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Autore: Sweet Pink    07/03/2012    5 recensioni
Non vi è nulla di male a sognare un uomo che rispecchi virtù e, perchè no, vizi di un ideale letterario. La signorina Callie Honeycombe la pensava così. O almeno finchè sulla sua strada non incontra proprio il tipo di uomo che, al contrario, non potrebbe mai amare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Su fronti nettamente opposti.'
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ATTENZIONE! Questo è l’ultimo capitolo di Fino all’ultimo momento e, prima di andare alla lettura, vorrei che leggeste queste due righe che mi accingo a scrivere. È importante per me ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita e, anche se non ho né miliardi di recensioni o di lettori per questa storia, mi sono sentita veramente lusingata.

Ora, ho da dire solo altre due cosette: questo è l’ultimo capitolo e non è stato facile completarlo. Un po’ per essermi affezionata ai personaggi, un po’ perché non volevo farne uno schifo e rovinare tutto ciò che avevo scritto in precedenza. Spero possiate apprezzarlo comunque!

Infine, questa storia farà parte di una serie ( sto già scrivendo un’altra storia, per questo sono in ritardo J) e domani pubblicherò il primo capitolo di un racconto nuovo, quindi se volete passare a dare un’occhiata mi farebbe molto piacere.

Piccola curiosità: non ho resistito a non inserire Callie anche nel nuovo racconto, ma avrà un ruolo fondamentalmente marginale!

Ora, mi scuso per il papiro, vi abbraccio tutti e vi lascio leggere in pace! J

Sweet Pink

 

 

 

 

 

 

 

“Mi ami, ragazzina?”

“Non dirmi che hai fatto l’amore con me solo per farmelo ammettere!”

L’uomo sorrise, divertito: “Non mi hai ancora risposto, Callie.”

La ragazza si prese un po’di tempo prima di dargli una risposta. Non perché fosse indecisa ma, piuttosto, per lasciargli tutto il tempo di bollire nel suo brodo. Infine rispose, arrossendo leggermente:  “Lo sai che è così.”

“Così come?”

Il tono ironico di Alexander la fece sbuffare irritata: ecco di ritorno il damerino che se la godeva a prendere per i fondelli la povera signorina Honeycombe!

“Sei insopportabile!”

“E tu una adorabile testarda!”

Callie alzò la testa all’indietro, per scrutare il suo volto: era seduta fra le sue gambe da almeno una quindicina di minuti e, da quell’esatto momento, Alexander stava cercando di farla andare su tutte le furie con quella domanda di cui conosceva già probabilmente la risposta.

Decise così di porre fine alle sue sofferenze e ammettere: “Ormai non posso non amarti. Credo sia troppo tardi.”

 Alexander la guardò per un momento sorridendo leggermente. Poi, passandole lentamente una mano fra i capelli castani, fece: “Sei la donna più complicata e ostinata che abbia mai incontrato, ma è anche per questo che ti amo.”

Callie arrossì e, cercando di nascondere la felicità che le avevano provocato quelle parole, ironizzò: “Forse perché sono l’unica dama che ti ha resistito per più di una sera?”

“Oh! Il tea di Gordon deve essere ormai freddo!”

“Stai cercando di cambiare discorso?”

L’uomo le concesse uno sguardo divertito prima di alzarsi in piedi e tendere una mano verso di lei. “Sai, credo che dovremmo tornare. Come sempre, i miei ospiti cominceranno a fare brillanti ipotesi sulla nostra scomparsa! Inoltre, è quasi ora di cena.”

Callie prese la sua mano e si alzò a sua volta. Lanciò uno sguardo alla tenue oscurità che invadeva quell’enorme libreria. Alexander aveva ragione: la giornata volgeva al termine, quel momento era ormai passato. Avrebbe voluto rimanere lì seduta con lui fra gli scaffali ancora per ore, ma si guardò bene dal dirglielo.

In fondo, ad Alexander sarebbe potuta parere la solita ragazzetta infantile.

Fu così che si aggiustò alla meglio i vestiti e i capelli senza dire una parola. Anche lui non parlava. Ma, in realtà, non si trattava di un silenzio imbarazzato o teso: solamente, era quella tranquillità che seguiva alla conclusione di una lunga battaglia.

Tu parti domani.

Quel pensiero colpì Callie con forza, all’improvviso. Lei, suo padre, sua sorella e i Clayton sarebbero ripartiti l’indomani per l’Hampshire. Sarebbero tornati a casa.

Se nelle settimane precedenti un fatto del genere non avrebbe provocato altro se non sollievo in lei, ora sentiva di non volersene più andare. Non voleva lasciare quella casa, sapeva di amarla; e non voleva più lasciare Alexander. Sperava che lui l’amasse veramente come le assicurava.

Stava per attraversare l’uscio di casa ed immergersi nel verde del cortile, quando decise di voltarsi indietro. L’ingresso di casa era illuminato dalla luce tremolante delle candele e, il suo tepore, la invitava a fermarsi lì per sempre.

Cosa ne sarà di questo posto?

Alexander osservò Callie attentamente per qualche secondo, prima di chiedere: “Va tutto bene?”

La ragazza fu risvegliata da quel tono rassicurante. Si voltò verso di lui e rispose, con un poco di malinconia: “Sì. Volevo solo dare un’ultima occhiata alla casa prima di andarmene.”

Un’ultima? Pensi davvero di non tornare più qui?”

“Domani torno nell’Hampshire, Alexander.”

Gli occhi neri dell’uomo non bruciavano più, ma continuava fissarla con uno sguardo serio a cui lei faceva fatica ad abituarsi. E seppe immediatamente che lì, sulla soglia di casa, si sarebbe deciso il loro destino.

Felicità o rovina.

Alexander le posò una mano sui capelli con dolcezza: “La solita signorina ingenua. Se lo desideri, potrai abitare qui per sempre. Questa settimana, aspetta una mia visita presso casa Honeycombe…parlerò con tuo padre.”

Il cuore di Callie sembrava voler abbandonarla da un momento all’altro. L’ultima frase suonava esattamente come un chiederò la vostra mano al signor Honeycombe. Anche se sarebbe stato un po’troppo pretendere da Alexander James Norris una frase del genere.

