
“Sei
insopportabile!”
“E tu una adorabile
testarda!”
Callie alzò la testa
all’indietro, per scrutare il suo
volto: era seduta fra le sue gambe da almeno una quindicina di minuti
e, da
quell’esatto momento, Alexander stava cercando di farla
andare su tutte le
furie con quella domanda di cui conosceva già probabilmente
la risposta.
Decise così di porre fine
alle sue sofferenze e ammettere:
“Ormai non posso non amarti. Credo sia troppo
tardi.”
Alexander
la guardò
per un momento sorridendo leggermente. Poi, passandole lentamente una
mano fra
i capelli castani, fece: “Sei la donna
più complicata e ostinata che abbia mai incontrato, ma
è anche per questo che
ti amo.”
Callie arrossì e, cercando
di nascondere la felicità che le
avevano provocato quelle parole, ironizzò: “Forse
perché sono l’unica dama che
ti ha resistito per più di una sera?”
“Oh! Il tea di Gordon deve
essere ormai freddo!”
“Stai cercando di cambiare
discorso?”
L’uomo le concesse uno
sguardo divertito prima di alzarsi in
piedi e tendere una mano verso di lei. “Sai, credo che
dovremmo tornare. Come
sempre, i miei ospiti cominceranno a fare brillanti ipotesi sulla
nostra
scomparsa! Inoltre, è quasi ora di cena.”
Callie prese la sua mano e si
alzò a sua volta. Lanciò uno
sguardo alla tenue oscurità che invadeva
quell’enorme libreria. Alexander aveva
ragione: la giornata volgeva al termine, quel momento era ormai
passato.
Avrebbe voluto rimanere lì seduta con lui fra gli scaffali
ancora per ore, ma
si guardò bene dal dirglielo.
In fondo, ad Alexander sarebbe potuta
parere la solita ragazzetta
infantile.
Fu così che si
aggiustò alla meglio i vestiti e i capelli
senza dire una parola. Anche lui non parlava. Ma, in realtà,
non si trattava di
un silenzio imbarazzato o teso: solamente, era quella
tranquillità che seguiva
alla conclusione di una lunga battaglia.
Tu parti
domani.
Quel pensiero colpì Callie
con forza, all’improvviso. Lei,
suo padre, sua sorella e i Clayton sarebbero ripartiti
l’indomani per
l’Hampshire. Sarebbero tornati a casa.
Se nelle settimane precedenti un
fatto del genere non
avrebbe provocato altro se non sollievo in lei, ora sentiva di non
volersene
più andare. Non voleva lasciare quella casa, sapeva di
amarla; e non voleva più
lasciare Alexander. Sperava che lui l’amasse veramente come
le assicurava.
Stava per attraversare
l’uscio di casa ed immergersi nel
verde del cortile, quando decise di voltarsi indietro.
L’ingresso di casa era
illuminato dalla luce tremolante delle candele e, il suo tepore, la
invitava a
fermarsi lì per sempre.
Cosa ne
sarà di questo
posto?
Alexander osservò Callie
attentamente per qualche secondo,
prima di chiedere: “Va tutto bene?”
La ragazza fu risvegliata da quel
tono rassicurante. Si
voltò verso di lui e rispose, con un poco di malinconia:
“Sì. Volevo solo dare
un’ultima occhiata alla casa prima di andarmene.”
“Un’ultima?
Pensi
davvero di non tornare più qui?”
“Domani torno
nell’Hampshire, Alexander.”
Gli occhi neri dell’uomo
non bruciavano più, ma continuava
fissarla con uno sguardo serio a cui lei faceva fatica ad abituarsi. E
seppe
immediatamente che lì, sulla soglia di casa, si sarebbe
deciso il loro destino.
Felicità
o rovina.
Alexander le posò una mano
sui capelli con dolcezza: “La
solita signorina ingenua. Se lo desideri, potrai abitare qui per
sempre. Questa
settimana, aspetta una mia visita presso casa
Honeycombe…parlerò con tuo
padre.”
Il cuore di Callie sembrava voler
abbandonarla da un momento
all’altro. L’ultima frase suonava esattamente come
un chiederò la vostra mano al
signor Honeycombe. Anche se sarebbe
stato un po’troppo pretendere da Alexander James Norris una
frase del genere.
Non
è Mr.Darcy…ma va
bene lo stesso.
Perché
è l’unico uomo
che desidero sposare.
La voce di Callie, come accadeva un
po’troppo sovente negli
ultimi tempi, sembrò incastrarsi in gola; riuscì
solo ad articolare: “Ma…cosa?”
“Una risposta molto
romantica, signorina. Mi sento davvero
soddisfatto.”
La ragazza scosse la testa,
arrossendo. Cercò di ripetersi,
alzando il braccio come per scusarsi: “Intendo, parli
seriamente?”
“Non mi accetteresti? Sai,
sono piuttosto ricco e stimato…”
“Lo sai che non intendo
questo! Solo che…”
Le labbra sottili di Alexander si
piegarono in un sorriso
non più beffardo o elegante. Le rivolgeva uno dei suoi rari
sorrisi veri,
reali. E disse: “Te lo posso promettere, Callie. Aspettami,
perché verrò.”
Fu così che si
voltò, cominciando a camminare senza di lei
verso la carrozza. Callie osservò, basita, la sua figura
elegante per qualche
secondo prima di raggiungerlo frettolosamente. Non era del tutto
conscia del
sorriso da sciocca che si estendeva sul suo volto.
Lei non era
Laura.
Ma lui,
comunque, l’amava.
Cecil Price pareva tale e quale alle
raffigurazioni degli
angeli in chiesa.
Almeno, era stato questo il primo
pensiero di Linda Clayton
quando, per caso, aveva incontrato l’uomo durante una delle
sue passeggiate.
Con il cuore in gola,
l’aveva osservato andarle incontro e
si era immediatamente chiesta quale fosse stato il motivo della sua
presenza
lì, nell’Hampshire. D’altronde, erano
tornati dal Derbyshire solo una settimana
prima.
“Buongiorno,
signorina.”
Linda si era persa per un momento nel
tono caldo e gentile
di lui, prima di obbligare la sua mente a formulare una risposta:
“Buongiorno a
voi, signor Price. Sono felice di rivedervi!”