Non è Mr.Darcy…ma va bene lo stesso.

Perché è l’unico uomo che desidero sposare.

La voce di Callie, come accadeva un po’troppo sovente negli ultimi tempi, sembrò incastrarsi in gola; riuscì solo ad articolare: “Ma…cosa?”

“Una risposta molto romantica, signorina. Mi sento davvero soddisfatto.”

La ragazza scosse la testa, arrossendo. Cercò di ripetersi, alzando il braccio come per scusarsi: “Intendo, parli seriamente?”

“Non mi accetteresti? Sai, sono piuttosto ricco e stimato…”

“Lo sai che non intendo questo! Solo che…”

Le labbra sottili di Alexander si piegarono in un sorriso non più beffardo o elegante. Le rivolgeva uno dei suoi rari sorrisi veri, reali. E disse: “Te lo posso promettere, Callie. Aspettami, perché verrò.”

Fu così che si voltò, cominciando a camminare senza di lei verso la carrozza. Callie osservò, basita, la sua figura elegante per qualche secondo prima di raggiungerlo frettolosamente. Non era del tutto conscia del sorriso da sciocca che si estendeva sul suo volto.

Lei non era Laura.

Ma lui, comunque, l’amava.

 

 

 

 

 

Cecil Price pareva tale e quale alle raffigurazioni degli angeli in chiesa.

Almeno, era stato questo il primo pensiero di Linda Clayton quando, per caso, aveva incontrato l’uomo durante una delle sue passeggiate.

Con il cuore in gola, l’aveva osservato andarle incontro e si era immediatamente chiesta quale fosse stato il motivo della sua presenza lì, nell’Hampshire. D’altronde, erano tornati dal Derbyshire solo una settimana prima.

“Buongiorno, signorina.”

Linda si era persa per un momento nel tono caldo e gentile di lui, prima di obbligare la sua mente a formulare una risposta: “Buongiorno a voi, signor Price. Sono felice di rivedervi!”

Cecil le aveva sorriso con dolcezza. “E non ne siete sorpresa?”

“Oh! Sì…devo ammetterlo. Quindi, vista la vostra domanda, mi permetterò di essere insolente e chiedervi il motivo della vostra presenza nell’Hampshire!”

Linda di certo non si aspettava una dichiarazione su due piedi da parte di lui, ma nemmeno di vedere la sua espressione cortese incupirsi fino a gettare ombra sul suo bel viso. Era con gravità che ora la stava guardando.

La ragazza sgranò gli occhi chiari e le sue mani, inconsciamente, andarono a stringere il manico dell’ombrellino con forza. Perché l’uomo non era venuto per lei.

Alexander.

“Cos’è accaduto?”

Il sole tramontava dolcemente sulla collina e i capelli dorati di Cecil si tinsero improvvisamente di un colore accecante. Proprio come un angelo in chiesa.

Abbassò lo sguardo altrove, evitando quello di Linda.

Perché io…

Perché devo essere io a compensare il lato oscuro di Alexander?

“Passeggiamo, signorina. Vi va?” chiese infine, porgendole il braccio.

Linda era ancora esitante: gli occhi castani del signor Price trasudavano rassegnazione e tristezza. Le si strinse il cuore perché, in fondo, sapeva cosa stava per accadere.

Non vi fu tempo per aggiungere altro; un grido proveniente dal fondo del prato attirò l’attenzione dei due. Giuditte, una serva di casa Honeycombe, correva verso di loro agitando le braccia per aria.

“Signorina Clayton! Deve seguirmi immediatamente!” la sua voce giungeva smorzata “La signorina Honeycombe è…”

Linda fu presa da un panico improvviso e si voltò di scatto verso Cecil Price che, in cambio, le mise una mano sulla spalla con gentilezza.

 “Ci sarò sempre io accanto a voi, qualsiasi cosa accada!”

 

 

 

 

 

                                                     Una settimana prima

 

 

Alexander era in piedi nell’esatto centro dello studio paterno. David se ne stava seduto dietro la scrivania; lo guardava con serietà da quasi un quarto d’ora.

Il viso non più giovane parzialmente nell’ombra, così da risultare ancora più impassibile e solenne al figlio. Aveva giunto le mani sotto il mento e Alexander poteva scommettere che, qualsiasi fosse il motivo per cui era stato chiamato lì, non prometteva niente di buono.

All’uomo sembrava quasi di esser ritornato indietro nel tempo, quando da bambino combinava un guaio e subito il padre lo veniva a sapere, convocandolo nel suo studio. Ma era passato troppo tempo e troppe cose erano accadute, compromettendo forse per sempre il rapporto fra figlio e padre.

La voce seria di quest’ultimo spezzò il suo ragionamento, facendolo tornare alla realtà. Al presente. A Laura.

E a Callie Honeycombe.

“Alexander, non hai ancora deciso di volerti sedere?” indicò David Norris, accompagnando le sue parole con un gesto vago della mano.

“Grazie, padre. Preferisco stare in piedi e conoscere il motivo della vostra convocazione.”

“Non l’hai ancora indovinato?” chiese l’altro, inarcando un sopracciglio. “è alquanto strano il tuo cambiamento, dopo l’incontro con la signorina Honeycombe. Almeno in apparenza.”

Alexander si irrigidì e, fra i denti, cercò di rispondere: “Vi ringrazio della consueta fiducia che riponete in me. Tornando in tema, quella ragazza è...”

“Assomiglia a Laura, lo sai anche tu.” lo interruppe il padre, alzandosi in piedi. “Non è bizzarro questo?”

Il figlio, dal canto suo, non osava muoversi. Se ne stava semplicemente inchiodato lì, in piedi, e impallidiva.

“Sì. Passava delle ore intere con lo sguardo perso nella lettura, proprio come voi.”

Lo aveva sempre notato. Fin dall’inizio.

Cercò di recuperare un po’della sua solita irriverenza elegante e disse: “Avanti, padre. Ditemi qual è stato il mio terribile errore questa volta! D’altronde, quella ragazza, io non la sto affatto ingannando.”

“Te lo dirò immediatamente: il tuo sentimento…la tua ossessione per lei ha portato solo dolore nella sua vita. Non puoi negarlo.”

Credi davvero di non rovinare anche lei stavolta?

Forse, se non ti avesse mai incontrato…

Alexander fece un passo indietro, istintivamente: la figura del padre sembrava immensa, quasi diabolica. “Lei vuole me!”

David scosse la testa grigia lentamente: “Lei è avvelenata da te, è diverso. Credi che, una volta sposati, passerà sopra al tuo carattere scostante e alla tua passione per il gioco d’azzardo? Ai tuoi continui tradimenti?”

“Ora basta!” ordinò il figlio, tagliando l’aria con un gesto secco del braccio. Le accuse del padre, anche da adulto, erano difficili da sopportare. Inoltre, il pensiero di poter ferire quell’ingenua ragazza lo riempiva di dolore, poiché troppo male le aveva già causato.

“Io la sposerò, che voi lo vogliate oppure no!”

Dopo un momento di silenzio, dove i due si guardarono con vero e proprio astio, David riprese il suo discorso con calma: “Ti vuoi redimere. Ma lei è una sostituta…una sostituta di Laura.”

Una sostituta di Laura.

“Questo vuol dire per sempre, sai meu amor?”

“Io non vi odio affatto!”

Come un fulmine a ciel sereno, così improvvisamente, la verità sembrò colpirlo con forza lasciandolo nuovamente solo con i suoi oscuri fantasmi.

Ma lui ancora non sapeva di stare sbagliando. Di nuovo.

Guardò la figura del padre, smarrito. Tutte le immagini, il passato, i momenti trascorsi con Callie fino a quel momento scorrevano davanti a lui.

Si era intestardito su di lei.

Aveva frequentato altre donne in quei mesi, ma continuava a pensare a quella piccola sciocca. Era ossessionato da lei. Bruciava.

E il suo sorriso, come dimenticarlo?

Ma era il sorriso di Laura, non di Callie.

“Sei veramente innamorato della signorina Honeycombe?”

Quel tono duro come l’acciaio provocò in lui una reazione immediata. E fu una doccia fredda sentire sé stesso rispondere: “Non credo. Non ora.”

Gli occhi di David Norris celavano in maniera invidiabile la sua soddisfazione: aveva avuto ragione anche quella volta su Alexander. Suo figlio maggiore non poteva più tornare indietro dal suo oscuro passato.

Ma nemmeno il padre, dall’alto della sua presupposta saggezza, aveva capito che forse l’unico legato al passato non era altri se non sé stesso. E si accontentava di non lasciare libero Alexander, forgiando catene fatte del suo senso di colpa.

Il figlio sentiva aleggiare nella stanza la vittoria del signor Norris. Lo percepiva, quel compiacimento di sé stesso, anche se il padre non parlava.

Fu in quell’esatto momento che capì di doversene andare. Doveva fuggire. Abbandonare quel posto, il presente.

Lasciare Callie. Come aveva fatto con tutte le altre donne.

Così, dando le spalle al padre, disse in tono sommesso: “Ho appena preso la mia decisione. Dopo oggi, ve ne prego, fatemi la grazia di non venirmi più a cercare, padre. Questa è stata la nostra ultima conversazione.”

David accolse le sue parole con serenità e, con altrettanta calma, lo osservò congedarsi da lui. Suo figlio se ne andava, tranciando qualsivoglia legame che ancora lo teneva ancorato al presente. Che ancora lo poteva redimere.

Il signor Norris poteva quasi sentir il tono isterico della moglie urlargli contro: “Hai ottenuto ciò che volevi ora?”

“Alexander sei ormai adulto, ma codardo. A dire il vero, in fondo, lo sono anche io.” pensò lui, quando sentì la porta del suo studio chiudersi.

 

 

 

 

L’avrebbe uccisa.

Alexander si teneva la testa corvina fra le mani e il suo senso di disperazione e vergogna non pareva voler essere lenito.

Era tutto vero: l’aveva avvelenata. Avevano combattuto, avevano sofferto. Lui l’aveva ingannata e lei era stata la prima donna ad aver vinto quella battaglia.

Perché era come Laura.

Callie era luce e lui, sicuramente, non sarebbe riuscito a lasciarla vivere. Avrebbe soffocato quella fiamma in un solo istante.

“Questo luogo…era per lei, non è vero?”

La piccola l’aveva già capito. Solo lui, da adulto quale non era, si era dimostrato completamente cieco.

Ma quella luce…era così abbagliante.

Gli occhi neri di Alexander si posarono sul foglio di carta che giaceva, intonso, davanti a sé. Un’altra dolorosa fitta andò a pugnalargli l’anima. Si preparava ad affondare il coltello nel cuore di Callie.

“Ormai non posso non amarti. Credo sia troppo tardi.”

La immaginò a casa, nell’Hampshire, in attesa della sua venuta. Le aveva fatto una promessa. Gli pareva quasi di poterla vedere, felice e radiosa, con quel grazioso sorriso sognante che l’aveva colpito fin dalla prima volta in cui aveva posato gli occhi su di lei, al ballo indetto da sua nonna mesi prima.

Era un codardo.

Un dannato miserabile.

 

 

 

 

Appena tornata nell’Hampshire, Callie aveva ricevuto una notizia terribile: la sua amata autrice, colei che aveva scritto di suo pugno Orgoglio e Pregiudizio, era deceduta pochi giorni prima.

Ora, era già divenuta discretamente famosa e aveva finalmente un nome. Jane Austen.

Le portatrici di tale sventura erano state, guarda caso, le sorelle Hayer che subito corsero addosso alla signorina Honeycombe per formulare le solite domande riguardanti Alexander James Norris. Evidentemente Charlotte non si era messa ancora il cuore in pace.

“Sì, sì, la morte di quella povera donna e alquanto triste; pensate, non aveva che quarant’anni! Ma, signorina Callie, ditemi: si dice che presto sentiremo campane a nozze in casa Honeycombe. Dobbiamo dare credito alle voci?” aveva così chiesto, non senza un certo astio.