Cecil le aveva sorriso con dolcezza.
“E non ne siete
sorpresa?”
“Oh!
Sì…devo ammetterlo. Quindi, vista la vostra
domanda, mi
permetterò di essere insolente e chiedervi il motivo della
vostra presenza
nell’Hampshire!”
Linda di certo non si aspettava una
dichiarazione su due
piedi da parte di lui, ma nemmeno di vedere la sua espressione cortese
incupirsi fino a gettare ombra sul suo bel viso. Era con
gravità che ora la
stava guardando.
La ragazza sgranò gli
occhi chiari e le sue mani,
inconsciamente, andarono a stringere il manico
dell’ombrellino con forza.
Perché l’uomo non era venuto per lei.
Alexander.
“Cos’è
accaduto?”
Il sole tramontava dolcemente sulla
collina e i capelli
dorati di Cecil si tinsero improvvisamente di un colore accecante.
Proprio come
un angelo in chiesa.
Abbassò lo sguardo
altrove, evitando quello di Linda.
Perché
io…
Perché
devo essere io
a compensare il lato oscuro di Alexander?
“Passeggiamo, signorina. Vi
va?” chiese infine, porgendole
il braccio.
Linda era ancora esitante: gli occhi
castani del signor
Price trasudavano rassegnazione e tristezza. Le si strinse il cuore
perché, in
fondo, sapeva cosa stava per accadere.
Non vi fu tempo per aggiungere altro;
un grido proveniente
dal fondo del prato attirò l’attenzione dei due.
Giuditte, una serva di casa
Honeycombe, correva verso di loro agitando le braccia per aria.
“Signorina Clayton! Deve
seguirmi immediatamente!” la sua
voce giungeva smorzata “La signorina Honeycombe
è…”
Linda fu presa da un panico
improvviso e si voltò di scatto
verso Cecil Price che, in cambio, le mise una mano sulla spalla con
gentilezza.
“Ci sarò sempre io accanto a
voi, qualsiasi cosa accada!”
Una
settimana prima
Alexander era in piedi
nell’esatto centro dello studio
paterno. David se ne stava seduto dietro la scrivania; lo guardava con
serietà
da quasi un quarto d’ora.
Il viso non più giovane
parzialmente nell’ombra, così da
risultare ancora più impassibile e solenne al figlio. Aveva
giunto le mani
sotto il mento e Alexander poteva scommettere che, qualsiasi fosse il
motivo
per cui era stato chiamato lì, non prometteva niente di
buono.
All’uomo sembrava quasi di
esser ritornato indietro nel
tempo, quando da bambino combinava un guaio e subito il padre lo veniva
a
sapere, convocandolo nel suo studio. Ma era passato troppo tempo e
troppe cose
erano accadute, compromettendo forse per sempre il rapporto fra figlio
e padre.
La voce seria di
quest’ultimo spezzò il suo ragionamento,
facendolo tornare alla realtà. Al presente. A Laura.
E a Callie
Honeycombe.
“Alexander, non hai ancora
deciso di volerti sedere?” indicò
David Norris, accompagnando le sue parole con un gesto vago della mano.
“Grazie, padre. Preferisco
stare in piedi e conoscere il
motivo della vostra convocazione.”
“Non l’hai ancora
indovinato?” chiese l’altro, inarcando un
sopracciglio. “è
alquanto strano il
tuo cambiamento, dopo l’incontro con la signorina Honeycombe.
Almeno in apparenza.”
Alexander si irrigidì e,
fra i denti, cercò di rispondere:
“Vi ringrazio della consueta fiducia che riponete in me.
Tornando in tema,
quella ragazza è...”
“Assomiglia a Laura, lo sai
anche tu.” lo interruppe il
padre, alzandosi in piedi. “Non è bizzarro
questo?”
Il figlio, dal canto suo, non osava
muoversi. Se ne stava
semplicemente inchiodato lì, in piedi, e impallidiva.
“Sì.
Passava delle ore
intere con lo sguardo perso nella lettura, proprio come voi.”
Lo aveva
sempre
notato. Fin dall’inizio.
Cercò di recuperare un
po’della sua solita irriverenza
elegante e disse: “Avanti, padre. Ditemi qual è
stato il mio terribile errore
questa volta! D’altronde, quella ragazza, io non la sto
affatto ingannando.”
“Te lo dirò
immediatamente: il tuo sentimento…la tua
ossessione per lei ha portato solo dolore nella sua vita. Non puoi
negarlo.”
Credi
davvero di non
rovinare anche lei stavolta?
Forse, se
non ti
avesse mai incontrato…
Alexander fece un passo indietro,
istintivamente: la figura
del padre sembrava immensa, quasi diabolica. “Lei vuole
me!”
David scosse la testa grigia
lentamente: “Lei è avvelenata
da te, è diverso. Credi che, una volta sposati,
passerà sopra al tuo carattere
scostante e alla tua passione per il gioco d’azzardo? Ai tuoi
continui
tradimenti?”
“Ora basta!”
ordinò il figlio, tagliando l’aria con un gesto
secco del braccio. Le accuse del padre, anche da adulto, erano
difficili da
sopportare. Inoltre, il pensiero di poter ferire
quell’ingenua ragazza lo
riempiva di dolore, poiché troppo male le aveva
già causato.
“Io la sposerò,
che voi lo vogliate oppure no!”
Dopo un momento di silenzio, dove i
due si guardarono con
vero e proprio astio, David riprese il suo discorso con calma:
“Ti vuoi
redimere. Ma lei è una sostituta…una sostituta di
Laura.”
Una sostituta di Laura.
“Questo
vuol dire per
sempre, sai meu amor?”
“Io
non vi odio
affatto!”
Come un fulmine a ciel sereno,
così improvvisamente, la
verità sembrò colpirlo con forza lasciandolo
nuovamente solo con i suoi oscuri
fantasmi.
Ma lui ancora non sapeva di stare
sbagliando. Di nuovo.
Guardò la figura del
padre, smarrito. Tutte le immagini, il
passato, i momenti trascorsi con Callie fino a quel momento scorrevano
davanti a
lui.
Si era intestardito su di lei.
Aveva frequentato altre donne in quei
mesi, ma continuava a
pensare a quella piccola sciocca. Era ossessionato da lei. Bruciava.
E il suo
sorriso, come
dimenticarlo?
Ma era il
sorriso di
Laura, non di Callie.
“Sei veramente innamorato
della signorina Honeycombe?”
Quel tono duro come
l’acciaio provocò in lui una reazione
immediata. E fu una doccia fredda sentire sé stesso
rispondere: “Non credo. Non
ora.”
Gli occhi di David Norris celavano in
maniera invidiabile la
sua soddisfazione: aveva avuto ragione anche quella volta su Alexander.
Suo
figlio maggiore non poteva più tornare indietro dal suo
oscuro passato.
Ma nemmeno il padre,
dall’alto della sua presupposta
saggezza, aveva capito che forse l’unico legato al passato
non era altri se non
sé stesso. E si accontentava di non lasciare libero
Alexander, forgiando catene
fatte del suo senso di colpa.
Il figlio sentiva aleggiare nella
stanza la vittoria del
signor Norris. Lo percepiva, quel compiacimento di sé
stesso, anche se il padre
non parlava.
Fu in quell’esatto momento
che capì di doversene andare.
Doveva fuggire. Abbandonare quel posto, il presente.
Lasciare
Callie. Come
aveva fatto con tutte le altre donne.
Così, dando le spalle al
padre, disse in tono sommesso: “Ho
appena preso la mia decisione. Dopo oggi, ve ne prego, fatemi la grazia
di non
venirmi più a cercare, padre. Questa è stata la
nostra ultima conversazione.”
David accolse le sue parole con
serenità e, con altrettanta
calma, lo osservò congedarsi da lui. Suo figlio se ne
andava, tranciando
qualsivoglia legame che ancora lo teneva ancorato al presente. Che
ancora lo
poteva redimere.
Il signor Norris poteva quasi sentir
il tono isterico della
moglie urlargli contro: “Hai
ottenuto ciò
che volevi ora?”
“Alexander sei ormai
adulto, ma codardo. A dire il vero, in
fondo, lo sono anche io.” pensò lui, quando
sentì la porta del suo studio
chiudersi.
L’avrebbe
uccisa.
Alexander si teneva la testa corvina
fra le mani e il suo
senso di disperazione e vergogna non pareva voler essere lenito.
Era tutto vero: l’aveva
avvelenata. Avevano combattuto,
avevano sofferto. Lui l’aveva ingannata e lei era stata la
prima donna ad aver
vinto quella battaglia.
Perché
era come Laura.
Callie era luce e lui, sicuramente,
non sarebbe riuscito a
lasciarla vivere. Avrebbe soffocato quella fiamma in un solo istante.
“Questo
luogo…era per
lei, non è vero?”
La piccola l’aveva
già capito. Solo lui, da adulto quale non
era, si era dimostrato completamente cieco.
Ma quella
luce…era
così abbagliante.
Gli occhi neri di Alexander si
posarono sul foglio di carta
che giaceva, intonso, davanti a sé. Un’altra
dolorosa fitta andò a pugnalargli
l’anima. Si preparava ad affondare il coltello nel cuore di
Callie.
“Ormai
non posso non
amarti. Credo sia troppo tardi.”
La immaginò a casa,
nell’Hampshire, in attesa della sua
venuta. Le aveva fatto una promessa. Gli pareva quasi di poterla
vedere, felice
e radiosa, con quel grazioso sorriso sognante che l’aveva
colpito fin dalla
prima volta in cui aveva posato gli occhi su di lei, al ballo indetto
da sua
nonna mesi prima.
Era un
codardo.
Un dannato
miserabile.
Appena tornata
nell’Hampshire, Callie aveva ricevuto una
notizia terribile: la sua amata autrice, colei che aveva scritto di suo
pugno Orgoglio e Pregiudizio, era
deceduta
pochi giorni prima.
Ora, era già divenuta
discretamente famosa e aveva
finalmente un nome. Jane Austen.
Le portatrici di tale sventura erano
state, guarda caso, le
sorelle Hayer che subito corsero addosso alla signorina Honeycombe per
formulare
le solite domande riguardanti Alexander James Norris. Evidentemente
Charlotte
non si era messa ancora il cuore in pace.
“Sì,
sì, la morte di quella povera donna e alquanto triste;
pensate, non aveva che quarant’anni! Ma, signorina Callie,
ditemi: si dice che
presto sentiremo campane a nozze in casa Honeycombe. Dobbiamo dare
credito alle
voci?” aveva così chiesto, non senza un certo
astio.
Callie moriva letteralmente dalla
voglia di confermarle il
pettegolezzo, solo per vedere Charlotte schiumare di rabbia senza
poterlo poi
esprimere; ma decise di glissare sull’argomento. In fondo, la
prudenza non era
mai troppa con le sorelle Hayer, quindi rispose gaia: “Oh!
Quelle voci devono
sicuramente essere frutto di qualche chiacchiera senza fondamento, mia
cara amica!
Ma, se mai dovessi sposarmi, sappiate che sarete più che
benvenuta al mio
matrimonio!”
Charlotte, allora, aveva fatto
solamente uno strano verso
con la bocca e, senza aggiungere altro, si era voltata verso Linda.
Callie
invece se la rideva sotto i baffi e pensava che anche Alexander, se
fosse stato
presente, avrebbe fatto lo stesso.
La ragazza arrossì
leggermente, sentendosi di nuovo sciocca
e infantile. Come una bambina.
Le mancava.
Ma lo stava aspettando,
perché lui sarebbe venuto presto.
Aveva fatto una promessa e lei si fidava delle sue parole, come aveva
sempre
fatto. Nel bene o nel male.
“Se
non viene da me
adesso,” diceva “rinunzio per sempre.”*
Era un luminoso pomeriggio di
venerdì e Callie leggeva per
un’ultima volta il suo libro preferito. Ed era quasi arrivata
alla fine.
La sua decisione di rileggere la
storia di Elizabeth e Darcy
prima di riporre il libro sullo scaffale, e lasciarlo intoccato ancora
per
molto tempo a venire, era dovuta alla morte di Jane. Ora che lei non
c’era più,
i suoi libri sembravano assumere un’aura quasi sacrale per
Callie e il mondo di
cui scriveva pareva esser perduto insieme a lei. Si sentiva come se una
cara
amica se ne fosse andata per sempre.