Callie moriva letteralmente dalla voglia di confermarle il pettegolezzo, solo per vedere Charlotte schiumare di rabbia senza poterlo poi esprimere; ma decise di glissare sull’argomento. In fondo, la prudenza non era mai troppa con le sorelle Hayer, quindi rispose gaia: “Oh! Quelle voci devono sicuramente essere frutto di qualche chiacchiera senza fondamento, mia cara amica! Ma, se mai dovessi sposarmi, sappiate che sarete più che benvenuta al mio matrimonio!”

Charlotte, allora, aveva fatto solamente uno strano verso con la bocca e, senza aggiungere altro, si era voltata verso Linda. Callie invece se la rideva sotto i baffi e pensava che anche Alexander, se fosse stato presente, avrebbe fatto lo stesso.

La ragazza arrossì leggermente, sentendosi di nuovo sciocca e infantile. Come una bambina.

Le mancava.

Ma lo stava aspettando, perché lui sarebbe venuto presto. Aveva fatto una promessa e lei si fidava delle sue parole, come aveva sempre fatto. Nel bene o nel male.

 

 

 

 

 

“Se non viene da me adesso,” diceva “rinunzio per sempre.”*

Era un luminoso pomeriggio di venerdì e Callie leggeva per un’ultima volta il suo libro preferito. Ed era quasi arrivata alla fine.

La sua decisione di rileggere la storia di Elizabeth e Darcy prima di riporre il libro sullo scaffale, e lasciarlo intoccato ancora per molto tempo a venire, era dovuta alla morte di Jane. Ora che lei non c’era più, i suoi libri sembravano assumere un’aura quasi sacrale per Callie e il mondo di cui scriveva pareva esser perduto insieme a lei. Si sentiva come se una cara amica se ne fosse andata per sempre.

Eliza era morta con Jane.

Un rumore improvviso, proveniente dal cortile, attirò la sua attenzione. E Callie, con il cuore schizzato improvvisamente in gola, si affacciò alla finestra. In realtà, da quando erano tornati dal Derbyshire ogni minimo rumore era un pretesto per precipitarsi alla porta, nella speranza di vedere una sagoma elegante emergere dalla nebbia. La ragazza sapeva bene che era poco conforme, per una ventunenne come lei, perdere la calma e il contegno ad ogni scricchiolio ma, da quando conosceva Alexander, ne aveva commessi di atti poco consoni alla sua posizione.

 Voleva essere la prima a corrergli incontro.

Sarebbe arrivato.

Gliel’aveva promesso.

Fu così che rimase delusa quando, sbirciando dalla finestra, non vide altri se non Giuditte con il cestino della posta. Però i suoi occhi nocciola misero a fuoco parecchie buste e, senza pensarci due volte, Callie era ai piedi delle scale in meno di dieci secondi.

La domestica, entrando, fece in tempo a vedere una macchia castana venirle velocemente incontro. Riconobbe all’ultimo la sua giovane padrona che, con agitazione male controllata, allungava una mano verso il cestino pieno di corrispondenza.

“Grazie, Giuditte. Prendo io la posta.”

“Non volete che la metta in salotto come al solito, signorina?”

Callie scosse la testa. “No, non ti preoccupare. La farò avere io al signor Honeycombe.”

Quando finalmente si trovò sola, con in mano un plico di buste piuttosto consistente, la ragazza cominciò a scorrere una ad una tutte le missive nella speranza di trovarne una indirizzata a lei. Scoprì di averne due. Una era da parte di Margareth, ancora a Londra con i genitori, e l’altra….le mani di Calli cominciarono a tremare.

Perché la seconda lettera proveniva dal Derbyshire.

Lasciò così le restanti nel salotto e, trattenendosi dal correre, salì le scale con apparente calma. Guadagnò la sua camera e, quando si fu chiusa la porta alle spalle, lasciò che ogni sua emozione traspirasse dal  corpo: tremava leggermente e, senza rendersene conto, era impallidita.

Era da parte di Alexander? Cosa vi era scritto? Quando sarebbe venuto?

Callie fece un respiro profondo, imponendosi di rimanere tranquilla. Per prima cosa, avrebbe letto la missiva di Margareth, lasciando per ultima quella proveniente dal Derbyshire.

La sua amica le scriveva di Londra, degli ultimi pettegolezzi e delle feste, ma la ragazza non riusciva veramente a concentrarsi: ogni due minuti controllava con gli occhi che la busta di Alexander fosse ancora lì accanto a lei. Aveva quasi paura che sparisse, come per una magia.

Callie fu talmente brava che riuscì anche ad imporsi di rispondere a Margareth, prima di aprirla. E quando ebbe finito, il sole ormai tramontava dolcemente sulle colline.

Fu così che la ragazza si avvicinò alla finestra e aprì di fretta la busta, piena di aspettative.

I suoi bei occhi nocciola si spalancarono.

Il cuore smise di battere in meno di un secondo.

Parto.

Divorò il resto della lettera in pochi secondi.

Scusami.

Continuò a fissare la carta anche quando ebbe finito di leggere. Decise di leggerla una seconda volta, ma il senso non cambiava. E le parole di inchiostro si confondevano nella sua mente, in un groviglio inestricabile.

Le sembrò di morire.

Non posso venire. Non più. Callie, ascoltami…

Ma lei non voleva ascoltare. Non poteva, perché lui non era arrivato….non poteva capire. E, prima di cadere nel buio, solo due frasi continuavano a scorrerle davanti agli occhi.

Ti ho fatto del male.

Me ne vado dall’Inghilterra.

Jane era morta.

E anche lei.

 

 

 

 

Linda arrivò più in fretta che poté sotto casa di Callie. Era preoccupata per l’amica: il misterioso arrivo di Cecil Price, le sue parole cariche di gravità. E, infine,  Giuditte e il suo tono agitato. Ora, tutti e tre, correvano verso la porta degli Honeycombe che era, con sorpresa di Linda, spalancata.

Ma furono le urla a gelarle il cuore. Poteva sentirle dal cortile, accompagnate dal rumore di oggetti che andavano in frantumi contro la parete; il caos proveniva senza dubbio dalla stanza di Callie.

Poi il silenzio. La signorina Clayton alzò lo sguardo verso la finestra dell’amica e, senza degnare di un’occhiata né Giuditte né Cecil, entrò in casa con passo veloce. Le prime persone che incontrò furono il signor Honeycombe e Henrietta, ai piedi delle scale. La piccola si teneva stretta al padre e pareva spaventata,  mentre l’uomo ora guardava Linda con dolorosa preoccupazione.