Eliza era
morta con
Jane.
Un rumore improvviso, proveniente dal
cortile, attirò la sua
attenzione. E Callie, con il cuore schizzato improvvisamente in gola,
si affacciò
alla finestra. In realtà, da quando erano tornati dal
Derbyshire ogni minimo
rumore era un pretesto per precipitarsi alla porta, nella speranza di
vedere
una sagoma elegante emergere dalla nebbia. La ragazza sapeva bene che
era poco
conforme, per una ventunenne come lei, perdere la calma e il contegno
ad ogni
scricchiolio ma, da quando conosceva Alexander, ne aveva commessi di
atti poco
consoni alla sua posizione.
Voleva
essere la
prima a corrergli incontro.
Sarebbe
arrivato.
Gliel’aveva
promesso.
Fu così che rimase delusa
quando, sbirciando dalla finestra,
non vide altri se non Giuditte con il cestino della posta.
Però i suoi occhi
nocciola misero a fuoco parecchie buste e, senza pensarci due volte,
Callie era
ai piedi delle scale in meno di dieci secondi.
La domestica, entrando, fece in tempo
a vedere una macchia
castana venirle velocemente incontro. Riconobbe all’ultimo la
sua giovane
padrona che, con agitazione male controllata, allungava una mano verso
il
cestino pieno di corrispondenza.
“Grazie, Giuditte. Prendo
io la posta.”
“Non volete che la metta in
salotto come al solito,
signorina?”
Callie scosse la testa.
“No, non ti preoccupare. La farò
avere io al signor Honeycombe.”
Quando finalmente si trovò
sola, con in mano un plico di
buste piuttosto consistente, la ragazza cominciò a scorrere
una ad una tutte le
missive nella speranza di trovarne una indirizzata a lei.
Scoprì di averne due.
Una era da parte di Margareth, ancora a Londra con i genitori, e
l’altra….le
mani di Calli cominciarono a tremare.
Perché la seconda lettera
proveniva dal Derbyshire.
Lasciò così le
restanti nel salotto e, trattenendosi dal
correre, salì le scale con apparente calma.
Guadagnò la sua camera e, quando si
fu chiusa la porta alle spalle, lasciò che ogni sua emozione
traspirasse dal corpo:
tremava leggermente e, senza rendersene
conto, era impallidita.
Era da parte
di
Alexander? Cosa vi era scritto? Quando sarebbe venuto?
Callie fece un respiro profondo,
imponendosi di rimanere
tranquilla. Per prima cosa, avrebbe letto la missiva di Margareth,
lasciando
per ultima quella proveniente dal Derbyshire.
La sua amica le scriveva di Londra,
degli ultimi
pettegolezzi e delle feste, ma la ragazza non riusciva veramente a
concentrarsi: ogni due minuti controllava con gli occhi che la busta di
Alexander fosse ancora lì accanto a lei. Aveva quasi paura
che sparisse, come
per una magia.
Callie fu talmente brava che
riuscì anche ad imporsi di
rispondere a Margareth, prima di aprirla. E quando ebbe finito, il sole
ormai
tramontava dolcemente sulle colline.
Fu così che la ragazza si
avvicinò alla finestra e aprì di
fretta la busta, piena di aspettative.
I suoi bei occhi nocciola si
spalancarono.
Il cuore smise di battere in meno di
un secondo.
Parto.
Divorò il resto della
lettera in pochi secondi.
Scusami.
Continuò a fissare la
carta anche quando ebbe finito di
leggere. Decise di leggerla una seconda volta, ma il senso non
cambiava. E le
parole di inchiostro si confondevano nella sua mente, in un groviglio
inestricabile.
Le sembrò di morire.
Non posso
venire. Non
più. Callie, ascoltami…
Ma lei non voleva ascoltare. Non
poteva, perché lui non era
arrivato….non poteva capire. E, prima di cadere nel buio,
solo due frasi
continuavano a scorrerle davanti agli occhi.
Ti ho fatto
del male.
Me ne vado
dall’Inghilterra.
Jane era morta.
E anche lei.
Linda arrivò
più in fretta che poté sotto casa di Callie.
Era preoccupata per l’amica: il misterioso arrivo di Cecil
Price, le sue parole
cariche di gravità. E, infine,
Giuditte
e il suo tono agitato. Ora, tutti e tre, correvano verso la porta degli
Honeycombe che era, con sorpresa di Linda, spalancata.
Ma furono le urla a gelarle il cuore.
Poteva sentirle dal
cortile, accompagnate dal rumore di oggetti che andavano in frantumi
contro la
parete; il caos proveniva senza dubbio dalla stanza di Callie.
Poi il silenzio. La signorina Clayton
alzò lo sguardo verso
la finestra dell’amica e, senza degnare di
un’occhiata né Giuditte né Cecil,
entrò in casa con passo veloce. Le prime persone che
incontrò furono il signor
Honeycombe e Henrietta, ai piedi delle scale. La piccola si teneva
stretta al
padre e pareva spaventata, mentre
l’uomo
ora guardava Linda con dolorosa preoccupazione.
“Scusatemi se vi ho fatto
chiamare, Linda.” fece lui con
voce gracchiante. “Ma la mia adorata
bambina…è inavvicinabile. Quindi ho
pensato che…”
La ragazza bionda si
avvicinò a Charles Honeycombe e gli
strinse le mani con affetto. Non era sicura di riuscire a trasmettergli
sicurezza: “Avete fatto bene, signore. Lasciatemi andare da
lei ora.”
L’uomo annuì
solo e indicò la cima delle scale con un cenno
del capo.
Linda cominciò a salire e,
ad ogni gradino, la sua anima
sembrava tingersi di un tono più cupo di preoccupazione e
dolore: non voleva
pensare ai motivi che avevano portato l’amica
all’esplosione. Sapeva già
cos’era accaduto. Perché ora solo una persona
poteva avere un potere così
devastante su Callie. Gli si stringeva il cuore al pensiero di quanto
era
felice, fino al giorno prima.
“Eccoci
qui, cara
Linda, tutte e due nuovamente innamorate!”
“Anche
se voi ce ne
avete messo di tempo per ammetterlo!”
Callie aveva
riso.
“Oh, andiamo! E il vostro bel signor Price allora?”
La signorina Clayton spinse
lentamente la porta della camera
di Callie, timorosa di ciò che avrebbe trovato. Come aveva
previsto, ciò che
vide non fece che aumentare l’angoscia che nutriva per
l’amica: Callie era
accovacciata al centro esatto della stanza, mentre tutto il resto non
esisteva
più. La ragazza aveva distrutto qualsiasi cosa. Gli oggetti
erano in pezzi, le
sedie rovesciate, i libri sparsi un
po’ovunque…anche Orgoglio
e Pregiudizio non si era salvato, anzi. Linda notò
che
Callie teneva stretta nella mano una lettera tutta spiegazzata. In quel
disastro, sembrava che non l’avesse mai lasciata andare.
I suoi occhi azzurri si abbassarono,
fissando il pavimento.
Provava timore ad entrare in quella stanza: l’odio e il
dolore di Callie
sembravano regnare in quel perimetro e non volevano avvicinare nessuno.
“Ci
sarò sempre io
accanto a voi, qualsiasi cosa accada!”
Poi, si decise a fare il passo
definitivo e avanzò con calma
verso l’amica che ancora non accennava a muoversi. Solo
quando Linda fu in
piedi a pochi centimetri da lei, le parole uscirono finalmente dalle
sue
labbra. Il suo tono di voce era strozzato, quasi esitante:
“Lui non viene. Ha
detto che se ne va dall’Inghilterra.”
Un altro che
parte.
Anche lui mi abbandona, dopo avermi usata.
“Io
non sono come
quell’uomo.”
Che
bugiardo. Che
dannato bugiardo!
Sentì a malapena la mano
di Linda accarezzarle con
delicatezza la schiena, mentre si accovacciava accanto a lei:
“Non so che dire,
Callie. Solo che qua ci sono io; con te, come sempre.” Il suo
tono era caldo e
rassicurante, ma la ragazza si accorse del dispiacere che provava Linda
nei
suoi confronti. “Qualsiasi cosa accada.”
Aveva perso la ragione. Non aveva
fatto avvicinare suo padre
e aveva spaventato Henrietta. Si accorse solo in quel momento di quanto
la casa
fosse diventata silenziosa, come una tomba. La sua tomba.
Il veleno di
Alexander
aveva fatto effetto e lei era morta.
No, era
ancora viva.
Era lì, davanti a Linda. Era passata oltre.
Dentro di lei il dolore si propagava
fino a volerle crepare
il cuore in grandi e informi pezzi. Non avrebbe mai dovuto far cadere
il muro che
l’aveva divisa e protetta per anni ma, sapeva, che a poco a
poco sarebbe
riuscita a ricostruirlo.
Fu così che
appoggiò il capo sulla spalla di Linda, mentre
le sue dita lasciavano andare la lettera ormai distrutta di Alexander.
Le
lacrime ricominciarono a bagnale le guance, silenziose.
“Posso piangere un poco
sulla tua spalla?”
“Anche tutto il giorno,
Callie.” rispose la ragazza bionda,
sorridendo dolcemente.
Un anno dopo
Pare incredibile come una piccola e
quieta società campestre
possa entrare in fermento quando all’orizzonte compare la
prospettiva di un
matrimonio. Negli anni nulla era mutato e la stessa agitazione gioiosa
si
ripeté anche per le nozze della signorina Clayton. Dopo
quasi un anno di
fidanzamento, la ragazza si era decisa a legare il suo destino con
quello
dell’affascinante signor Price.
A dire il vero, parecchie voci erano
girate sul loro conto:
c’era chi si dichiarava sicuro di una gravidanza di lei, chi
affermava che i
due sposini sarebbero andati a vivere in America, chi ancora pensava
che Linda
sarebbe fuggita sull’altare, visto lo scandalo di parecchi
anni prima.
Per una volta, le sorelle Hayer
furono le uniche portatrici
di verità. Spinte dal signor Clayton, che bene conosceva la
loro inclinazione
al chiacchiericcio, le ragazze dissero a tutto il villaggio nulla
più del
dovuto e del vero: il matrimonio si sarebbe celebrato nella chiesa del
paese,
Linda e Cecil erano più felici che mai, e sarebbero rimasti
a vivere in
Inghilterra. Di bambini, ancora, non si parlava.
Dopo
i due sposini, i
più allegri erano sicuramente i Clayton, che vedevano
assicurato il futuro
della loro figlia preferita, e gli Honeycombe, da sempre amici di
famiglia. E
Callie, la figlia maggiore di Charles Honeycombe, non poteva apparire
più
graziosa mentre sfilava dietro Linda, nel suo abito bianco da damigella.
Era stata la sposa ad insistere
perché le ragazze
indossassero quel colore, così a tutti sembrò che
Cecil dovesse sposare almeno
quattro signorine, invece che una.
La cerimonia si esaurì,
gli sposi si scambiarono le promesse
e tutti erano pronti ad uscire dalla chiesetta, diretti verso il
ricevimento
indetto a casa Clayton. Callie, per tutta la durata del matrimonio,
aveva
osservato incantata Linda: era bella come una dea. All’amica
non le era parso
di vederla mai così felice in tutta la sua vita.
Così ogni tanto aveva
scambiato qualche occhiata complice
con Margareth, l’unica insieme a lei che ancora non avesse
trovato un partito.
Le due Hayer, infatti, durante l’ultimo soggiorno a Bath
erano corse incontro a
parecchia fortuna.
Tutte e due aspettavano di
pronunciare il sì in
pompa magna, legandosi a due
discretamente ricchi industriali. Charlotte aveva dimenticato Alexander
James
Norris da tempo.
Era quasi un mistero come i Norris
fossero scomparsi dalla
bocca di tutti. La madre di David era tornata nel Derbyshire e la casa
nell’Hampshire era stata definitivamente chiusa, mentre
dell’amicizia che
legava Charles Honeycombe al capofamiglia dei Norris nulla si sapeva.