“Scusatemi se vi ho fatto chiamare, Linda.” fece lui con voce gracchiante. “Ma la mia adorata bambina…è inavvicinabile. Quindi ho pensato che…”

La ragazza bionda si avvicinò a Charles Honeycombe e gli strinse le mani con affetto. Non era sicura di riuscire a trasmettergli sicurezza: “Avete fatto bene, signore. Lasciatemi andare da lei ora.”

L’uomo annuì solo e indicò la cima delle scale con un cenno del capo.

Linda cominciò a salire e, ad ogni gradino, la sua anima sembrava tingersi di un tono più cupo di preoccupazione e dolore: non voleva pensare ai motivi che avevano portato l’amica all’esplosione. Sapeva già cos’era accaduto. Perché ora solo una persona poteva avere un potere così devastante su Callie. Gli si stringeva il cuore al pensiero di quanto era felice, fino al giorno prima.

“Eccoci qui, cara Linda, tutte e due nuovamente innamorate!”

“Anche se voi ce ne avete messo di tempo per ammetterlo!”

Callie aveva riso. “Oh, andiamo! E il vostro bel signor Price allora?”

La signorina Clayton spinse lentamente la porta della camera di Callie, timorosa di ciò che avrebbe trovato. Come aveva previsto, ciò che vide non fece che aumentare l’angoscia che nutriva per l’amica: Callie era accovacciata al centro esatto della stanza, mentre tutto il resto non esisteva più. La ragazza aveva distrutto qualsiasi cosa. Gli oggetti erano in pezzi, le sedie rovesciate, i libri sparsi un po’ovunque…anche Orgoglio e Pregiudizio non si era salvato, anzi. Linda notò che Callie teneva stretta nella mano una lettera tutta spiegazzata. In quel disastro, sembrava che non l’avesse mai lasciata andare.

I suoi occhi azzurri si abbassarono, fissando il pavimento. Provava timore ad entrare in quella stanza: l’odio e il dolore di Callie sembravano regnare in quel perimetro e non volevano avvicinare nessuno.

“Ci sarò sempre io accanto a voi, qualsiasi cosa accada!”

Poi, si decise a fare il passo definitivo e avanzò con calma verso l’amica che ancora non accennava a muoversi. Solo quando Linda fu in piedi a pochi centimetri da lei, le parole uscirono finalmente dalle sue labbra. Il suo tono di voce era strozzato, quasi esitante: “Lui non viene. Ha detto che se ne va dall’Inghilterra.”

Un altro che parte. Anche lui mi abbandona, dopo avermi usata.

“Io non sono come quell’uomo.”

Che bugiardo. Che dannato bugiardo!

Sentì a malapena la mano di Linda accarezzarle con delicatezza la schiena, mentre si accovacciava accanto a lei: “Non so che dire, Callie. Solo che qua ci sono io; con te, come sempre.” Il suo tono era caldo e rassicurante, ma la ragazza si accorse del dispiacere che provava Linda nei suoi confronti. “Qualsiasi cosa accada.”

Aveva perso la ragione. Non aveva fatto avvicinare suo padre e aveva spaventato Henrietta. Si accorse solo in quel momento di quanto la casa fosse diventata silenziosa, come una tomba. La sua tomba.

Il veleno di Alexander aveva fatto effetto e lei era morta.

No, era ancora viva. Era lì, davanti a Linda. Era passata oltre.

Dentro di lei il dolore si propagava fino a volerle crepare il cuore in grandi e informi pezzi. Non avrebbe mai dovuto far cadere il muro che l’aveva divisa e protetta per anni ma, sapeva, che a poco a poco sarebbe riuscita a ricostruirlo.

Fu così che appoggiò il capo sulla spalla di Linda, mentre le sue dita lasciavano andare la lettera ormai distrutta di Alexander. Le lacrime ricominciarono a bagnale le guance, silenziose.

“Posso piangere un poco sulla tua spalla?”

“Anche tutto il giorno, Callie.” rispose la ragazza bionda, sorridendo dolcemente.

 

                                                   

                                                     

 

                                                      Un anno dopo

 

 

 

 

 

Pare incredibile come una piccola e quieta società campestre possa entrare in fermento quando all’orizzonte compare la prospettiva di un matrimonio. Negli anni nulla era mutato e la stessa agitazione gioiosa si ripeté anche per le nozze della signorina Clayton. Dopo quasi un anno di fidanzamento, la ragazza si era decisa a legare il suo destino con quello dell’affascinante signor Price.

A dire il vero, parecchie voci erano girate sul loro conto: c’era chi si dichiarava sicuro di una gravidanza di lei, chi affermava che i due sposini sarebbero andati a vivere in America, chi ancora pensava che Linda sarebbe fuggita sull’altare, visto lo scandalo di parecchi anni prima.

Per una volta, le sorelle Hayer furono le uniche portatrici di verità. Spinte dal signor Clayton, che bene conosceva la loro inclinazione al chiacchiericcio, le ragazze dissero a tutto il villaggio nulla più del dovuto e del vero: il matrimonio si sarebbe celebrato nella chiesa del paese, Linda e Cecil erano più felici che mai, e sarebbero rimasti a vivere in Inghilterra. Di bambini, ancora, non si parlava.

 Dopo i due sposini, i più allegri erano sicuramente i Clayton, che vedevano assicurato il futuro della loro figlia preferita, e gli Honeycombe, da sempre amici di famiglia. E Callie, la figlia maggiore di Charles Honeycombe, non poteva apparire più graziosa mentre sfilava dietro Linda, nel suo abito bianco da damigella.

Era stata la sposa ad insistere perché le ragazze indossassero quel colore, così a tutti sembrò che Cecil dovesse sposare almeno quattro signorine, invece che una.

La cerimonia si esaurì, gli sposi si scambiarono le promesse e tutti erano pronti ad uscire dalla chiesetta, diretti verso il ricevimento indetto a casa Clayton. Callie, per tutta la durata del matrimonio, aveva osservato incantata Linda: era bella come una dea. All’amica non le era parso di vederla mai così felice in tutta la sua vita.