L’unica cosa certa era che
né Teresa, né David e tantomeno
il figlio maggiore, Alexander, si era fatto più vedere da un
anno a quella parte.
Anche se qualche voce maligna sussurrava che Charles tenesse ancora
segreti
contatti con David Norris.
Callie poteva dire di sentirsi
serena; se così si può
definire una ragazza dall’anima in pace, ma con il cuore
spezzato. Non aveva
dimenticato quell’uomo impossibile con cui ne aveva passate
veramente troppe.
Ogni singolo giorno da un anno a quella parte, aveva ripensato, almeno
per un
secondo, a quelle labbra sottili piegate in un sorriso elegante e
sfacciato. Un
sorriso da bugiardo, ma che sapeva essere anche molto dolce e gentile.
Aveva fatto della rassegnazione il
suo stile di vita. Non
sapeva dove lui fosse ma, se proprio provava a pensarci, lo immaginava
là dove
tutto aveva avuto inizio. Nella terra dove Laura era nata e cresciuta,
là dove
aveva amato la prima volta.
Da tempo aveva compreso il motivo
della sua fuga. Alexander
era stato ossessionato da lei solo perché assomigliava a
Laura. La vedeva in
lei, come se fosse stata ancora viva.
Era passato un anno da allora e,
anche se poteva dirsi poco
tempo, Callie pareva di aver attraversato cent’anni senza la
presenza di
Alexander. Almeno, tutto era tornato alla normalità, come
era stato prima di
incontrarlo.
Le
cicatrici, però,
non scompariranno mai.
Il matrimonio di Linda era un nuovo
inizio. Cecil Price era
rimasto e, se teneva contatti con il suo miglior amico, Callie non
sapeva e non
voleva sapere. Ovviamente quest’ultimo si era guardato bene
dal parlarne con
lei, agendo così in modo saggio.
Callie, in mezzo agli applausi dei
parenti e degli amici, si
sporse ad abbracciare l’amica: “Sono
così felice per voi! Congratulazioni,
signora Price!”
Quest’ultima diede una
pacca gentile sul braccio della
ragazza castana: “Non osate, Callie! Io sono e
sarò sempre Linda per voi, mi
avete capito?”
L’interessata rise:
“Qualsiasi cosa accada! Stavo solo
scherzando, cara mia!”
Poi la sposa fu rapita dal resto
delle damigelle e Callie si
vide avvicinare da Cecil, che allungò una mano verso di lei.
La ragazza gliela
strinse volentieri e disse con dolcezza: “Abbiate cura di
lei, signor Price.”
“Più della mia
stessa vita, cara Callie. Potrete
accertarvene voi stessa: le porte di casa nostra saranno sempre aperte
a voi e
alla vostra famiglia.”
“Accetto la vostra offerta
con piacere, allora!”
L’uomo le concesse un
sorriso gentile e pieno di gratitudine
ma non ebbe modo di aggiungere altro, perché il parroco e la
signora Clayton
richiamarono i due sposi all’attenzione, invitandoli ad
uscire dalla chiesa. Il
ricevimento li stava aspettando.
Fu così che Callie si
portò dietro a Margareth e cominciò ad
incamminarsi con lei fuori dall’edificio. La luce di quel
pomeriggio speciale
la investì in pieno, intessendo fili d’oro sul suo
abito bianco. Il prato
riluceva di mille colori e le fronde degli alberi venivano mosse
leggermente da
un venticello fresco e gentile. Gli ospiti gettavano petali e riso
sulla coppia
felice davanti a lei.
Callie fece per portarsi la mano
davanti agli occhi.
Fu in quel momento che lo
vide: la figura elegante e alta si ergeva davanti a lei, in fondo al
prato. Gli
occhi neri puntati sulla scena in corso, un sorriso leggero che
increspava le
labbra sottili. I capelli erano cresciuti, sempre nerissimi, ma tenuti
a bada
da un codino basso.
Era vestito di blu.
Alexander.
Come se l’avesse chiamato,
anche lui alzò lo sguardo su di
lei. I suoi occhi sembrarono allargarsi un poco dalla sorpresa, come se
non si
aspettasse di trovarla lì al matrimonio del suo migliore
amico. Eppure doveva
aspettarselo. L’unica impreparata era Callie, che ora se ne
stava in piedi all’ingresso
della chiesa e non osava muoversi. Ghiacciata.
Era bastato incrociare i suoi occhi
bui per capire che nulla
era cambiato: lo amava, come sempre era stato. Se
si era rassegnata, non era preparata a
rivederlo. Non ancora.
“Non
vi siete mai
chiesta come mai riesco sempre a trovarvi, senza sapere dove
siete?”
“Callie.”
La ragazza continuò a
fissare il vuoto assoluto davanti a
sé. Sorda a quella voce che, dietro di lei, aveva cominciato
a chiamare il suo
nome. Forse, in fondo, era tutta un’illusione.
Ma quando i suoi occhi catturarono
l’immagine di un uomo che
sedeva al suo fianco, sul muretto di casa Clayton, ebbe modo di
constatare che
Alexander era ben reale e non un sogno. Continuò comunque a
non voltarsi.
Non aveva più nulla da
spartire con quel damerino. E voleva
che se ne andasse al più
presto…d’altronde che senso aveva avuto evitarlo
per
tutto il ricevimento, se ora lui l’aveva ritrovata e sembrava
non volerla
lasciare in pace?
“Ancora mi trovate senza
che nessuno vi abbia detto dove
sono?” chiese infine, con un tono di voce monocorde.
Continuava a guardare la
campagna, che sempre più si immergeva
nell’oscurità della sera.
“Così
sembra.”
Un silenzio tombale regnava fra i
due. Solo il verso di
qualche animale e il vociare gioioso proveniente da casa Clayton
copriva i loro
pensieri; a Callie quasi sembrava di essere tornata a quel famoso
ballo, quando
ancora si illudeva di nutrire solamente odio nei confronti di Alexander.
“Ballereste
con me,
signorina?”
“No!”
Fu lui a parlare: “Non hai
nulla da chiedermi?”
“Dovrei?”
“Pensavo avessi molte
domande da farmi.”
Callie cominciò a sentire
la rabbia e il fastidio agitarsi
in fondo alle sue viscere, ma cercò di mantenere comunque il
controllo mentre
diceva: “Te ne sei andato. Ora, cosa dovrei sapere? Vuoi che
ti chieda se ti
sei accasato?”
“No, non sono sposato con
nessuna.”
La ragazza cercò di
ignorare il tuffo al cuore che quella
notizia le aveva involontariamente provocato. Dondolò
lentamente le gambe sotto
il vestito bianco e aggiunse, in tono sommesso: “Hai fatto
come credi. Come
d’abitudine, mi vien da dire.”
Anche lui continuava a guardare di
fronte a sé. Le stelle brillavano
lontane. “E tu? Mi sembra strano che non ti sia arrivata
nessuna proposta di
matrimonio.”
“Non ti ho aspettato, se
è quello che stai pensando.”
Il silenzio della sera
ripiombò fra di loro.
Ora, cosa
dirà?
Se ne
andrà… un’altra
volta?
“Pensavo di fermarmi qui
per un po’…in realtà, sto considerando
l’idea di rimanere nell’Hampshire qualche
mese.”
Callie finalmente si voltò
verso di lui, sbalordita. Non
poteva farle questo. Gli occhi neri di Alexander la scrutavano con la
coda
dell’occhio, mentre il viso delicato era ancora rivolto alle
stelle e al cielo.
Non sorrideva beffardo, anzi, pareva più serio che mai.
“Come?”
L’uomo voltò il
viso verso di lei e, per la prima volta, la
sua espressione sembrò ammorbidirsi un poco. “Non
è difficile…pensavo di
riaprire la casa della nonna e portare Gordon qui
per…”
“Ho capito, ma io
intendevo…perché?” lo interruppe lei,
angosciata.
Alexander non poteva certo pretendere
di sparire nel nulla e
tornare dopo un anno, trasferendosi fra l’altro a pochi
chilometri da casa sua!
Callie non sapeva se voleva o non
voleva rivederlo nella sua
vita. Non l’avrebbe mai ammesso direttamente ma, in
realtà, desiderava sentire
una minima spiegazione da parte dell’uomo, delle ragioni che
l’avevano portato
ad infrangere la promessa che le aveva fatto.
Io somiglio
a Laura.
Ma mi rifiuto di credere che lui non mia abbia mai amata.
Almeno un
poco…in
fondo…
“Avevo alcuni conti da
chiudere in Portogallo. Con il
passato. Avevo proprietà…di cui ho dovuto
sbarazzarmi, ricordi…ma lasciamo
perdere. Me ne sono andato perché sono, in
realtà, un grande codardo.”
Callie si alzò di scatto e
prese coraggio, portandosi di
fronte a lui. Alexander la guardava, serio e rassegnato, dritto in
viso. I
capelli neri sfuggivano dal codino e, ribelli, si intrecciavano sul suo
viso
leggermente abbronzato.
“Avevi promesso.”
“Lo so…ma ho
avuto paura, Callie. Di te, di noi, ma
soprattutto di me…mi sono convinto davvero di averti
sostituito e, allora, mi
sono sentito ancora più miserabile di adesso.”
Callie lo guardò
perplessa. Non sapeva dove volesse andare a
parare con quel discorso, o meglio, non era sicura di volerlo sapere.
Perché
anche lei aveva paura: se lui le avesse detto che, per tutto quel
tempo,
l’aveva sempre amata.
Proprio come aveva fatto lei.
“Non
lo sai, Callie?”
“Adesso?”
Alexander portò lentamente
una mano sulla sua guancia e
Callie non fece nulla per evitarlo. Voleva affrontarlo ma, ancora, il
sapore
della sconfitta cominciava a farsi sentire nella sua bocca.
Avvampò e a
malapena riusciva a guardare negli occhi quell’impossibile
personaggio.
Avrebbe dovuto andarsene
già da un pezzo, ma non riusciva a
non fidarsi delle parole di quell’uomo. Erano come veleno e
lei non era altro
che una stupida ragazzina, intestardita nel voler seguire il suo
istinto.
Probabilmente Alexander l’avrebbe ferita un’altra
volta, ma questo non bastava
ad allontanarla.
“Ora che tu sei davanti a
me e mi affronti con così tanto
coraggio. Ho undici anni in più di te, ma sei stata sempre
tu la vera
vincitrice, fra noi due.”
Sei stata
sempre tu la
vera vincitrice.
Alexander ritirò la mano
lentamente, con riluttanza.
Callie, senza sapere cosa
l’avesse spinta a farlo, l’afferrò
con dolcezza. La mano di lui era come l’aveva sempre
ricordata, calda e
rassicurante. La ragazza distolse lo sguardo dall’espressione
stupita che
andava dipingendosi sul volto di Alexander e chiese: “Hai
detto di avere avuto
alcuni conti da chiudere in Portogallo…”
Lui intrecciò le sue dita
con quelle di Callie. “Sì, non mi
sono mai sbarazzato della vecchia dimora e di tutti i ricordi che mi
legavano a
Laura. In fondo, non ero riuscito ad affrontare faccia a faccia il mio
passato.”
“E cosa ne hai
fatto?”
Alexander aveva un sorriso triste ma,
contemporaneamente, i
suoi occhi neri sembravano diversi. Come se finalmente qualcosa di
soffocante e
oscuro l’avesse abbandonato per sempre. Così
rispose: “Ho venduto la casa e ho bruciato
tutto il resto. Solo alcuni
dipinti, quelli li ho riconsegnati ai genitori di lei.”
Callie aveva alzato il volto su di
lui e osservava con
attenzione l’uomo a cui ora stringeva la mano. Se dentro di
lei il cuore pareva
avere già preso una decisione definitiva, le rimaneva solo
una domanda da fare.
Perché la testa ancora non voleva arrendersi.
“Sei rimasto via un anno.
Perché tornare ora?”
Alexander attirò la
ragazza a sé, con dolcezza. Callie non
fece resistenza, ma i suoi occhi nocciola esprimevano fermezza: voleva
sapere.
E lui, dal canto suo, non desiderava altro che spiegarle e tornare
vicino a
lei. Avere il suo perdono, a tutti i costi.