Così ogni tanto aveva scambiato qualche occhiata complice con Margareth, l’unica insieme a lei che ancora non avesse trovato un partito. Le due Hayer, infatti, durante l’ultimo soggiorno a Bath erano corse incontro a parecchia fortuna.

Tutte e due aspettavano di pronunciare il in pompa magna, legandosi a due discretamente ricchi industriali. Charlotte aveva dimenticato Alexander James Norris da tempo.

Era quasi un mistero come i Norris fossero scomparsi dalla bocca di tutti. La madre di David era tornata nel Derbyshire e la casa nell’Hampshire era stata definitivamente chiusa, mentre dell’amicizia che legava Charles Honeycombe al capofamiglia dei Norris nulla si sapeva.

L’unica cosa certa era che né Teresa, né David e tantomeno il figlio maggiore, Alexander, si era fatto più vedere da un anno a quella parte. Anche se qualche voce maligna sussurrava che Charles tenesse ancora segreti contatti con David Norris.

Callie poteva dire di sentirsi serena; se così si può definire una ragazza dall’anima in pace, ma con il cuore spezzato. Non aveva dimenticato quell’uomo impossibile con cui ne aveva passate veramente troppe. Ogni singolo giorno da un anno a quella parte, aveva ripensato, almeno per un secondo, a quelle labbra sottili piegate in un sorriso elegante e sfacciato. Un sorriso da bugiardo, ma che sapeva essere anche molto dolce e gentile.

Aveva fatto della rassegnazione il suo stile di vita. Non sapeva dove lui fosse ma, se proprio provava a pensarci, lo immaginava là dove tutto aveva avuto inizio. Nella terra dove Laura era nata e cresciuta, là dove aveva amato la prima volta.

Da tempo aveva compreso il motivo della sua fuga. Alexander era stato ossessionato da lei solo perché assomigliava a Laura. La vedeva in lei, come se fosse stata ancora viva.

Era passato un anno da allora e, anche se poteva dirsi poco tempo, Callie pareva di aver attraversato cent’anni senza la presenza di Alexander. Almeno, tutto era tornato alla normalità, come era stato prima di incontrarlo.

Le cicatrici, però, non scompariranno mai.

Il matrimonio di Linda era un nuovo inizio. Cecil Price era rimasto e, se teneva contatti con il suo miglior amico, Callie non sapeva e non voleva sapere. Ovviamente quest’ultimo si era guardato bene dal parlarne con lei, agendo così in modo saggio.

Callie, in mezzo agli applausi dei parenti e degli amici, si sporse ad abbracciare l’amica: “Sono così felice per voi! Congratulazioni, signora Price!”

Quest’ultima diede una pacca gentile sul braccio della ragazza castana: “Non osate, Callie! Io sono e sarò sempre Linda per voi, mi avete capito?”

L’interessata rise: “Qualsiasi cosa accada! Stavo solo scherzando, cara mia!”

Poi la sposa fu rapita dal resto delle damigelle e Callie si vide avvicinare da Cecil, che allungò una mano verso di lei. La ragazza gliela strinse volentieri e disse con dolcezza: “Abbiate cura di lei, signor Price.”

“Più della mia stessa vita, cara Callie. Potrete accertarvene voi stessa: le porte di casa nostra saranno sempre aperte a voi e alla vostra famiglia.”

“Accetto la vostra offerta con piacere, allora!”

L’uomo le concesse un sorriso gentile e pieno di gratitudine ma non ebbe modo di aggiungere altro, perché il parroco e la signora Clayton richiamarono i due sposi all’attenzione, invitandoli ad uscire dalla chiesa. Il ricevimento li stava aspettando.

Fu così che Callie si portò dietro a Margareth e cominciò ad incamminarsi con lei fuori dall’edificio. La luce di quel pomeriggio speciale la investì in pieno, intessendo fili d’oro sul suo abito bianco. Il prato riluceva di mille colori e le fronde degli alberi venivano mosse leggermente da un venticello fresco e gentile. Gli ospiti gettavano petali e riso sulla coppia felice davanti a lei.

Callie fece per portarsi la mano davanti agli occhi.

Fu in quel momento che lo vide: la figura elegante e alta si ergeva davanti a lei, in fondo al prato. Gli occhi neri puntati sulla scena in corso, un sorriso leggero che increspava le labbra sottili. I capelli erano cresciuti, sempre nerissimi, ma tenuti a bada da un codino basso.

Era vestito di blu.

Alexander.

Come se l’avesse chiamato, anche lui alzò lo sguardo su di lei. I suoi occhi sembrarono allargarsi un poco dalla sorpresa, come se non si aspettasse di trovarla lì al matrimonio del suo migliore amico. Eppure doveva aspettarselo. L’unica impreparata era Callie, che ora se ne stava in piedi all’ingresso della chiesa e non osava muoversi. Ghiacciata.

Era bastato incrociare i suoi occhi bui per capire che nulla era cambiato: lo amava, come sempre era stato.  Se si era rassegnata, non era preparata a rivederlo. Non ancora.

“Non vi siete mai chiesta come mai riesco sempre a trovarvi, senza sapere dove siete?”

 

 

 

 

 

“Callie.”

La ragazza continuò a fissare il vuoto assoluto davanti a sé. Sorda a quella voce che, dietro di lei, aveva cominciato a chiamare il suo nome. Forse, in fondo, era tutta un’illusione.

Ma quando i suoi occhi catturarono l’immagine di un uomo che sedeva al suo fianco, sul muretto di casa Clayton, ebbe modo di constatare che Alexander era ben reale e non un sogno. Continuò comunque a non voltarsi.

Non aveva più nulla da spartire con quel damerino. E voleva che se ne andasse al più presto…d’altronde che senso aveva avuto evitarlo per tutto il ricevimento, se ora lui l’aveva ritrovata e sembrava non volerla lasciare in pace?

“Ancora mi trovate senza che nessuno vi abbia detto dove sono?” chiese infine, con un tono di voce monocorde. Continuava a guardare la campagna, che sempre più si immergeva nell’oscurità della sera.

“Così sembra.”