“I rapporti con mio padre
non sono più così…idilliaci. In
una certa misura, la mia partenza è dovuta anche a lui. Ma
la verità è che sono
stato un dannato codardo… ho fatto l’errore
più grande della mia vita,
abbandonandoti.”
Perché
più ti sto
lontano più non faccio che desiderarti, Callie.
Sei tu. Sei
sempre
stata tu.
E
nessun’ altra.
La ragazza si rese conto troppo tardi
di avere le labbra a pochi
centimetri da quelle di Alexander e che le mani dell’uomo
premevano con
tenerezza sulle sue guance, intrecciandosi ai suoi capelli castani.
Potevano
essere passati dodici mesi, ma le cicatrici sembrarono aprirsi di colpo
e
ricominciare a bruciare.
Il suo
istinto le
diceva di fidarsi. Un’ultima volta.
Alexander appoggiò la
fronte su quella della ragazza e
sospirò: “Mi odi, Callie?”
“No,
io non vi odio
affatto.”
“Un
po’…signor Alexander.” rispose lei,
sorridendo con
leggerezza.
E allora gli occhi bui di lui
sembrarono illuminarsi
nuovamente, mentre le restituiva indietro quel sorriso al contempo
ironico e
gentile.
Un rumore attirò
l’attenzione dei due che si staccarono e,
voltandosi verso il cortile di casa Clayton, videro Linda avanzare
verso di
loro con stampata in volto un’espressione pensosa. I suoi
occhi chiari andavano
da Callie ad Alexander, analizzando la situazione.
“Ero piuttosto preoccupata!
State bene, Callie?” chiese
infine, fermandosi a qualche metro da loro.
“Non vi preoccupate, amica
mia!” aveva risposto la ragazza,
per poi voltarsi verso Alexander e dire: “Mi hanno appena
invitata a danzare.”
Fine
Il giardino
segreto.
Una ragazzina gracile e dai capelli
scurissimi correva a
perdifiato in un lungo labirinto, costruito da vegetali verdi e folti.
I suoi
occhi nocciola si guardavano intorno freneticamente ad ogni curva, come
se
cercasse qualcosa.
Aveva passato una faticosa ora nella
sua estenuante ricerca,
lasciando indietro la madre e la sorellina più piccola,
probabilmente rimaste
presso il cortile di casa.
All’ultima curva,
finalmente, la piccola riuscì nel suo
intento: un uomo vestito di nero sedeva su una panchina di pietra
dandole le
spalle. La bambina riprese fiato e corse incontro alla figura,
saltandole al
collo.
Sfoderò un sorrisetto
soddisfatto, sentendo le spalle del padre
sussultare, sorprese di quel contatto. Proprio con la
silenziosità di un
leopardo, aveva afferrato la sua preda.
“Grace!”
“Ti ho fatto paura,
papà!”
L’uomo sorrise: aveva sui
quarantacinque anni e, come da
giovane, era ancora un gran bel gentiluomo. Grace, la figlia maggiore,
aveva
una vera e propria adorazione per lui.
“Sei la solita selvaggia
eh? Cosa dirà tua madre vedendo
questo bel vestitino tutto strappato e sporco?” chiese il
padre afferrando un
lembo della gonna di Grace,
tutta sporca di fango.
“La mamma ha detto che,
finché non mi faccio male, posso
giocare nel parco!” protestò la piccola puntando i
piedi. “Piuttosto, papà, non
cambiate discorso! Vi ho trovato! Sono cinque sterline!”
L’uomo guardò la
mano tesa della figlia undicenne e sospirò:
“Sei proprio come tua madre…”
“Spero sia un complimento
questo, Alexander.”
La voce squillante che aveva appena
pronunciato queste
parole, apparteneva ad una bella signora minuta e castana che avanzava
verso di
loro. Di fianco a lei, procedeva una bambina di nove anni che si
stringeva alla
mano della madre con forza.
Questa, al contrario di Grace, era
più timida e pallida; dai
capelli castano chiaro.
L’uomo, preso in causa,
sorrise beffardo alla moglie: “Tesoro,
lo sai che i miei sono sempre complimenti.”
La signora Norris sospirò:
“Come al solito le tue bugie su
di me non funzionano, mio signore!”
Alexander prese la mano di Callie e
disse, ridendo: “Ti amo
proprio per questo!”
La donna fece solo in tempo a
sorridere perché, prima di
poter formulare una risposta, un pianto isterico attirò la
loro attenzione. I
due genitori guardarono preoccupati nella direzione dei lamenti: Grace
era
caduta a terra e ora si teneva il ginocchio ferito, piangendo
disperatamente.
Callie fu subito su di lei:
“Madonna santa, Grace! Ne combini
di tutti i colori! Stai bene?”
“Mi fa male il ginocchio,
mamma! Morirò?”
“No che non muori, piccola.
Ora andiamo a casa e vedrai che
Gordon metterà un po’di disinfettante.”
“Ma il disinfettante
brucia!”
In mezzo a tutto quel caos, Alexander
aveva intanto preso in
braccio la figlia più piccola che, con gli occhioni
spalancati, guardava la
scena: “Papà, perché Grace combina
sempre tutti questi disastri?”
“Oh! Laura, ti
svelerò un segreto…” rispose Alexander,
mentre la bambina giocherellava con i suoi capelli neri. Diceva sempre
che le
sarebbe piaciuto farne tante treccine e, ovviamente, il padre non era
molto d’accordo.
“ ….anche tua
madre era una perfetta imbranata da giovane,
sai?”
“Quindi anche io e Grace
diventeremo imbranate?”
“È
probabile.”
La voce di Callie, severa, si
levò alta nel giardino
segreto: “Laura! Non dare ascolto a tuo padre, per favore! Lo
sai che gli piace
scherzare con voi due!”
Alexander fissò gli occhi
nocciola della moglie che ora lo
guardavano come se volesse rimproverarlo. Sorrise: “Tesoro,
Grace ci muore
davanti agli occhi se stai lì a guardarmi così un
altro po’!”
Ovviamente la piccola ferita
cominciò nuovamente a piangere
spaventata, e Callie lasciò andare un gemito di disperazione.
“Sei insopportabile,
Alexander!”
“E tu una adorabile
testarda!”
*Note: Orgoglio
e
Pregiudizio, cap. LIV