Un silenzio tombale regnava fra i due. Solo il verso di qualche animale e il vociare gioioso proveniente da casa Clayton copriva i loro pensieri; a Callie quasi sembrava di essere tornata a quel famoso ballo, quando ancora si illudeva di nutrire solamente odio nei confronti di Alexander.

“Ballereste con me, signorina?”

“No!”

Fu lui a parlare: “Non hai nulla da chiedermi?”

“Dovrei?”

“Pensavo avessi molte domande da farmi.”

Callie cominciò a sentire la rabbia e il fastidio agitarsi in fondo alle sue viscere, ma cercò di mantenere comunque il controllo mentre diceva: “Te ne sei andato. Ora, cosa dovrei sapere? Vuoi che ti chieda se ti sei accasato?”

“No, non sono sposato con nessuna.”

La ragazza cercò di ignorare il tuffo al cuore che quella notizia le aveva involontariamente provocato. Dondolò lentamente le gambe sotto il vestito bianco e aggiunse, in tono sommesso: “Hai fatto come credi. Come d’abitudine, mi vien da dire.”

Anche lui continuava a guardare di fronte a sé. Le stelle brillavano lontane. “E tu? Mi sembra strano che non ti sia arrivata nessuna proposta di matrimonio.”

“Non ti ho aspettato, se è quello che stai pensando.”

Il silenzio della sera ripiombò fra di loro.

Ora, cosa dirà?

Se ne andrà… un’altra volta?

“Pensavo di fermarmi qui per un po’…in realtà, sto considerando l’idea di rimanere nell’Hampshire qualche mese.”

Callie finalmente si voltò verso di lui, sbalordita. Non poteva farle questo. Gli occhi neri di Alexander la scrutavano con la coda dell’occhio, mentre il viso delicato era ancora rivolto alle stelle e al cielo. Non sorrideva beffardo, anzi, pareva più serio che mai.

“Come?”

L’uomo voltò il viso verso di lei e, per la prima volta, la sua espressione sembrò ammorbidirsi un poco. “Non è difficile…pensavo di riaprire la casa della nonna e portare Gordon qui per…”

“Ho capito, ma io intendevo…perché?” lo interruppe lei, angosciata.

Alexander non poteva certo pretendere di sparire nel nulla e tornare dopo un anno, trasferendosi fra l’altro a pochi chilometri da casa sua!

Callie non sapeva se voleva o non voleva rivederlo nella sua vita. Non l’avrebbe mai ammesso direttamente ma, in realtà, desiderava sentire una minima spiegazione da parte dell’uomo, delle ragioni che l’avevano portato ad infrangere la promessa che le aveva fatto.

Io somiglio a Laura. Ma mi rifiuto di credere che lui non mia abbia mai amata.

Almeno un poco…in fondo…

“Avevo alcuni conti da chiudere in Portogallo. Con il passato. Avevo proprietà…di cui ho dovuto sbarazzarmi, ricordi…ma lasciamo perdere. Me ne sono andato perché sono, in realtà, un grande codardo.”

Callie si alzò di scatto e prese coraggio, portandosi di fronte a lui. Alexander la guardava, serio e rassegnato, dritto in viso. I capelli neri sfuggivano dal codino e, ribelli, si intrecciavano sul suo viso leggermente abbronzato.

“Avevi promesso.”

“Lo so…ma ho avuto paura, Callie. Di te, di noi, ma soprattutto di me…mi sono convinto davvero di averti sostituito e, allora, mi sono sentito ancora più miserabile di adesso.”

Callie lo guardò perplessa. Non sapeva dove volesse andare a parare con quel discorso, o meglio, non era sicura di volerlo sapere. Perché anche lei aveva paura: se lui le avesse detto che, per tutto quel tempo, l’aveva sempre amata.

Proprio come aveva fatto lei.

“Non lo sai, Callie?”

“Adesso?”

Alexander portò lentamente una mano sulla sua guancia e Callie non fece nulla per evitarlo. Voleva affrontarlo ma, ancora, il sapore della sconfitta cominciava a farsi sentire nella sua bocca. Avvampò e a malapena riusciva a guardare negli occhi quell’impossibile personaggio.

Avrebbe dovuto andarsene già da un pezzo, ma non riusciva a non fidarsi delle parole di quell’uomo. Erano come veleno e lei non era altro che una stupida ragazzina, intestardita nel voler seguire il suo istinto. Probabilmente Alexander l’avrebbe ferita un’altra volta, ma questo non bastava ad allontanarla.

“Ora che tu sei davanti a me e mi affronti con così tanto coraggio. Ho undici anni in più di te, ma sei stata sempre tu la vera vincitrice, fra noi due.”

Sei stata sempre tu la vera vincitrice.

Alexander ritirò la mano lentamente, con riluttanza.

Callie, senza sapere cosa l’avesse spinta a farlo, l’afferrò con dolcezza. La mano di lui era come l’aveva sempre ricordata, calda e rassicurante. La ragazza distolse lo sguardo dall’espressione stupita che andava dipingendosi sul volto di Alexander e chiese: “Hai detto di avere avuto alcuni conti da chiudere in Portogallo…”

Lui intrecciò le sue dita con quelle di Callie. “Sì, non mi sono mai sbarazzato della vecchia dimora e di tutti i ricordi che mi legavano a Laura. In fondo, non ero riuscito ad affrontare faccia a faccia il mio passato.”

“E cosa ne hai fatto?”

Alexander aveva un sorriso triste ma, contemporaneamente, i suoi occhi neri sembravano diversi. Come se finalmente qualcosa di soffocante e oscuro l’avesse abbandonato per sempre. Così rispose: “Ho venduto la casa e ho bruciato tutto il resto. Solo alcuni dipinti, quelli li ho riconsegnati ai genitori di lei.”

Callie aveva alzato il volto su di lui e osservava con attenzione l’uomo a cui ora stringeva la mano. Se dentro di lei il cuore pareva avere già preso una decisione definitiva, le rimaneva solo una domanda da fare. Perché la testa ancora non voleva arrendersi.

“Sei rimasto via un anno. Perché tornare ora?”

Alexander attirò la ragazza a sé, con dolcezza. Callie non fece resistenza, ma i suoi occhi nocciola esprimevano fermezza: voleva sapere. E lui, dal canto suo, non desiderava altro che spiegarle e tornare vicino a lei. Avere il suo perdono, a tutti i costi.

“I rapporti con mio padre non sono più così…idilliaci. In una certa misura, la mia partenza è dovuta anche a lui. Ma la verità è che sono stato un dannato codardo… ho fatto l’errore più grande della mia vita, abbandonandoti.”

Perché più ti sto lontano più non faccio che desiderarti, Callie.

Sei tu. Sei sempre stata tu.

E nessun’ altra.

La ragazza si rese conto troppo tardi di avere le labbra a pochi centimetri da quelle di Alexander e che le mani dell’uomo premevano con tenerezza sulle sue guance, intrecciandosi ai suoi capelli castani. Potevano essere passati dodici mesi, ma le cicatrici sembrarono aprirsi di colpo e ricominciare a bruciare.

Il suo istinto le diceva di fidarsi. Un’ultima volta.

Alexander appoggiò la fronte su quella della ragazza e sospirò: “Mi odi, Callie?”

“No, io non vi odio affatto.”

“Un po’…signor Alexander.” rispose lei, sorridendo con leggerezza.

E allora gli occhi bui di lui sembrarono illuminarsi nuovamente, mentre le restituiva indietro quel sorriso al contempo ironico e gentile.

Un rumore attirò l’attenzione dei due che si staccarono e, voltandosi verso il cortile di casa Clayton, videro Linda avanzare verso di loro con stampata in volto un’espressione pensosa. I suoi occhi chiari andavano da Callie ad Alexander, analizzando la situazione.

“Ero piuttosto preoccupata! State bene, Callie?” chiese infine, fermandosi a qualche metro da loro.

“Non vi preoccupate, amica mia!” aveva risposto la ragazza, per poi voltarsi verso Alexander e dire: “Mi hanno appena invitata a danzare.”

 

                                                                       

                                                                    Fine

 

 

 

 

 

Il giardino segreto.

Una ragazzina gracile e dai capelli scurissimi correva a perdifiato in un lungo labirinto, costruito da vegetali verdi e folti. I suoi occhi nocciola si guardavano intorno freneticamente ad ogni curva, come se cercasse qualcosa.

Aveva passato una faticosa ora nella sua estenuante ricerca, lasciando indietro la madre e la sorellina più piccola, probabilmente rimaste presso il cortile di casa.

All’ultima curva, finalmente, la piccola riuscì nel suo intento: un uomo vestito di nero sedeva su una panchina di pietra dandole le spalle. La bambina riprese fiato e corse incontro alla figura, saltandole al collo.

Sfoderò un sorrisetto soddisfatto, sentendo le spalle del padre sussultare, sorprese di quel contatto. Proprio con la silenziosità di un leopardo, aveva afferrato la sua preda.

“Grace!”

“Ti ho fatto paura, papà!”

L’uomo sorrise: aveva sui quarantacinque anni e, come da giovane, era ancora un gran bel gentiluomo. Grace, la figlia maggiore, aveva una vera e propria adorazione per lui.

“Sei la solita selvaggia eh? Cosa dirà tua madre vedendo questo bel vestitino tutto strappato e sporco?” chiese il padre  afferrando un lembo della gonna di Grace, tutta sporca di fango.

“La mamma ha detto che, finché non mi faccio male, posso giocare nel parco!” protestò la piccola puntando i piedi. “Piuttosto, papà, non cambiate discorso! Vi ho trovato! Sono cinque sterline!”

L’uomo guardò la mano tesa della figlia undicenne e sospirò: “Sei proprio come tua madre…”

“Spero sia un complimento questo, Alexander.”

La voce squillante che aveva appena pronunciato queste parole, apparteneva ad una bella signora minuta e castana che avanzava verso di loro. Di fianco a lei, procedeva una bambina di nove anni che si stringeva alla mano della madre con forza.

Questa, al contrario di Grace, era più timida e pallida; dai capelli castano chiaro.

L’uomo, preso in causa, sorrise beffardo alla moglie: “Tesoro, lo sai che i miei sono sempre complimenti.”

La signora Norris sospirò: “Come al solito le tue bugie su di me non funzionano, mio signore!”

Alexander prese la mano di Callie e disse, ridendo: “Ti amo proprio per questo!”

La donna fece solo in tempo a sorridere perché, prima di poter formulare una risposta, un pianto isterico attirò la loro attenzione. I due genitori guardarono preoccupati nella direzione dei lamenti: Grace era caduta a terra e ora si teneva il ginocchio ferito, piangendo disperatamente.

Callie fu subito su di lei: “Madonna santa, Grace! Ne combini di tutti i colori! Stai bene?”

“Mi fa male il ginocchio, mamma! Morirò?”

“No che non muori, piccola. Ora andiamo a casa e vedrai che Gordon metterà un po’di disinfettante.”

“Ma il disinfettante brucia!”

In mezzo a tutto quel caos, Alexander aveva intanto preso in braccio la figlia più piccola che, con gli occhioni spalancati, guardava la scena: “Papà, perché Grace combina sempre tutti questi disastri?”

“Oh! Laura, ti svelerò un segreto…” rispose Alexander, mentre la bambina giocherellava con i suoi capelli neri. Diceva sempre che le sarebbe piaciuto farne tante treccine e, ovviamente, il padre non era molto d’accordo.

“ ….anche tua madre era una perfetta imbranata da giovane, sai?”

“Quindi anche io e Grace diventeremo imbranate?”

“È probabile.”

La voce di Callie, severa, si levò alta nel giardino segreto: “Laura! Non dare ascolto a tuo padre, per favore! Lo sai che gli piace scherzare con voi due!”

Alexander fissò gli occhi nocciola della moglie che ora lo guardavano come se volesse rimproverarlo. Sorrise: “Tesoro, Grace ci muore davanti agli occhi se stai lì a guardarmi così un altro po’!”

Ovviamente la piccola ferita cominciò nuovamente a piangere spaventata, e Callie lasciò andare un gemito di disperazione.

“Sei insopportabile, Alexander!”

“E tu una adorabile testarda!”

 

 

 

 

 

 

*Note: Orgoglio e Pregiudizio, cap. LIV

  
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